domenica 28 febbraio 2021

Recensione: A. Nair - Sapore amaro


Siamo ovviamente lontani da Cuccette per signora, il fortunato libro che ha fatto conoscere in ambito internazionale questa pur brava scrittrice, molto interessante per chi vuole conoscere altri cieli e altre voci, tuttavia questo Sapore amaro (titolo molto fiacco se paragonato all'originale Eating wasps) è sufficientemente intrigante e intriso nel profondo di profumi di spezie indiane da renderne impellente la voglia di arrivare alla fine. Come sempre la nota dominante di questa autrice, lo scavare nel profondo dell'anima della donna indiana, pervade il raccontare, che prende in esame via via diverse figure femminili che casualmente vengono a contatto con una reliquia piuttosto macabra, una falange di un dito di una sfortunata ragazza suicida guarda caso per pene d'amore, rimasta nascosta per decenni in un vecchio armadio, condizionandone e raccontandone le storie che si intrecciano attorno. Insomma con una scusa o con l'altra è pur vero che quasi ogni autore scrive un solo romanzo e poi ne riprende le fila e lo ripete in tutti quelli successivi. Comunque sia per gli amanti dell'India (come me) che per chi è anche soltanto interessato a conoscere questo mondo dal di dentro, con la voce delle sue protagoniste e non per sentito dire, rimarrà una lettura piacevole e interessante. Per me lo è stato sicuramente.


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venerdì 26 febbraio 2021

Neve bianca


Poche cose hanno quello splendido biancore abbacinante della neve che copre le montagne. I fianchi ripidi, i canaloni seminascosti, gli avvallamenti sotto le cime sono perfettamente ed uniformemente ricoperti da questo mantello candido senza asperità fatto di curve morbide, sinuose che insinuano la perfezione. Il sole quando arriva senza la mediazione di nubi o anche di semplici foschie basse, magnificano lo scenario, rendono se possibile, il bianco ancora più bianco, più lucido, pieno di luccichii ammiccanti, un brillare vivo che acceca la vista se indulgi troppo nei particolari che comunque la distanza rende incerti e sfumati. La superficie è perfetta intoccata, vergine, non ci sono tracce improvvide di sciatori, tenuti lontani dalle regole, non ci sono orme di caprioli o camosci in cerca di spazi liberi per brucare qualche cosa, solo la purezza di una materia quasi aliena alla complicazione del nostro mondo. Ebbene non appena sposti gli occhi dal paesaggio lontano, dagli scenari in modalità panorama e li posi su quanto ti è vicino, pur rimanendo nello stesso ambiente, ancora carico di neve, sui cumuli affardellati sui bordi delle strade o anche ai lati di sentieri che percorri lentamente per appropriarti di tutta quella perfezione, ti accorgi che lo scenario è completamente differente. Quella materia, perfetta uniforme, unica non è affatto quella magnifica assenza di colori, di sfumature, ma al contrario è un coacervo di sporcizia, di alternanza di neri, di grigi, di sfumature di terra, fango, altra materia ignobile e completamente priva di quella perfezione ultraterrena che appariva come trasfigurata. Anche la consistenza, che da lontano appare come priva di peso, pura essenza, categoria dell'ultrasensibile, diventa fanghiglia grigia, squagliarsi di strati diversi, dove nel taglio degli strumenti che hanno aperto varchi individui l'ocra della sabbia del deserto, il nero dei fumi dei camini, lo spurgo satanico delle auto di passaggio. 

Ghiaccio ancora verdognolo ammassato assieme a materia ancora soffice o a massa in scioglimento da cui esce un rivolo di reflui nei quali nessuno vorrebbe mettere mano. Che splendida metafora del mondo, così perfetto e privo di mali, dolori, problemi, visto di lontano, così immondo e spiacevole, sentina di vizi e rappresentanza di ogni miseria umana. Così la politica, filosofia di perfezione assoluta, nobile per antonomasia, l'occuparsi del bene pubblico, nulla di più alto nelle cose di cui un uomo si possa occupare nella vita. Poi se ci entri da vicino, caleidoscopio di orrori, di disgustosi compromessi per interessi personali e via via sempre più sordidi. Quell'insieme di atti perversi ognuno dei quali dettato da una motivazione di utilità per il proprio gruppo o peggio, la propria persona. Parlare di Migliori, gli Aristoi come li definiva 2500 anni fa, chi aveva inventato la politica come massima espressione dell'intelletto umane,  e poi indicarli con persone che si vantano della propria incultura, che inneggiano a comportamenti bestiali e disumani, che stanno lì solo per averne vantaggi, senza neppure presentarsi, che fanno discorsi per rinnegarli dopo pochi minuti, che credono a fantasie idiote e vogliono imporle con l'arroganza dei folli. Da vicino le vedi tutte queste cose e ti fanno orrore, cammini con i piedi larghi per non inzaccherarti i pantaloni di tutto questo fango che ti circonda e così questo schifo vuole portarti a non voler più neppure di uscire di casa per evitare di correre il rischio di sporcarsi ancora di più, di lordarsi irrimediabilmente, procurando così un ulteriore grave danno, quello di farti disamorare definitivamente della voglia di camminare ancora guardando lontano, per godere di quella bellezza irrinunciabile e necessaria di quel mantello bianco, puro e perfetto che è obbligatorio avere sui monti che ci circondano e che renderanno vivibile la nostra futura estate.


