domenica 30 ottobre 2022

São Tomé 7 - La storia di Tiziano


Ce n'è anche per te


 Una bella notte di riposo tranquilla e serenamente cullata dal solo rumore delle onde che si si frangono sulla riva, è quanto di meglio ti puoi augurare all'arrivo in un nuovo paese. Gocciolava quando abbiamo portato il nostro valigione nel bungalow nella foresta che ci ospiterà per qualche giorno, ma cosa vuoi, se scegli un periodo che si chiama stagione delle piogge, non è che devi aspettarti altro o lamentarti, è così e devi accettarlo con rassegnazione; è vero qualche cosa perderai, ma considera anche che potrai appezzare anche questo aspetto del luogo che ti appresti a conoscere. Accoppiamo il tutto alla cena sontuosa che ci ha accolto con un trancio di cernia alla griglia cotta con rara perizia e ricoperta da un delizioso sughetto, sulla grande terrazza davanti all'oceano e puoi goderti una soddisfatta dormita, aspettando di risvegliarti presto, complici le due ore di fuso, circondato da un delicato e variegatissimo concerto di cinguettii, canti, fischi e zufolate di una serie davvero differenziata della ricchissima avifauna che popola il bosco. Nessun altro rumore a turbare il chiarore di un alba illuminata da un poco di sole che occhieggia tra la nuvolaglia diradatasi nella notte. Mentre scendiamo a goderci la colazione su un tavolo della grande balconata, seguiti dall'occhio buono di un paio di asinelli che brucano nel prato, bisognerà pure dire due parole su questo luogo davvero piacevole. Il Mucumbli, posizionato nel distretto di Lembà, una delle primissime strutture turistiche presenti sull'isola e ancora oggi sicuramente la migliore tra le poche sorte successivamente, sotto tutti i punti di vista, è nato da una decina di anni dall'intuizione del veterinario bergamasco Tiziano Pisoni e di sua moglie Mariangela Reina, due cooperanti che dopo un po' di peregrinazioni per il mondo, sono approdati quaggiù una trentina di anni fa per seguire un progetto di produzione zootecnica. 

Diciamo pure che rimanendo qui per un paio di anni, è scattata una sorta di innamoramento per il posto e per i suoi abitanti, uno staterello di due isole sconosciuto ai più, tagliato fuori da tutte le rotte turistiche e di sviluppo del mondo e da quel momento è stato tutto un moltiplicarsi di interessi e attività in favore di questa nazione, che ormai la coppia ha eletto a loro casa, tramite l'ONG Alisei, a partire da progetti sulla viabilità, a quelli sulle costruzioni rurali, un altro per la produzione di farine vegetali e molti altri che hanno preso vita in questi anni, addirittura fino alla costituzione della federazione ciclistica nazionali, sport di cui Tiziano è grande appassionato e cultore, che organizza la Volta do cacão, un giro ciclistico internazionale in quattro tappe che in Africa ha raggiunto una certa notorietà. Ma una decina di anni fa, convinto dalla soddisfazione e dalla meraviglia di quanti venivano a trovarlo per dargli una mano e che rimanevano altrettanto innamorati di questo ambiente assolutamente incontaminato (e vi assicuro che questa parola non è spesa vanamente come in molti casi nelle relazioni turistiche), decise di cominciare in parallelo con le altre attività, una nuova avventura e nel terreno che aveva avuto a disposizione per i progetti di agricoltura e allevamento, situate in una vecchia piantagione abbandonata  su una scarpata di fronte al mare, cominciò la costruzione di un paio di bungalow, immersi nel bosco, seguendo la filosofia dei vari ecolodge che nel mondo stanno propugnando un tipo di turismo poco invasivo e meglio sostenibile. Negli anni questi sono diventati una decina, con il piccolo ristorante a fianco e oggi questa realtà dà lavoro ad una quarantina di elementi, tutti locali e formati nel miglior modo possibile per fornire una accoglienza di livello, agli ospiti che vogliono venire a scoprire questo piccolo mondo nascosto. 

Tiziano segue personalmente la struttura ma lascia molta mano libera ai suoi dipendenti che sembrano aver perfettamente compreso la filosofia dell'operazione; il tutto produce un risultato che gli ospiti, che cominciano ad arrivare da ogni parte del mondo, gli italiano sono ancora pochissimi, sembrano apprezzare molto. Ora sapete bene come la penso su tutto il mondo del biologico e dell'interpretazione che va per la maggiore sul campo della naturalità e della ecosostenibilità, ma bisogna confermare che questa via è destinata ad avere un crescente successo, perché ha un approccio molto moderno e piace assai soprattutto in termini di marketing a tutto il mondo occidentale, tanto che il business più sveglio se ne è già appropriato, snaturandone spesso il concetto di base. Il turismo, secondo me naturalmente, di pari passo con l'agricoltura, sono due delle attività più contronatura che esistano e ogni sforzo per farle apparire sane ed "ecologiche" rappresentano una forzatura non realistica. Considerando che ogni attività umana è destinata a deteriorare la natura che ci circonda, per l'inestinguibile esigenza propria di questa specie di vivere e moltiplicarsi indefinitamente, è soprattutto il numero di individui presenti che definirà se il potere tampone di un territorio sarà capace di sopportare questa attività, attraverso naturali meccanismi di compensazione. L'uomo, obtorto collo, è uno dei tanti parassiti del pianeta e inevitabilmente per espandersi, come proprio di tutte le specie, lo consuma e solo una sua diminuzione di numero potrà portare un equilibrio accettabile prima che lo distrugga completamente Ugualmente l'attività turistica è destinata a cambiare in profondità la vita e la cultura di una popolazione "vergine" da questo punto di vista. 

Quindi accanto ad indubbi vantaggi di natura economica e materiale, con l'aumento delle opportunità di lavoro e di benessere, inevitabilmente le ricadute negative arrivano a pioggia e ad ondate successive, in termini di inquinamenti culturali, banalmente l'arrivo di McDonald, della pizza e della Coca Cola, ma anche col mutare, in parte in meglio, ma in parte in peggio, di comportamenti e atteggiamenti, come la ricerca più ossessiva di un benessere prima sconosciuto e adesso desiderato ma non raggiungibile, sommovimenti sociali ed inevitabili aumenti di contrasti, che peggiorano le relazioni tra individui e tra questi e i nuovi arrivati, non ultimo il desiderio di abbandonare la propria terra in cerca di migliori opportunità, fatto che impoverisce spesso un paese privandolo dei suoi giovani migliori. Insomma anche il turismo, per quanto ecosostenibile, non è mai neutro di fronte ad un territorio, figuriamoci per un paese piccolissimo e isolato per secoli, pensate che la televisione qui è arrivata per la prima volta nel 1992! Tuttavia dobbiamo considerare che trattandosi comunque di un processo inevitabile, la gente se ne avrà le possibilità vuole andare a vedere i posti più belli, qualunque cosa si faccia per trattenerli, questo sistema è quello migliore, meno invasivo e che tenta, spesso con successo come in questo caso, di minimizzare gli aspetti negativi, massimizzando quelli positivi. Ecco così che da Mucumbli vengono organizzati giri esplorativi, a piedi e in bicicletta nelle parti più segrete dell'isola, che ricordiamo per quasi la metà è parco naturale assolutamente impenetrabile ad ogni mezzo meccanico, mentre l'isola minore di Principe, popolata da meno di 8.000 abitanti, è stata dichiarata Patrimonio Unesco della Biosfera. Un mondo insomma, da centellinare col piacere della scoperta e soprattutto cercando di mantenerne inalterate le bellezze e le caratteristiche unico. 

