lunedì 27 marzo 2023

Lebanon 14 - Delizie gastronomiche del Chouf

Aspettando - Chouf - Libano - marzo 23



Al lavoro

Il Chouf con la sua complessa orografia è tutto un su e giù per strade tutte curve, un saliscendi continuo, tra costa e monte che ti propone un paesaggio continuamente mutevole e piacevolissimo. Adesso siamo di nuovo in alto, i monti della catena più vicini, tali da illuderti di poterli toccare con un dito. Il cielo è completamente sereno e la neve, compatta più in alto, a chiazze negli avvallamenti vicino alla strada, gioca a nascondino ad ogni curva, circondata da gruppi di conifere protettive. Anche se siamo decisamente più in alto, sicuramente oltre i 1500 metri di quota, le case continuano a costeggiare il paesaggio, senza essere più raggruppate in paesi isolati, ma come buttate qua e là ad occupare spazio, almeno i punti più apparentemente panoramici. E si tratta di case di nuova o nuovissima costruzione, almeno a prima vista, come se qui, come un tempo da noi, una potente volontà di cementificazione sia seguita ad un periodo recente di prosperità economica che abbia vitalizzato una moda di seconde case, dove venire a passare la calda estate che di certo incombe sulla costa, almeno ad un ceto benestante che ne possa avere la disponibilità. Sono infatti moltissimi i piccoli condomini, alcuni apparentemente ancora non abitati, che si posizionano su alture isolate o si raggruppano in vallette panoramiche. Insomma questo Libano non finisce mai di stupire nelle sue continue contraddizioni. Tuttavia questa area, di certo vicina ad un passo tra le montagne che scavalca la catena per scendere nella successiva valle della Bekaa, è un'area vacanziera che ha ampliato a dismisura, in tempi recenti, i precedenti gruppi di abitazioni. 

Varianti

Ci fermiamo lungo la strada. C'è un negozietto con un paio di tavoli fuori, un forno a vista e tre ragazzi dalle facce allegre e la risata facile che si danno da fare dietro ad un bancone, tutti infarinati. Sono amici di Joelle e accreditati di fare una delle migliori similpizze del Libano. Tocca provare per forza. Neanche il  tempo di sederti e subito qualcuna delle palline di pasta già pronte, vengono stese in dischi sottilissimi, ricoperti da materiali vari raccolti da differenti scodelle e messi in forno per pochissimi minuti, che il supporto è così fine da diventare croccante in pochissimi minuti, così da farle uscire fumanti e golosissime quasi mentre ancora stiamo disponendoci attorno alla tavola. Neanche il tempo di fare qualche scatto per commemorare l'evento ed eccole lì le nostre spianatine, dai colori diversi. Una di certo cosparsa completamente da uno strato di carne finemente tritata, altre con formaggio e vegetali diversi, un'altra rosata con erbe sminuzzate, un'altra ancora ripiena e ricoperta di sesamo a pioggia, tutte esprimenti effluvi di spezia, profumate e accattivanti. I bordi  delle spianate, tirate al massimo e per queste diventate larghissime, sono rivoltate all'interno, come per impedire al condimento di debordare e hanno assunto quel colore caramellato sulla sommità delle bolle rigonfiate per la lievitazione, che promette un delizioso contrasto col ripieno. Il morso è particolarmente godurioso, visto che mescola la croccantezza del supporto alla sapida morbidezza del materiale sopra profuso, in una sapiente mescolanza tra prodotti, pomodoro, altre verdure, carne e aromi, tali da renderle indistinguibili tra di loro, dato che hanno ormai sposato un nuovo gusto unico. 