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giovedì 25 febbraio 2021

Recensione: G. Ferron - Lo sguardo del lupo

 


Un libro che si ascrive alla ormai imperante vulgata modaiola dell'inno talebano alla Natura santificata come Madre martirizzata e soluzione unica ai problemi creati dalla malefica razza umana devastatrice per antonomasia e per malvagità innata. Ovviamente il messaggio che passa è quello della beatificazione assoluta di quella decrescita felice che tanto affascina in contrapposizione a tutto quello che è il modello di sviluppo che fino ad oggi ha consentito ad una umanità di quasi otto miliardi di persone di vivere molto meglio di quanto non facessero i nostri nonni.  Ovviamente trionfano le invettive contro la bieca agricoltura "intensiva" che usa perfidi concimi kimici e velenosi pesticidi portatori di monte, in contrapposizione di una idillica vita nella natura montana fatta di boschi popolati da spiritualità olistica ed esoterica, che tutto idealizza e conduce alla felicità perfetta. Come sapete io sono visceralmente avversario di questa nuova religione che ha ormai conquistato completamente il popppolo e che, temo, influenzerà pesantemente le politiche del prossimo futuro, che ovviamente tendono a seguire l'onda del comune sentire, ma non posso negare che il libro abbia un suo fascino perverso in questo fatato rapporto con i lupi ed il loro sguardo magnetico, che rimane la chiave del racconto. 

E' la storia ammiccate del manager bello e scontento, fatto apposta per autoidentificarsi, che rifiuta la civiltà e si rifugia nel bosco identificandosi quasi con questa vicinanza esoterica con lupo e una ragazza alla ricerca delle stesse cose che ne rimane perdutamente affascinata, nella quale molte vorranno a loro volta autoidentificarsi. Ovviamente piacerà moltissimo agli molti adepti di queste sette new age, schiavi delle città e delle scrivanie che odiano anche se consentono loro di campare e bene, ma dalle quali anelano fuggire verso un fatato eden fatto di vita all'aria aperta e di fusione con una natura inesistente nella realtà e di certo meno a chi la montagna la abita davvero con tutte le sue difficoltà e che verso questi cittadini anelanti ad un mondo ideale che non è mai esistito, ha un atteggiamento piuttosto critico, sul lupo poi in particolare. Ma il racconto è scritto bene e come tutti i libri di similfantasy affascinante e ti fa venir voglia di finirlo. Anche siete conoscitori veri di agricoltura vera e di natura reale, liberi dalla fuffa bioorganic sano e senza glutine e senza olio di palma, sarete affascinati da questi personaggi che si perdono in un bosco magico alla ricerca di una unione viscerale con questo animale iconico e vi piacerà comunque.


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martedì 23 febbraio 2021

Recensione: S. Sparaco - Dimmi che non può finire

 


Romanzotto leggero e veloce che si legge rapidamente e senza impegnarsi un granché. Storia di una donna ossessionata dai numeri, che non si ama e alla perenne ed inutile ricerca della felicità. Scritta da una donna, classico scritto per le donne che si sforza di raccontare la incredibile ed incomprensibile (per gli uomini) complicazione femminile da contrapporsi alla paritetica semplicità o sempliciotteria (per le donne) maschile. Anche il titolo che pare desunto da una bibliografia di Liala fa la sua parte. Una spruzzata di sesso per vendere meglio, e via così verso il lieto fine in una storia che non lascerà tracce indelebili anche nella letteratura di consumo. Vedete voi.


