venerdì 31 dicembre 2021

E ci siamo anche a S.Silvestro

S. Silvestro

E finalmente ci siamo, l'anno finisce in gloria col record di contagiati di tutti i tempi, comunque è un risultato, ma tranquilli prima o poi tutto passa e poi chi rimarrà, la racconterà, è sempre stato così. Certo siamo tutti bramosi di sapere come stanno realmente le cose, ma anche qui, purtroppo la verità è che non lo sa nessuno. Se Omicron è davvero meno grave, se la terza dose durerà o meno, se e quando ne usciremo fuori. Alla fine ormai la vita è condizionata da tutto questo e se non ci piace ce lo dobbiamo far piacere, perché intanto non è colpa di nessuno, ma solamente del virus e chi comanda fa alla fine quello che può, solo chi ha interessi gli dà addosso,  ma si può anche capire. Intanto chiudiamo la pratica e stasera cenone e cotillons, ma niente canti e balli, mi raccomando, men che meno il trenino. Noi per ragioni impreviste lo festeggeremo in due e quindi indipendentemente dalla nostra volontà il coviddi almeno per quest'anno lo eviteremmo di certo. Ieri sono stato costretto ad una riunione di condiminio (non ho potuto farne a meno), ma eravamo pochi, ben distanziati e io addirittura con doppia mascherina, alla fine sono addirittura venuti i carabinieri a controllare se eravamo a posto e abbiamo dovuto affrettare la fine della giostra visto che pare che l'albergo in questione non fosse a posto al 100%. 

Già perché a sentire gli articoli della Stampa ed i vari tiggì, proprio qui in Piemonte tutti si stracciano le vesti e sono disperati, disdette a raffica, metà camere vuote, lacrime e sangue. E dire che avevano appena consumato tutta la segatura per asciugare le lacrime versate, perché non si trovava più personale disposto a lavorare per 14 ore, 7/7 a 800 euro al mese, colpa ovviamente del reddito di cittadinanza. Beh, devo dirvi che in 50 anni che frequento Sestriere, non ho mai visto tanta gente così, condomini pieni all'inverosimile, ristoranti in cui non riesci neanche ad entrare, gente che ti spinge parlando in tutte le lingue, dal russo allo spagnolo all'inglese, alla faccia di quarantene e varie ed eventuali. Molti senza mascherine, ma che ti passano anche sul collo per prendere posto ai tavoli di bar e locali vari. Ma si sa chi no ciange non tetta, dicono a Genova e qui gli vanno dietro. Comunque c'è il sole, la gente scia felice sulle piste anche se la neve è quella che è, ma la voglia è tanta ed i mesi di digiuno fanno la differenza, tutti in coda disordinata ai cancelletti. Ci sta, comunque io sto al momento rintanato e aspetto il 22 che ormai è alle porte. E allora Buon San Silvestro a tutti!


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giovedì 30 dicembre 2021

Consuntivo dovuto




Ancora un post di consuntivo, dai che ci sta, in fondo siamo al 30 e domani al massimo ci facciamo gli auguri che ne abbiamo tanto bisogno. Poi oggi il governo ha varato i provvedimenti anticovid ed il parlamento promulgherà la finanziaria con buona pace di tutti. Dunque cominciamo col blog, che quest'anno, tra Covid e quindi totale stop ai viaggi e conseguenti dovute relazioni, ha un po' traccheggiato. Non è che mancassero gli argomenti, per carità, ma ho scoperto che con l'avanzare dell'età ho sempre meno voglia di polemizzare con chicchessia, quindi non mi sono voluto addentrare troppo sugli argomenti piu' pruriginosi, politica, virus, economia, green, se non nei momenti in cui mi scappava davvero la pazienza a sentire sequele di castronerie e di prese per i fondelli. Quindi la realtà è che i post invece dei consueti 250-300 di ogni anno, sono scesi a 193, portando comunque il totale ad un soffio dai 3750, che non sono pochi in 14 anni di lavoro (guardate che è un impegno eh!) e con 1.255.410 pagine viste da 160 paesi del mondo, ultimo in lista il lontano Kyrghyzistan. Per la precisione 72% dall'Italia, 13% dagli Stati Uniti e poi via via tuttu gli altri, comunque con 50 paesi oltre le 30 visite, per un totale di oltre 180.000 visitatori unici. Tuttavia rimangono stazionarie le visite giornaliere, non piu' di50 al giorno e pochissimi i commenti, men che meno quelli di discussione, limitandosi al piu' ai saluti ed ai comunque graditissimi apprezzamenti. 

Insomma, al di là del fatto che per me rimane il miglior divertimento che ho trovato per consolarmi la vecchiaia, mi sono fatto convinto che vale la pena di continuare, almeno fino a quando ne avrò voglia. Sul settore pubblicazioni invece la sosta forzata mi ha obbligato a segnare il passo, non tanto perché non avessi altre false guide da portare avanti, quanto piuttosto perché non ho avuto voglia di concretizzare quello che ho già nel cassetto di cui è necessario soltanto l'ultimo maquillage prima dell'imprimatur, in particolare il lavoro che mi sembra molto interessante su Marco Polo e quello sul Tai Chi. Inoltre ci sarebbe anche la raccolta dei pezzi sul Bar Baleta, che però va ancora un po' rimpolpato. Però rimarrebbe il problema della scarsa possibilità di diffusione, visto che non ho un editore che ci possa pensare, ma me li devo vendere direttamente  per mio conto e a questo riguardo, devo dire che quest'anno le vendite hanno un po latitato, causa virus che ha ridotto l'interesse per i viaggi e quindi di conseguenza limato le vendite sul web, sulla mia vetrina di Lulu.com, e anche quelle che arrivano dalle conferenze che pur essendo riprese, hanno ridotto il numero e le presenze, non sono state così soddisfacenti da incitarmi alle nuove stampe. Quindi diciamo che anche qui si spera in un futuro anno migliore. Vedremo, vi farò sapere.