Ripiene al sesamo

Davvero buone, divise a fette, così da poterne gustare tutte le varianti, raddoppiando o triplicando quelle che maggiormente hanno causato maggiore salivazione alla sola vista. Insomma dopo un poco abbiamo ingordamente fatto il pieno anche se, in tutto, con una bibita, ce la caviamo con un paio di $ a testa. I ragazzi sono molto soddisfatti di come abbiamo apprezzato il loro lavoro e mostrano una certa orgogliosa consapevolezza di saper fornire un prodotto che piace. Li salutiamo dopo un po', disposti a scendere a valle più satolli e tranquillizzati dal fatto che anche oggi non moriremo di fame, anche se si comincia a maturare la consapevolezza di come questa sia una eventualità molto improbabile se non impossibile in questo paese, quantomeno se hai qualche soldo in saccoccia, ma la salita in macchina dura solo qualche centinaio di metri, in quanto c'è un'altra tappa da non perdere e da smarcare sul calepino del cercatore di angoli segreti. Infatti ecco un altro negozietto sulla strada, apparentemente chiuso però. Ma una scaletta al fianco conduce più in basso ad un giardino nascosto davanti ad una casetta rivolta alla valle. Joelle chiama all'interno e qualcuno esce ad incontrarci. Qui troviamo una famiglia al completo, apparentemente composta di sole donne, tra madri zie e due ragazze giovani, le figlie, con anche qualcuna altra che finge da aiutante. 

Il laboratorio

Si sono messe da qualche anno a produrre biscotti e paste secche, creando così un laboratorio familiare e un negozio che a quanto si dice, si è guadagnato una certa fama nella zona. Scendiamo subito nell'ampio locale dove vengono prodotte le loro specialità. Hanno appena sfornato i biscotti alla mandorla, piccole mezzelune delicate, dal colore ambrato appena spolverate di zucchero a velo che emanano un profumo straordinario. Tutto intorno grandi vassoi che mostrano tutte le varianti della produzione. Frolle piccoline, palline sgonfiotte caramellate e golose, sfogliate e crostatine velate di confetture locali, e molti altri formati evidentemente di gusti e consistenze diverse. Ovviamente parte subito l'assaggio compulsivo. Bisogna subito dire che queste frolle alla mandorla sono assolutamente deliziose. Si sfarinano immediatamente al primo morso e ti riempiono la bocca di un ampio gusto fragrante, impastandotela un po', come a richiedere un sorso di una bibita fresca di agrumi o di orzata, chissà. Tra la morbidezza della pasta senti la granulosità delle mandorle spezzate grossolanamente che, masticate, spargono ancor di più il loro aroma tenue e avvolgente. Anche le altre varianti sono buonissime. In fondo alla sala vedo anche una grande teglia con quelli che, dalla forma inequivocabile, sono identici ai nostri baci di dama. Due semisfere appena appena bombate unite da un velo di cremina per tenerli attaccati. Mi profondo subito in spiegazioni che le ragazze, che appena si nascondono dietro i loro lunghi veli candidi, accolgono con interesse, anche se il nome con cui da noi sono conosciuti, muove risolini di appena simulata pudicizia. 

La varietà dei biscotti

Naturalmente evito di fotografarle, anche se quei deliziosi visi da madonnine lo richiederebbero morbosamente, ma è per non metterle in difficoltà, senti subito infatti la loro ritrosia mitigata appena dalla necessità dello svolgersi dell'attività commerciale, scopo finale che tutto consente, naturalmente nei confini dell'ammissibilità. Le vecchie sono ancora più ritrose, ma tuttavia c'è una bella sensazione di amichevole cordialità. Il turista, si sa, è bestia franca a cui sono concesse licenze maggiori e poi porta grano, quindi gli è ammesso qualche strappo alla regola, tanto poi se ne va per sempre e non disturba più. Sono tutte appartenenti alla stessa famiglia di Drusi che abitano questi monti da generazioni. Comunque bisogna assaggiarli questi baci, anche se qui il mio campanilismo feroce non può che fare un paragone impossibile con i nostri baci di Tortona e guai a nominarli, con i famosi ed ineguagliabili, mi spiace, Baci della pasticceria Gallina, vanto alessandrino, che duole dirlo, ma sono, senza tema di smentite, i migliori del mondo. Tuttavia le ragazze meritano davvero un plauso per l'intraprendenza e la qualità offerta e non si può lasciare la casa senza un pacchettino di un chiletto dei fragilissimi biscottini, confezionato a mano con amorevole cura dalle ragazze, visto anche il fatto che costano solamente 7 $, dopo esserci profusi in saluti e accompagnati fin sulla strada. Insomma qui non puoi scendere in un posto senza poi lasciarlo con qualcosa in mano, oppure nella pancia, meglio se in entrambi. Ma è venuto il momento di scendere a valle che di cose da vedere ce ne sono ancora parecchie per oggi.