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lunedì 22 febbraio 2021

Luoghi del cuore 105: Ras al Hadd e le tartarughe

Oman - novembre 2018

Mille e una notte, racconti sussurrati a fior di labbra sotto tende beduine, mentre il vento forte soffia e la sabbia scorre come una carezza leggera. Ladri e principesse, castelli e sceicchi ingioiellati, bajadere avvolte in veli leggeri che fluttuano nell'aria nella frenesia di un ballo tra ritmi di cembali. Tra le torri di terra e i wadi che spaccano le montagne con fenditure ripide, montagne aspre di roccia tagliente e nuda, spiagge infinite e deserte, deserti che cambiano colore ad ogni ora del giorno, mentre tra alte dune le carovane di dromedari scompaiono lungo piste segrete, come puoi non amare questo paese? L'Oman accoglie con lo sguardo privo di malizia di chi lo abita e ti fa pensare di essere a casa. Forse è l'ambiente, forse è chi lo abita o forse è stato Iapo e la sua Casa Oman che ha saputo inocularmi questa malia, portandomi una volta a pescare, un'altra a perdermi tra le dune rosse o nel biancore accecante del mare di Masirah, l'isola che c'è, basta saperla trovare. Se hai la fortuna di conoscere questo romagnolo sanguigno che ha fatto di questo paese la sua casa, automaticamente diventerà la tua, per me, per lo meno è stato così, ma mi sembra di non essere l'unico ad avere avuto queste sensazioni. 

La casa a 250 metri dal mare sulla spiaggia di Ras al Hadd è vita vera, con il tiro di narghilè sul divano del giardino, col chai al cardammomo da bere coi vicini,suoi amici, che sonnecchiano e scambiano pigre chiacchiere mangiando un dattero e buttando un occhio sul telefonino, unico cedimento alla vita moderna. Per il resto potresti essere al tempo in cui Marco Polo passò di qua per andare a visitare il mausoleo i cui ruderi ancora oggi guardano il mare da una collina di roccia bianca. Come fai a non innamorarti di questo posto, quando alla sera vai a raccogliere le centinaia di tartarughine che le fioche luci del paese ingannano, facendole andare per la strada sbagliata, riversandosi sulle strade sabbiose per perdersi per sempre invece di raggiungere il mare e poi caricare i grandi secchi pieni di esserini di pochi centimetri che sbattono disperatamente le pinne per andarle a liberare nel mare finalmente libere di prendere il largo, mentre a fianco centinaia delle loro madri risalgono a fatica la battigia, per deporre altre uova, sulla spiaggia ritrovata dopo decenni di mare aperto. Stare seduti al chiarore tenue della falce di luna coricata come si vede al tropico, mentre le piccole tartarughe raggiungono la prima onda che spegne il loro affanno e le accoglie benigna, mentre dietro senti il soffio e l'ansimare ritmato dei giganti che scavano la buca dove seppelliranno la speranza di rinnovare la vita e poi lo sbattere delle pinne che gettano sabbia a coprire il nido prima di scivolare con fatica infinita verso quel mare che le attende materno. Grazie Iapo che mi hai dato tutto questo e tanto, tanto altro.


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Urali                                                            

sabato 20 febbraio 2021

Haiku affaticato

 

Sestriere 2020

la neve scrocchia

sotto le suole spesse

- ansimo troppo


nuvole basse

sopra tutta la valle

- bruca un muflone






mercoledì 17 febbraio 2021

A Kobayashi

 

da wikipedia


vai oh lumaca

sali il lungo sentiero

- senza voltarti



martedì 16 febbraio 2021

Neve e vaccini

 


Questa foto me la manda un amico con cui ho condiviso diversi inverni sovietici. Beh, diciamo che da quelle parti se deve nevicare, nevica e anche con la temperatura non si scherza. Anche a Mosca quando arriva il Buran, passiamo i - 20° in un attimo, in questi giorni siamo a -24° e io stesso più volte ho provati i -30°, che sarà pure freddo secco che non si sente, ma vi assicuro che dopo dieci minuti che sei fuori, anche se ben coperto hai solo voglia di correre dentro qualche edificio, sia quello che sia. La lama gelata che ti si ficca in gola ad ogni respiro, segnala che si è superata la soglia dei -27°, tutto il resto è chiacchiera. L'inverno da quelle parti è così. Freddo e gelo specialmente quando il cielo è solo parzialmente offuscato e il sole un pallido cerchiolino di un giallo smorto ed anemico che non scalda nemmeno il cuore. Quando il cielo invece è un poco più coperto danzano nell'aria minuscoli frammenti bianchi, coriandoli leggeri che mulinano in ogni direzione quasi senza neppure posarsi a terra. Data la temperatura però, difficilmente nevica in abbondanza, anzi gli spessori considerevoli, in città sono abbastanza rari. Ecco quindi lo stupore dell'amico Eugenio che in quest'anno ha visto depositarsi nevicate di oltre 70 centimetri di un solo botto, cosa che lui per primo giudica inusuale. Certo è sempre un bel vedere e immagino il torpore che ti prende quando buttando l'occhio fuori della finestra hai spettacoli di questo tipo. Certo non ti viene voglia discendere e andare a fare un giro. Per la verità lui ha dovuto muoversi comunque perché l'altro giorno gli hanno fattolo Sputnik. Sembra che laggiù si stiano dando da fare al riguardo e lui è contentone a quanto mi dice, però fatto sta che se ne è tornato a casa tranquillo e adesso si gode le serie televisive del momento in attesa della seconda dose. Sta a vedere che mi tocca rimpiangere di non essere più da quelle parti!