mercoledì 29 dicembre 2021

L' anno che è passato




Già, oramai siamo alla fine e bisognerà comunque cominciare a fare il bilancio di questo anno, che è stato così diverso da come ce lo aspettavamo 12 mesi fa. Un consuntivo abbastanza bizzarro perché è un po' tutto e il contrario di tutto. C'era timore che cominciasse una tragedia senza fine, sanitaria ed economica, nessuno prevedeva che sarebbero arrivati i vaccini a fare da argine e salvare tante vite, né si poteva sperare che l'economia avrebbe avuto un colpo di reni del tutto inaspettato come negli effetti c'è stato. Merito di tutti certo, di noi che abbiamo in buona sostanza, seguito le indicazioni giuste a dispetto di pochi imbecilli, che tranquilli ,ci sono sempre stati e sempre ci saranno; merito di un buon governo che con i pochi errori, accettabili dopo tutto, di fronte alle difficoltà di situazioni del tutto nuove e imprevedibili, ha avuto il coraggio di dare indicazioni non esagerate, neppure pavide, ma equilibrate anche assumendosi rischi di impopolarità e di indovinare che alcune incerte soluzioni avrebbero poi avuto un buon successo, come hanno dimostrato i dati e i giudizi di tutto il mondo che ci hanno presi ad esempio. Così ci stiamo trovando alla fine di questo anno tribolato, se pur di un certo successo, come si dice da noi, di nuovo al pian dei babi, con la nuova variante che rimette in discussione tutto e fa sì che le storie si ripetano. Le persone di buon senso che vanno giudiziosamente a fare il loro dovere, innanzitutto nel loro interesse e i no tutto che continuano la loro opera picconatrice per cercare di fare piu' danni possibili, nella logica del tanto peggio tanto meglio, sempre valida, come quelli che segano il ramo su cui sono seduti.

Con opposizioni cieche o meglio orbe, che con l'unico occhio sano cercano di vedere la possibilità, agendo pessimamente, di incrementare la propria platea di votanti, reclutando tutto il peggio del peggio, avanti c'è posto, nella speranza di arrivare presto a quel giro di boa che consentirà loro di acchiappare quel desiato potere che consenta loro di procedere alla distruzione definitiva del paese. Ma è giusto così, tutto dipende solo da noi in fondo, che andiamo a vaccinarci, che teniamo le distanze e la mascherina quando ci si dice di farlo e quando celo dice ilbuon senso, perché le leggi si obbediscono intanto, mentre se si credono ingiuste si cerca di cambiarle. Noi, che andiamo a votare e sceglieremo quello che ci parrà giusto fare. Quindi l'anno che sta finendo ci deve essere di insegnamento, non tutto quello che è brutto, è negativo, non tutto quello che sembra buono alla fine è positivo, come nella barzelletta dell'uccellino che viene sepolto dalla merda. Chi sa se omicron ci condannerà ad un altro anno ancor piu' tragico con ospedali intasati o se invece si raffreddorizzerà, come già si dice, grazie al fatto che la maggioranza sarà vaccinata, certo se lo fossero il 99% sarebbe meglio, ma non si può avere tutto. Chissà se il Drago ascenderà all'Olimpo o se invece perderà tutto, Olimpo e trono terreno, abbattuto a furor di quanti vogliono prendergli il posto. Chissà se il timore di perdere le agognate pensioni, invece terrà tutto in galleggiamento per il tempo restante e se verrà fuori un nome mai pronunciato fino ad ora, come del resto è sempre accaduto in precedenza. Bella sfida per gli scommettitori. Ma avremo ancora un mesetto per parlarne, Per adesso pensiamo a tagliare gli ultimi panettoni, che almeno noi li possiamo mangiare. Ma intanto forza, che abbiamo ancora due giorni per pensarci.


