venerdì 31 ottobre 2008

Casualità e paranormale

Ho avuto un feeling (ohi che brutta parola!) speciale con Terzani e i suoi libri. Mi ha sempre dato delle sensazioni sui luoghi e sugli eventi raccontati, che sento comuni, anche se qualche volta non condivise; così quando, in preparazione di un viaggio in India che avremmo fatto nell'estate, mia moglie mi regalò L'ultimo giro di giostra, mi apprestai a leggerlo con la consueta foga. Non sapevo fino a quel momento della sua malattia, e seguendo il racconto della sua lotta, che a poco a poco si dipanava nello spazio e dentro la sua sensibilità, ne apprezzavo le attese qualità, quando, giunto verso la metà, non so per quale motivo, forse preso da qualche problema, lo accantonai contrariamente alle mie abitudini. Il libro rimase per mesi sul mio tavolino, quando, a pochi giorni dalla partenza per l'India, mi ricordai d'improvviso di quell'impegno lasciato a mezzo e lo ripresi per portare a termine la lettura. Lessi gli ultimi capitoli d'un fiato e quando verso il termine, si evidenzia la condanna ineluttabile che mi colse inattesa, terminai il libro a tarda notte, intristito e con un groppo allo stomaco, nonostante la serenità che traspirava dalle parole. La mattina dopo, il telegiornale diede la notizia che Terzani era morto , probabilmente proprio nello stesso momento in cui io leggevo le ultime righe del suo testamento letterario.
E' stata ovviamente una coincidenza, ma tutto questo non riesco ad accantonarlo con semplicità. La sua fascinosa attenzione e la sua smagata ricerca dell'al di là del tangibile, continua così a coinvolgermi con una sorta di attrazione fatale, in una antitesi reiterata di scetticismo e di morbosità.

giovedì 30 ottobre 2008

Sorgo Rosso

Ho conosciuto una guardia rossa. Quantomeno uno che ha dichiarato di essere stato una guardia rossa. Eravamo in una delle tante cittadine (1 milione di abitanti) anonime dell'HeBei. Polvere gialla e caldo umido che appiccica i vestiti sulla pelle. Era piuttosto grassoccio, con occhi come fessure e sorriso da Budda illuminato. Sorbiva il suo thè bollente con risucchi rumorosi mentre chiacchieravamo seduti su un divano di similpelle autentica slabbrato sugli spigoli. Aveva pantaloni larghi e sporchi di grasso, con una camicia informe aperta sul petto glabro. Gli ho chiesto come vedeva quel periodo, adesso che era passato qualche decennio. -Eravamo ragazzi...- e lasciava in sospeso la frase. Chiesi se ci furono molti morti a sua conoscenza. - Eravamo così giovani... e per i ragazzi è stato un periodo piacevole...- sempre con lo stesso sorriso indecifrabile. Non insistetti perchè sapevo che se un cinese non ti risponde in modo diretto è considerato molto sgarbato ripetere la domanda. Sciabattando ci fece visitare la sua azienda di costruzione di stampi. Un antro oscuro popolato di figure sudate che si aggiravano qua e là (senza ammazzarsi troppo a dire il vero). Non riuscimmo a concludere il contratto. Ci accompagnò all'areoporto appena inaugurato, lucido di marmi con la sua nuovissima Audi 6 nera coi vetri oscurati ed i sedili di pelle rossa. Non smise mai di sorridere.

mercoledì 29 ottobre 2008

Mac o Bama?

Il sondaggio sugli UFO ha dato, come avete visto dei risultati eclatanti. In pratica abbiamo avuto la prova provata che, con buona pace del mio amico Gianni, degli UFO non frega niente a nessuno. Quindi, un po' per fare le persone serie e un po' per dimostrare che ci si occupa delle cose davvero importanti parte il nuovo sondaggio! Sarebbe interessante sapere chi pensate diventerà presidente in USA (attenzione, non chi votereste voi). Il sondaggio americano è in bilico, cerchiamo di fare meglio.

martedì 28 ottobre 2008

Dibattito sulla scuola

Ricevo da Lorenzo e pongo alla vostra attenzione il discorso pronunziato da Piero Calamandrei al III congresso dell'associazione a difesa della scuola nazionale il giorno 11 febbraio 1950 :

'Facciamo l'ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuole fare la marcia su Roma e trasformare l'aula in un alloggiamento per manipoli; ma vuole istituire, senza parere, una larvata dittatura. Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di stato in scuole di partito? Si accorge che le scuole di stato hanno il difetto di essere imparziali. C'è una certa resistenza; in quelle scuole c'è sempre, perfino sotto il fascismo c'è stata. Allora, il partito dominante segue un'altra strada (è tutta un'ipotesi teorica, intendiamoci). Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private. Le scuole del suo partito, di quel partito. Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole, perché in fondo sono migliori si dice di quelle di stato. E magari si danno dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private. A 'quelle' scuole private. Così la scuola privata diventa una scuola privilegiata. Il partito dominante, non potendo apertamente trasformare le scuole di stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di stato per dare la prevalenza alle scuole private. Attenzione, questa è la ricetta. Bisogna tenere d'occhio i cuochi di questa bassa cucina. L'operazione si fa in tre modi, ve l'ho già detto, per rovinare le scuole di stato. Lasciare che vadano in malora. Impoverire i loro bilanci. Ignorare i loro bisogni. Attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private. Non controllarne la serietà. Lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare. Lasciare che gli esami siano burlette. Dare alle scuole private denaro pubblico. Questo è il punto. Dare alle scuole private denaro pubblico'.

Quasi sessantanni e sembra ieri. Tempus fugit.