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lunedì 15 febbraio 2021

E c'arrisemo

 


Figuriamoci, devo di nuovo riprendere l'argomento a chiosa di quello che ho detto ieri. Non sono ancora passate 24 ore dalla partenza e già sono scoppiate le polemiche. Tutti i partiti, uno in fila all'altro hanno cominciato ad esternare i loro mal di pancia, ognuno coi suoi distinguo, i suoi punti di dissenso in punta di forchetta, senza capire, d'altra parte il livello è talmente basso che non si può pretendere troppo, che in questo momento tremendo bisognerebbe solo tacere e lasciar lavorare a testa bassa quelli a cui è stato dato l'incarico di fare. E in questo momento l'impellenza che condiziona ogni altra cosa è quella di arrivare a vaccinare il più presto possibile in un modo o nell'altro almeno il 70% della popolazione, altrimenti continuerà a rimanere tutto bloccato e la crisi economica diventerà irreversibile e intanto predisporre il piano del Recovery nel miglior modo possibile in modo da essere pronti alla partenza. Al resto bisogna solo mettere la sordina o quantomeno smettere di dar loro ascolto, che si massacrino tra di loro, insultandosi e dilaniandosi. La gente se ne deve fregare di questi bizantinismi da bande sciolte e non deve neanche scandalizzarsi o farsi prendere dalla nausea, ancora di più se possibile di dieci giorni fa quando saliva il disgusto dell'inevitabile  mercato delle vacche. Se il Felpato adesso va a braccetto col partito di Bibbiano, se i Grillotalpa si sbaciucchiano con lo Psiconano, se i Pidini si stringono a coorte con l'Infido, se i Cespugli si guardano attorno smarriti terrorizzati dal fatto che più nessuno li cerca, se i grandi economisti legaioli inneggiano all'Euro e alle gioie dell'Europa, facendo un collegamento diretto tra Pontida e Bruxelles, è sbagliato vomitare e chiedersi come sia possibile un tale scempio volgare e disgustoso. E' la democrazia bellezza, bisogna accettarla nel bene e nel male. Come tutti sanno, sarà pure un sistema pessimo e imperfetto, ma si è dimostrato comunque il migliore possibile per il benessere del popppolo che alla fine però odia i suoi rappresentanti perché campano a suo dire alle sue spalle e li invidia. 

E' l'arte necessaria del compromesso, obbligatorio sempre, perché il sistema prevede che si debba avere il 51% dei voti per fare le cose e se non hai la maggioranza assoluta da solo, cosa per fortuna assai rara, è necessario accordarsi tra diversi, stringere la mano a quelli  a cui fino a ieri hai dato del coglione, a cedere su un punto su cui non sei d'accordo per avere parte di quello che ti interessa. Funziona così, mettetevelo nella zucca e per fortuna. Certo che questi problemi non si hanno con Hitler o Stalin o Pol Pot o senza scomodare il passato anche con molti regimi attuali in giro per il mondo. Se ne ammirate l'efficienza in alcuni casi, attenzione che poi appena ci si mette a parlare come state facendo in questi giorni, arrivano alle 5 di mattina a bussare alla vostra porta e vi portano in un bel Lao Gai a rieducarvi a suon di mazzate, che così capite meglio. Datemi retta, non criticate (troppo) se riscontrate nei politici che sentite ogni giorno aprire la bocca e dare fiato, una totale, completa e fastidiosa contraddizione con quello che hanno detto il giorno prima o se cambiano idea o alleanze ad ogni stormir di fronda. E' così che deve funzionare la democrazia e basta. Se poi la vostra critica improvvida e sbagliata concettualmente, va a parare oltre che alla incoerenza anche sulla incompetenza, sulla inadeguatezza, l'incapacità, la totale e disarmante mancanza di quelle doti che si richiederebbero a coloro che occupano i posti di comando, perché ve la prendete con loro, ragazzi, li avete votati voi e nessun altro. Il livello dei politici è, né più né meno che il livello del paese e specchio di chi rappresentano e se pensate che siano così solo quelli del campo avverso e non quelli vostri allora ve li meritate ancora di più.