Questo è un po' il fine che sta cercando di conseguire Tiziano e mi pare che ci stia riuscendo molto bene. Un esempio minimo: i bungalow sono stati costruiti in una posizione che a prescindere dalla bellezza panoramica, tiene conto che lo spirare delle brezze del mare, che scottono attraverso finestre senza vetri (ma dotate di zanzariere!), rendono inutile l'aria condizionata e data la situazione climatica del luogo mantengono una temperatura piacevolissima durante tutto l'anno. Nel ristorante poi, per quanto possibile, viene utilizzato valorizzandolo al massimo ogni tipo di prodotto locale, dando come risultato una straordinaria commistione tra cucina "all'italiana" con quella creola saotomense. Insomma, con un po' di umiltà vale la pena di venire a dare un'occhiata a questa realtà, costruita in anni di amore verso l'isola da Tiziano, che è non a caso, anche console onorario e di sicuro anche una autorità sull'isola e naturalmente da sua moglie. E adesso dopo questa lunga e meritatissima marchetta, lasciatemi sedere al mio tavolo, accarezzato dalla brezza dell'oceano, mentre la deliziosa Maria, che ormai parla un ottimo italiano, ci fa servire frutta a tocchetti appena raccolta, deliziosa la papaya e la carambola, un bel bricco di caffé locale dal gusto intenso e carico, ma per chi lo vuole c'è un thé di una particolare erba dai sentori di limone, che cresce qui attorno, seguite da una bella omelette, marmellate fatte in casa e soprattutto da una spremutta appena frullata di cajamanga, un frutto che non conoscevo, proprio dell'area equatoriale, una sorta di mango acido, che non si può mangiare tal quale, ma che viene utilizzato solo in questo modo, fornendo un succo denso e gradevolissimo che non finiresti mai di bere. Al tavolo, graditi ospiti, vengono anche piccoli uccellini, passeracei colorati di azzurro in cerca di briciole che inteneriscono; mentre il selélé, un uccellino un po' più grande con un becco leggermente curvato verso il basso e una lunga coda variopinta, che dà anche il nome al nostro bungalow, sta appartato un po' più lontano, forse perché un po' più timido e meno sfrontato. Lasciateci godere in pace. Grazie Tiziano per tutto questo. 

Cernia con riso e banane fritte


P.S. E se volete seguire una intervista radiofonica a Tiziano Pisoni clikkate qui.


La terrazza del ristorante del Mucumbli
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sabato 29 ottobre 2022

STP 6 - Notte africana

Luna a Sao Tomé - foto T.Sofi


 Sei in un paese nuovo, in un continente diverso, ma la sensazione è sempre uguale. Un misto di stupore per la diversità che cogli immediatamente e di curiosità acerba, morbosa per quanto ti aspetti di vedere di assaporare, se hai fame di scoperta, magari accentuata da quei sentori che inevitabilmente già conosci o per averli provati personalmente, se ti sei già mosso un poco per il mondo o anche solo per sentito dire e che ti aspetti, come premio alla fatica, perché viaggiare è anche questo, non solo piacevolezza. E' anche sudore e testa che ciondola per il sonno, gambe molli e voglia di buttarsi in un letto alla fine di due giorni, in pratica, di spostamento. Comunque sia, con questa aria calda ma piacevole, all'equatore la notte è sempre straordinaria sensazione, ti mette in pace con la vita, specialmente se tutto sta filando senza imprevisti spiacevoli. C'è profumo di fiori di notte, l'aria stessa sembra più densa, di certo è l'umidità, ma a quest'ora ti fa sentire bene anche con una maglietta leggera addosso. Caricati i bagagli non resta che saltare a bordo per raggiungere il luogo scelto per passare i primi giorni. C'è anche Franz sull'auto, un tedesco appena sbarcato con noi, sembra gran lavoratore, almeno così dice, che si è ritagliato una pausa di pochi giorni, credo una settimana di tregua e ha pensato di spenderli qui, tuttavia, non per voler criticare, mi sembra che abbia sbagliato i conti, visto che tra andata e ritorno se ne vanno quasi tre giorni e ha deciso di fare anche una puntata a Principe per cui dovrà tornare in aeroporto domattina presto, l'aereo parte alle 9:00 e ci vuole quasi un'ora per andare e altrettanto per tornare dal nostro albergo. In effetti anche lui si domanda perché non ha scelto una sistemazione vicina all'aeroporto, ma come per tutti, l'eccitazione per il viaggio prevale sugli interrogativi, per quelli ci sarà tempo al ritorno e, sereno, appoggia il capo sul poggiatesta, assorbendo i profumi della notte. 

Sì quasi un'ora di strada, perché le strade di São Tomé, sono una ipotesi sulla carta, nella realtà soltanto una traccia, con una serie di buche, da prevedere, da individuare e possibilmente da superare con lentezza ed attenzione, non da evitare perché è tecnicamente impossibile, i famigerati buracos che tutti driver locali dichiarano di conoscere a menadito, soprattutto per riuscire a sopravvivere e non danneggiare eccessivamente i mezzi a loro affidati. Ma ne parleremo più avanti. C'è una massima sull'Africa che tutti i viaggiatori conoscono bene, mai viaggiare in macchina di notte e mai come su questo arcipelago vale questa legge. Nella maggior parte dei casi le strade sono approssimative, il manto stradale è nella maggior parte dei casi degradato o inesistente e le fa apparire come una via di mezzo tra piste fangose e strisce di bitume costellate di voragini di dubbia dimensione che in caso di pioggia presumono sempre il pericolo di finirci dentro senza sapere quanto sono profonde. L'interrogativo è sempre lo stesso, aggirarle o traversarle di punta, rischiando di spaccare un semiasse (non so neanche se ci siano ancora i semiassi nelle macchine, ma una volta si diceva così). Quindi i chilometri non contano se non approssimativamente e il conto si fa sempre sul tempo che l'altrui esperienza giudica corretto per percorrere un tratto di strada. Ecco perché i 25 chilometri circa che ci separano dalla meta, necessitano di quasi un'ora di tempo, specialmente di notte. Eh sì, perché la notte africana non è come quella delle nostre città e delle nostre vie di comunicazione, con una bella linea di mezzeria al centro ed i bordi contrassegnati che ti guidano verso un porto sicuro. La notte in Africa è buia, nera, caliginosa, maestra di incertezze, se vuoi illuminata dalla luna, sempre che non sia stagione delle piogge, nella quale il cielo è sempre più o meno coperto dalle nuvole e la luce guida del pastore errante (qui non siamo in Asia centrale) penetra a fatica, sempre che ci sia. 