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martedì 28 dicembre 2021

Ancora sul virus

Gelo - foto T.Sofi

 Eccomi qua tra le mie montagne a cercar di ragionare su un futuro che contina a essere così incerto e fastidiosamente insicuro, ormai da due anni. E' faticoso, non si può negarlo anche per chi come noi, in fondo non subisce i tragici effetti economici di cui si sente ogni giorno parlare. Certo per molte persone è davvero una questione di tragedia economica che si accompagna a quella sanitaria, una difficoltà della vita che sicuramente induce a volte a pensare che sia meglio trascurare l'aspetto medicale, per non essre trascinati nel gorgo di una rovina, che vede distruggere sacrifici di decenni e la vita intera. Gli effetti psicologici negativi di chi invece questo problema impellente non ce l'ha, sembrano, giustamente dover essere considerati in seconda o terza battuta, magari ascoltati anche con una certa sufficienza, dato che alla fin fine la pagnotta arriva comunque. E' vero, tuttavia non si deve negare che anche questo non sia un problema tangibile, da valutare seriamente. Badate che per chi ha raggiunto una età, vedere sfumare due anni nel nulla, è pesante, perché non è che si hanno davanti altri anni, in numero consistente che ridaranno più o meno quanto perso, anzi è possibile che se mai tutto ritornerà come prima o quasi, ci si potrà trovare in una condizione tale da dover definitivamente rinunciare a tutto. Insomma una prospettiva abbastanza deprimente, ecco perché bisogna avere pure un po' di compassione per 'sti poveri vecchi che vedono sfumare nel nulla gli ultimi anni agibili della vita. Capisco che per l'INPS sarebbe meglio accelerare il trapasso, con gran vantaggio per la comunità tutta, ma loro, questi disgraziati, cercano caparbiamente di resistere, quanto meno per non mollargli la pensione, così come si dice, a gratis. Insomma, noi cercheremo di farcela comunque e se questa tabe malefica non finirà a breve o quanto meno se le disposizioni necessarie al funzionamento della comunità civile dovranno essere prolungate chissà fino a quando. Insomma alla fine ce la faremo ovviamente, come sono stati superati problemi ben più gravi, ma sarà comunque pesante, pesantissimo per tutti.  


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sabato 25 dicembre 2021

Buon Natale

 


Buon Natale 
a tutti i miei amici, 
direi che ne abbiamo bisogno, no?

venerdì 24 dicembre 2021

Recensioni: Sorrentino - E' stata la mano di Dio

Non posso dire che non mi sia piaciuto, insomma una cosa che si vede volentieri anche se è insopportabilmente lento, ma anche questa è una evidente scelta del regista, di cui riconosceresti la mano lontano chilometri. Comunque un bell'affresco napoletano di cui si devono apprezzare il macchiettismo e le esagerazioni, spettacolarmente disegnate da una serie impagabile di caratteristi molto bravi e dalle maschere scelte con molta cura, il tutto avvolto dallo sfondo di questa città e dal suo culto per Maradona, uno dei tanti santi dell'Olimpo circumvesuviano, di cui si spiega molto bene la natura e l'importanza e che forse chi non è di Napoli, fa sempre un po' fatica a capire. Un po' Amarcord, un po' Nuovo cinema paradiso da cui evidentemente trae molte ispirazioni e riferimenti, aggiunge note di amaro ad una descrizione troppo edulcorata, come si conviene alle opere largamente autobiografiche. Come sempre spettacolare la prova d'attore di Toni Servillo che recita soprattutto se stesso. Insomma ce ne fossero tanti d'altra parte è la vigilia di Natale e bisogna essere buoni con tutti. Peccato che gli americani non ci capiranno nulla e lo snobberanno sicuramente, anche se per carità, dato che pare che l'Italia sia di moda in questo momento, non si sa mai. D'altra parte avevano bocciato anche Pinocchio che è una fiaba talmente lieve e deliziosa che non poteva essere alla portata mentale di un paese così grossier da aver votato Trumpo.


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mercoledì 22 dicembre 2021

Nebbia fitta



 Quest'anno ad Alessandria è tornata la nebbia, una bella coltre spessa che ottunde sensi e sentimenti e che è così congeniale al carattere di noi alessandrini come ben diceva Umbertone. Qualche volta è stata una sporadica presenza, altre volte è durata per giorni di fila, in qualche caso addirittura è rimasta ospite gradita, dall'alba al tramonto, quella bella caligine chiara che copre tutto ed in campagna ti fa apparire il mondo che ti circonda come un'Ade silenziosa dove si aggirano solamente ombre di Cimmerii, che si muovono un po' a casaccio schivando, se riescono, le sagome cicciotte e contorte dei "muròn", posto che ancora ce ne sia qualcuno disperso nella campagna di questi solitari gelsi, ormai inutili dato che i "cucalén" non si allevano più e la seta è tutta cinese. Per carità non dico che siano i nebbioni della nostra giovinezza, quando sono finito più volte nel cortile di qualcuno seguendolo in macchina nel cercare la strada di casa o di quella volta in cui appena tornato dal viaggio di nozze, erano i primi di novembre, la mia sposina si alzò di prima mattina, erano quasi le dieci e affacciatasi al balcone non riuscì neppure a scorgere la ringhiera dello stesso. Durò tre giorni filati e lei si mise a piangere, dicendomi "Ma dove mi hai portato?". Poi si abituò e adesso che queste mattine non capitano più, forse le rimpiange, dato che assieme alla nebbia se ne sono andati via veloci i 50 anni della nostra stagione.