lunedì 27 ottobre 2008

Kumurgiù

Siamo a Bigadic, un paesino a un centinaio di km a sud di Bursa , 27 anni fa, dopo l'acquisto di questo tappeto Kumurgiù (o del carbonaio a causa dei suoi splendidi blu e rossi scurissimi). Tutto il paese, composto da un paio di famiglie si è riunito per mostrarci il suo lavoro. Qui si fa solo questo tappeto con piccole varianti da più di cento anni. Come amo i tappeti! Sono manufatti in cui risplende la forza di mesi di fatica, dell'arte, della tradizione e dell'amore per le cose fatte bene. Siano Hereké finissimi e sottili come foulard, che spessi Hamadan nomadi dalle morbide lane o Kazak dalle delicate geometrie, che fascino tattile e visivo! Camminarvi sopra a piedi nudi sentendo il calore del vello fitto o sfiorarne la trama per leggerne da vicino i simboli, la storia! I tappeti hanno incantato le genti di tutto il mondo, appesi alle pareti delle yurte dei mongoli o ai piedi degli imperatori, sulle tavole dei mercanti rinascimentali o sui pavimenti delle moschee, a coprire il suolo sotto le tende dei pastori, a far da sella ai cavalieri d'oriente o da sedile ai troni delle regine. C'è preziosità, amore, capacità manuale e artistica, in una parola c'è valore. E il valore di un bene non si riesce a copiare. Ecco perchè una copia pakistana ha gli stessi disegni e magari un nodo più fine di un Bukara Tekké, ma come appare rozzo e offensivo rispetto all'ordine reiterato dei gul che spartiscono il campo dell'originale! Come offende il colore sguaiato e l'annodatura perfettina del parvenu. Il valore si vede e si sente da ogni sfumatura. Ecco perchè i guaiti lamentosi dei venditori di griffe che vedono le loro T-shirt da 50 Euro vendute al mercatino di Pekino a 1 Euro e in quello sottocasa a 5, sono così insensati (e comunque velleitari). La realtà è che non c'è differenza di valore intrinseco tra i due oggetti (che spesso escono dalla stessa fabbrica vicino a Shanghai). I 49 euro di differenza vengono spartiti nei vari passaggi distributivi. La differenza effettiva si vede e si sente e chi fa qualcosa che vale non teme di essere copiato, anzi ne è fiero.

domenica 26 ottobre 2008

Un santo d'altri tempi

La rilettura dei classici sorprende ogni volta per la sua aderenza senza tempo alla realtà. Evidentemente certi topoi sono eterni ed universali. Ieri mi ha deliziato la rilettura di questo affresco sulla comunicazione del Boccaccio nella prima novella del Decameron che vi ripropongo.
" Era questo Ser Ciappelletto piccolo di statura, calvo e molto assettatuzzo. Egli essendo notaio e mercatante, avea grandissima vergogna quando uno de' suoi istrumenti (come che pochi ne facesse) fosse altro che falso trovato; de' quali tanti avrebbe fatti di quanti fosse stato richiesto, e quelli più volentieri in dono che alcun altro grandemente salariato. Testimonianze false con sommo diletto diceva, richiesto e non richiesto; e dandosi a que' tempi a' sagramenti grandissima fede, non curandosi fargli falsi, tante quistioni malvagiamente vincea a quante a giurare di dire il vero sopra la sua fede era chiamato. Aveva oltre modo piacere, e forte vi studiava, in commettere tra amici e parenti e qualunque altra persona mali e inimicizie e scandali, de' quali quanto maggiori mali vedeva seguire tanto più d'allegrezza prendea. Invitato a qualunque rea cosa, senza negarlo mai, volenterosamente v'andava... e per ogni piccola cosa, sì come colui che più che alcun altro era iracundo.... e così le taverne e gli altri disonesti luoghi visitava volentieri e usavagli. Imbolato avrebbe e rubato con quella conscienzia che un santo uomo offerrebbe. Gulosissimo e bevitore grande, tanto che alcuna volta sconciamente gli facea noia. Perché mi distendo io in tante parole? Egli era il piggiore uomo forse che mai nascesse. La cui malizia lungo tempo sostenne la potenzia e lo stato ... per cui molte volte e dalle private persone, alle quali assai sovente faceva ingiuria, e dalla corte, a cui tuttavia la facea, fu riguardato."
E quindi in seguito ad una serie di menzogne strepitose, alla sua morte:
"...sì il mise nel capo e nella divozion di tutti coloro che v'erano che, poi che fornito fu l'uficio, colla maggior calca del mondo da tutti fu andato a baciargli i piedi e le mani, e tutti i panni gli furono in dosso stracciati, tenendosi beato chi pure un poco di quegli potesse avere.... Il dì seguente vi cominciarono le genti ad andare e ad accender lumi e ad adorarlo, e per conseguente a botarsi e ad appiccarvi le imagini della cera secondo la promession fatta. E in tanto crebbe la fama della sua santità e divozione a lui, che quasi niuno era, che in alcuna avversità fosse, che ad altro santo che a lui si botasse, e chiamaronlo e chiamano san Ciappelletto; e affermano molti miracoli Iddio aver mostrati per lui e mostrare tutto giorno a chi divotamente si raccomanda a lui."
Ora, coloro che hanno la bontà di seguirmi, attendono il mio consueto απροσδόκητον finale. Oggi non serve ha già detto tutto Boccaccio.

sabato 25 ottobre 2008

L'occasione

Il nostro camper piuttosto datato sbuffava lungo le rampe dell'Atlante per la strada tortuosa che portava ai 2.168 metri del passo di Tizi n'test. Avevamo lasciato da tre giorni la valle del Dra e l'avamposto di Zagora nel deserto, non prima di aver scattato la foto di rito sotto al cartello "Timbouctou 55 jours". Dopo tre ore di calore insopportabile, verso mezzogiorno (l'ora classica del turista maledetto), arrivammo in cima. Ci fermammo nella piazzola per far riposare il mezzo e per godere della vista spettacolare dei contrafforti aridi della montagna che scendevano rapidi verso Taroudant. Fummo subito circondati da un nugolo di ragazzini vocianti, il giusto pedaggio da pagare al privilegio di stare in quel posto magico. Uno in particolare ci trascinò alla sua bancarella, uno straccio steso per terra ricoperto di fossili di tutte le dimensioni e di geodi di ametista viola aperte. Ce n'erano di bellissime, enormi e Joussouf (così si chiamava) cominciò a magnificarne i pregi e soprattutto il prezzo particolarmente conveniente. Ne ero attratto, ma fatto acuto dai consigli che mi aveva dato il mio amico Tiziano, grande esperto di mineralogia, presi la bottiglia di acqua tiepidina con cui tentavo di calmare la sete (su quel camper non abbiamo mai avuto il piacere di avere acqua fresca da quel malefico frigo) e gli chiesi il permesso di lavare i cristalli della grande geode che mi interessava. Infatti, pare sia costume di questi birbi il colorare in viola dei quarzi di poco valore e spacciarli per ametiste. Il ragazzo preoccupatissimo, mi fermò immediatamente cercando di stornare la mia decisione in altre direzioni, poi vistomi deciso, se ne uscì con un impagabile: - Monsieur, je vous garantie que si vous la mettrez dans votre salon elle ne perdra pas sa couleur dans un million d'annéees.- Ridemmo a lungo poi gli comperai una trilobite e qualche piccola e lucida belemnite prima di lasciarci andare nella lunga discesa. Sono passati solo 25 anni e me ne sarebbero rimasti ancora più di 900.000 se avessi voluto mettere sulla mia scrivania quella geode per mantenere viva nella mia memoria il volto di quel ragazzo. Che occasione perduta.

