martedì 31 gennaio 2017

Forse tutto il male non vien per nuocere

dal web

Quello che il suo spin doctor (o era quello che gli preparava i discorsi, non ricordo bene) ha definito: Un maiale a cui bastava mettere il rossetto, ne fa veramente una tutti i giorni. Ora molti osservatori neutrali, sono via via talmente schifati da tutto questo che usano parole insolitamente dure e spesso anche improprie, come se fossere davvero giunti al limite della sopportazione. Io che spesso mi lascio trascinare dalla foga del cuore, sarei per mia natura portato a lasciarmi andare giù pesante, invece comincia ad insinuarsi in me un ragionamento che forse non è così campato in aria. Mi piacerebbe sentire il vostro parere in merito. In sostanza, un personaggio di questo tipo che ha mosso subito in tutto il mondo i politici della sua area di "pensiero",  per usare una parola comprensibile, ad un atteggiamento di appassionata adesione ed identificazione, se continua con questo ritmo, potrebbe generare anche una nuova ed inattesa conseguenza. 

I frutti marci dell'odio cominciano a cadere dalla pianta, come si è visto ieri in Canada, ma anche senza aspettare i disastri economici che le politiche di autarchia e protezionismo spinto provocano di norma, lo stillicidio continuo di provvedimenti demenziali, con annesse tare morali davvero ignobili, potrebbero provocare in tutta quella parte di Europei, che si sono lasciati trascinare all'appoggio di movimenti di estremismo populista, da un senso di rivalsa contro una politica che non ha dimostrato efficienza e capacità di andare nella direzione della soluzione dei problemi, per motivi vari, un senso di tale nausea e repulsione da far loro abbandonare le posizioni più estreme che in effetti stanno prendendo uno spazio così pericoloso, quale non si avvertiva da decenni. Non parlo certo dei nazisti in pectore, degli orfani di Pol Pot o dei sostenitori della razza a prescindere, quelli anzi saranno ancor più felici dal vedere in atto un loro disegno sperato.

Ma i moltissimi soltanto delusi dall'andazzo e che si sono rivolti a questi movimenti, come si suol dire "per protesta", potrebbero, man mano che ne fa di nuove, lasciare il campo e rientrare in una destra per così dire ragionatrice, che essendo normalmente composta da gente che ha a cuore comunque una propria etica, l'economia in generale e quella del proprio portafoglio in particolare, fa presto a rendersi conto che va bene l'odio e la voglia di spaccare tutto, ma tagliarseli tafazzianamente per far dispetto alla moglie, è meglio lasciarlo fare agli inglesi. Certo se questa linea dovesse cominciare ad espletarsi, i vari movimenti dai pentanariciuti alle teste rasate, lo abbandonerebbero di corsa, ma intanto il danno sarebbe fattto. Questo aspetto, non tanto impossibile, mi sembra positivo a prescindere, quindi forse è bene che il gatto morto, come qualcun altro al Campidoglio per altro, continui a rimanere al suo posto e ne faccia una delle sue tutti i giorni, anche se in quel lontano paese hanno purtroppo avuto spesso l'abitudine di risolvere diversamente le cose, speriamo di no. Alla fine la comunità di Surakhis e della galassia intera potrebbe beneficiarne.

Estratto da: I ragionamenti dal triclinio della Fellatrix 
Paularius di Novigorod


Se ti è piaciuto questo post, ti potrebbero anche interessare:

Bene bravo bis
Consegne

lunedì 30 gennaio 2017

Madagascar 22: Tulear

 
Ifaty

Tomba familiare
I luoghi di mare hanno maggiori valenze comuni nelle varie parti del mondo di quelli dell'interno. Questi ultimi hanno la tendenza a mantenere e nello stesso tempo, a mostrare al viaggiatore la loro specificità ed a marcare le differenze culturali in maniera netta, come avrai di certo notato scendendo dall'altopiano dove seminascoste tra i cespugli troneggiano le grandi tombe di famiglia in pietra, così diverse dai buchi provvisori dove le tribù della foresta nascondevano il feretro del morto, nell'attesa della sepoltura definitiva. Il mare invece tende a livellare tutto, abitudini e modi di vita, mescolandoli in quel suo odore di salsedine e di pesce, nell'aria calda e umida che ti carezza la pelle, nel rumore della risacca che copre tutti gli altri suoni, ammorbidendoli. Tulear, la città più importante del sud, non si distacca da questa identità. Anche se in effetti è tagliata fuori dalle grandi rotte commerciali, mantiene intatta l'atmosfera della località coloniale in decadenza, impegnata soprattutto a meditare sui suoi tempi d'oro. 