Insomma, per dire che comunque, anche se il clima è cambiato e non ci sono più quei bei freddi di una volta (bella frase splendidamente inutile, come diceva l'amico Kostantin a Irkutsk quando sul ghiaccio del Baikal spesso quattro metri, c'erano solo -32C°), in fondo, di tanto in tanto la ruota della vita ci ripresenta situazioni analoghe o quasi, forse soltanto per ricordarci che nulla è nuovo sotto il sole e che anche in quello che può sembrare brutto o semplicemente fastidioso, ci si può trovare qualche sfumatura di piacevole che ti fa sorridere anche se a mezza bocca. Intanto io parlo parlo e poi di nebbia e soprattutto di nebbia in campagna blatero solo per sentito dire per quello che vedo fuori dalla finestra, dato che approfitto di questi giorni prefestivi, soprattutto per rintanarmi in casa e neanche uscire a mettere il naso fuori, altro che respirare nebbia a pieni polmoni in aperta campagna davanti ai muròn. Beh, per la verità mi si sono trovato l'altro giorno, che dovevo andare fino a Castellazzo per una delle solite inevitabili commissioni, a sfilare lentamente in questa campagna tradizionalmente coperta di un immacolato velo uniforme che ammantava in maniera paritaria, le stoppie puntute del mais ed i cereali vernini che dormivano silenziosi rafforzando le radichette in attesa del risveglio di primavera come marmotte gioiose. Questo mi ha donato un grande senso di tranquillità emotiva, insomma, virus o non virus, la vita va avanti comunque e noi come diceva l'amico Leopardi, alla natura facciamo un baffo, manco si accorge della nostra esistenza e basterà qualche milione di anni, uno sputo di mosca nella storia dell'universo, per cancellare completamente ogni traccia della nostra orgogliosa e petulante presenza. Sai ce gliene fregherà alle forme di vita di allora se Blackrock controlla quasi la metà del PIL mondiale.

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lunedì 20 dicembre 2021

Haiku solitario

Rosazza - novembre 21

 

la torre antica -

passero solitario

più non ti sento


domenica 19 dicembre 2021

Haiku funerario


coltre leggera -
non abbacina il bianco
le occhiaie vuote




 

sabato 18 dicembre 2021

Meditando attorno alla stanza

immagine dal web


 Quando stai acquattato come un puciu (espressione mandrogna che non significa nulla se non che ti stai crogiuolando nella tua tana al calduccio) in attesa che arrivi, implacabile come la morte, qualcuna delle temute ed attese reazioni al vaccino, tanto auspicata dai novax per poter giustificare la loro follia e che invece fortunatamente per ora tardano ad arrivare, senti giunto il tempo delle consisderazioni filosofiche sul senso della vita e lo stato dell'arte del mondo che ti circonda, visto che quelle sul tuo degrado fisico e le lamentazioni sul tempo che sen fugge tuttavia senza lasciarti più lo spazio di fare quello che avresti voluto e dovuto fare, le hai gia fatte. Così pensavo, ma, visto che siamo tanto impauriti dall'eternità delle tracce che lasciamo sul web, così da vedere come una iattura incommensurabile, il fatto di essere beccato col pisello al vento o altro di peggio, magari di avere scritto e divulgato scemenze e di essere consegnato così alla vergogna perpetua, rimanendone il ricordo sulle pagine internettiane a futura eterna memoria e oltretutto in ogni parte dell'universo, siamo davvero sicuri che questo avverrà davvero? Davo un'occhiata in giro per casa e guarda un po' ho trovato decine di dispositivi, oggetti, tracce della mia vita vissuta che o si distruggeranno fisicamente in pochi anni se non conservati con ogni cura oppure già oggi non dispongono piú di dispositivi trovabili con facilità sul mercato per essere visti o fruiti in alcun modo. Registrazioni su nastri e supporti vari, cassette, metodi di archiviazione di cui si sta perdendo anche la memoria e che invece al momento in cui sostate eseguiti, apparivano eterni. 

Oggi l'utilizzo universale del web presuppone supporti che ci sembrano indistruttibili e destinati all'eternità, ma siamo sicuri che, come quel file registrato su un floppy che oggi non è più possibile far funzionare, quel filmato su un VHS di cui non trovi più un lettore funzionante, quella pellicola super8 (ve la ricordate?), quella foto prodotta in un linguaggio di cui si è persa traccia, sia mai più fruibile e non temi dunque che quello che oggi vedi con tanta facilità, nel giro di pochi anni non subisca la stessa sorte? D'altra parte come nessuno scrittore di fantascianenza aveva previsto la nascita del web, così tutto potrebbe sparire in un tempo altrettanto veloce, magari soppiantato da altri più gustosi sistemi e marchingegni che l'intelletto umano o l'AI incombente, inventerà. Sacripante, magari tra cento anni, i miliardi di miliardi di terabyte immagazzinati in cataste di dischi o vaganti nei più sofisticati cloud odierni, saranno solo montagne di ingombranti residui di indifferenziato che daranno solo problemi di smaltimento e tutte quelle immagini, quella musica, quelle idee che ci apparivano fissate nel marmo (quelle sì che dureranno) e destinate all'eternità, saranno solo il nulla assoluto dimenticate per sempre e destinate chissà ad una difficilissima, forse impossibile, operazione di recupero da parte degli archeologi del futuro che tenteranno di interpretare questo proto cuneiforme insensato o queste stringhe di numeri o di impulsi, forse un nuovo Lineare B destinato a rimanere indecifrato per sempre in qualche sistema museale del futuro. Dunque tranquilli, le tracce che oggi sembrano indelebili, che lasciate su internet, probabilmente non danneggeranno la vostra credibilità e dignità futura, tra mille o più anni, certo sempre che ve ne importi ancora, a voi e ai vostri discendenti. Quindi oggi, al tempo del colera, potete svaccare tranquilli. Questo vi sia di consolazione perpetua in questa ora difficile e perigliosa , quella sì che non cede mai. 