venerdì 24 ottobre 2008

Conflitto morale

Il pianeta Surakhis era stato colonizzato da meno di 200 anni. Era un pianeta poco ospitale, roccioso e desertico con pochissima vegetazione. La vita animale era ridotta a pochi organismi inferiori ed i primi coloni vi si erano stabiliti solo quando era stato trovato il modo di trasferire economicamente, attraverso le porte temporali, le grandi quantità di minerali rari che erano stati scoperti nelle profonde miniere di quel piccolo mondo periferico. Paularius ci era arrivato giovane e per caso; si era subito appassionato alla ricerca mineraria e da quando aveva trovato una vena di pietra di Baum, forse la gemma più ricercata dell'universo, ne aveva fatto il suo scopo di vita e anche adesso, dopo molti decenni di esistenza solitaria, sebbene ricco, conduceva una vita ritirata e tranquillla, interessato solo al buon andamento della sua miniera. Era appena tornato dal mercato degli schiavi, sulla terza luna di Surakhis, dove aveva comprato un centinaio di tetrapodi ciechi di Betelgeuse che erano efficientissimi nelle gallerie profonde, senza problemi clastrofobici e oltretutto mangiavano pochissimo, ma non aveva trovato chelibranchi dalle appendici chitinose resistenti alle alte temperature per sostituire quelli morti in settimana a causa della rottura di un crogiolo. Di umani ne teneva pochissimi, troppo lamentosi e sindacalizzati. Proprio per questo aveva ricevuto con grande fastidio il gruppo di Morigeratores multirazziali che avevano chiesto udienza per fargli le pulci sullo stato di sicurezza della sua miniera. Erano in quattro ed il capogruppo blaterava da una mezz'ora sulla trascuratezza dei suoi sistemi di sicurezza e sulla percentuale di perdite dell'ultimo anno, quasi doppio della media del settore. Il suo sibilo vocale era proprio fastidioso. Paularius difese il suo punto di vista con calore. Da quando le nuove agenzie del lavoro del Sacro Impero avevano lanciato la possibilità degli schiavi in affitto era ovvio che le spese di aggiornamento della sicurezza erano state dimezzate; d'altro canto i prezzi della pietra di Baum erano scesi molto e solo così si poteva essere competitivi, pagando all'agenzia solo per i giorni lavorati effettivamente dallo schiavo e quando questo disgraziatamente moriva si poteva sostitirlo e se era malato si poteva abbattere senza costi ulteriori essendo coperto da assicurazione derivata. E che non venissero a dirgli che alcune correnti di pensiero della galassia interna ritenevano che sia gli umani che tutte le altre razze pensanti non fossero contenti della loro condizione. La Chiesa Teocentrica Universale aveva chiaramente dimostrato che l'essere, divenuto schiavo per nascita o per accidente, non aveva il cosiddetto diritto di lamentazione in barba a quegli intellettuali che non avevano mai mosso un dito per guadagnarsi da vivere. Inoltre lui, li aveva sempre trattati benissimo gli schiavi, buon cibo da scarto animale, prostitute interrazziali ogni settimana (faceva venire direttamente da Lenone le migliori e tecnicamente più preparate) ed erano tutti contenti, quanto alle disgrazie, queste si sa, capitavano per disgrazia. I quattro Morgeratores non si davano per vinti e continuavano a sibilare agitandosi scompostamente sui loro grassi deretani. Paularius chiese una pausa, uscì con calma avvolgendosi nella cappa argentea. Adesso la misura era veramente colma. Fuori dall'ufficio, chiamò la squadra di sicurezza che aveva avvertito in anticipo. I cinque energumeni (si serviva solo dei Sarkar di Rigel, i più efficienti) entrarono con gli storditori tesi e abbatterono in pochi secondi i Morigeratores. Li fecero bollire la sera stessa. Erano molto teneri soprattutto dopo averli tenuti un paio di giorni in un carpione di olio di sesamo, garum e aceto forte di frutti di zamira.

mercoledì 22 ottobre 2008

Blue song

Cielo grigio, foglie gialle, la California è lontana. Come è triste una rosa appassita; poche cose danno di più l'idea del tempo che è passato, che tutto sta per finire. Forse proprio perchè la bellezza è associata al fiore in modo categoricamente kantiano, con le sfumature del colore, il profumo delicato e quella deliziosa sensazione di carnosità lievemente ruvida, che ti dà lo sfiorarne i petali. L'essere invece leggermente rinsecchita, i colori ingrigiti, i petali vizzi e il capo chinato da un lato ti danno una lenta iniezione di pesantezza, di presagio imminente, di mementote savonaroliano. Sarà per questo che la femmina è così ossessionata dalla ruga incipiente, dal capello ingrigito, dal lembo di carne che trema un po' più del solito? Dice Omar Kayyam nella quartina 63:

In principio, il ruotare di questo arco dorato,
Poi, la completa distruzione di un fondamento perfetto:
Non è comprensibile al criterio dell'intelletto,
Non è stimabile al termometro dell'analogia.


Oggi sbronza triste.
Però poi, per resettare tutto, sono sufficienti le braccia al collo di tua figlia che ti stringono forte.

martedì 21 ottobre 2008

Teatro

Oggi voglio solo segnalarvi che:
Venerdi 24 e Sabato 25 Ottobre Nunzio Caponio e Francesca Falchi svendono le loro menti al Teatro Olata a Quartucciu (Cagliari) con: DENTROTERAPIA“...una seduta di psicoterapia dove una donna parla ad un uomo. Tra di loro un telefono che squilla, scandendo un match fatto di intuizioni e ragionamenti. Scoprirsi per scoprire. Segreti nascosti e rivelati, imbarazzanti fughe, mondi che si intrecciano. Un ironico ed acuto affresco sulle manie e sulle fissazioni della mente di due individui che si fronteggiano in cerca di una via d’uscita da una realtà che non gli appartiene più, in direzione di mondi altri...” a soli 5 "euri" approfittatene!

