Avrete notato che da qualche giorno non mi faccio sentire. So già cosa vi state dicendo. Il solito pigrone, tra la pace dei monti, è bello battere la fiacca, sarà lì che sonnecchia su verdi prati tra i fumi delle griglie ed i fuochi delle pentole per fare i gofri, delizia locale. E invece no, nulla di tuto questo. La verità è che sto cercando di riprendermi da una durissima botta e nonostante la fortissima fibra di cui madre natura mi ha dotato, non l'ho ancora assorbita completamente, anche se tuttavia posso dire di aver portato a casa la ghirba anche questa volta come dicevano i beneamati Alpini dell'Armir. Ma andiamo con ordine, sempre tanto per tenervi aggiornati. Come ho già più volte detto, io sono un animo semplice che si fida degli amici, anche quando questi sono soliti tendere, per pura malevolenza, trappole che potrebbero rivelarsi fatali. Così capita che, benché istruito da eventi passati, almeno una volta all'anno ci ricaschi come un cavedano nella rete. Questa volta il solito gruppo di amici infaticabili percorritori di audaci sentieri alpini, l'aveva presa alla larga. E' noto che tra il 10 ed il 12 agosto di quest'anno, doveva verificarsi il più folto e numeroso passaggio mai visto delle Perseidi, lo sciame di detriti cosmici, epigoni spenti di una cometa morente sfasciatasi dalle parti di Giove, che in questi giorni dell'anno friggono gli ultimi attimi della loro esistenza trascorsa nelle infinità del gelido vuoto spaziale, in una meravigliosa fiammata nel sipario nero della nostra notte, lasciandoci quel brivido romantico che dura un attimo, il brivido di un istante che suscita tenerezze ed elenchi di desideri da appagare.
Dunque questo gruppo di anziani dalle contorte menti ansiosamente giovaniliste, programmava una serata, anzi una nottata al cospetto delle stelle, da trascorrersi invece che in morbidi letti di piume, come si suol dire, tra selvagge montagne,
à la belle étoile. Naturalmente non potevo esimermi dalla partecipazione, caldamente caldeggiata anche, come ovvio dallamia gentile consorte. Ogni difficoltà è stata accortamente minimizzata, in favore della poetica esperienza, insomma una scampagnata a cui mancava solo la chitarra dei diciottenni attorno ai falò. Dimenticando il lontano passato in cui avevo velocemente capito che quello che suonava la chitarra per tutti, benché molto ammirato dalle fanciulle, era poi l'unico che non limonava, cosa che mi aveva fatto subito abbandonare le ambizioni musicali, ancora una volta mi sono lasciato trascinare nell'avventura. Procediamo per ordine. Partenza ore 15:00 per la lontana e solitaria Valle Argentera, altrimenti detta Val Ripa, bardati di tutto punto, abbigliamento invernale, felpe, giacche a vento, plaid e coperte varie; tenda canadese montata l'ultima volta trenta anni fa, di dimensioni lillipuziane, in cui ricordavo la possibilità di introdurmi agevolmente, scordandomi invece che il mio giro vita si è nel frattempo moltiplicato in maniera esponenziale; viveri di sussistenza sufficienti a sopravvivere anche in caso dirimanere dispersi tra le montagne per una settimana o più. Insomma una spedizione fantozziana di impavidi sfidanti della natura più impervia.