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venerdì 17 dicembre 2021

E tre

foto dal web


 Bene anche questa è fatta. Dei vaccini non ho mai parlato un granche in questa sede, perché comunque mi sembra che il dialogo con gli avversi, sia inutile e senza speranza, fiato sprecato insomma come per gli OGM, quindi diciamo che preferisco dedicare il mio tempo a cose che mi divertono di più. Comunque, timoroso di essere abbrancato per la coda da omicron, attendevo con ansia di poter svolgere la pratica il più presto possibile e così discipinatamente, questa mattina alle 8 e 15, appuntamento 8:30, sono andato al entro vaccinazione all'ospedale dove ero stato prenotato, e in pochi minuti ho sbrigato la pratica. Una dolcissima infermiera a cui ho chiesto di farmela un po' più in giù, mi ha detto che aveva già fatto. Neanche me ne sono accorto, una manina di fata insomma, come si diceva una volta. Mezza dose di Moderna e via andare, fendendo la calca di quelli che facevano la fila per farsi ficcare tamponi in ogni orifizio possibile e maledicendo il governo invece che se stessi. Tutti, medici e infermiere, premurosi e gentilissimi, nella fretta non li ho neppure ringraziati abbastanza, come si meritano. Di fianco a me c'era anche una redenta alla prima dose, insomma non è mai troppo tardi per rinsavire. Adesso son già a casa che mi accingo a risolvere un altro rognoso problema di tasse, ma questa è un'altra storia. Intanto aspetto gli effetti secondari che si addensano attorno al mio braccino punturato. Direi che al momento, salvo la crescita di una strana proboscite al posto del naso, che tuttavia mi sembra assai utile per molti movimenti accessori, non ci sia niente da segnalare, salvo che prendo Netflix senza abbonamento, magari do un'occhiata alla mano di Dio, ma direi che è ancora presto per gli effetti più gravi. Insomma ha da passà a nuttata.


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mercoledì 15 dicembre 2021

Incontro sulla Moldova e la Transnistria all'UNI3 di Alessandria

 A tutti gli amici interessati di Alessandria e dintorni, domani 16 dicembre, alle ore 15:30, alla Sala Ambra del Dopolavoro Ferroviario , via Brigata Ravenna - Alessandria

Nell'ambito delle conferenze di geografia dell'UNI3 di Alessandria, Enrico Bo, racconterà esperienze ed aspetti di Moldova e Transnistria, due paese poco conosciuti, quasi dimenticati nei loro curiosi e aspetti del passato lontano e recente.
Siete tutti caldamente invitati

martedì 14 dicembre 2021

Foreste di neve

Yangantau - Urali (-23°C) - gennaio 1993


 Chissà perché, anche se la serie di giornate bellissime, soleggiate e in fondo piacevoli di questo dicembre, non inviterebbero a richiudersi in casa, si preferisce comunque il rintanamento a godersi uno stato quasi letargico e a coccolarsi al calduccio, accarezzandosi al più con i ricordi. Come era bello quando eri piccolo, che luoghi straordinari hai avuto il privilegio di vedere, che persone interessanti hai potuto incontrare. Forse tutto questo avviene perché il freddo pungente, per me, è comunque aggressivo, fastidioso, anche se il disagio maggiore l'ho superato con i miei trascorsi nella Santa Madre Russia, dove fa freddo davvero. Questo invece è un freddo malandrino e antipatico, del quale in teoria non ci si dovrebbe neppure lamentare, almeno di questo si stupisce molto il mio amico Eugenio dalla lontana Mosca avvolta nella morsa del ghiaccio di nonno Gelo. E dai Eugenio, per piacere, dai una voce a Vladimir che ci mandi 'sto benedetto gas che se no ce la menano per tutto l'inverno per aumentarci le bollette e poi non vi vogliamo più bene! Certo che lamentarsi per il freddo quando basta alzare un po' la valvola del termosifone o stringersi un po' di più in una maglia pesante, è davvero da teste deboli, magari se lo si fa guardando alla televisione vecchi, donne e bambini che i nostri trigomiri geopolitici hanno spinto in mezzo a una foresta di betulle coperta di neve o su un gommone sgonfio in mezzo al mare, ma dai,in fondo basta premere un tasto del telecomando e si passa a Ballando con le stelle, ti stringi nel plaid e mangi una fetta di panettone, buonissimo signor Balocco. Le bianche betulle sono meravigliose a dicembre, ma solo se poi entri nella baita e ti bevi un paio di vodke con dei bliny spalmati di smietana e beluga, dopo una mezz'oretta di banya, con qualcuno che butta una mestolata di acqua sulle pietre roventi di tanto in tanto. Ma che culo abbiamo avuto. Speriamo solo che non ci sia un'altra vita, se no un contrappasso ci dovrebbe essere sicuramente.