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domenica 14 febbraio 2021

Habemus gubernum

da Corriere .it


Bene, abbiamo il pilota,  acquisito direi definitivamente, salvo sorprese che martedì e mercoledì, un Parlamento terrorizzato di doversene andare a casa approverà definitivamente, almeno fino a quando non scoppierà la prossima grana. Essendo quindi la cosa data per fatta, mi prenderò la briga di dire la mia sull'argomento e dato che sono un libero cittadino senza pendenze, che non ha necessità di rabbonirsi un qualsivoglia elettorato neanche per aspirare alla presidenza della riunione di condominio, dalla quale comunque rifuggo, e non essere neppure in commercio, col timore di inimicarmi possibili clienti, posso dire la mia anche in modo politicamente scorretto, che tanto alla mia età posso esternare quello che mi pare, almeno fino a quando, Deo gratias, siamo in Italia. Ricapitolando, il nostro santificato Drago, approvato comunque dalla stragrande maggioranza del popppolo, ha formato con sagacia estrema, un governo che nelle intenzioni dovrebbe durare tra i dodici mesi, fino all'elezione del nuovo Presidente della repubblica a cui aspira lui stesso o i due anni, fino alla scadenza naturale della legislatura. La sua astuzia o capacità che sia, lo ha consigliato di formare un esecutivo che da un lato scontenta tutti (e questa è una buona cosa) dall'altra è inattaccabile perché risponde ai desiderata espressi da tutti. Non è un governo tecnico, cosa invisa al popppolo e di conseguenza ai partiti, ma quasi interamente politico (solo 8 i tecnici) per cui non lo si può criticare su questo. I ministeri politici poi, sono stati perfettamente divisi secondo il classico manuale Cencelli in modo che nessuno si possa lamentare, purtuttavia i politici sono stati distribuiti in generale nei ministeri che contano come una cippa lippa e quindi a chi chiedeva il governo dei Migliori, si può dire che le varie Gelmini et similia, non potranno fare troppi danni, mentre in quasi tutti i ministeri chiave ha messo tutti uomini di cui evidentemente si fida e che potrà controllare direttamente evitando a tale scopo anche figure troppo di primo piano. 

Quindi direi che dal suo punto di vista si è messo nelle migliori condizioni, data la difficilissima situazione. La distribuzione della canea degli inutili sottosegretari, farà il resto limando ulteriormente gli spigoli. E' evidente che i vincitori dell'operazione sono i due Mattei, l'Infido che è riuscito ad far fuori Conte, cosa che bramava da tempo e l'Orrido, che anche se praticamente commissariato dalle forze interne del suo partito, che lo tengono in vita per non perdere il consenso di quelli con l'elmo bicorne da Pontida, riesce a rimanere ufficialmente a cavallo pur con un cambio di casacca che fa impallidire il mercato delle vacche del tentativo di Fico. In ultima analisi il bello dell'operazione è che tutti i partiti sono scontentissimi e masticano veleno (e questa è una buona cosa), ma non possono gridare più di tanto perché in fondo è stata fatta la loro volontà. L'Orrido ha avuto tre ministeri, ma deve digerire il suo avversario diretto Giorgetti, all'unico ministero interessante dove ci saranno da gestire soldini, che è imposto dall'anima degli affari nordolegaiola, e masticare veleno, ma senza gridare troppo, il boccone amarissimo di Lamorgese, disposto pur di non perdere l'occasione di far rimanere il partito nella greppia dei 200 miliardi, a mettere in discussione anche la bandiera di quota 100 (e questa è una buona cosa). L'Infido, che pure io un tempo sostenevo essendo il miglior politico su piazza, canta vittoria, ma è il classico successo di Pirro dato che nel mucchio è ormai condannato all'irrilevanza più completa, tanto che alle prossime elezioni potrebbe scomparire definitivamente dal Parlamento e dover andare in giro per il mondo a piatire conferenza per campare (e questa è una buona cosa). I cespugli di centro, che hanno perso l'occasione del loro momento di gloria, sono diventati ancora più irrilevanti e il buon Casini ha ormai capito che la sua candidatura al Colle è definitivamente aria fritta (e questa è una buona cosa). 