Tulear - Conchiglie Foto T. Sofi
L'impianto urbano che hanno lasciato i francesi è completamente intatto, in quanto lo sviluppo si è completamente arrestato nei decenni successivi, per cui puoi girare tranquillamente nelle strade larghe e semideserte tra case basse a due piani, con lunghe verande scandite da persiane azzurre perennemente sbarrate. Locali che mantengono un tono transalpino almeno nominalmente, sono sparsi per il centro, dove puoi ripararti dal sole sotto i cannicciati dei dehors, bevendoti una birra e mangiando fois gras. Mercatini stanchi per turisti che non ci sono, dove donne svogliate hanno perso anche la speranza che arrivi qualche raro compratore a scegliere una delle grandi conchiglie esposte sul banco che comunque ti verranno sequestrate all'aeroporto. La brezza dal mare arriva dolciastra, lasciando quel senso di umido e di salso sulla pelle e ti mette soltanto la voglia di trovare un luogo solitario dove stenderti all'ombra davanti alla distesa di acqua, dove lasciare che il pensiero vaghi alla ricerca del significato di questo vivere, fino a che il movimento ondivago non rallenti, lasciandolo in quel limbo immobile in cui non si cercano più ragioni e motivi, la terra di nessuno tra Lete e Acheronte dove non esistono più neanche i perché. 

Tulear - Hotel Amazone
Bisogna allora lasciare la città, col suo incongruo hotel nuovo fatto a nave che troneggia al centro e muoversi verso nord a ridosso delle dune della costa che nascondono quel canale di mare che separa l'isola dall'Africa, così lontana da non poter essere neppure scorta eppure così vicina. Una barriera naturale che è diventata mentale e che segna i distinguo per cui ognuno si sente sempre migliore e diverso dal suo vicino, sentimento sempre più forte, più è evidente la similarità, un meccanismo perverso probabilmente proprio dell'uomo  che rimane lì nell'angolo della mente pronto a far capolino al momento del bisogno. Bisogna lasciare la strada, il nastro d'asfalto nuovo che hanno appena fatto, tanto per cambiare i cinesi, andare verso nord traversando le terre e le paludi attraverso le piste di sabbia che si stendono dietro le dune del litorale. Una zona umida perfetta, popolata da una fauna avicola numerosa e variata. E' tutto un alternarsi di grandi frullare di ali, quando gli stormi si levano in contemporanea acoprire il cielo, come se la fretta di andar via percorresse come un fremito telepatico tutta la massa disseminata sullo specchio immobile dello stagno. 

Canale del Mozambico
Per un attimo c'è una gran confusione come se tutti dovessero correre via per una necessità non procrastinabile, per poi posarsi poco più in là lasciando ogni cosa in una nuova pausa di immobilità apparente. Lo stagno del vicino è sempre più verde insomma. Ognuno, con brevi movimenti a scatti muove una zampetta più avanti, immergendo il becco nel fango in una ricerca continua senza fine. Il suo vicino lo imita. Un ambiente selvatico ma non ostile che prosegue verso nord per centinaia di chilometri, in cui inoltrarsi, per ritrovare il senso del tempo. Quando ti sembra di averne abbastanza, basta trovare un varco tra le dune per raggiungere la sabbia del mare, coronata dalla linea infinita dei palmizi che si inchinano verso l'onda, quasi per onorarne l'importanza. Un luogo di sosta, dove vorresti rimanere a lungo, un capanno accogliente, un rumore leggero di onda, una vela lontana, una donna che viene a mostrarti i pesci tra i quali scegliere quello che ti darà nutrimento la sera. Pace mentre arriva la notte, voglia di non muoversi più, rimanendo a contare i colori del cielo e del mare dell'Africa. 
Sulla spiaggia

SURVIVAL KIT

Tulear - Luogo ottimo per la sosta dopo la discesa verso il mare. Visitate pure il mercatino della città, ma non acquistate, come dalle altre parti le belle conchiglie offerte nei vari banchi. L'esportazione di questi prodotti, così come altri prodotta da animali selvatici e delle pietre grezze, è severamente vietata. All'aeroporto vi saranno sequestrate come minimo, con grane accessorie. La costa dopo Tulear è molto bella e selvatica e dopo una cinquantina di km, priva di infrastrutture turistiche. Diverse agenzie offrono circuiti fuoristrada, tra il mare e la zona umida retrostante di tre notti, risalendo la costa a nord per circa 300 Km e rientrando a Tana, con pernottamenti in tenda e rifocillamenti in spiaggia col pesce appena pescato. Fortemente consigliato.