Nella notte fiuti pericoli e sorprese, soprattutto perché non si vede niente, né le succitate buche e il decidere come superarle, né soprattutto quello che c'è sulla strada stessa, ostacoli di varia natura abbandonati a caso, animali vaganti e soprattutto persone che si spostano di qua e di là a gruppi, in bicicletta o camminanti solitari, che tuttavia occupano il centro della carreggiata, che ovviamente è la via comunque più comoda, ma che rappresentano un pericolo costante che compare alla vista all'ultimo momento e potrebbe causare inconvenienti piuttosto gravi. L'attraversamento dei piccoli abitati o delle cittadine, è ancora più problematico, proprio perché il numero di persone che si incontrano è ancora più frequente, anche se in Africa si vive prevalentemente di giorno, proprio per questa scarsità di illuminazione e il chiarore artificiale, quando c'è è fioco e trasforma gli uomini in sagome poco distinguibili e le loro traiettorie ancora meno prevedibili specialmente se ubriachi, percentuale non trascurabile, proprio di notte. Quindi calma e leve leve, piano piano come dice Leandro che guida con molta prudenza, con una frase che sarà il leitmotiv, di tutta la nostra permanenza, la vera filosofia di vita di queste isole. Subito usciti dalla periferia della città, la strada si fa  subito più tortuosa e difficile, le buche si alternano a tratti quasi sterrati o ghiaiosi con forti avvallamenti. E' piovuto da poco e le insidie sono piene di acqua fangosa. La strada attraversa una zona boscosa, indistinta di notte, ma con frequenti presenze di baracche e abitazioni sparse, oltre a sagome ancora poco interpretabili. 

I paesini che incontri, Conde, Guadalupe, mostrano gruppi di uomini attorno a punti di aggregazione, qualcuno in bicicletta che si allontana zigzagando, capre e maiali che ancora non ne vogliono sapere di andare a dormire, in fondo non sono neanche le sette. Qualche lanterna a gas, qualche lampadina che illumina fiocamente porte e finestre di quelli che potrebbero essere locali di incontro, dove si beve, si chiacchiera, si vive. A metà cammino arrivi sul mare e la strada continua lungo la costa frastagliatissima. Senti il rumore della risacca che sbatte sugli scogli di roccia vulcanica nera, che imparerai a conoscere quando arriverà la luce del giorno, mentre tutto il resto è silenzio. Alla sinistra comincia la montagna che sale subito, con erte ricoperte da spessa foresta. Dai finestrini aperti entra aria salsa di mare e profumo di bosco rigoglioso, vivo. Anche l'odore di marcescenza unito al profumo dei fuori nuovi e del fogliame spesso, è segno di ciclo vitale che si esprime con forza, segno di una natura prorompente ed inarrestabile che aspetta soltanto che l'uomo, il suo implacabile parassita, si fermi un attimo per riprendere il sopravvento. Ecco arrivare Neves, l'ultima cittadina, quasi 10.000 abitanti prima della nostra meta. Qui c'è ancora un sacco di gente in giro e si procede a passo d'uomo per evitare di mettere sotto qualcuno. Musica forte nell'aria, rumori umani, qualcuno saluta al passaggio, la vita è ancora in pieno svolgimento e i capannelli agli angoli ancora gremiti. Poi ancora un paio di chilometri di salita e si gira a destra per una pista ciottolosa. Siamo arrivati. Un grande albero domina la costruzione comune di un agriturismo, l'albero mucumbli, una essenza medicinale che può produrre fusti alti fino a 50 metri e che è stato scelto proprio come nome della struttura. Siamo arrivati.


Un cottage dell'Agriturismo Mucumbli - Neves - Sao Tomé

SURVIVAL KIT

Agriturismo Ecolodge Mucumbli - Neves - a circa 26 km dall'aeroporto e dalla capitale (40-60 minuti di auto a seconda del traffico). Bellissima struttura posizionata nella foresta, sulla costa di fronte al mare, appena oltre l'abitato di Neves, creato poco dopo il 2000 e per molti anni uno delle poche strutture alberghiere del paese. Meno di una decina di cottage sparsi nel bosco in cui vi sentirete isolati nella natura di fronte all'oceano  raggiungibile con un breve sentiero. Spaziosi, con cameretta per bagagli e altro, ampia terrazza sull'oceano dove rasserenarsi, bagni moderni, acqua calda, ma nessuna necessità di aria condizionata data l'aria che spira sull'altura dal mare. Un ristorante su una splendida terrazza, con spazi comuni e lettini, dove si mangia molto bene, cucina italiana e africana saotomense, soprattutto il pesce freschissimo appena pescato del mercato vicino, che consiglio vivamente perché sempre cotto alla perfezione, di certo uno dei migliori ristoranti dell'isola. Colazione molto abbondante, oltre alla consueta caffetteria, burro, marmellata, yogurth e fiocchi, uova, prosciutto e formaggio, sempre frutta fresca e un delizioso succo di cajamanga appena spremuto. Tutto quanto è possibile di produzione locale. Personale locale gentilissimo che coccola gli ospiti in ogni modo, pulizia inappuntabile (siamo in Africa). Zanzariere alle finestre, ma nel nostro soggiorno di zanzare non ne abbiamo viste. Assenza di ogni ammennicolo moderno, TV e AC non necessaria, ma il Wifi è disponibile gratuitamente nell'area comune e nel ristorante. Tutto intorno pascolano asinelli e capre. Bungalow per due a 83 € la notte, secondo la stagione, ricordatevi che in tutti gli alberghi si paga sempre a parte una tassa governativa da 1,5 a 4 €. Come quasi in tutta l'isola anche qui non funzionano le carte di credito, quindi pagamento contanti sul posto o alla prenotazione.

La precauzione non è mai troppa


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venerdì 28 ottobre 2022

STP 5 - Finalmente arrivati



 La coda si è formata, disordinatamente come al solito, anche se tutti sanno che alla fine ormai, ci faranno salire tutti, già che siamo qui. Comunque o ho l'occhio già deformato dalla stanchezza della notte bianca (ma abbiamo ancora l'età per fare 'ste cose?) oppure i tempi cambiano. Tra teste elaborate come è consueto nei costumi africani, treccioline e altre fogge fantasiose e barocche e abbigliamenti fluidi, mi sembra che la percentuale di trans sia insolitamente alta, ma forse sono io che mi confondo, però piedi e pomi d'Adamo di quelle dimensioni di solito non mentono. Qualcuno tenta chissà perché di prendere la fila A con il biglietto che indica chiaramente C e viene respinto ingloriosamente con perdite, anche se avanza proteste e recriminazioni, sentendosi defraudato di un diritto fondamentale nell'uomo (e nella donna), quello di saltare la coda, senza rendersi conto che questa distinzione viene effettuata per facilitare la salita sull'aeromobile, ma tanto alla fine per questi voli che vanno in cxxo ai lupi, come si dice in francese, l'aereo è posizionato su una piazzola secondaria in un angolo perso dell'aeroporto ad un paio di chilometri dal gate e il bus che ti ci porta, vomita poi tutti davanti alla scaletta e il problema dell'ingorgo si ripresenta inevitabile. Va beh alla fine siamo tutti seduti, noi nel penultimo range di sedili, così sono vicino al bagno e tanto l'ultimo rimane vuoto e mi sistemo meglio. Alla fin fine son sempre quasi sette ore di volo e tanto di dormicchiare non se ne parla, io non riesco, Che invidia quelli che appoggiano la testa su una pietra e già ronfano della quarta, eh Pierangelo! Alla fine devo ingurgitare anche quelle porcherie che chiamano pasto e che di norma sono le prime responsabili delle varie maledizioni di Montezuma che colpiscono l'intestino del viaggiatore, non appena arriva in vacanza e della quale incolpa inevitabilmente gli innocentissimi cibi locali. 