lunedì 20 ottobre 2008

UFO ad ufo

In questi giorni c'è stata la presentazione di un libro su alcuni casi ufologici inspiegati avvenuti nel '78 nell'alessandrino. Il massimo esperto nel settore che conosco, il mio amico Gianni, che ho subito interpellato mi chiarisce quanto segue.
- Il 1978 e' stato un anno molto denso di avvenimenti ufologici, e si puo' certamente annoverare tra gli anni piu' "ricchi" da questo punto di vista, caratterizzato come fu da un vero e proprio "flap", ossia "ondata" di avvistamenti e atterraggi di OVNI, come vengono denominati gli Oggetti Volanti Non Identificati dal nostro Ministero della Difesa, che appunto li cataloga a partire dal 2001 ad opera del suo reparto RGS (controllate qui, è gente seria). L' avvistamento di Alessandria piu' significativo fu quello ad opera di un ragazzo di 14 anni che, il 3 settembre di quell' anno vide attraverso la finestra sollevarsi davanti al campo di granoturco vicino a casa sua un oggetto volante sconosciuto, che lascio' una traccia chiarissima del suo avvenuto atterraggio; le piante di granoturco risultarono spezzate ad un' altezza di circa cinquanta centimetri ed essiccate per un raggio di circa tredici metri. Inoltre alcuni rami dei gelsi di un filare vicino risultarono appassiti e contorti. Ma non fu il solo avvistamento in quella zona: gli OVNI, o UFO come dir si voglia, si rifecero vivi la sera seguente, nella Borgata San Michele. Fu quando tre conoscenti (come riferisce la Stampa Sera del 5 settembre), mentre chiacchieravano tra loro all' aperto, videro tre oggetti che scesero velocissimi su un campo adiacente la ferrovia, per poi sparire. Il cane di famiglia si mise ad abbaiare furiosamente, le galline il giorno successivo fecero uova piu' piccole del solito, completamente marroni. Jet militari sorvolarono la zona..... poi tutto torno' nel silenzio e nell' oblio. Ma di la' qualcosa era passato..... e l' 11 settembre fu la volta di Sassello, dove venne avvistato un oggetto luminoso multicolore. La gente riferisce, ma teme il ridicolo, come sempre in questi casi. Ma e' solo la punta dell' iceberg. E sempre in quell'anno. gli UFO "atterrarono" anche in Parlamento, con un' interrogazione dell' allora parlamentare Accame, ex presidente della Commissione Difesa della Camera. L'anno si chiuse con il "blocco" dell' energia elettrica di una centrale idroelettrica in Abruzzo, causa la presenza di un globo rossastro presente in cielo lì vicino (strana coincidenza: quando si verifico' il famoso "buio di New-York" nel 1965, il pilota Weldon Ross disse che c' era un globo rossastro sopra la centrale di smistamento dell' energia elettrica di quella zona....).-
Questo è quanto. Siccome ricordo bene il fatto e anch'io andai il giorno dopo nel campo di San Michele a vedere i tre cerchi bruciati dell"atterraggio", sono perplesso e vi invito a partecipare al sondaggio che ho preparato qui a fianco.

P.S. Gianni mi ha già tirato le orecchie perchè ho dato rilevanza al colore delle uova delle galline invece di sottolineare: -...Ai primi di dicembre ad accorgersi degli ufo furono i radar della Stazione Controllo Radar di Brindisi, e della base di Gioia del Colle (Bari), dove era di stanza il 36-mo stormo di intercettori, ed i radar della base di Porto Potenza Picena, sul cui schermo si profilo' un oggetto che viaggiava da nord verso sud ad una velocita' che venne stimata in 9.000 km/h.Il radar segui' l' OVNI per 25 minuti, rilevandone le manovre "impossibili", come gli improvvisi arresti, le partenze improvvise e vertiginose, ma pur sempre mantenendo una traiettoria rigorosamente parallela al livello del mare, tra i 3 e i 5 mila metri. ...-
Faccio ammenda e assicuro che non era mia intenzione influenzare l'importante sondaggio.

venerdì 17 ottobre 2008

Gleichschaltung

Un mio amico russo mi raccontava che il ricordo e le sensazioni più vivide della sua vita erano legate al giorno della morte di Stalin. Lui aveva 15 anni e stava a casa con i suoi quando alla radio diedero la notizia. Nello stesso istante in tutta l'Unione Sovietica cominciarono a suonare le sirene delle fabbriche e suonarono per 15 minuti consecutivi. Lui ricordava come un incubo, questo suono agghiacciante in un silenzio tombale con una sensazione di dolore terribile che colpiva lui e tutto il paese. Proprio così, un grande, immenso e sincero dolore per la perdita di una persona amata, un padre severo e giusto che proteggeva e pensava al benessere di tutti. Forte, bello, maschio, che risolveva i probemi, che aiutava tutti, da ammirare e da amare anche se aveva il controllo di tutta l'informazione. Eppure tutti sapevano cosa stava succedendo. Dei due suoi compagni di scuola che avevano rubato un sacco di carbone alla ferrovia ed erano stati mandati per 5 anni in Siberia o dello zio che ce l'aveva col governo e una sera non era tornato più a casa (viveva con loro in una comunalka, gli alloggi collettivi nella periferia di Mosca) e nessuno, vedendo la sedia vuota, aveva commentato l'accaduto, né quella sera né dopo, come se lo zio non fosse mai esistito. Rimaneva chiara nella mente la sensazione di tempi sereni, in cui le cose andavano bene e si sentiva assolutamente libero, bastava fare e dire le cose giuste e il gradimento per il governo era altissimo. Se ci fossero state libere elezioni Stalin sarebbe stato eletto a furor di popolo. Nella repubblica di Weimar la gente si chiedeva di chi fosse la colpa di una crisi così grande e auspicava che qualcuno arrivasse a risolvere i problemi, in qualche modo con una gleichschaltung necessaria. Forse è sempre così; nei momenti di crisi, di difficoltà economiche la gente anela a queste soluzioni, le cerca fino a quando non le trova. Poi dopo decenni ci si chiede come poteva le gente non sapere, non capire, non vedere quanto stava succedendo? Sa, vede, capisce anche le cose più orribili, ma non gliene importa nulla. Basta che gli dicano che saranno sicuri, tranquilli, che i problemi saranno risolti, che la colpa è di qualcun'altro.

giovedì 16 ottobre 2008

Campioni?

Come si spiega l'appartenenza ad un gruppo? E' un fenomeno misterioso che fa sì che ci si identifichi in vario modo in un insieme di persone, simboli, cose, ideali. Questo forse costituisce la forza della nostra specie, l'evoluzione vincente che ha contribuito a permettere che ci impadronissimo del pianeta, ma dovrebbe essere così lontano da un pensiero per così dire alto, di spessore, al quale anelerei appartenere. Mi riesce veramente difficile identificarmi in etichette, vestiti, nazionalismi che mi sembra di riconoscere come generatori di appiattimento culturale, intolleranza, autoritarismo, violenza di ogni tipo. Vorrei sentirmi Uomo; mi sta stretto già Europeo, figuriamoci solo Italiano; che autorestrizione! Perchè non dobbiamo preferire di volta in volta di riconoscere come giusto, corretto e condivisibile un'idea o un concetto, oggi di una parte e domani un altro di quella diversa? Sembrerebbe l'unica strada percorribile, un Tao della condivisione. Ma allora perchè due anni fa ero anch'io in piazza a girare questo video, a gridare, saltare e ad inneggiare; mi sembrava di essere veramente contento e soddisfatto di quella appartenenza, irridendo e cantando "Materazzi fu ferito", tanto che il mio telefono cadde e fu calpestato dalla folla inferocita come per l'assalto ai forni manzoniani. La psicologia umana è veramente un mistero!