Le teglie sfornate


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domenica 26 marzo 2023

Lebanon 13 - Beiteddine

Palazzo Beiteddine - Cortile interno - Libano -marzo 23


La filanda francese abbandonata

Continuiamo, in una mattinata chiara e sorprendentemente accompagnata da un piacevole tepore primaverile, a percorrere le strade del Chouf. Dalla presenza di tante costruzioni importanti, case fortificate, castelli ed edifici pubblici e religiosi, sorprendentemente ben conservati nonostante i sommovimenti e le guerre avvenute in questa area, comprendi subito come questo sia sempre stato un territorio molto importante per il controllo del potere in terra libanese. Ma non soltanto, la zona è sempre stata anche ricca, intanto perché ha avuto sempre una sua rilevanza politica ed essendo sempre stata residenza dei governatori o presunti tali, messi qui dai vari imperi, ultimo quello Ottomano, a raccogliere le tasse, si deve considerare che qui girava il soldo, unito al potere e per questo si erano sviluppate molte attività economiche legate all'agricoltura, ma anche alla nascente industria, ad esempio le filature nate con l'espansione della produzione di seta, che conobbero qui un vero boom durante l''800. Se ne vuoi una testimonianza, basta fermarsi lungo la strada che risale una delle colline verso Deir el-Qamar e da una deviazione abbandonata ormai trasformatasi in un sentiero pieno di rovi, arrivi a quella che era una delle più importanti filande del paese. Un edificio tipico, costruito secondo i canoni europei per queste produzioni, stretto e lunghissimo, dove operavano centinaia di donne che provocarono, con il lavoro, per la prima volta esterno alla famiglia, una vera e propria rivoluzione sociale e di mutamento di costumi. 

L'ingresso esterno

Oggi possiamo parlare solo più di archeologia industriale, ma la presenza di una grande quantità di gelsi nei dintorni che ancora sono rimasti, provano l'espansione avuta quaggiù dall'allevamento del baco da seta. D'altra parte la produzione di stoffe è stata tradizione fenicia da millenni. Ma la gemma del Chouf non è molto lontana e ci arriviamo infatti dopo poche curve scendendo lungo la valle. Si tratta di Beiteddine, come viene denominata oggi, da Beit ed-Din (الدين بيت Bayt al-Dīn, la casa della fede), un palazzo residenziale e di potere, costruito dall'emiro Bechir II Chebab, su un preesistente luogo religioso Druso. Si tratta di  uno dei più importanti monumenti storici del paese, passato allo stato già nel 1840 e trasformato in palazzo del governatore del Chouf prima e dopo l'indipendenza, in residenza estiva del Presidente della Repubblica e finalmente oggi, con gli opportuni restauri, trasformato in museo. Obiettivamente è un bellissimo esempio dell'architettura libanese ottocentesca, che mescola richiami europei alle forti influenze orientali, dato che nella sua progettazione si è avvalso del lavoro di architetti tanto per cambiare italiani e di artigiani siriani di grande qualità. Nell'edificio, dalle dimensioni sterminate, anzi sarebbe più corretto parlare di più edifici che si allargano attorno a tre enormi cortili, si riconosce subito una zona bassa ed in larga parte sotterranea, che avvolge il primo cortile di rappresentanza, una sorta di piazza d'armi nella quale avvenivano le sfilate, spettacoli e le manifestazioni, che fungeva da scuderia per gli almeno un migliaio di cavalli dell'emiro. 