Comunque il tempo passa, così come la infinita distesa di deserto che sorvoli con un balzo. Che bello sembra una scena di Star wars su Tataouine e poi finalmente l'Oceano, quell'altra infinita distesa, blu questa volta, quella che ha visto caravelle portoghesi che si avventuravano nel nulla sconosciuto in cerca famelica di nuove terre. Le nubi cominciano ad occupare parte di cielo ed ecco un fenomeno che non mi è mai capitato di vedere, un arcobaleno circolare che le sovrasta. Sarà un buon auspicio? Lo spero proprio anche perché ecco subito dopo comparire la macchia verde dell'isola agognata che mi aspetta. si avvicina ogni minuto di più, come l'ombra della sera che arriva allo stesso tempo e qui all'equatore, precipita di colpo trasformando il giorno in notte fonda nell'arco di pochi minuti. La pista sembra più corta del normale, d'altra parte su un'isola così piccina, ogni metro di terra sottratta per ricoprirla di asfalto è un'insulto alla natura, che poi farà di tutto per riprendersela, ma tant'è il colpo del carrello che tocca la striscia ed il rombo dei motori che frenano l'impeto dell'uccello di acciaio che vorrebbe riprendere il volo, segnala che è finita. Siamo arrivati, finalmente si scende a mettere piede sul suolo d'Africa. Materialmente, perché qui siamo in un piccolo aeroporto e la stazione, un minuscolo edificio ampliato da tensiostrutture posticce, si raggiunge a piedi. Qui arrivano certamente meno di dieci aerei al giorno, quindi il movimento è più o meno quello della stazione di Valenza Po nei giorni di mercato. Vediamo un po' come sarà questo confine, pieno di facce scure e severe. Intanto ecco qua che la prima cosa che conta sono le misure antiCovid, alla faccia delle approssimazioni del terzo mondo. Veniamo accolti infatti da personaggi bardati di tutto punto che esaminano i documenti davanti a cartelloni eloquenti sull'importanza delle vaccinazioni e di tutte le misure di cautela, mascherine, distanza e lavaggio mani e misure igieniche varie. 

Io, memore della discussione a Malpensa esibisco il green pass della terza, fatto a dicembre, che viene tuttavia traguardato sbadatamente, e misurata la febbre, fatto passare senza ulteriori tentennamenti, a mia moglie, non viene neppure controllato il documento, del bianco evidentemente ci si fida, se dice che ce l'ha ce l'avrà di sicuro e vai allora al controllo passaporti dove di visto neppure si fa cenno, un timbro nuovo sulla prima pagina benvenuto a São Tomé e via a ritirare il bagaglio, che come per miracolo, si materializza sulla malandata cinghia girevole. Il controllo doganale è virtuale, il gigantesco poliziotto e una bardata oversize, se ne stanno accoccolati di lato su trespoli claudicanti, senza intervenire, mentre i passeggeri sfilano verso l'uscita. Eccoci fuori. Questa è davvero terra africana, mentre quella dell'aerostazione, per periferica che sia, ha sempre un ché di internazionale che la fa sembrare parte di quel mondo esterno, inconoscibile e indifferenziato che lo rende simile ad ogni altra parte del mondo. Fuori invece, il marciapiede sconnesso, la pensilina approssimativa, la recinzione mezza sfondata e la piccola folla in attesa al varco di uscita in attesa di parenti e possibili clienti, ti fanno sentire davvero in un mondo diverso. E poi c'è quel soffio di aria calda e umida, quel sentore di profumi (e odori per carità) inusuali ed esotici, quella malia di altro mondo, di utero primigenio, di terra delle origini. Un brodo di coltura dove la vita pullula e si moltiplica disordinatamente, ma con un vigore sconosciuto da altre parti, quelle dove il freddo mortifica tutto e la vita tende ad ibernarla, a rallentarne i battiti. Dove qualunque cosa, che apparentemente la vita dovrebbe devastare e cancellare, guerre, malattie, carestie e miseria, al contrario la moltiplica con una vigoria impensabile ed inarrestabile. Siamo in terra d'Africa, anche se si tratta di un'isoletta sperduta nell'Atlantico, incontrata per sbaglio da navi in cerca di avventura e di razzia, ma questo continente ha dovunque lo stesso marchio e lo stesso imprinting. Giro attorno lo sguardo, ormai sono passate le 18, tra una cosa e l'altra ed è già buio pesto, ma il tizio con in mano il cartello Enrico scritto approssimativamente lo vedo subito e mi avvio in quella direzione. Il turista ha sempre qualcuno che lo aspetta dall'altra parte della cancellata, ci ha pensato prima, il viaggiatore no, è sempre solo davanti al suo cammino.

Arcobaleno anulare


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giovedì 27 ottobre 2022

STP 4 - Ancora in volo

Aeroporto di Lisbona


 La fila dell'imbarco è un po' una liberazione, il discrimine tra l'attesa e il fatto che ormai il meccanismo non si ferma più, stai salendo a bordo e nessuno si può più mettere in mezzo. Il corridoio del braccio che porta al portellone aperto è un po' la scala santa verso il cielo, in tutti i sensi e la leggerezza con cui lo percorri nell'andata è linimento per l'anima. Intanto salta fuori qualche novità formale: le zone di chiamata che erano 1,2,3 adesso sono diventate A,B,C. Interessante cambiamento, sembra un po' quel che succede in politica, cambiare denominazioni per far vedere di aver mutato qualche cosa, anche se la sostanza rimane la stessa. Una ragazzina francese, intanto, appena fuori dalla coda, si affanna nel tentativo di chiudere una valigia che contiene almeno il doppio delle cose per cui è stata progettata, spinge, tira, si siede sopra, ma poveretta peserà trenta chili vestita e i suoi sforzi appaiono velleitari, quando alla fine come per magia le cerniere scorrono un po' ed il collo si chiude finalmente, tutti gli astanti che partecipavano ansiosamente allo spettacolo tirano un sospiro di sollievo, ce l'abbiamo fatta. Nelle valigie alla fine ci sta sempre tutto, è un po' una metafora della vita. Poi finalmente scorrono gli automatismi della partenza, le assistenti di volo che con aria stanca fanno click clack con le cinture di sicurezza, con un sorriso di circostanza o neppure più neanche quello, la mascherina lasciata cascare verso il basso con noncuranza, i gesti stereotipati che indicano le uscite di sicurezza ed il gonfiarsi nelle gote che riempirebbero il giubbotto. poi solo più ginocchia in bocca ed il carro bestiame prende il volo. 