Arriva la cena
Ristorante La terrasse - Rue Gambetta - Tulear. In centro, molto comodo, con un' ampia veranda sulla strada dalla quale potrete guardare il passaggio. Piatti molto variati, cucina francese, con ottimo fois gras maison e naturalmente piatti di mare, pesce al sale, filetti di rascasse all'aneto, gamberoni, ma anche zebù e anatra selvatica, oltre a pizze varie. Prezzi un po' più cari del solito, ma adeguati alla qualità. Consigliabile assolutamente.

Hotel de la plage - Ifaty - A 40 km a nord di Tulear. Bungalows veramente pié dans l'eau. 180.000 Ar. Free wifi nella sala centrale del ristorante. Si mangia bene, pesce, calamari ed altro. Piatti sui 15.000 Ar. Proprietario francese. La spiaggia e il mare sono un po' pieni alghe e nell'acqua si sentono le punzecchiature di una specie di pulci di mare quasi invisibili, ma il bagno si fa lo stesso. Atmosfera molto rilassante e piacevole. L'albergo offre naturalmente tutte le attività legate al mare con giri agli isolotti vicini, pesca e immersioni sulla vicina barriera corallina. Consigliabilissimo.


Se ti è piaciuto questo post, ti potrebbero anche interessare:



Ifaty - Sulla spiaggia - Foto T. Sofi
Mad 11: Gli Zafimaniry




sabato 28 gennaio 2017

Madagascar 21: Pietre preziose

Cercatori di pietre semipreziose - foto T. Sofi


Sakaraha
Ancora 240 chilometri da Ranohira, lungo la N7 verso sud ovest per arrivare fino al mare, una strada che scende di quasi mille metri dai plateau centrali e sembra attraversare quasi didatticamente le varie fasce climatiche del paese. Dalle alte terre di savana gialla dall'erba bassa appena mossa dal vento, passi di colpo alla foresta, resa spessa e rigogliosa dal monsone, che ricopre i contrafforti delle montagne man mano che perdi quota. Nel punto dove il nastro d'asfalto supera un ultimo colle, Patrick opera la sua magia e tutti chiudiamo gli occhi contando fino a dieci, quando li riapriamo la strada comincia a scendere e il lontano orizzonte che scandiva rettilineo il quadro, popolato solo da rari arbusti secchi non c'è più e ci si ritrova circondati da un tunnel di grandi alberi che nascondono ogni vista. Quando quasi raggiungi il piano, il panorama cambia di nuovo ed ecco le terre aride della costa ricoperte da una vegetazione cattiva, fatta di spini e di rovi che impediscono il cammino, quasi una simbologia delle maggiori difficoltà di vivere, un mondo diverso dove le risorse diventano davvero minime. Lungo questa via, un territorio un tempo deserto e spopolato ospita ora agglomerati urbani nati da una nuova realtà. 

Le pietre
Lungo le terre che scendono al mare, i corsi d'acqua che vengono dall'altopiano portano con sé terra e detriti dentri i quali, assieme alle tonnellate di pietra e di fango sono contenuti i simboli di una delle cupidigie dell'uomo, pietre dure e semipreziose, la cui ricerca ha creato una sorta di far west africano, duro e a volte pericoloso. Sakaraha è uno dei centri più grandi che si è formato disordinatamente attorno alla strada, costituito primariamente da una serie infinita di baracchette dove stanno appollaiati i compratori. Come avvoltoi sul trespolo, seduti dietro un piccolo banco che ospita niente altro che un bilancino e un ripiano lucido, decine e decine di personaggi, in massima parte orientali, indiani, pakistani, srilankesi, aspettano i cercatori, che arrivano dalle campagne e dai corsi d'acqua circostanti. Questi si muovono a gruppi, prevalentemente familiari, forse per timore di essere derubati. Arrivano a piedi o su macchine ridotte ai minimi termini, caricate fino all'inverosimile, fin sopra o dentro al bagagliaio, e si aggirano con aria dubbiosa lungo lo stradone osservando la sfilata di personaggi che li squadrano in silenzio senza inviti. Altri invece vanno decisi verso quello che è probabilmente il loro uomo di fiducia. 