Se volete vedere il video completo cliccate qui.

mercoledì 15 ottobre 2008

Il carattere cinese Nǚ (uguale al kangi giapponese Onna) significa Donna. In contrapposizione all'ideogramma Uomo che è composto di due parti, il carattere di Risaia e di Forza a chiarire che è appannaggio del maschio il duro lavoro dei campi, questo è la stilizzazione di una figurina femminile vista di fianco, graziosamente inginocchiata nell'atto di porgere con le braccia tese qualcosa al suo uomo (padrone, signore). Potrebbe essere una tazza di thè, come un panno morbido per detergersi il sudore o una veste colorata con cui coprirsi dopo l'amore. Questo chiarisce molto sull'idea della distinzione dei ruoli nelle culture orientali; un deciso riconoscere che i due sessi sono nella realtà due specie diverse, contrastanti, in armonia oppure irrimediabilmente avversarie e nemiche tra di loro. Yin e Yang, le due metà della mela o quello che vi pare, ma diverse e con fini differenti. La cultura occidentale nell'ultimo secolo è invece sulla via di eliminare del tutto questa distinzione, annullando le dissimiglianze, cercando di sovrapporre le tipologie anche fisiche oltre che comportamentali e psicologiche, mantenendo al più la "petit difference", ma se ne può comunque discutere. Ovviamente anche in oriente (che teniamo ben presente, stiamo colonizzando culturalmente con il peggio di ogni nostra ideologia) questo indirizzo guadagna ogni giorno terreno, tanto è vero che in Cina la donna ha nel campo lavorativo e del potere "pubblico" molte più "pari opportunità" che da noi. Mi piacerebbe conoscere i vostri commenti su questo concetto e su quello che ne può derivare.

martedì 14 ottobre 2008

La falce

Durante il viaggio di studio nel Jura di cui vi ho parlato, un punto di forte interesse è stata la visita della Taillanderie, un' antica fabbrica che ha prodotto falci per 140 anni dal 1828 al 1969, utilizzando un ingegnoso sistema idraulico ancora perfettamente funzionante che metteva in movimento tutte le macchine dell'azienda, dalle forge ai magli. Una quindicina di persone vi lavoravano e posto che si ritrovassero le capacità manuali, la fabbrica potrebbe ricominciare a produrre falci e falcetti ed inviarle ai mietitori di tutto il mondo in qualunque momento. Un mestiere antico e faticoso che tuttavia non può prescindere da una capacità artigianale assoluta, che si apprende solo attraverso anni di osservazione e di attenzione ad un "maestro" che ti sappia guidare lungo la "via". Come è orientale tutto questo. Come si sovrappone esattamente alla capacità sacrale dei maestri forgiatori di spada in Giappone. La katana era per loro dotata di un'anima ed il samurai per cui era stata forgiata la rispettava come tale perchè doveva difendere una vita togliendone un'altra. Nella falce c'è la stessa sacralità, lo stesso rispetto che chi l'avrebbe utilizzata le portava, anch'essa strumento per dare cibo e quindi per consentire la vita. Il nostro modello di sviluppo ha svilito gli oggetti in sè, proprio a causa della diminuzione del loro valore, per la loro facile sostituibilità, perchè costa meno cambiarli che aggiustarli; li ha resi più accessibili, più disponibili a tutti. Questo è bene e non sarebbe corretto rinunciare a questo (inoltre nessuno sarebbe disponibile a farlo), ma bisogna essere disposti anche ad accettare il lato negativo: il consumo delle risorse e la perdita di alcuni valori interiori. Abbiamo chiesto al nostro cicerone cosa accadeva quando quegli strumenti costruiti così accuratamente e quindi così costosi (una falce era venduta al prezzo di 3 giornate di lavoro di un operaio, circa 250 euro attuali) si rompevano o erano difettosi e lui ci ha risposto con stupore: "Messieurs, l'atelier donnait une garantie à vie". La garanzia a vita è un concetto che si accompagna a modelli di sviluppo differenti.

lunedì 13 ottobre 2008

Le borse degli occhi

Littizzetto ha detto che stanno crollando anche le borse sotto gli occhi. Ma non è molto chiaro se questa crisi fa parte delle crisi cicliche e dopo un po' tutto ricomincia come prima e via per la prossima o se stavolta si va proprio col culo per terra; forse è poco probabile, credo. Mi rincuora il fatto che i maggiori esperti dicano che siamo alla fine definitiva, che i migliori ministri (che magari prima sostenevano il liberismo assoluto e il privato sopra ogni cosa oltre alle "idee" nuove nella finanza, sic) dichiarino che lo avevavo previsto da tempo e che adesso tutto cambierà. Un tempo un grande intenditore di finanza mi insegnò che bisogna sempre ascoltare i massimi esperti e poi fare esattamente il contrario di quanto consigliano (ma devono essere propro i migliori eh!). Nella media si otterranno grandi guadagni. Ho sempre crcato di seguire questa regola , che si è dimostrata corretta. Oggi dicono che tutto cambierà e il crollo di questo sistema sarà definitivo, questo mi dà fiducia; un po' più di preoccupazione mi danno le facce sorridenti che dicono: tranquilli che qualunque cosa succeda io vi difenderò. Su questo versante preparerei mutande di lamiera. In particolare Napoleone preferiva affidarsi a generali fortunati piuttosto che ai capaci. Disgraziatamente ci sono alcuni personaggi e parti politiche che sono terribilmente sfortunati. Nella logica delle alternanze (che speriamo persista) gli capita sempre il periodo di crisi e quando tocca a loro le cose vanno sempre a finire malissimo, purtroppo.