Mentre senti il rumore secco del carrello che viene ritirato, che bellezza! non puoi non pensare: è fatta, finalmente. Certo qualcosa è cambiato in questi tre anni, neanche più un bicchiere d'acqua, solo un frullare avanti e indietro ad offrire trastulli e amenities alimentari a pagamento, questo è il concetto, racimolare più soldi possibile anche sulle normali compagnie di linea, comportarsi come low cost anche se si tratta di normali voli di linea strapagati. E' stato abolito anche il magazine della compagnia che stava come un breviario nella tasca del sedile davanti a te. Il mondo cambia e questa è la vita, è il mercato bellezza, se non ti va stattene a casa, quindi inutile recriminare. Sono ormai passate le 22 quando sbarchiamo a Lisbona ed al contrario di quanti si affrettano per correre alla ricerca dei gate di transito, noi possiamo prendercela comoda, una lunga notte ci aspetta, emula di altre tristi notti passate in aeroporto. D'altra parte non c'era altra soluzione. Se le tredici ore di attesa tra un volo e quello definitivo, fossero state diurne, avremmo almeno potuto tranquillamente prenderci una pausa in centro città e percorrere un poco le strade di questa bellissima capitale che non vedo da almeno un decennio. Avrei voluto entrare in qualche localino dalle modanature antiche di legno scuro ad assaggiare con un aperitivo davanti, qualcuno degli antipastini che si servono lì, sardine o mariscos, trascurando naturalmente i pasteis di bacalau, che è un pesce che non sopporto, che ci posso fare se è il loro piatto nazionale. Anche in aeroporto, guarda caso, c'è un enorme spazio dedicato alle sardine, scatole di ogni tipo e colore a fare uno spettacolare mosaico a parete, sembra un negozio di profumi o di dolcetti, vedete voi. 

Mi sarebbe piaciuto poi passeggiare un po' e fermarmi davanti ai meravigliosi azulejos che ti compaiono all'improvviso davanti anche nelle vie più nascoste o prendere il tram che sale al belvedere in alto, ma pazienza sarà per un'altra volta. Qui si tratta di organizzarsi perché la notte è lunghissima e quando a poco a poco l'aeroporto si spegne, la gente defluisce e gli immensi spazi diventano sempre più solitari o addirittura deserti. La vita frenetica di poco prima attutisce i rumori e si cristallizza, mostrando solamente più figure isolate e abbandonate sui sedili più nascosti come sacchi vuoti in attesa del passaggio del camion delle immondizie. Anche le luci sembrano diventare più fioche fino a trasformare un ambiente rutilante di luci e di movimento, in un set da film di vampiri, popolato da figure inquietanti. Saranno "normali" quelli che passano la notte in aeroporto o finti aspiranti passeggeri che nascondono la loro essenza da barboni in zainetti mal confezionati e trolley dalle ruote sgangherate? Comunque sia, prima della mezzanotte passi il tempo trascinandoti da un negozio all'altro, chiedendoti, ma chi mai comprerà qualche cosa in questi templi del lusso smaccato. Non riesco a figurarmi un tizio che dia un'occhiata in giro e poi dica: toh, mi compro un Rolex Daytona o un gioiellino di Bulgari, va là, tanto per fare qualche cosa. Eppure ce n'è una fila di queste vetrine, tutte aperte, tutte con commesse elegantissime e con esposizioni sfarzose. Ma a poco a poco le luci si spengono e le commesse se ne vano a casa a dormire; cala il silenzio, e scompaiono anche gli annunci. 

Cerchi di far passare almeno ancora un po' di tempo, visto che l'alba è ancora una speranza lontanissima, al di là di quelle vetrate rese ormai oscure dal buio della notte, con le sagome lontane degli aerei fermi come uccellacci primordiali, archeopterix in attesa di prendere il violo quando tornerà la luce, ma ad un certo punto, diamoci da fare, è meglio cercarsi una poltrona il più possibile comoda prima che vengano tutte occupate. Ci ficchiamo in un angolo, cercando di sonnecchiare alla meglio; per fortuna mi ero portato sudoku e Settimana enigmistica, poi un po' di abbiocco, ma la notte è lunghissima, infinita e popolata di ombre. Inoltre lo zaino a cui appoggiare la testa è duro e pieno di bitorzoli, logico che le macchine fotografiche contenute non siano propriamente cuscini di piuma. Rassegnamoci, in fondo ce lo siamo voluto. In un altro angolo una famigliola di magrebini, cerca di far passare il tempo, la madre ricoperta di creature abbarbicate, che avevano frignato fino a poco prima e con gli occhi ormai chiusi, sedati dalla stanchezza, si tira il velo sulla testa per sprofondare in un limbo almeno visivo, il padre compulsa il telefonino. grande invenzione anche questa per passare il tempo. Anche senza rintocchi arrivano le tre, l'ora della morte, le quattro, le cinque. Arriva qualcuno della security, più addormentato degli astanti, poi quelle delle pulizie, tutte nere e grassissime, segno che sono oramai arrivate le sei. Dei donnoni semiclaudicanti, passi lenti che segnalano la durezza del vivere e che maneggiano scopettoni e moci, come oggetti di maledizione perpetua da affogare nei water e negli angoli più nascosti e segreti, dove appartarsi per preparare cerimonie voodoo. 

Però, queste sedie sono talmente dure da farmi rimpiangere le panchine di pietra della stazione. Capisco che i clienti non premium vadano puniti in qualche modo, niente salette VIP o anche soltanto sale d'attesa business con le poltrone imbottite, ripiene di manager con il laptop aperto, perché ogni stilla di tempo non va perduto inutilmente e bisogna approfittare di ogni momento per aggiungere produttività, per migliorare la performance. E' la maledizione del nostro tempo. Ma qui, tra il parco buoi, siamo al livello della tortura medioevale. Intanto, con qualche cenno sparso, figure che compaiono fugaci, luci che si accendono con lentezza studiata, dopo le sei, l'aeroporto si risveglia; comincia ad arrivare gente, i gate dei primi aerei in partenza si animano, qualche annuncio vola nell'aria, con voci ancora attutite dal sonno come nella reclame del liberanaso. Quando comincia la litania del last call per Amsterdam, c'è già un bel movimento e direi, dopo una sommaria sciacquata alla faccia incartapecorita dal sonno, di trasferirci in zona colazione e mettiamo una faccina che ride come commento di come abbiamo trovato i gabinetti, almeno non contribuiamo a far cazziare sti poveracci. Bisognerà comunque lasciare un obolo dorato anche qui. Sono attirato morbosamente dai pasteis de nata, la specialità lusitana venduta a peso d'oro in diversi angoli bar, da annegare in due falsi cappuccini americaneschi, ormai lo hanno fatto loro come la pizza, bisognerà farcene una ragione e pronunciarlo con accento della west coast, se no sembri fuori dal mondo. 