Al mercato  
Si ammucchiano attorno al banchetto prescelto, poi uno di loro estrae da sotto le fasce ed i panni di cui si copre, una minuscola provetta e ne versa con attenzione il contenuto sulla superficie riflettente. Senti come un ticchettio di piccole particelle e subito si spargono, trattenute appena dal bordo una serie di piccole pietruzze di tutti i colori, vedi l'azzurro chiaro del'acquamarina, quello più carico dei peridoti e dello zaffiro stellato, i quarzi iridescenti di scarso valore, minuscoli topazi gialli e poi tutte le sfumature del rosa, del verde, del rosso e dell'azzurro, di tante altre preziosità povere e sconosciute. La pinzetta del compratore, si muove rapida, divide, sceglie, considera, separa e valuta. Poi raccoglie tutto con un rapido colpo in un piccolo contenitore che versa sul bilancino. Quindi con aria stanca e svogliata butta lì una cifra, quasi girandosi dall'altra parte, come dire se ti va è così, se no vai pure da chi vuoi. I cercatori si guardano con aria interrogativa, non tentano neppure una trattativa, poi uno di loro, generalmente una donna, fa un cenno di assenso col capo e dall'altra parte una mano raccoglie e ritira le pietroline e poi si infila in una tasca segreta. tira fuori unmazzetto di biglietti unti e sporchi, ne conta qualcuno e poi li lascia sul legno, raccattate rapidamente, quasi con timore, guardandosi intorno e subito nascoste sotto le vesti. 

Al mercato
Poi il gruppo se ne va verso il mercato a cercare di che vivere. Il mattino è tutto fervore di queste attività; macchine, taxibrousse e gruppi che arrivano a piedi continuano a far affluire gente a questo mercato. Ogni tanto, subito dietro alle baracche, sorge una casa lussuosa in muratura, a due piani con balconata, con scritte del tipo Imperial gems o Luxury jewellery. Sono le case dei grossisti che poi esportano tutto il raccolto. Teoricamente le pietre grezze non potrebbero essere portate fuori del paese, ma sembra che tutto quanto è ammassato qui, se ne parta dentro capaci valigie diplomatiche, oppure opportuni bakshish e mazzette risolveranno il problema. Il mercato è affollato e pieno di merci, inclusi badili, padelle e setacci, utili ai cercatori, che evidentemente convergono in queste terre da ogni parte del paese. Ti dà veramente l'aria di una di quelle città provvisorie che sorgevano in America quando qualcuno trovava la prima pepita d'oro. C'è anche una grande chiesa, una sorta di capannone che può ospitare centinaia di persone con vetrate colorate ed una serie infinita di panche in attesa di essere riempite. Appena fuori città, un'altra serie di baracche più riservate e nascoste, un casino casinò, circondato di guardie armate, per rispondere alle esigenze più segrete dei cercatori maschi soli, anche questo in linea con la tradizione.

Compratori di pietre
Qui ci si può giocare o dissipare in altri modi più divertenti quanto appena guadagnato a rischio della vita. Pare che qui la concentrazione di AIDS, malattie varie ed omicidi sia piuttosto elevata. Poco lontano dalla città, attraversi ponti su fiumiciattoli esangui, lungo i quali centinaia di persone sono chine sui rivoli d'acqua con un cesto ricoperto di materiale che cavano, via via da sacchi che hanno portato con sé di lontano e che lavano con movimenti circolari dopo averlo ricoperto con un poco di acqua che cadendo porta via la parte terrosa e lascia una massa di pietre in cui far scorrere le mani alla ricerca di quel baluginio sperato, il colpo di fortuna della vita, che si consuma a poco a poco con i piedi a mollo e la schiena piegata. Fuori di lì, lontano nella boscaglia spinosa, il resto della famiglia scava in buchi profondi e pericolosi, le cui pareti ogni tanto crollano seppellendo i malcapitati che stanno sul fondo, per riempire di materiale altri sacchi che poi saranno portati al fiume. Una umanità dolente che si vede simile, in tante parti del mondo, dai garimpos brasiliani, alla piana alluvionale di Sri Lanka o della Birmania, un popolo miserabile in perenne disequilibrio tra la speranza del colpo di fortuna che cambierà la vita e la paura che una volta avutolo, qualcuno non te lo porti via con la violenza, assieme alla vita stessa. 

Capanne di fascine
Fuori da queste aggregazioni la vita è rada e ancor più miserevole, aggregata in villaggi di poche case dalle quali puoi distinguere subito l'etnia che li popola. Di mattone crudo per la gente delle terre alte, di frasche ricavate dalla palma del viaggiatore per i popoli della foresta, di bacchette e bastoni per le tribù di pastori che qui lasciano le famiglie mentre sono lontani sugli alti pascoli o conducono la mandria a vendere nella transumanza ai mercati dell'interno. Se ti fermi vicino a qualcuno di questi, per ammirare gli alti e solitari baobab che dominano la piana, esce qualche bambino che guarda con occhi malati senza neppure la voglia di chiedere. Al centro delle case, un palo a cui è appeso un sacco di pannocchie di mais a seccare. La gente non c'è, al più qualche vecchio che non si muove più di tanto, tutti  lontani a cercare bacche o altro che offra la natura o in qualche buca tra gli arbusti spinosi a scavare, mentre gli uomini lontani al pascolo con la mandria o a condurla con la transumanza ai mercati dell'interno. 