Il PD deve starsene zitto, con ministri quasi inutili, nella posizione di vaso di coccio che come parla sbaglia, dovendo pensare più a contenere il malpancismo interno che tutto il resto (e questa è una buona cosa). I Grillini, trangugiano palate di merda alle prese con il forse definitivo disfacimento, dovendo andare a braccetto con il Pregiudicato, sfilati anche del ministero a cui tenevano di più (e questa è una buona cosa). Il Cavaliere, in salute sempre più precaria, sente il terreno mancargli sotto i piedi ed è nero come la pece, avendogli nominato tre ministri che gl facevano la fronda interna e nessuno di quelli da lui proposti (e questa è una buona cosa). I LEU, angosciati dal dover sedere e sorridere alle proposte dell'Orrido, sono stati tacitati con Speranza, altro rospo in gola a Pontida (e anche questa è una buona cosa). Tutti incavolati neri insomma, ma costretti a far buon viso a cattivo gioco e a votare compatti a favore. L'unica a rimanere fuori, l'astutissima Vociante, ha capito che in questo modo rastrellerà tutti gli scontenti, subito quelli che non potranno sopportare il cambio a 180 gradi del Capitone, antieuropeisti, sovranai, populoidi e tutto il peggio del peggio, poi man mano che finirà la luna di miele e di provvedimenti necessari, presi senza la necessità del consenso del popppolo, come è giusto fare, anche quelli che a poco a poco precipiteranno nell'imbuto dello scontento forcaiolo. E lei laggiù al  fondo della Caina a fare il pieno di gente ululante (e questa non è buona cosa, ma almeno sarà chiaro dov'è la sentina della storia). Ora il Drago ha la possibilità di fare, aiutato da un lato dalla estrema debolezza di chi lo dovrà sostenere, dall'altro dalla credibilità internazionale che ha accumulato sullo scenario internazionale, anche se certamente il tutto è poggiato su un equilibrio di elevatissima instabilità, basterà una stupidaggine a far crollare il castello di carte. 

Unico collante per fortuna la paura di tutti di andare alle elezioni anticipate, che come ogni persona di persona di buonsenso, a partire dal capo dello stato, ha ben compreso sarebbero il definitivo disastro per il paese. Infatti sono ormai richieste, come si è ben compreso, solamente da chi questo paese non lo ama affatto, anzi lo odia e vuole distruggerlo definitivamente. Comunque, a mio parere naturalmente, il mio giudizio su questo governo è sostanzialmente speranzoso. Posso accettare Giorgetti e anche Speranza, che in fondo, visto il resto dell'Europa ed il paragone conta, non è andato poi così male. Benissimo Lamorgese e Franceschini, il miglior ministro della cultura degli ultimi decenni, ottima Cartabia, che potrebbe essere l'occasione per il difficile nodo della riforma della giustizia. Bene i tecnici, anche se non di primissimo piano, mi sarebbe piaciuto l'inserimento di Cottarelli, ma va bene lo stesso. Pur con i moltissimi pericoli e la tremenda dose di instabilità di cui ho già detto, mi sembra che ci sia qualche possibilità di fare le cose necessarie, le riforme richieste, anche se qui è dove tutti punteranno come al solito i piedi aizzando la piazza, la preparazione di un Recovery valido ed utile e la spinta necessaria all'economia. A questo darà sicuramente una mano la credibilità internazionale del nostro, che, vista l'uscita di scena di Merkel, potrebbe anche porsi in Europa in una posizione di importanza molto più forte del passato. Io, che amo il mio paese, gli faccio i migliori auguri, speranzoso, che si faccia tutti interi i due anni, questo darebbe una impostazione più dritta e funzionale a tutta l'operazione, complice il fatto  che il nostro Sergio si prolunghi per un anno. Comunque si vedrà, tante sono le opportunità e di contro i cigni neri che girano nell'aria. Spesso gli eventi esterni e non controllabili sono poi quelli che definiscono il successo o l'insuccesso di una operazione. E con questo vi saluto.



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sabato 13 febbraio 2021

Haiku nevoso

 