E lui va giù, bollente come lava fusa con la commistione orrenda di questi falsamente ecologici e insopportabili bastoncini di legno, al posto dei morbidi e lucidi cucchiaini di santa plastica, che raspano lingua e palato in modo talmente fastidioso da farti sparire il piacere della bevanda stessa. Tuttavia la fragranza della pasta sfoglia calda e lo spesso strato di crema vanigliosa che la accompagna, molciscono il fastidio e il secondo ancora più del primo. Davvero buoni anche se pagati come fosse in gioielleria. Comunque l'afflusso della gente è costante, coda infinita a tutte le ore. L'area ristorazione è gremita e fatichi a trovar posto a sedere già alle sette e noi dobbiamo aspettare fino alle undici. Tuttavia adesso l'aeroporto riprende il suo aspetto normale, affollato e cosmopolita, che amo. Vedi circolare di tutto, qui non ci sono le frontiere, è lo spazio del mondo che vorrei, dove ognuno è libero di andare dove gli pare, cosa che credo sia la libertà fondamentale, tutto il resto è noia. C'è il tempo, d'altra parte se no cosa devi fare per passare il tempo, per osservare chi ti circonda e immaginarne le storie segrete, Ragazze fasciate in veli islamici, con le ciglia lunghe e gli sguardi focosi, neri che sembrano usciti da spot rappati, giganteschi omoni tatuati, forse uomini della Wagner in vacanza con le tacche sul cinturone, signore eleganti con le scarpe da ginnastica, famigliole e gruppi di amici e giovani, tantissimi giovani che si muovono, che viaggiano, con zaini e borse, la voglia di viaggio è insopprimibile, ma la gente non lavora a quell'età? e i soldi, di questi tempi, poi, dove li trovano?. Comunque la macchina si muove con un ingranaggio inarrestabile e finalmente il mio volo compare sulla lavagna ed è anche in orario, dai che è ora di andare all'imbarco. Questa volta il salto spazio-temporale è più lungo e il metaverso che mi attende, sarà differente da quello a cui sono abituato. Forza che ce la faremo anche questa volta.




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mercoledì 26 ottobre 2022

STP 3 - Imbarco immediato

immagine dal web


 Ecco finalmente al desk, dopo tre anni finalmente davanti al bancone ad aspettare il mio turno che deo gratias è arrivato. L'addetta è molto gentile, forse la crisi delle compagnie aeree che ha percorso tutto il mondo in concomitanza col virus, una sorta di epidemia parallela e conseguente, ha insinuato ancor di più in chi lavora i timori di "riduzione del personale", la ormai usale minaccia che si utilizza nella moderna forma di schiavitù che viene chiamata lavoro dipendente, costringendo ad atteggiamenti all'americana di maggiore (finta) attenzione all'utente. Comunque sia, consegno il valigione, che rientra nei canoni, passaporto e biglietti, che ormai o sono digitali, altro modo di taglio dei costi, o stampati su carta da formaggio dall'utente stesso, se è ancora un anziano legato al cartaceo. Diciamo pure che una volta quel librettino con un foglio per ogni tratta che la tua agenzia ti faceva scrivendolo a mano, dava un'altra sensazione, una maggiore certezza, se c'era quello, era come fossi già seduto a bordo, adesso invece ti sembra sempre di essere appeso ad un filo, quantomeno alla possibilità di aver compiuto errori esiziali che danno luogo ad impedimenta insormontabili. Ovvio che queste sono le elucubrazioni proprie dell'anziano che rinvanga un passato inesistente, mentre invece adesso è tutto più semplice e comodo, ma lasciatemi lacrimare un po', rivoltolandomi nella nostalgia, che tanto non faccio del male a nessuno. La signorina procede ridacchiando sul fatto di non aver mai sentito parlare di São Tomé e lo situa approssimativamente nei Caraibi, dato che la settimana prima un passeggero voleva andare a un certo Kits o Kitis che è anche lui da quelle parti (evidentemente si riferiva a Saint Kitts e Nevis, quelli sì nel Caribe, ma come sappiamo tutti ormai la geografia è materia negletta nelle scuole di ogni ordine e grado). 

Alla fine l'aeroporto di arrivo finale si trova nel computer e la fascetta viene finalmente vomitata dalla fessura ed applicata alla valigia come destinazione finale. Comunque sia il primo esame sembra passato, dato che avevo già fatto il check-in on line e quindi virtualmente ero già in possesso del mio sedile. Ma la Cerbera aggiunge inaspettatamente, ce l'ha il green pass, che lo vogliono per l'ingresso? Io veramente mi aspettavo la richiesta del visto, dato che ufficialmente sarebbe necessario, ma non sia detto che non sono pronto e, con destrezza, eccomi estrarre dalla busta documenti, il mio crìn grass, scusate, green pass, ma per noi piemontesi sbagliare è un attimo. La tipa lo squadra un po' e poi fa, ahi, ahi, ahi, ohibò che succede, sono andato a fare la quarta dose dieci giorni prima, proprio per essere più pronto possibile, e aggiunge, ma non sa che la vaccinazione deve essere fatta almeno 14 giorni prima della partenza? Ma veramente non mi risulta, anzi dovrebbero bastare legalmente solo due dosi, io ne ho fatte quattro! La tipa nicchia un po', la vicina più anziana ed esperta, sembra concordare con me, ma la guardiana delle barriere insiste: - Mi sa che dovete farvi un tampone.- Comincio ad innervosirmi, ma rimango calmissimo dato che il coltello ce l'ha lei per il manico e se stringi troppo dalla parte della lama ti tagli. La soluzione tuttavia è a portata di mano, basta pensarci a suo tempo, e dico - Senta mi ridia indietro i certificati e faccia finta che non glieli abbia dati. Ma ecco qua sul mio telefonino i green pass della terza vaccinazione che ho fatto 11 mesi fa a dicembre.- e porgo con leggerezza lo schermo  luminoso. Lei scruta e dice: - Ecco, questi vanno benissimo, infatti sono passati più di 14 giorni - 