La cattura del ladro
Lungo la strada incontriamo un gruppo numeroso di giovani che camminano cantando e gridando, come andassero ad una festa o a qualche manifestazione. In testa una bandiera ed altri simboli issati su pali. Sono gli uomini di un intero paese che hanno passato giorni sull'altipiano per catturare un ladro di bestiame che aveva sottratto alcuni capi alla tribù. Eccolo in cima al gruppo, spinto malamente dagli astanti che cammina con le mani legate dietro la schiena con le vesti strappate e il capo chino, forse per nascondere lo sguardo tumefatto. Nel gruppo vedi qualche vecchio fucile a tracolla, ma i più brandiscono lunghi machete e nodosi bastoni di certo usati alla bisogna nell'occasione. Il compevole sarà giudicato dagli anziani del villaggio che hanno l'autorità ufficiale di giudizio e di comminare la pena che, pare a volte arrivi anche alla morte. I parenti del colpevole hanno però la possibilità di riscattarlo con una pena pecuniaria. Chissà se il ragazzo sarà stato un ladro comune o se la bravata era il compimento dell'abigeato rituale che gli doveva consentire di diventare uomo fatto. Adesso poco importa, i giovani lo spingono avanti irridendolo e mostrandolo alle auto di passaggio. La sua sera è ancora lontana. La strada adesso va avanti diritta e già senti, non distante, il profumo dell'oceano.

Capanna di frasche

SURVIVAL KIT

Bambina della foresta
Villaggi di cercatori di pietre - Ce ne sono almeno quattro di grandi dimensioni tra Ranohira e Tulear. Al mattino sono popolatissimi di cercatori che vanno a vendere il materiale raccolto. Potete passeggiare lungo la strada per dare un'occhiata alle contrattazioni. Tuttavia mantenete sempre una certa discrezione in quanto, si tratta di gente piuttosto nervosa e non è detto che le vostre attenzioni siano gradite. Vi potranno venire offerte pietre da venditori vari. Tenete conto che ufficialmente le pietre grezze non potrebbero lasciare il paese. Quelle lavorate non sono comunque di grande valore, quindi non fate acquisti importanti ed incauti e cercate di non tirare fuori la mazzetta dei soldi davantia tutti. Un minimo di precauzione insomma. Quelle più interessanti oltre ai classici occhi di tigre, sono gli zaffiri stellati, di un azzurro lattiginoso tagliati a cabochon che, esposti alla luce, evidenziano una stella a sei raggi più o meno regolare. 

Baobab digitata
Potete anche passeggiare nei ricchi mercati che sono molto interessanti e colorati. Men che meno non lasciatevi convincere all'acquisto di camaleonti e similari, spesso offerti lungo la strada, mentre a volte vengono esibiti per foto a pagamento. Lungo la strada incontrerete molti piccoli villaggi poverissimi. Se vi fermate evitate di dare soldi o materiale per non abituare ad una cultura di mendicità, inutili anche penne e materiali scolastici dato che qui non ci sono scuole, piuttosto è meglio che chi vi accompagna ed i più avveduti lo fanno sempre, lasci, nel passaggio di ritorno qualche cosa di utile al villaggio. Molto pittoreschi i baobab isolati ed enormi che si incontrano. Sono di due tipi i Digitata e quelli ad Y che si allargano in due alla sommità. Foto bbligatorie.

La strada verso il mare

Villaggio in pisé
Se ti è piaciuto questo post, ti potrebbero anche interessare:



Mad 11: Gli Zafimaniry
Cercatori di pietre






venerdì 27 gennaio 2017

Cronache di Surakhis 74: Bene, bravo, bis



Surakhis è il pianeta della follia collettiva. Qualcuno dice che dipende dalla particolare atmosfera e che la percentuale di cloro e delle emissioni delle centrali a merda, influisce sulle capacità di ragionamento, già piuttosto scarse dei suoi abitanti, ma è indubbio che il rincoglionimento dei cittadini è tale che gli aspiranti al potere assoluto che si stanno battendo per arrivarci tramite elezioni fasulle ne approfittano a piene mani. La cosa tragicomica, che tuttavia nessuno mette in evidenza è la continua contraddizione di ogni decisione presa tra gli ululati di approvazione della folla, che parte da un presupposto assoluto che elimina ogni altra obbiezione: che i politici sono tutte merdacce infami a prescindere, ladri e disonesti e che vanno sostituiti con chiunque si autoproclami onesto e amante del popppolo. Fino ad oggi il pianeta ha utilizzato leggi elettorali che impedivano a bella posta che qualcuno possa governare, studiate con cura dai legulei suinidi di Capella III. Chi ha governato viene quindi accusato dall'opposizione di non fare nulla e il popppolo a ululare in piazza: Bene, bravo bis!!!! Allora l'idea è stata quella di una legge che dava il governo e la maggioranza per governare al partito che prendesse più voti, cambiando la costituzione per ridurre gli odiati politici. Apriti cielo, l'opposizione a partire dai neonazi dei pianeti neri e le ziliony rubachky, assieme ai Crickettini, hanno gridato subito alla perdita di democrazia e il popppolo: bene, bravo bis e si è precipitatoin massa a votare per annullare la legge. 