Ore 17:00, raggiunto, previo pagamento di relativa tassa di transito (un fiorino) di 3 euro a macchina, il traguardo previsto di Pian delle Milizie, pianoro di fondovalle a circa 2100 metri, avvolto da un circo di monti ricoperti da foreste di conifere via via diradantisi mentre risalgono i fianchi scoscesi verso le cime, si decide di preparare il campo nei pressi del ruscello, essendo l'area migliore, al riparo dei venti e dotata di zona per fuochi ed altre amenità, già occupata da un gruppo di Land Rover svizzere che ci avevano bruciato sul tempo. Questi extracomunitari che ci prendono i posti migliori, accidenti! Ma niente paura, bisogna fare di necessità virtù e si cominciano a montare le tende, operazione non agevole, data la disabitudine. Non vi racconterò naturalmente delle martellate sulle dita, sferrate con gioia nel tentativo spesso vano di ficcare quei maledetti picchetti in un terreno indegno che non aveva nessuna voglia di farsi trafiggere, anzi, dopo aver accolto la punta del dardo, immediatamente e infidamente petroso sotto la prima superficie tenera, la rifiutava di botto, rendendo inutili le continue e potenti percussioni che appunto colpivano a volte il chiodo, a volte il dito, seguito da una allegro coro di parole idonee al caso. Ore 19:00. Piazzato alla belle meglio il giaciglio pronto per la notte, si è passati alla preparazione del punto di ristoro, previa preparazione di idoneo falò per ottenere la necessaria brace ed anche per avere il piacere del fuoco, istinto primordiale di ogni campeggiatore selvaggio che si rispetti.
Bisogna dire che i miei compagni di merende, consapevoli di avermi attirato nella trappola con ricattucci vari e male arti femminili, avevano provveduto a prepare un menù di una certa classe, qaunto meno per lenire le mie attese e quasi certe lamentazioni. Infatti dai capaci portabagagli, sono emersi una serie di squisitezze da far placare le ire di chi, con le dita opportunamente martellate, non aveva neppure la capacità di afferrare i piatti, a cominciare, dopo un aperitivo a base di champagne millesimato, dalle più varie torte salate, ad una caponata di melanzane deliziosa, salami vari ed una serie di paté di anatra e di fois gras annaffiato da un gewurtztraminer di qualità. Poi essendo il fuoco ormai vivo, si passati attraverso una vellutata di zucchine e patate con crostini brulé al formaggio e infine avendo ormai ampia disposizione di braci, è potuta scattare l'opzione griglia, con una serie di succulente fette di capocollo davvero delizioso e salciccie sapide e tenerelle, di cui abbiamo fatto il pieno, timorosi di futuri giorni di possibili digiuni se eventualmente dispersi tra i monti. Insomma fare scorta nei momenti di abbondanza prevenendo le vacche magre. Finale con dolci al cioccolato di Lione e proverbiale salame dolce alla piemontese. Insomma una scorpacciata epocale in attesa della notte che intanto era scesa come un sudario nero, avvolgendo le ombre dei pini e annullando i profili delle montagne nell'oscurità più fitta.
Ore 21:00. Un vento gelido cominciava intanto a spirare da nord, mentre la temperatura percepita scendeva sui nostri ventri rigonfi con la rapidità che avvolge il pesce crudo nell'abbattitore. Il fatto, data l'inospitalità del luogo, di aver dovuto mangiare in piedi come una mandria di cavalli dispersi nella brughiera, aveva già imposto un senso di disagio poco simpatico. Unito questo al bolo gelato che lo stravizio dell'ingordigia aveva posto negli stomaci, si prospettava comunque un prosieguo della serata, piuttosto difficile. Sono passate così un paio d'ore, nel buio più gelido, col naso all'in sù, pregando solo che le unghiate sferzanti del vento malevolo si calmassero, stretti nelle coperte e nei piumini per riscaldarsi al tepore dei corpi vicini, come esploratori dell'Artico, nella inutile attesa di vedere le migliaia di stelle cadenti previste, alla danza delle quali scatenare la nostra bramosia di benessere futuro. Il risultato di qualche deludente schizzetto, non più di due o tre, ma soprattutto il timore di rimanere per sempre accartocciati nelle grinfie di nonno gelo ed essere ritrovati tra qualche millennio, debitamente mummificati come l'uomo di Similaun, ha convinto il gruppo a ritirarsi per la notte al riparo cospicuo dei teli plastificati dei ripari notturni. L'intervallo inatteso di una volpe piuttosto aggressiva che aveva assalito il campo pretendendo tutti i residui di cibo disponibile, cercando anche di arrampicarsi sul tavolo e tentando di portarsi via il sacco dell'immondizia, ci ha fatto capire che quelli son luoghi dove il pericolo è in agguato e dalla foresta può arrivare qulunque cosa, branchi di lupi inferociti o lupi mannari, ma non era notte di luna piena per fortuna.