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Lucia

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lunedì 13 dicembre 2021

Lucia

Nonna Lucia


Mia nonna si chiamava Lucia, ma non me la ricordo più; come tutti gli altri miei nonni è mancata quando ero ancora troppo piccolo o piccolissimo e forse il non averne memoria deriva anche dal fatto che la nostra organizzazione familiare, mamma casalinga e la distanza, non prevedeva il bebisitteraggio comune oggigiorno. Così Santa lucia non l'abbiamo mai festeggiata particolarmente, tranne per il lacabòn della piazzetta che a me, tra le altre cose, neanche piaceva. Anche a casa mia si raccontava, secondo tradizione popolare che questo fosse il giorno più corto che ci sia, confondendolo col solstizio; anche in questo caso, come nella maggior parte delle volte, la saggezza del popolo toppava clamorosamente. Certo, ma ne eravamo tutti convinti e quando io, tornando da scuola boriosamente imbeccato dalla maestra saggia, bambino saputo, sbertucciavo i miei, spiegando che era un residuo del vecchio calendario gregoriano, che ci si era dimenticati di aggiornare, il mio papà mi faceva quella faccia dubbiosa, accompagnata, dai: - U sarà veira, ma i mé vegg i divu acséi - e la questione era chiusa. Anzi lo diceva in corretto italiano - Sarà vero, ma i miei vecchi dicevano così -, perché col bambino bisognava parlare in italiano, lo rimbrottava mia mamma, timorosa di farmi perdere l'ascensore sociale. Poi mi portava in piazzetta S. Lucia a comprare il lacabòn, mentre io preferivo il torrone Sebaste di cui ammiravo ad occhispalancate le cataste bianche, perfettamente ammonticchiate nel banco griffato, ma mi piegavo al volere dell'autorità, perché sono stato sempre un contestatore timido e la delusione me la tenevo dentro, ciucciando il bastoncino di zucchero caramellato che mi lasciava comunque quel gustino amarognolo di desiderio insoddisfatto. Sarà per questo che ho sempre poi preferito il gusto dolce, proprio dei coccoloni mai contenti. Camminavamo poi, tagliando per piazza della Libertà, spesso facendo crepitare lo straterello di neve ghiacciata e io mi stringevo nel paltoncino cammello con lamartingala che mi aveva cucito mia mamma, calcando bene in testa il purillo nero di ordinanza. Ho sempre patito il freddo, per questo, forse, il mio karma mi ha dannato a nascere in questa città umida e buia.


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domenica 12 dicembre 2021

Pourún e bagna caôda

 

Torino - Cimitero monumentale - foto T.Sofi

Due giorni di sole, splendidi, rasserenanti, con un'aria tersa e cristallina che ti lascia guardare lontano. Raramente avevo visto subito dopo Asti, sull'autostrada, l'intero arco delle Alpi dalle Marittime fino alle Lombarde splendidamente bianche con la base scura leggermente tremula che non ne lasciava indovinare anche i paesini delle ultime colline. Che spettacolo, la pennellata bianca distesa con cura sulle ondulazioni dolci, i rami ormai spogli a segnalare che la vita è ancor lì dormiente ad aspettare. Non una asperità, non un disturbo a sporcarne la purezza ghiacciata che riflette la luce mentre fa la gibigianna come un monello giocoso. E il freddo che ti pizzica il viso non è neppure fastidioso se ti coglie vicino al Po, la sagoma della Mole di fronte e Superga lontana sulla collina, a chiacchierare con vecchi amici del tempo passato, il grande piacere dei vecchi, se hanno la fortuna di arrivare a questo momento. A rivangarlo, questo passato, avvoltolandone le zolle con amore perché rappresenta il nostro essere, quello che siamo stati, quello che avremmo voluto essere, nella consapevolezza di quello che saremo, inevitabilmente secondo un ciclo che non sarebbe neppure giusto voler cambiare. Ed il velo bianco sopra quelle lastre di marmo, sulle statue pensose, sui simulacri ormai secchi di fiori avvizziti ma ancora presenti, racconta la pace di una scelta che comunque non si sceglie; si accetta, si aspetta. Buoni i peperoni con la bagna caôda leggera. 


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giovedì 9 dicembre 2021

Il colore della neve

Forte di Fenestrelle 

La neve è tanto bella in montagna quanto brutta e fastidiosa in città. Su è bianca, pulita, soffice, manto delicato che copre e sopisce le magagne, diciamo che sembra una dolce coltre che aiuta il letago. Giù è spatascia molle e fracicosa, sporco liquame e fastidioso lerciume che ti impedisce il cammino, che tutto macchia come le coscienze, pronta a diventare trappola scivolosa di giaccio. Così ieri la giornata lassù me la sono proprio goduta; prima la discesa da Sestriere lungo la valle mentre i fiocchi larghi scendevano densi, il silenzio attutito dei boschi carichi di bianco, la lentezza che ne consegue e poi giù, giù fino a Fenestrelle, sempre circondato dall'odore metallico della neve, il freddo pungente ma non esagerato, il camminare a fatica sprofondando nel mantello vergine (d'altra parte non era l'Immacolata?), la bella cerimonia a ricordare una caro amico che non ha voluto essere messo alla prova dalla pandemia. Chissà cosa ne avrebbe detto se fosse stato ancora qui con noi. Il ritrovarsi con gli amici attorno a un tavolo a ricordare, a raccontarsi, a volersi bene, perché questo è l'unico modo di stare meglio. Poi la discesa a valle a ritrovare la neve già sporcata e viscida, nel tumulto del fastidio cittadino, per carità, tuttavia assai comodo. Ma sì, oggi metterò il becco fuori per rendermi conto che ormai qui l'odore della neve è solamente puzza di sporco.