Allora, come voluto, si è proposta una legge proporzionale, e gli stessi partiti ululano: Bene, bravo, bis, purché si vada a votare domattina, come vuole il poppppolo sovrano e chi se ne frega se poi non si potrà fare il governo, tanto peggio tanto meglio e la folla: Bene, bravo, bis. Al massimo dopo si farà una coalizione tra partiti, hanno proposto gli stessi che due mesi prima gridavano No all'inciucio tra partiti. Alcuni come i Fratellastri di Minchia, dicevano: Al voto subito, col proprorzionale, ma poi no all'inciucio e il popppolo con il cervello ottuso dai miasmi delle centrali a merda che pompavano fumi oleosi a pieno ritmo, Bene, bravo, bis! Chi si permette di dire che forse occorreva una legge elettorale decente se no il paese non può avere un governo, viene subito affogato nei fossi di raccolta dei liquami stessi, mentre il popppolo grida: Bene, bravo, bis, al voto, al voto! Ognuno aizza la folla ignorante usando ogni giorno una ragione opposta a quella che urlava il giorno prima, tanto sa che la folla li ama ancora di più e si dichiara disposta a votarli. Paularius è tranquillo, campa ormai bene in un resort delle Isole Beate con uno stuolo di Veneri Fellatrici a disposizione per gli svaghi, avando creato tutta una serie di siti farlocchi su cui pubblica notizie false e i più terrificanti insulti ai vari politici e che gli imbecilli fanno a gara a condividere a catena, facendogli guadagnare un sacco di soldi. Poi sponsorizza il movimento per la dignità del popppolo (con tre p, come si usa dire ormai) e ha fatto emanare una fatwa di morte contro chiunque si permetta di pensare (dati raccolti tramite i rilevatori di pensiero laterale debole) che la folla è fatta di cretini completi a cui puoi far credere e votare tutto e il contrario di tutto e che si offendono se glielo fai notare.

Se ti è piaciuto questo post, ti potrebbero anche interessare:

Consegne

martedì 24 gennaio 2017

Madagascar 20: Il parco dell'Isalo

Il canon del parco Isalo


Pachypodium horombense
Lo sai che prima o poi ti tocca, d'altra parte ci sei venuto apposta, venendotela a cercare, quindi bisognerebbe che la smettessi di lamentarti. Tutto vero, però quando ti leggi il programmino fatto e le ore di cammino che hai davanti, l'orizzonte si rabbuia e i distinguo cominciano a insorgere impetuosi dalla parte istintiva che cova nelle tue viscere di sportivo da divano. Comunque quello che è inoppugnabile, è che il parco Isalo viene descritto come una delle meraviglie naturali del paese e quindi un motivo per arrivare fin quaggiù ci deve essere. Ecco perché, di buon mattino ti presenti alle porte del parco dove gli accompagnatori, dotati di buone scarpe da trekking, sono lì in agguato della loro preda giornaliera. Il nibbio gira tranquillo nel cielo, tanto sa che prima o poi l'ingenuo topolino uscirà allo scoperto nella sua ansia di godere finalmente la libertà nella natura e basterà lasciarsi cadere dall'alto per acchiapparlo e trascinarlo dove vuole, forse addirittura felice di avere compiuto il suo dovere nel ciclo infernale della natura. René si vede, è uno dalla gamba buona, d'altra parte non farebbe questo mestiere, però vede subito con chi ha a che fare e quindi dosa ritmi e velocità, alternando storie e informazioni e lasciandoti il tempo di tirare il fiato con la scusa di ammirare il panorama effettivamente strepitoso che ti circonda. 