domenica 12 ottobre 2008

Aggiornarsi per non soccombere

L'aggiornamento è di importanza fondamentale. Per non soccombere in questo mondo difficile dobbiamo continuamente tenerci in contatto con quanto ci circonda per non perdere il treno. Ecco perchè in questi giorni non sono sparito, come qualcuno ha potuto credere, ma mi sono preso una pausa sabbatica (veramente da martedì a sabato) per un viaggio di studio al seguito del Museo di Agricoltura del Piemonte. Abbiamo percorso le dolci colline del Jura, immersi in un foliage autunnale che non ha da invidiare al New England, per ricercare sapori antichi a lenire le ferite del corpo e patinare gli occhi di colori pastello per molcire l'animo. Occasione centrata di cui forse vi parlerò anche nei prossimi giorni, dopo un'opportuna decantazione delle sensazioni. Intanto però voglio fare una riflessione sull'importanza della buona comunicazione. Nel corso degli approfondimenti dei giorni di studio abbiamo avuto l'opportunità di vedere un importante Museo del vino che illustrava i particolarissimi e famosi vini della zona, tra cui i rari Vin Jaune e Vin de Paille. Il primo prodotto dopo più di sei anni di invecchiamento in botticelle dove si forma una spessa fioretta che grazie ad un Saccaromicete proprio della zona non acetifica, ma dà al vino un caratteristico sapore (appunto il jaune) e il secondo prodotto facendo seccare i grappoli appunto sulla paglia con le tecniche dei vini passiti. L' approfondita degustazione che ne è seguita, che ha investigato a fondo tutta la gamma dai rossi Trousseau, Poulsard ai bianchi Macvin, Jaune, Vin de paille e Cremant ha manifestato nella pratica una desolante piattezza e mancanza generale di bouquet, che unita a prezzi di assoluta affezione devono far riflettere sull'importanza della capacità decisiva della comunicazione. Quando parlo di vini con il mio amico Ping in Cina o con altri conoscenti di ogni parte del mondo, nessuno osa mettere in dubbio l'assoluta predominanza qualitativa dei vini francesi. Questo primato non viene mai minimamente contestato e parlarne implica immediatamente un sospetto di lesa maestà. Il prezzo viene quindi giustificato facilmente e si corre quindi solo per il secondo posto. Come sempre quindi pensare di più e dare di meno per scontate le verità assolute. Comunque siamo usciti dalla cantina con piedi e occhi decisamente rotondi.

lunedì 6 ottobre 2008

Bio? Mio Dio!

E' da qualche giorno che non posto che melensaggini. Oggi la Maglie diceva su La 7 che è pieno di blog letti da 10 persone che scrivono scemenze credendo di svelare il verbo. Mica torto! Ma il fatto è che il blogger si lascia prendere la mano anche se non lo legge nessuno, per cui oggi sono tonico e quindi in vena polemica e spando il mio di verbo! Qualche settimana fa sono andato a documentarmi girando tra i banchetti di una fiera del "biologico"+ arte varia. C'era di tutto. Tra massaggiatori di ogni tipo, dallo Shiatsu al Reiki (di gran moda) e tra vasetti ripieni di erbaggi e creme varie, tra assaggi di biscotti di meliga biologica (ripieni di aflatossine) trovavano spazio anche molti antri con pseudosantoni, che con aria molto ispirata lanciavano messaggi esoterico-medical-salutistici. Tra un'ala di gente in ascolto con la bocca aperta, ho sentito e visto cose che voi umani non potete immaginare, tanto per usare una frase fatta. Tipi con camici bianchi e capello arruffato che "visitavano" (in generale giovani fanciulle) dicendo: "Cara signora, lei ha il sangue stanco, sic, deve fare applicazioni giornaliere di questa crema Slurpdup (da 50 euri) e mangiare molti rapanelli a striscie del Madagascar che troverà nel mio agriturismo biotecnodinamico, pena un grave peggioramento con tutte le porcherie che mangia!" o similia. Un altro, che ho inteso distintamente dire a un tizio che faceva troppe domande: " Vede qui è come nella religione , o si ha fede o non serve cercare spiegazioni". Roba da fare accapponare la pelle. Non capisco come faccia la maggior parte delle persone a non avvertire pericolo in tutte queste strade con un millesimo di verità ed il resto fantasia interessata, condita dall'effetto placebo. Guardate che il confine con le varie Vanne Marchi è labilissimo, sottile come la lama di un rasoio! Capisco che sia più facile dare la colpa di tutto agli antiparassitari, alla plastica, alla Kimica (con la K), agli OGM invece che constatare scientificamente e inoppugnabilmente che la stragrande maggioranza delle degenerazioni e delle morti (tumorali e cardiovascolari) sono provocate nell'ordine dalla quantità di cibo e dallo sbilanciamento delle diete (troppe proteine e grassi animali) e in piccola parte dall'ambiente 1° sostanze inalate e 2° nell'ordine sostanze ingerite. La gente preferisce seguire i pifferai interessati come sempre, fa sentire meglio l'animo però, questo lo devo ammettere e pertanto vado a mangiarmi una bella mela (che mi ha dato un amico che coltiva personalmente 5 piante).