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lunedì 6 dicembre 2021

Luoghi del cuore 119: Tiger nest in Buthan


Il Tiger Nest


I cavalli
Che il Bhutan sia un luogo del cuore è un'affermazione che non lascia dubbi, difficile contestarla, ma non certo per tutta la fuffa che gli è stata creata intorno, paese della felicità interna lorda e altre belinate del genere. Sotto questo punto di vista anzi è come tutti gli altri posti, anzi, meglio chiarire subito che se hai il grano ci vai, se no non ti lasciano neanche passare il confine, tanto per capirci, altro che i soldi non danno la felicità. Ma i luoghi e la magia che li circonda quelli sì che sono un'altra cosa, il Tiger nest tanto per fare un esempio. Torno allora a quella mattina chiara. Si intuisce che il sole illuminerà presto tutta la valle e il verde scuro delle foreste, a poco a poco si schiarirà diventando trasparente e luminoso appena i raggi passeranno attraverso i rami più alti. L'aria è ancora fresca. Tohà è un bel bambino di otto anni con una felpetta piena di scritte, buttata di traverso. Sta seduto su una grande pietra quadrata vicino ad un gruppo di cavalli che pascola l'erba bassa nella radura infossata al limitare del bosco. Parte di qui la pista che porta al Taktsang Lhakhang, il monastero costruito tra le rocce, mille metri più in alto sulla montagna, chiamato, per la sua spettacolare posizione, il Nido della tigre. Sono più o meno tre ore di salita per gambe buone, quali sono quelle dei miei tre compari naturalmente, ma per degli otri rigonfi come me; trascinare 100 kg, più che meno, su questo sacro monte, potrebbe essere un esercizio fatale, sicuramente tragicomico oltre che inizio di una delle solite sofferenze terrificanti che mi impongo ogni volta, in cui casco reiteratamente con tutte le scarpe, anche se mi riprometto che sarà l'ultima e che la cosa non si ripeterà mai più. D'altra parte, vuoi mica perderti la perla del Bhutan, il luogo della meditazione di Padmasambava, dove la statua ospitata nel gompa principale ha parlato, manifestando la sua volontà di andare proprio in quel luogo e miracolosamente ci si è teletrasportata? Ma ci mancherebbe!

Tohà
Inoltre sapete che, al giorno d'oggi, basta pagare e ti portano di peso anche in cima all'Everest o al Polo Sud, quindi coraggio, armiamoci e partite. Infatti i miei tre compari, bardati di tutto punto, si incamminano di buona voglia dietro Tashi, scomparendo subito tra le frasche, dove una serie di piccoli chorten segnalano l'inizio del cammino di penitenza. Io, precedentemente addestrato, inizio una breve trattativa con il padre del bimbo di cui sopra e finalmente, toltami la paura con 1000 Rupie, vengo lasciato nelle mani di Tohà, che aspetta pazientemente ridacchiando sulla sua pietra. Dopo che mi ha preso in consegna, andiamo verso il gruppetto di cavalli, che, capita l'antifona, facendo finta di niente, cercano di defilarsi, spostandosi verso il limitare del bosco. Di certo hanno notato subito con la coda dell'occhio tumido ma intelligente, la stazza del trasportando e paventano di essere prescelti per la corvé. Ma al dovere non si sfugge; Tohà con mossa lesta afferra una cavezza ed un riottoso cavallino, di minuscole proporzioni, viene prescelto alla bisogna. Si chiama Mindù e il mio duce mi assicura trattarsi di un ottimo destriero anche se apparentemente sembra un povero ronzino spelacchiato che, sbuffando, viene convinto a mettersi in posizione idonea affinché il cavaliere, utilizzando un apposito malfermo traliccio, gli si issi in groppa, con la grazia e la leggerezza proprie della libellula, come riuscirete ad immaginare.

Lungo la salita
Dopo qualche ulteriore sbuffo, Mindù, trascinato da alcuni strattoni alla cavezza, si mette finalmente in moto e comincia l'ascesa attraverso un sentierino che si inerpica nella foresta. Mi sembra che arranchi con una certa fatica, ma tutto sommato, tagliando di traverso i tratti più ripidi ed evitando i gradini sulle erte che li fiancheggiano, ma procediamo lesti, grazie anche alla mia esperienza di consumato cavaliere che ne agevola la marcia con idonei movimenti di bacino. Dico consumato in quanto in un'altro dei miei precedenti equini, mi ero procurato una vistosa escoriazione proprio nel punto dove ci si appoggia alla sella a furia di strusciare su e giù, lungo il percorso tra le rocce che conduce a Petra. Ma erano altri tempi e mancava l'esperienza. E' ancora presto però, l'ora migliore per salire il monte evitando la calura del mezzodì e il piccolo Tohà trotterella tranquillo tirando l'equino verso il passo. Frequenta la terza classe elementare, dove studia anche l'inglese, ci tiene a ribadire, infatti si fa capire benissimo, ma adesso che c'è una settimana di vacanza per il grande Festival annuale, aiuta il papà con i turisti e intanto allena la lingua. Gli piacerebbe diventare guida da grande. Salire il monte è una passeggiata per lui, se la fa anche tre volte in un giorno, è abituato a camminare, per arrivare al villaggio della mamma si fa poi una ventina di chilometri a piedi attraverso un altro passo.