Il teschio
Isalo è un'area molto vasta in una zona di savana arida di tipo decisamente africano, all'interno della quale emerge uno zoccolo roccioso imponente che, attraverso le ere geologiche è stato eroso da vento ed acque fino a costituire formazioni naturali complesse e spettacolari, come molti altri canon che si possono trovare in giro per il mondo. Questo è certamente più piccolo e raccolto di fenomeni come il Grand Canon o altri della Namibia o del Nordamerica, tuttavia è anche ricco di interessi accessori che lo rendono una delle visite imperdibili del paese. Tuttavia, tanto per lamentarsi un po', l'arrampicata per raggiungere la sommità comincia subito a mettere a dura prova i polmoni e le gambe dei camminatori più bolsi e pesanti. Ti infili in una spaccatura naturale delle rocce e piano piano cominci a risalire verso la cima, circondato da erosioni maestose a cui la fantasia può applicare i nomi più calzanti. Volti coi nasi adunchi, animali, teschi paurosi. Certo questa è una terra estrema ed isolata che da sempre, come tutti i luoghi anomali, è stata avvicinata con rispetto dall'etnia Bara che popola da secoli queste terre isolate. 

Una bara
Così gli anfratti più lontani e difficili da raggiungere, quelli posti in posizioni estreme ed isolati tra le rocce, sono scelti per le sepolture rituali provvisorie e se guardi bene, in alto tra sporgenze e pinnacoli puoi vedere, in qualche grotta nascosta ed apparentemente irrangiungibile, protetta come appare da una parete scoscesa e quasi verticale, sporgere qualche feretro di metallo o di legno ricoperto di disegni geometrici colorati e corrosi dal tempo. Di solito vengono lasciati qui dalle famiglie per sette anni, ma il luogo prescelto deve essere davvero nascosto e difficile da trovare, non per difenderlo dai vivi, che nessuno si azzarderebbe a venire a disturbare il riposo dei morti, ma perché lo spirito del defunto non trovi la strada per tornare al villaggio a disturbare le persone, prima che il funerale definitivo lo consegni alla dimora eterna, finalmente in pace col mondo e disposto solo allora ad aiutarlo compiutamente. I panorami sono sempre più accattivanti ed estremi. Errivati sul plateau, puoi vedere il dipanarsi della valle sotto di te, scavata da antichi fiumi che hanno lasciato pareti corrose e stratificazioni che disegnano uno scenario maestoso. 
Huapaca dopo l'incendio

In fondo, dove ancora rimane qualche traccia di umidità, la palma forma una sorta di serpente verde che indica la vita, in alto tra roccia e terra gialla, solo arbusti stentati e secchi dove una vegetazione abituata a sopravvivere in condizioni estreme mostra le sue stranezze. Ecco il Piede di elefante, un erba camuffata da pianta che appare come un bonsai di baobab pur non avendo niente a che fare con quello, ecco una aloe endemica del parco che riesce a cresce di pochi centimetri al secolo e tante altre rarità botaniche che alleviano la fatica. Quando arrivi ad una spaccatura nella pietra che rivela una piscina naturale circondata da un palmizio verde, ti sembra davvero di essere arrivado ad un Eden nel deserto, qui capisci il significato di oasi. Il piede gonfio come una salama da sugo ferrarese, cerca subito ristoro nella pozza dove chi giunge si butta subito a sguazzare fino alla cascatella, tanto figurati se qui arriva qualche roba tipo bilarzia o similari. Prudenti va bene ma non lasciamoci prendere dalla psicosi negativa. Comunque appena rinfrescate le estremità, lenite del gonfiore della salita, meglio rinfoderarle subito e riposare tra gruppetti di teutoniche valchirie che espongono le loro abbondanze ai ridacchiamenti delle guide radunate sotto le palme "piuma" all'ombra. 

Insetto stecco
Beh, le prime tre orette di cammino sono andate e siamo ancora in vita. Se finisse qui, diciamo che l'avremmo scampata e per la verità René propone sempre, vista la lunga esperienza, a chi vuole un facile ritorno alla macchina, ma non sia mai detto che ci si tiri indietro davanti ad altre tre orette o più nella cosiddetta "valle della morte" che se si chiama così ci sarà pure un motivo. Il sentiero si muove sinuoso nella savana. Il sole, ormai è quasi mezzogiorno comincia a picchiare forte sulle zucche, anche se protette da regolari cappellini d'ordinanza. Bisogna bere, bere anche se la gola è così secca che l'acqua tiepida della borraccia non riesce a sciogliere il senso di carta vetro dello zero che ti raschia la gola fino a farti tossire, a farti cercare disperatamente qualche fantasma di albero che non c'è, solo cespugli rinsecchiti dove fermarti a cercare insetti stecco mirabilmente occultati tra i rami, che tra le risate della tua guida non riesci a vedere se pur lughi quasi dieci centimetri, che stanno lì immobili ad un palmo dal tuo naso. Quando te li indica, la meraviglia è tanta e per un attimo dimentichi quella bibita gelida che stai sognando da ore.