domenica 5 ottobre 2008

La fine del Ramadan

Ero a Teheran una decina di anni fa e anche allora era da poco terminato il Ramadan. In quella atmosfera allegra ed eccitata, dopo una lunga giornata di incontri d'affari, mi ero fatto lasciare dal mio amico Safavipour nel centro del gigantesco bazar, una vera città nella città. Mi piace molto stare nel vivo di un luogo, passeggiare da solo sentendo suoni, odori e assorbendo colori e immagini per cercare di capire il senso di un posto e delle persone che lo popolano. Come tutti i suk orientali era diviso per zone merceologiche. Ero passato nella odorosa area delle spezie e in quella dei gioiellieri con le piccole botteghe piene di turchesi e lapislazuli; infine arrivai nel bazar dei tappeti. Non ne avevo mai visto uno così grande, un piccolo paese di viuzze, vicoli e piazzette; una sfilata senza pause di negozietti, buchi, botteghe, anfratti completamente pieni di tappeti di ogni dimensione e colore. Amo i tappeti, mi piace toccarli e sentire la forza e l'arte di chi li ha annodati; molto di più di un artigianato pur abile e sensibile. Quando ho potuto ho sempre tentato di comperare qualcosa nei luoghi di produzione e lì ero nel cuore stesso del tappeto. Ne ero completamente circondato. Le pareti dei vicolierano coperte di grandi Farsh, mentre l'interno delle botteghe erano completamente occupate da cataste di tappeti in una sorta di orror vacui su cui sonnecchiavano appollaiati i vari venditori. La qualità della merce era piuttosto scarsa e mi aggirai per i vicoli per un po' assaporando l'ambiente finchè arrivai in uno slargo tra le vie, una sorta di piazzetta centrale dove le stamberghe lasciavano il posto a negozi più ariosi e promettenti. Una balconata circondava lo spazio con belle vetrine che ospitavano pezzi veramente belli e di pregio. Dopo averne esaminate alcune, entrai con calma in quella che mi sembrava ospitare i pezzi più accattivanti. Il proprietario mi accolse con un largo sorriso senza la piaggeria del venditore. Mi piacque subito e cominciai a guardare la merce in vista. Scorsi un bel Navahand dai vivaci blu e bianchi, dei vecchi Sarough e un magnifico piccolo Lilian con le volute eleganti sul fondo mattone. Nel tentativo di comunicare scoprimmo entrambi con dispiacere di non avere nessuna lingua comune se non quella internazionale dei gesti e dei numeri. Chiesi se avesse un Farahan, da sempre in cima ai miei desideri. Andò nel retro e riemerse portando sulla spalla un tappeto che srotolò con cura sul pavimento, con l'abilità del venditore conscio della unicità del suo prodotto. Un Sejjadé di una bellezza straordinaria; rimasi stordito dall'eleganza del prato fiorito che occupava interamente il centro con occhi vividi in un fondo scuro, dalle cinque bordure dai colori perfettamente amalgamati e coerenti tra di loro. Ne fui conquistato e lo volevo a tutti i costi. Cercai di dissimulare il mio interesse chiedendo i prezzi di qualche altro pezzo, ma compresi che ero scoperto, quindi cominciammo la trattativa. Il mio antagonista apprezzò il mio approccio e mi fece accomodare su un basso e comodo divano e subito un ragazzino arrivò con il thè e un po' di dolciumi e pistacchi. Magnificò il prodotto, un primi '900 con una annodatura molto fine. Lo feci girare al rovescio constatando come non avesse strappi o riparazioni, anche il vello era sì rasato ma perfetto, senza punti particolarmente consunti. La trattativa, con l'aiuto delle dita, della calcolatrice e di carta e penna proseguì calma per un'oretta. Safavipour mi aveva avvertito che i prezzi difficilmente ribassano oltre il venti per cento dalla richiesta iniziale, così miravo a quel traguardo godendomi la situazione. Fahim, così si chiamava il negoziante, apprezzava ugualmente il mio approccio poco occidentale dispiacendosi di non poter comunicare maggiormente. La trattativa era resa complicata anche dal fatto che Fahim pur essendo disposto al pagamento in dollari, trattava il prezzo in Rial che convertivamo in dollari con la calcolatrice e successivamente io lo trasponevo mentalmente il Lire. Dopo diversi bicchieri di thè e le tipiche scene della contrattazione, con dichiarazioni di bancarotta da parte del venditore e simulazione di abbandono da parte mia con conseguente richiamo sulla porta per l'ultimo ribasso, arrivammo alla fase finale dopo aver mangiato un ultimo lukumi al miele, dolce ma non stucchevole. Capii dalle tappe di avvicinamento che avremmo chiuso attorno ai 400 dollari e, come faccio di solito, insistendo un po' sui 390, gli lasciai il piacere di avere l'ultima parola. E' una tecnica che uso sempre e che lascia sempre un ottima atmosfera tra le parti e concede la sensazione di essere uscito vincitore dalla tenzone al tuo avversario. Così, mentre Fahim si apprestava ad impacchettare il mio meraviglio acquisto, tirai fuori dal mio borsellino da collo tre fogli da 100 e due da 50 per consegnarli ad un perplesso Fahim che mi guardava con occhi interrogativi. Dopo un vicendevole tentativo di spiegazione, compresi con orrore il misundertanding; il prezzo era 4000 dollari e non 400! Come potevo pensare che una simile meraviglia costasse così poco. Mi crollò il mondo adosso, compresi in un attimo che il mio piacere si era frantumato nella logica dell'impossibilità. Lo stesso Fahim era dispiaciutissimo, oltre che per l'affare sfumato, nel vedermi così affranto. Conclusi frettolosamente per il Navahand a 200 dollari e, seguito dall'alto della balconata dallo sguardo dispiaciuto ed affettuoso di Fahim, me ne andai verso il taxi che mi avrebbe portato all'hotel. Una persona piacevole in un luogo pieno di sensazioni; non riesco a pensare al momento in cui lo bombarderanno.

sabato 4 ottobre 2008

Holothuria

L'oloturia è un curioso animale, in pratica è un cilindro molle con due aperture, una davanti e una dietro, somigliante ad un grosso cetriolo; non ha quasi nessun organo, non vede, non parla, non sente, si muove poco, non è curioso e si posiziona su un fondale sabbioso in una zona dove la corrente gli porta il cibo che entra anteriormente e dopo essere stato privato dei nutrienti fuoriesce dietro. In pratica, un tubo digerente che ingrossa a poco a poco consumando sempe più sostanze e nient'altro. Pensa l'oloturia? Si preoccupa di quanto succede al suo pur ristretto mondo marino? Non ci è dato di saperlo con certezza, però è preoccupante che assomigli, per lo meno dal punto di vista ontologico, al consumatore tipo o quantomeno a quello che si vorrebbe che fosse. Il mio sogno sarebbe di fare un piccolo passo avanti nella scala evolutiva, essere quel pesce che con fatica con le pinne simili a protozampe cercava di uscire dall'oceano protettivo per esplorare per la prima volta la terraferma. Troppo pretenzioso? Forse sì, ma sognare con mente sgombra è piacevole, intanto anche sulla terraferma ci attendono pescatori ammiccanti con le reti aperte.

venerdì 3 ottobre 2008

Alla ricerca di una sede

Che la cultura nel nostro paese sia una Cenerentola non è cosa nuova. La maggior parte delle persone e quindi dei politici che ambiscono a carpirne il voto, quando sentono questa parola storcono il naso, hanno quasi un moto di fastidio, in particolare se si tratta di dedicarvi del tempo e soprattutto del denaro. Un esempio illuminante di questo postulato è la storia dell’Associazione Museo dell’Agricoltura del Piemonte, una straordinaria realtà di cui mi onoro da anni di essere socio. All’origine dell’iniziativa, nata più di 30 anni fa, la preoccupazione di veder scomparire senza tracce il patrimonio culturale del mondo agricolo piemontese. Oggi le collezioni del Museo, ammontano a oltre 1500 oggetti (da semplici utensili alle macchine agricole d’interesse storico) tutti inventariati, schedati e catalogati grazie all’opera di tanto lavoro volontario; ma nonostante le promesse di ogni amministrazione passata in questi trent’anni, ancora non si può disporre di una struttura espositiva dove poter usufruire di questa splendido insieme di oggetti. Per ora solo un piccolo nucleo espositivo, allestito e aperto al pubblico nel 1996, è situato in due sale a piano terra del castello di Cisterna d'Asti e ha come tema "La viticolura della collina piemontese".
Sembra però che si apra uno spiraglio per cui spero di darvi buone notizie, intanto vi invito tutti al prossimo seminario: Mestieri scomparsi, 28 novembre 2008, ore 13-18, Auditorium ITIS E.Majorana Via Leonardo da Vinci, Grugliasco. Non nascondo, naturalmente che tra le attività dell’Associazione ci sono anche gite (aperte a tutti) indirizzate ad turismo curioso di realtà produttive locali agricole, enologiche e gastronomiche che, come immaginerete, mi vedono particolarmente interessato, come il prossimo Viaggio di Studio in Svizzera e nel Jura (7-9 ottobre 2008), di cui vi darò conto dettagliatamente. Anche se qualcuno dei miei lettori avesse in orrore la cultura, lo assicuro che ci sono anche lati estremamente interessanti!

giovedì 2 ottobre 2008

I ponti sulla Senna

Che mattinata grigia. Un anno fa camminavamo lungo i quai della Senna che, dice Prévert, è piena di piccoli segreti , mentre il sole passeggia nell'isola di Saint Louis. Una città che regala sempre piccoli piaceri sottili.