Il monastero
Là vivono anche due sorelle e tre fratelli, lui invece sta col papà in un altro villaggio. Continua a darmi grandi assicurazioni sulle qualità di Mindù, docile e forte, d'altronde se lo ha scelto per me c'è di sicuro una ragione. Non è certo infido come gli asini, brutte bestie disubbidienti, lui da piccolo (perché adesso è grande?) si è preso un calcio da un asinaccio grande e grosso che, infingardo, ha aspettato che gli passasse dietro per tirarglielo apposta. Per questo odia gli asini e intanto dà una carezza sul muso di Mindù che sbuffa prima di tirarci su in un tratto particolarmente ripido. Il panorama è stupendo, ad ogni tornante, si apre una vista nuova sulla valle e sulle rocce a strapiombo delle montagne vicine. A metà della salita, il primo stop. Chissà quanto ci vorrà perché arrivino i miei soci. Intanto mi godo il panorama tra le bandiere che sventolano. Dopo pochi minuti arrivano tutti. Accidenti come avranno fatto a salire così in fretta? Delle macchine da guerra. Mah, ci sarà stata una scorciatoia. Un po' innervosito, riprendo la strada per il secondo step. Il sentiero diventa sempre più stretto e difficile. Il malefico equino sceglie sempre la rotta che lo porta sul limite dello strapiombo, appoggiando le zampette una dopo l'altra con attenzione maniacale, così almeno spero. Tohà invece con giusta scelta di tempi, mi comunica di fare molta attenzione, perché proprio in quella curva un turista americano distratto che faceva foto invece di tenersi bene, è caduto giù nel burrone, ma tranquilli, non è morto, si è solo sfigurato tutta la faccia, rompendosi la mandibola e tutti i denti. Un sacco di sangue dappertutto, ride, mentre mi abbarbico al pomello della sella. Un po' più avanti due australiani, sono stati sbalzati giù nel fosso, per fortuna era basso anche se pieno di rovi e si sono rotti solo un braccio e alcune costole, ma tranquillo, grazie a lui, non sto correndo pericoli di sorta. Sveglio l'ometto. Sia come sia, in qualche modo arriviamo allo stazzo dove finisce la strada dei cavalli, sani e salvi. Mancificato il ragazzino, dopo una robusta pacca sul groppone, Mindù si precipita a valle da solo tanto la strada la sa; Tohà, dopo un ultimo saluto con la mano, lo segue saltando da una roccia all'altra. Dopo pochi minuti arriva la mia compagnia. Accidenti che gambe! Appena passata  una costa il Tiger Nest appare, al di là di uno stretto vallone, come appeso in alto tra rocce nere e strapiombanti. Che fregatura, siamo sì, ai 3100 metri di altezza previsti, ma per raggiungere il tempio ci sono ancora 700 gradini, metà per discendere ed attraversare la spaccatura e l'altra metà per risalirla.

L'ultima salita
Li affrontiamo con santa dedizione, in fondo si tratta sempre di un pellegrinaggio. La spettacolarità delle viste, inganna comunque la fatica e in qualche modo si arriva, nonostante lancinanti dolori alle ginocchia, le cui cartilagini consunte sono ormai andate da tempo. Il tempio è piccolo e raccolto, in quattro livelli successivi. Anche se è stato ricostruito da poco, dopo l'incendio del '99, la costruzione sembra antichissima, con le sue travi annerite dal fumo delle lampade, con le sue statue dorate, avvolte dalle stoffe trasparenti, i damaschi colorati, i dipinti, gli affreschi con le divinità benevole e quelle terrifiche. Un vecchio monaco sta davanti alla statua principale, quella che è arrivata fin quassù per teletrasporto per intenderci (non teleferica eh, non fate gli spiritosi, non siete abbastanza olistici se non ci credete, come mi disse una volta un tale,mentre facevo le pulci ad altre credenze locali piuttosto fantasiose) e benedice chi arriva, guardandolo con occhi spenti, mentre le labbra mormorano sempre la stessa preghiera. La sciarpina di garza bianca viene posta anche sui nostri colli di infedeli, in fondo se siamo arrivati fino a lì, qualche cosa meritiamo, basta l'intenzione si direbbe, al più una piccola offerta. In verità il luogo è straordinariamente suggestivo, a strapiombo sulla valle, di fronte ad un cielo indaco dove passeggiano gli stessi sbuffi bianchi che ritrovi continuamente sulle tankhe appese alle pareti.

Punti di meditazione
Un senso di pace, rotto solo dall'ansimare di chi arriva in cima alla gradinata, suono niente affatto gradevole perché ti ricorda che devi sobbarcarti ancora il ritorno. Rimarresti ancora a guardare la valle tra i fumi delle lampade a burro, tra il cigolare dei mulini di preghiera che mani instancabili continuano a far girare, mentre le bandierine sventolano con i bordi sfrangiati. Se c'è un posto dove la preghiera può salire al cielo senza ulteriori intermediazioni è questo. Ma comincia ad arrivare gente, aveva di certo ragione Tashi a raccomandarci di partire per tempo. Cominciamo il ritorno, incrociando frotte di gente che sale. Anziani camminatori che procedono in silenzio un passo dietro l'altro, gruppi di giapponesi in groppa a mandrie di cavalli legati assieme. Cerco di individuare Mindù, ma non lo vedo. Poveraccio, ma che se ne vada a piedi la gente, se no che sacrificio sarebbe, insomma, non vi pare? Va beh, dopo una breve sosta a mezzavia, con vista, thé caldo e biscotti al sapore di minestrone inclusi, si raggiunge il punto di partenza. Se guardi tra la cima degli alberi, le pareti bianche del monastero sono proprio lassù, dove pare impossibile arrivare. E' ora di tornare verso Paro. Sulla pietra di prima, Tohà è accoccolato come di primo mattino in attesa del suo pollo e ti fa un cenno di saluto con la mano. Di sicuro ci sarà ancora il tempo per acchiappare qualche altro turista.

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