Ore 24:00. Lo lume era di sotto della luna poi che entrati eravam nell'alto passo quando....finalmente ci ritiravamo a ginocchioni sulle pietre aguzze, con gran fatica date le dimensioni (delle tende naturalmente), pensando finalmente di avere qualche ora di bramato riposo. Invece, a parte la temperatura polare che costringeva ad un intabarramento con ogni materiale possibile a disposizione, la scarsa consuetudite a piazzare il campo da parte mia, ha fatto sì che la tenda stessa fosse stata innalzata su na sorta di schiena d'asino al centro della quale una pietra grottoluta di dimensioni generose, era puntata direttamente al centro della mia schiena. Ogni tentativo di prendere una posizione accettabile che rendesse quel letto di Procuste,in qualche modo dormibile, è stata vana. Messo di schiena la roccia mi offendeva la spina dorsale tutta, procurandomi dolori insopportabili. La posizione sl fianco era ancora peggio, la scarsa quantità dell'adipe (ancorché generosa grazie alla mia abbondante steatopigia nella posizione sopraddetta) posta sulle ossa iliache, faceva ancor più puntuta la pietra, tale da far prevedere probabili ferite lacero contuse sui fianchi. Insomma una notte infernale, in una continua serie di giravolte tra imprecazioni, lamenti e speranza che la tortura finisse presto, anche da parte della mia povera consorte che aveva sperato almeno di chiudere occhio per qualche minuto senza rompiscatole lagnosi al fianco. Non parliamo poi dei vari problemi idraulici che come immaginerete assillano il maschio anziano.
Ore 6:00. Alle prime luci sono riemerso dolorante e pieno di sonno, con un feroce mal di testa, causato dalla innaturale posizione del mio povero collo reso perfidamente storto dalla mancanza di un cuscino, essendo ogni materiale utilizzato per il riscaldamento dei corpi. Gli occhi cisposi e la sensazione di sudaticcio che dà quel calore notturno esagerato mentre il resto della carne esposto al gelo si raggrinzisce, è una sensazione così fastidiosa e indisponente da far quasi dimenticare le sofferenze causate dalla mancanza di sonno ed i dolori vari. Attorno garrule grida di soddisfazione degli astanti, entusiasti della situazione, per l'argentino scorrere delle acque, i primi raggi del sole che arrivano sulle tende e lo scoppiettare del fuoco per riscaldare la colazione. Si scopre finalmente cosa sono stati i rumori e i colpi uditi durante la notte. La volpe ha squarciato il fianco di una tenda divorando una parte del materassino di un dormente che è riuscito a scacciarla a fatica nel cuore della notte. Altro che lupi. Ore 8:00. Il gruppo degli arditi, felici ed allegri per la bella serata trascorsa, si arma dunque di tutto punto e partono per una gita per raggiungere una cima vicina, un migliaio di metri di dislivello, quattro o cinque ore di marcia serrata, una sciocchezza insomma, tanto per dare un senso compiuto all'avventura. Per fortuna una coppia del gruppo deve assolutamente tornare a valle per impegni precedentemente assunti e così, usufruendo di questo insperato passaggio, quello che rimane del mio corpo sfatto viene riportato alla base in attesa di cure amorevoli, nella speranza cheprima o poi si riprenda. Non è stato facile. Il recupero è stato lento e difficoltoso. Tra un giorno o due, potrei essere di nuovo in forma. Arrivederci.