sul tetto rosso

qualche fiocco di neve

- brivido intenso


mercoledì 10 febbraio 2021

Luoghi del cuore 104: Fantasmi del passato a Tiraspol

I love Tiraspol - Transnistria - maggio 2018

Se arrivi a Tiraspol, viaggio strano ed inusuale anche per un cercatore di luoghi da scoprire, ti troverai in un mondo strano che emerge dalle nebbie del passato, una esperienza sensoriale del tutto inaspettata ed a suo modo eccitante. Basta una decina di chilometri, passato il ponte sul Nistru e gli acquartieramenti dell'esercito russo, per arrivare alla periferia della città, la capitale di questa piccola e fantomatica repubblica, la Transnistria, di poco più di 3.500 km2 e mezzo milione di abitanti. Veniteci dunque per toccare con mano questo scampolo di passato, meglio se prima avrete letto il famoso libro, poi tradotto sul grande schermo: Educazione siberiana, che si svolge appunto proprio nelle periferie della città. A questo punto è necessario che vi dia conto di alcune cose che giustifichino il mio interesse quasi morboso per questo luogo a cavallo tra due mondi, uno scampolo di passato tenuto in piedi artificiosamente da fragili equilibri geopolitici e delle emozioni che mi ha dato. Come molti di voi sanno nella mia vita precedente mi interessavo di export e per un paio di decenni ho navigato nel mondo slavo, con molti periodi di permanenza proprio a cavallo della caduta dell'impero sovietico. Ora, il vivere in prima persona questo mondo così lontano e diverso dal nostro e vederne la inevitabile caduta, con tutti i tragici eventi accaduti dopo, le privazioni e gli imprevedibili accadimenti che si sono succeduti per un intero decennio, con conflitti, disastri economici, speranze disilluse, povertà diffusa, è stata una opportunità unica che, avendomi coinvolto soltanto come spettatore mi ha dato modo di vivere un'esperienza piena di insegnamenti e di emozioni. Naturalmente quegli ambienti avevano tutta una serie di abitudini, situazioni e momenti comuni, consolidati in uno stile di vita che 70 anni di regime aveva reso immutabili e con caratteristiche di unicità che non ritrovavi in nessuna altra parte del mondo.


Il memoriale dei morti nella guerra per l'autonomia
Le code, le monete da 3, certi negozi, le insegne, le statue inneggianti al regime, le fotografie dei meritevoli fuori delle fabbriche o dagli uffici pubblici, i fiori che le spose portavano alla tomba del milite ignoto e tantissime altre cose del tutto particolari. Tutto ciò scomparve in un attimo, dopo il '91, spazzato via dal nuovo nulla che avanzando come una corrente impetuosa, voleva omologare ogni cosa e al più presto a quel mondo occidentale, tanto a lungo sognato, invidiato, temuto e desiderato allo stesso tempo. La ipersvalutazione seguita alla frammentazione dell'impero, che aveva perduto la forza della dimensione comune in cambio delle sovranità bramate, distrusse ogni cosa in pochi mesi, azzerando risparmi, stipendi e pensioni ed aumentando ancora di più il caos e l'incertezza, facendo perdere velocemente memoria di quel passato prossimo appena svanito. Come ovvio, essendo stata questa una esperienza importante della mia vita, mi ha lasciato tutta una serie di nostalgie sopite tipiche dell'anziano in disarmo, che confonde luoghi ed eventi identificandoli con la sua età perduta. Dunque ecco che all'improvviso c'è ancora esistente, questo non luogo che conserva, come freezzata in una scatola del tempo, una situazione che ormai non esiste più in nessun altro luogo del mondo; una sorta di parco a tema che racconta un passato prossimo scomparso. 

Distilleria Kvint e moneta da 5 rubli
Tiraspol ti accoglie dunque con la sua aria demodée, i filobus che scivolano silenziosi nei vialoni che tagliano i parchi cittadini, le poche auto che transitano, molte sono ancora i vecchi modelli sovietici, le Zigulì di Togliatti, le Zaporozec della ZAZ ukrain, copia della 600, ho visto anche una Pobieda degli anni '40, come quella che aveva l'amico Valentin quando mi scarrozzava per le strade di Crimea. Qui le insegne sono tutte in russo come ovvio, essendosi il paese adagiato al 100% sulla Russia putiniana, tra l'altro sua unica sostenitrice economica. Si dice che qui l'economia traccheggi, le vecchie fabbriche sovietiche sono tutte in rovina; le centrali, che fornivano energia anche ai paesi vicini, contribuiscono, con la produzione attuale venduta all'estero, a portare qualche soldo in cassa; c'è qualche fabbrichetta tessile che sfrutta il basso costo della mano d'opera, ma ha grandi problemi ad esportare causa il mancato riconoscimento internazionale, come del resto la produzione agricola. Per la verità al di là della facciata vetero-comunista, tutta l'economia è in mano al gruppo privato Sheriff, il cui presidente era, almeno fino al 2011, guarda caso, il figlio maggiore del presidente, che possiede catene di ristoranti, pompe di benzina, supermercati, televisione, distillerie e molto altro secondo la nota formazione delle fortune economiche degli oligarchi russi. 