Encore une fois sur le fleuve.

Encore une fois sur le fleuve
Le remorqueur de l’aube
A poussé son cri.

Et ancore une fois
Le soleil se lève
Le soleil libre et vagabond
Qui aime à dormir au bord des rivières
Sur la pierre
Sous les ponts
Et comme la nuit au doux visage de lune tente de s’esquiver
Furtivement
Le prodigieux clochard au réveil triomphant
Le grand soleil paillard bon enfant et souriant
Plonge sa grande main chaude dans le décolleté de la nuit
Et d’un coup lui arrache sa belle robe du soir.
Alors les réverbères
Les misèrables astres de pauvres chiens errants
S’éteignent brusquement.
Et c’est encore une fois le viol de la nuit
Les étoiles filantes tombant sur le trottoir
S’éteignent à leur tour
Et dans les lambeaux du satin sanglant et noir
Sourgit le petit jour
Le petit jour mort-né febrile et blême
Et qui promène éperdument
Son petit corp de revenant
Empêtré dans son linceul gris
Dans la placenta de la nuit.
Alors arrive son grand’frère
Le Grand jour
Qui le balance à la Seine.

Quelle famille.

Et avec ça le père dénaturé
Le père soleil indifférent
Qui
Sans se soucier le moins du monde
Des avatar de ses enfants
Se mire complaisamment dans les glaces
Du metro aérien
Qui traverse le pont d’Austerlitz
Comme chaque matin
Emportant aproximativement
Le même nombre de créatures humaines
De la rive droite à la rive gauche
Et de la rive gauche à la rive droite
De la Seine.
Il a tant de choses à faire le soleil
Et certaines de ces choses
Tout de même lui font beaucoup de peine
Par exemple
Réveiller la lionne du Jardin de Plantes
Quelle sale besogne
Et comme il est désespéré et beau
Et déchirant
Inoubliable
Le regard qu’elle a en découvrant
Comme chaque matin
À son réveil
Les épouvantables barreaux de l’épouvantable bêtise humaine
Les barreaux de sa cage oubliés dans son sommeil.
Et le soleil traverse à nouveau la Seine
Sur un pont dont il ne sera pas question ici
À cause d’une envraisemblable statue de sainte Geneviève
Veillant sur Paris.
Et le soleil se promène dans l’ile Saint-Lous
Et il a beaucoup de belles et tendres choses
À dire sur elle
Mais ce sont des choses secrètes entre l’ile et lui.

J. Prévert - Histoires

mercoledì 1 ottobre 2008

L'India di Diego

Essendo innamorato dell'India, come tutti sapete, non potevo esimermi dall'ospitare qui a fianco lo slide show del mio amico Diego, rimasto come tutti, mi sembra, folgorato dal Rajastan.

Un pane non integralista

Era un'estate caldissima quella dell'80. Con una 127 bianca da 100.000 km percorrevamo le strade, per la maggior parte non asfaltate, del centro della Turchia, boccheggiando per l'afa, storditi dal forte frinire di orde di cicale. In un punto incerto tra Ankara e la Cappadocia, la mancanza di indicazioni stradali ci faceva percorrere un po' a caso una carrareccia bianca e polverosa il cui unico pregio era la direzione sud-est. Era appena passato mezzogiorno, quando su un piccolo rilievo al lato della strada, d'improvviso comparve un gruppetto di case basse, di pietra e fango intonacate di bianco antico. L'informazione è la chiave del viaggio e contraddicendo l'assioma che l'uomo vero non deve chiedere mai, ci dirigemmo verso la prima casa, lasciando dietro di noi un'alta colonna di polvere bianca. Scesi dalla macchina nella corte deserta, anche per sgranchire le gambe che la calura aveva reso molli, guardandomi intorno alla ricerca di qualcuno. Da dietro la casa uscirono due donne con larghe gonne colorate lunghe fino ai piedi. Due visi contadini, larghi e interrogativi. Portavano tra le mani con l'aiuto di un largo telo, alcuni grossi pani di colore scuro, che dalla cautela con cui venivano tenuti, dovevano essere stati appena tolti dal forno che infatti scorsi a lato delle case; un basso tumulo tondeggiante con un pertugio basso da cui si intravedeva il rosso fiammeggiare del fuoco e la pala appoggiata di fianco. Ero alquanto impolverato e male in arnese quando tentai l'approccio, ma la mancanza di linguaggio comune che non fosse quello dei segni, non fu di grosso ostacolo, perchè le donne non si ritrassero come temevo, anzi si vedeva chiaro lo sforzo di capire la necessità dello straniero. Italia, dissi, poi mimando una direzione interrogativa chiesi la strada e questo bastò per aprire il sorriso. Quando intesero Uchisar e Goreme assieme a sehir, una delle poche parole in turco che conoscevo, cominciarono a indicare con grandi segni la direzione, accompagnandola con cenni affermativi del capo. Le ringraziai come potevo mentre risalendo in macchina ci apprestavamo a riprendere la strada, quando una di loro mi si avvicinò e mi prese il braccio per fermarmi. Io mi voltai dubbioso e lei, mentre la compagna ci guardava con uno sguardo affettuoso, mi mise tra le mani uno dei suoi pani; poi, entrambe si allontanarono rapide senza lasciarci il tempo di rispondere, salutandoci con i gesti delle braccia levate in alto. Dalla macchina Tiziana scattò una foto.Tesekkur, grazie, cercai di dire e ce ne andammo senza altre parole, pensando e quando più tardi ci fermammo vicino ad una fontana lo mangiammo con il formaggio che avevamo comprato il giorno prima. Lo ricordo ancora quel sapore, caldo e leggermente amarognolo con la crosta dura e croccante. Alla sera, i camini delle fate di Uchishar erano nella skyline del tramonto. Ci bastò per tre giorni il pane dell'ospitalità.

Where I've been - Ancora troppi spazi bianchi!!! Siamo a 116 (a seconda dei calcoli) su 250!