Naturalmente non ha alcuna rilevanza che siano ormai scaduti da mesi per la legge italiana, ma questo lei sa o crede di sapere e quindi, va bene così, via libera per la partenza. In effetti questo benedetto Covid ha creato anche un sacco di rogne burocratiche aggiuntive e bisogna tenerne conto. Mentre aspettiamo mi guardo intorno e noto che nonostante la recrudescenza ufficiale dei contagi, ormai sono molto pochi quelli forniti di mascherina e pensare che gli aeroporti sono luoghi piuttosto affollati, con uno scambio di contatti multiforme e proveniente da ogni parte del mondo, dovrebbe essere quindi uno dei posti più ambiguamente pericolosi, ma la realtà è che, per sfinimento certo, la prudenza si è un po' dissolta, stemperata nel mare di rompimento di palle che questa vicenda ci ha provocato. I portatori di museruola, come la chiamano quelli che non la sopportano, non sono, me compreso, più del 10% della platea, a girarsi intorno. In generale quasi tutti gli orientali, di certo più abituati all'obbedienza all'autorità e qualche sparuto anziano. timoroso per la propria ghirba, della serie meglio essere prudenti che us sà mai!  Tuttavia, valigia imbarcata (ma come faranno a ritrovarle e a spedirle in ogni parte del mondo senza sbagliare (quasi mai) rimane per me uno dei grandi misteri dell'universo, assieme al fatto che gli aerei come i calabroni riescano a volare), boarding pass in mano, zaino a spalla, non ci resta che aspettare che il volo sia chiamato e la fila dell'imbarco. Anche il controllo scanner è routine priva di pensieri e preoccupazioni, solo un modo per ingannare il tempo prima che compaia sul tabellone il numero del gate verso il quale dirigersi e bere l'ultimo sorso dalla bottiglietta proibita. Insomma sembra che ormai sia arrivato davvero il momento di partire invece che di andare a letto visto che ormai è notte e bisogna prepararsi ad una odiosa veglia sulla classe carro bestiame, dato che non sono mai riuscito a chiudere occhio in volo. Forza salite anche voi a bordo con me.


SURVIVAL KIT

Norme Covid - Informatevi bene sulle norme in vigore prima di partire, in quanto potreste incorrere in antipatiche discussioni, quando non impedimenti che vi disturberebbero non poco, come quello di essere obbligati a fare tamponi preventivi (trovare il posto e pagarli naturalmente) o peggio quarantene all'arrivo che vi rovinerebbero il viaggio. Comunque di norma per tutti i paesi che richiedono documentazione a proposito, dovrebbe bastare, a quanto mi risulta, il green pass che attesti di avere fatto almeno la seconda vaccinazione, anche se il documento è scaduto. In ogni caso per sicurezza, curate di avere fatto l'ultima dose più di 14 giorni prima della partenza. Date comunque un'occhiata alle norme Covid che ogni paese ha nel suo sito ufficiale, anche se poi anche queste non sono mai molto precise. E poi, prima o dopo, questa migrania finirà e non ne parleremo più.



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martedì 25 ottobre 2022

STP 2 - L'avvicinamento

immagine dal web


 Mi sono svegliato presto stamattina, ancora confuso dal fuso (bella eh, questa, ma mi vengono così) e buttando l'occhio dalla finestra ho goduto di quella foschia alessandrina, tipica dell'autunno che non riesce a convincersi che non esistono più le mezze stagioni. Questa fase dura a lungo da noi, a volte tutto l'anno, cambia solo la temperatura, da rigidamente perfida a insopportabilmente afosa, tanto dolce è il permanere di quella nebbiosità che ottunde lo spirito oltre che la visuale esterna, insomma una specie di cappa interiore per sfuggire alle brutture del mondo, che ci paiono sempre più moleste man mano che passano gli anni. Così, una ventina di giorni fa, mentre percorrevo la mia personale via Africagena, il mio peregrinevole Camino de la Malpensa, che traversa le sconfinate risaie del vercellese, ragionavo sulle ragioni della piacevolezza dell'andare verso l'altrove sconosciuto traversando territori misteriosi e appunto avvolti nella caligine delle tante selve oscure, reali od immaginarie di questo mondo. E' forse davvero questa la voglia che ci spinge ad andare verso luoghi sconosciuti o presunti tali, nella intima necessità di trovarli diversi, per scoprirli poi così simili a quelli noti del nostro passato e non ancora evidentemente risolti. Sono i misteri dell'animo umano, che rimangono non spiegati e irrimediabilmente generatori di azioni compulsive, diversamente all'ora della partenza, ti gireresti dall'altra parte del letto, sprimacciando il cuscino per avere ancora qualche ora di buon sonno. 

Tuttavia questa volta, anche per evitare questo pericolo, avevo scelto uno slot di partenza (credo che si dica proprio così) decisamente serotino, per cui non c'era neppure questa scusa per addormentare la partenza, anzi, per tutta la giornata ero stato avvolto dall'adrenalina prodotta in quantità industriali anche dal mio corpaccio in disarmo, visto che dopo tre lunghi anni di quaresima, mi potevo di nuovo avvicinare al desco ricco e bene addobbato di viaggio vero, sensazione che mi è mancata davvero tanto in questo lunghissimo, irrecuperabile periodo. Un volo, finalmente, un balzo al di sopra di quelle nubi, appunto caliginose e tristi, che hanno avvolto la nostra vita così a lungo da far temere che non si disperdessero più e infatti rimangono ancora lì, irrisolte, almeno pare. Un balzo mistico per riguadagnare lo stato di homo viatorius, di viandante spinto dalla conoscenza o dal semplice desiderio di evadere da una gabbia in cui ti senti, anche se carezzevolmente, costretto. Insomma la sto facendo lunga, ma devo confermarvi che mi sentivo davvero eccitato per poter finalmente finalizzare un progetto nato tre anni prima attorno ad un tavolo, prima come semplice esercizio di stile, poi sempre più concretamente fattibile: un salto, anche se breve, all'arcipelago di Saõ Tomé e Principe, isole poco conosciute, forse ancora poco visitate e proprio per questo assai degne di interesse, nonché 112esimo paese da aggiungere alla mia personale collezione di figurine, un mio criticabile vezzo di bimbo boomer. 

Dunque eccomi percorrere il larghissimo nastro di asfalto, tra le risaie dove le grandi mietitrebbie hanno ormai quasi terminato il loro tristo lavoro, con le camere in asciutta punteggiate di rotoloni, che ormai anche tutta la paglia, anche quella meno valorizzabile del risone, si recupera, verso il mio appuntamento consueto al parcheggio della Mariuccia, che poi chissà se esiste davvero ed è la signora bionda che ti accoglie al bancone, oppure solo un nome di fantasia, da riviera romagnola, dato a questo albergo perso nella campagna milanese, anch'essa nebbiosa. E finalmente eccoci, scaricati dal pulmino, Caronte meccanico traghettatore del confine tra il tuo paese e il non luogo aeroportuale, trascinarci la valigia verso il tanto sospirato bancone della Tap Portugal, compagnia che dopo tanto patire, ben due anni di mail compuntamente documentate, mi aveva a suo tempo, restituito i soldi della prenotazione preCovid e per questo non andata a buon fine. Vedremo come si comporteranno questa volta dopo che ho già ridato tutto indietro con abbondanti interessi, ma capirà con il caro carburante e i gasdotti chiusi, aumentano anche la mozzarella e gli zucchini. Intanto visto che le cose sono cambiate, mi sono dovuto attrezzare alla bisogna, che guai a farsi trovare impreparato, oggi, ad ogni virgola fuori posto può saltar fuori la scusa per bastonarti. Dunque assicurazione salute di ferro (non la salute che quella ormai è cagionevole, ma l'assicurazione), comprendente tutti i codicilli; bagagli cocciutamente pesati e misurati, che basta un chilo o un centimetro in più per farti passare la voglia e documenti anche quelli forse inutili, ma controllati e ricontrollati (su questo poi ci sarà da ridere). E' con questo spirito, direi di fiduciosa ma ansiogena attesa che mi avvicinavo al bancone per consegnare l'unico valigione previsto, capirà tutto si paga a parte, un bagaglio in stiva, 70 € a tratta e il checkin preregistrato, stretto nella digitalizzazione ormai invasiva, ma comoda, del telefonino. Lo zaino affardellato in spalla, eventualmente avrei tirato fuori con destrezza la macchina fotografica appendibile al collo (2 kg!). La valigia in una mano, la documentazione nell'altra, mi avvicino al banco dove l'addetta mi accoglie con un luminoso sorriso di benvenuto.