Il visto della Transnistria e la moneta di plastica
Bisogna anche ricordare che un'intero quartiere della città è occupato dalla antica distilleria Kvint, che tra l'altro produce un eccellente brandy, dovreste assaggiare l'invecchiato 25 anni, oltre a tanti altri distillati, la cui sede centrale, credo unico caso la mondo per un edificio privato, fa bella mostra di sé sulle banconote da cinque rubli. Già, la moneta. Ovviamente la repubblica di Transnistria batte orgogliosa la propria moneta, il rublo transnistriano, di cui può ovviamente fissare il cambio a proprio piacimento, tanto appena fuori dal confine è pura carta straccia che nessuno cambierebbe neppure in dollari dello Zimbabwe. Adesso il cambio è stato fissato a qualche centesimo in più del Lei moldavo, per evidenti ragioni propagandistiche, del tipo, noi siamo sempre un po' più avanti. Sempre in tema monetario è divertente ricordare come al momento della scissione per far fronte alla necessità, si usavano le banconote moldave a cui era stata applicato una marca da bollo. Un'altra curiosità davvero unica al mondo è che la Transnistria ha coniato monete di plastica, simili ai gettoni dei giochi da tavolo, tuttora circolanti. Il palazzo del governo sorge in una bella piazzetta piena di aiuole di rose multicolori. E' stato restaurato, ma la parete ad est è stata lasciata al suo stato naturale, butterata dei colpi di mitragliatore e di mortaio, che l'hanno colpita durante l'assedio rivoluzionario, quando dopo qualche giorno, i funzionari assediati si arresero e furono accompagnati ed espulsi in Moldavia, tra il giubilo della folla russofona. 

Mercato colcosiano
Ma il nostro ritorno al passato prosegue nel vicino mercato colcosiano. Ti ricordi Gianni quando ti accompagnavo, in quelle buie mattine domenicali di gelidi gennai, respirando aria puzzolente di benzina mal combusta, a quello fuori Mosca a cercare un pollo da comprare a peso d'oro dalle mastodontiche Tatiane e Ludmille, a cui il gelo imporporava le guance e la punta del naso! Qui quasi tutto è rimasto uguale, i banchi opulenti di carni macellate, monticelli di pollastri e cosce di maiali, i sacchettini confezionati a mano di tisane di erbe del bosco, la frutta di importazione, banane, kiwi, arance vendute a peso d'oro, le montagne di barattoli di tutte le dimensioni di composte, di frutta, di angurie e di cetrioli (i famigerati agurzì che non ho ancora finito di digerire adesso); i barattoli di smietana e i tanti prodotti che pensavo scomparsi nelle pieghe del tempo. Non manca nella zona articoli per la casa, la famigerata carta igienica detta La vendetta di Stalin, perché rendeva rossa in modo omogeneo la parte interessata, ma in modo equanime a tutti i cittadini. Ma la sorpresa più emozionante mi aspetta fuori del mercato. Vicino ai pali della luce che sostengono i fili del filobus, c'è un banchetto colorato con un'insegna che mi ricaccia indietro di trent'anni. Una babuska bionda appollaiata sul trespolo accanto, aspetta avventori. Dall'unico rubinetto del banco spilla una bevanda ambrata che distribuisce in piccoli bicchieri di plastica a 2,50 rubli l'uno, 10 cent di euro. Si tratta del kvas, una bevanda fermentata a bassa gradazione alcoolica, massimo 1 grado, ottenuta da pressoché qualunque prodotto vegetale, dalla linfa di betulla ai cereali più vari, frutti di bosco e anche addirittura di mollica di pane avanzato, che andava per la maggiore in tutta l'URSS. 

La bancarella del kvas di pane vecchio
Allora era distribuita in dosatori automatici di metallo, posti agli angoli delle strade, a cui era appeso con una catenella un bicchiere di uso comunitario di alluminio, d'altra parte si era o no nel mondo comunista! Costo di una dose, due monetine di tre copechi, circa 2 cent! (mi ricorda in diretta l'amico Eugenio da Mosca, che ho chiamato per confrontarmi con i suoi ricordi, che anche lì lo vendevano le donnine, a bicchiere e anche a litro a 24 copechi, mentre i dosatori davano acqua gassata a 3 copechi o con sciroppo a 5). Il suo sapore acidulo è un sentore umido e denso che stuzzica ricordi, che molcisce melanconie lontane, odori di neve bagnata e vapori che escono dalla metro e dalle griglie lungo il kalzò, allegria triste di gente che cammina veloce su marciapiedi gelati, stringendo le spalle nei cappotti lisi, con le schapke calcate sui riccioli rifatti in casa, la sera, negli spazi ristretti e litigiosi delle comunalke. Quel fermarsi per un attimo all'angolo del corso a spillare un bicchiere da bere in un colpo prima di andare al lavoro. Ebbene qui, per le strade di Tiraspol il kvas vive ancora con la sua presenza discreta, il suo essere storia di un popolo che resiste, attaccandosi disperatamente al passato, anche quando i tempi vorrebbero, disperatamente cambiare. Poco più in la ecco in vendita quei gelati alla panna burrosa nello scodellino di cialda avvolti nella carta. Non pensavo che li avrei mai più rivisti. Mi siedo su una panchina per ripigliare fiato. I miei anni perduti in un bicchiere di kvas.




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