Il volto
Arrivare alla fine della piana è un incubo, sembra così vicina e invece l'orlo del dirupo della valle delle scimmie non arriva mai. Quando finalmente davanti a te trovi l'agognato baratro sei giunto al limite e ti ci getteresti volentieri, vedendo dall'alto la promessa di fresche cime di alberi fronzuti. E invece comincia proprio l'incubo vero, una discesa di almeno un'oretta fatta di gradini ripidi, alti e diseguali. Una vera barbarie per le ginocchia già male in arnese dell'anziano lamentoso. Comincia il calvario della discesa. Un'oretta di maledizioni e lamenti, quasi una sorta di mantra infedeli che si levano al cielo, accompagnando scricchiolii di legamenti malfermi, cigolar di di giunture artrotiche, fitte dolorose di talloni spinati. Insomma se non avete l'età, se non sapete valutare le vostre possibilità, state a casa, sembra dire la morale della storia. In qualche modo però, si riesce a guadagnare il fondo della valle, dove astuti inservienti sono in attesa di distribuire bibite lasciate a lungo nel ruscello a rinfrescarsi e cibarie di vario tipo per rifocillare i più affamati. Ma che sollievo sdraiarsi sulla riva, ricoperta di erba umida ad ascoltare il gorgoglio del torrente, che arriva dalla forra retrostante. Niente da fare c'è chi ancora non ne ha abbastanza. Sul programma c'era scritto otto ore e otto ore devono essere. Ecco Tiziana che si tira dietro un René piuttosto svogliato che forse avrebbe fatto volentieri a meno della terza parte del trekking e la conduce fino alla cascata, almeno per poter dire di non aver perso niente, avendo gigioneggiato anche con un pitone da alberi. 

Aloe isaloensis
Per i pigri un paio di orette da passare con i lemuri più simpatici del mondo, che hanno capito che stando lì qualche cosa rimane sempre. Rimane ancora tempo per arrivare dall'altra parte del parco, alla finestra dell'Isalo, una spaccatura quadrata in una roccia isolata in mezzo alla savana, circondata da una serie di menhir naturali che sembrano lasciati cadere dal cielo da una divinità divertita di vedere tutta questa gente che si dà da fare a rincorrersi in tondo. Il sole scende la roccia e ricompare sempre più arancio, poi rosso, poi viola. Senti solo il crepitare a mitraglia delle macchine fotografiche, mentre le guide si affannano a stappare bottiglie di rum alla vaniglia che, bisogna dirlo, va giù come l'acqua, così il tramonto sembra ancora più bello. Quanto ritorni al campo hai dato tutto, compresa qualche mille Aryani per dei lemurini di terracotta che l'ingegno di bambini offre alle auto che lasciano il parco, vuoi deluderli, anche se sono ancora così molli da perdere code e teste prima di metterli in valigia, anche loro hanno pur diritto di vivere. Le ossa gridano vendetta, i legamenti guaiscono minacciando future conseguenze, i muscoli si lamentano a voce bassa. Per fortuna sapienti e gentili manine di una massaggiatrice, in attesa al campo, ti regalano un'oretta di compenso meritato. Insomma, basta rompere, siam venuti apposta.

Un lemure

SURVIVAL KIT


Parco di Isalo - Presso il paesino di Ranohira dove potrete trovare diverse possibilità di alloggio. E' il parco forse più famoso del Madagascar, tipico per il suo habitat di savana secca. Parco roccioso attraversato da un canon con viste molto belle e formazioni rocciose dalle forme interessanti. Possibili trekking di 2/5/8 ore con guide, organizzate direttamente dagli alberghi o all'ingresso del parco dove stazionano le guide. Attenzione perché fa caldo e non ci sono punti di ristoro durante le passeggiate per cui portatevi l'acqua necessaria. Si possono vedere rarità botaniche come la "palma piuma" (Chrysalidocarpus isaloensis), il "piede d'elefante" (Pachypodium horombense), l'aloe dell'Isalo (Aloe isaloensis) e l'Uapaca, albero che resiste al fuoco grazie alla sua speciale corteccia, faunistiche come gli insetti stecco, camaleonti nani e lucertole e almeno tre tipi di lemuri: Il Catta, il ballerino e il sifaka. Sosta alla piscina naturale e una mezz'ora prima dell'uscita nel canon delle scimmie presso un ruscello dove si trova anche da mangiare da volenterosi grigliatori di spiedini. Fuori dal parco è uso andare nel luogo detto Finestra dell'Isalo a vedere il tramonto con aperitivo, molto suggestivo e consigliato.

Finestra dell'Isalo

Se ti è piaciuto questo post, ti potrebbero anche interessare:


Lemure ballerino
Mad 1:la scelta
Mad 11: Gli Zafimaniry

Where I've been - Ancora troppi spazi bianchi!!! Siamo a 114 (a seconda dei calcoli) su 250!