SURVIVAL KIT

Parcheggio Malpensa - Ceriapark da Mariuccia - Malvaglio , Via Pozzi 43. E' leggermente più lontano degli altri (15 min), ma imbattibile sui prezzi per le lunghe soste (Scoperto, 30 Euro + 1 Euro al giorno). Se dovete partire molto presto c'è anche la comodità dell'albergo adiacente con ristorante. Consigliatissimo.

Volo - Tap Portugal - (praticamente unica opzione disponibile per Saõ Tomé, ci sarebbe anche STP la loro linea nazionale, ma fa un solo volo alla settimana e mi sembra a prezzi superiori). Il costo è lievitato e per due biglietti comprati circa 50 giorni prima dopo lungo monitoraggio, MPX - Lisbona - Saõ Tomé e ritorno, partenza 20:30 - arrivo 17:00 del giorno dopo (niente altre scelte)! ho pagato € 1.930, 99 incluso un solo bagaglio in stiva, senza nessun altro frill! Davvero costoso e scomodo e uno dei motivi che possono contribuire a tener lontana la gente da questa meta. Ricordo che in caso di problemi, parlare con la compagnia è praticamente impossibile, al numero di Milano non risponde nessuno, a quello di Roma le attese superano i 40 minuti e arrivano info dubbie quando non sbagliate (verificato personalmente). Alle mail non viene generalmente risposto, arrivano solo quelle generate in automatico. Può essere che questo atteggiamento respingente sia ormai adottato dalla maggior parte delle compagnie in particolare per le Low-cost, ma mi sembra un modus operandi davvero pessimo specialmente per quelle di bandiera e se qualche compagnia adotterà modi più user friendly, secondo me attirerà masse di clientela notevoli, anche se poi alla fine il prezzo è sempre il naturale discrimine.

Assicurazione sanitaria - Ho optato di nuovo per Globy rosso plus - RAS Allianz, in quanto è l'unica (almeno che io conosca) che copre la mia fascia di età e, importantissimo, le malattie pregresse. In particolare sembra essere efficace (ma per fortuna non ho mai avuto modo di sperimentare) sul famoso rientro in aereo sanitario in caso di estrema necessità, unica copertura direi davvero importante per la pelle. Costo € 106 a testa per 15 gg.



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lunedì 24 ottobre 2022

STP 1 - Il torpore del rientro

Praia Burra - Principe


 Eccomi qua, anche questa volta non vi siete liberati definitivamente di me, ma la mia latitanza, compensata spero dai piccoli rilasci nella blogosfera programmati all'uopo per non lasciarvi completamente soli e spero graditi (sono sensibilissimo, lo so), è definitivamente finita, almeno per un po'. Il rientro, ormai è una abitudine che non dovrebbe sconvolgere nessuno di coloro che sono abituati a muoversi, comporta l'essere precipitato nel girone infernale delle cose da fare, immediatamente e non oltre, col timore di dimenticarne qualcuna di rilevante se non vitale. Almeno questa è la mia situazione regolare ad ogni ritorno, per cui generalmente mi prendo almeno un giorno per ricaricare le batterie, come per quei telefonini esausti che non hai avuto la possibilità di ricaricare e ai quali devi lasciare il tempo di riassorbire il fremito vitale dell'energia che fluisce lungo i fili. Intanto c'è da aprire le valigie, non stramazzare al suolo per i gas venefici emessi in questo caso, mettere a posto le cose, ma a questo ci pensano i miei addetti, ehehehe, io devo cercare di mettermi a posto con la testa, perché diciamo pure la verità, ogni anno che passa mi rendo conto (e questo è un buon segno, il rendersene conto) che è sempre più dura della volta precedente. Al momento tuttavia non voglio come al solito, cominciare a fare considerazioni sul viaggio, in maniera specifica. In questi casi è meglio lasciare decantare un po' il tempo, recuperare la forma, questo non sarà facilissimo, data l'anagrafe, e scriverne con calma a mente più fredda. La prenderemo liscia procedendo con ordine dall'inizio e lasciando per ultimo le considerazioni generali. 

Al momento sono ancora troppo inviperito per ii vari disguidi aerei finali, che confesso, mi hanno irritato parecchio e non voglio che questi inficino più di tanto benessere e giudizi generali sulla vacanza, che diciamolo, deve essere anche una rigenerazione di energia fisica e mentale. Anzi adesso vorrei dedicare qualche momento anche a cercare di ottenere qualche se pur minimo rimborso al quale avrei certamente diritto, anche se è facile da dire, molto più difficile da avere. Ma come sempre importante poter dire alla fine, che nonostante i normali disguidi del viaggiatore, il progetto si è concluso degnamente e si potrà cominciare a raccontarlo, cosa che farò diligentemente nei prossimi giorni. Tuttavia, devo dire che la prima sensazione generale che mi sorge spontanea alla mente è che la gente è stata ripresa, dopo il truce periodo di arresto durato in pratica tre anni, ha una enorme voglia di viaggiare e di muoversi e nonostante tutto portasse al contrario, recrudescenze del virus, periodo di bassa stagione, crisi economiche ed internazionali, ho trovato un sacco di gente in giro, vogliosa e determinata, quasi si volesse recuperare, se possibile, il tempo perduto. Insomma insieme una rivalsa e una brama di andare avanti sulla vecchia strada senza troppi cambi di abitudini. L'altra cosa è che le difficoltà più varie, documentazioni richieste, limitazioni innovative e assolutamente non ultimo, l'incremento dei prezzi, si stanno facendo sempre più importanti, quando generalmente dopo un momento di molla si tenderebbe invece a facilitare per far riprendere i numeri passati. Ma credo che sia un po' come quando l'inflazione si trasforma in stagflazione, invertendo i trend che le logiche suggeriscono in tempi normali. Comunque carissimi, lasciatemi riposare ancora  un poco, che negli ultimi due giorni hop dormito poco e ci sentiamo presto.


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domenica 23 ottobre 2022

Taste of Tuscany 28

 


come un sipario

si aprono i cipressi -

colora il cielo

sabato 22 ottobre 2022

Taste of Tuscany 36

 


glicine lilla

dipingi il muro antico -

profuma l'aria


Where I've been - Ancora troppi spazi bianchi!!! Siamo a 119 (a seconda dei calcoli) su 250!