Le scuderie

Tutta questa arte ospita attualmente il museo che raccoglie una spettacolare collezione di mosaici bizantini dal IV al VI secolo, provenienti dai tanti luoghi archeologici libanesi, molti dal sito di Jiyeh, la antica Porphiryon, che rimangono ancora oggi una vera miniera a cielo aperto di reperti di ogni epoca, ancora tutta da scoprire. Ora, bisogna dire che l'italiano ha il palato piuttosto raffinato in materia e quindi, subito rileverà che la pur spettacolare collezione non può paragonarsi ad esempio, alla raffinata eleganza di quelli del museo del Bardo di Tunisi o alla ricchezza pur sguaiata e da ricco parvenu di Villa Armerina in Sicilia, ma tuttavia il grande numero dei pezzi esposti e la presenza di tutta la simbologia iconografica tipica del vicino Oriente, che li ha popolati di animali fantastici, di elaborate scansioni grafiche e soprattutto la splendido stato di conservazione degli stessi, ne fanno un unicum che non si può fare a meno di apprezzare e guardare con attenzione. Quindi, dopo la serie degli appartamenti dedicati ad ospiti e visitatori, che possiamo considerare la parte pubblica del palazzo, si accede attraverso l'elegante cortile interno, dominato da una bella fontana, attraverso una bella scalinata, alla parte privata del castello, l'harem, con una serie di bellissime sale ancora ben arredate con materiali di epoca, che mostrano bene come si svolgesse la vita privata all'interno del palazzo, tra i cosiddetti Divan, le sale di ricevimento, tra sedili, tappeti e cuscini e una ricca serie iconografica d'epoca che mostra tutti i personaggi che hanno usufruito del palazzo nel tempo. 

I bovindi interni

L'atmosfera dall'interno, a cui si accede attraverso un sontuoso portale decorato di intarsi di marmi policromi, illuminato dai vetri colorati dei bovindi in legno che si affacciano sul bel giardino della terrazza sottostante, è particolarmente suggestiva e non fai fatica ad immergerti in questo ambiente d'antan, che immagini tra profumi carichi di spezia e volute di fumo di narghilè, mentre servitori bardati servono caffè turco da grandi pentolini di rame. Passi poi per grandi sale di ricevimento, denominate appunto salamlik, dove venivano ascoltate le varie delegazioni, con le pareti decorate di intarsi di legno profumato e da motivi calligrafici, come di consuetudine nel mondo arabo che, non ammettendo la rappresentazione della figura umana, vecchio retaggio culturale dei movimenti iconoclasti di ispirazione biblica dei secoli precedenti, non volendo rinunciare alla bellezza decorativa, utilizza al loro posto grafie estetiche che recitano versetti del Corano. I soffitti poi, che potremmo definire a cassettoni, sono un continuo caleidoscopio di motivi geometrici scolpiti e dipinti su legno di cedro. Un occhiata al grande mosaico che occupa la parte centrale della terrazza che si affaccia sulla valle, dà un'altra bella scossa di piacevole apprezzamento della bellezza. 

Ingresso alla parte privata

Qualcuno forse esagerando, definisce questo palazzo, l'Alhambra libanese, paragone che mi sembra un pochino azzardato, tuttavia non si può rimanere indifferenti a questo che è di certo uno dei pezzi forti del paese. In effetti, data la scarsità dei visitatori, te lo puoi visitare in tutta tranquillità, cosa che tra l'altro ne aumenta il fascino, permettendoti di girare quasi in solitudine i giganteschi ambienti. Solo qualche militare all'ingresso, più per scrupolo che per altro. Davanti agli appartamenti interni, apparentemente a controllare chi entra, c'è una signora seduta sui gradini di pietra, che lavora ad una sorta di tombolo. Fa, con esasperante pazienza e movimenti controllati e precisi, elaborati disegni con un filo sottile che, ritorto con cura, avanza con grande lentezza. La donna, ha uno sguardo triste e provato, è vedova e non ha alcun tipo di reddito e si è trovata di colpo precipitata in un vortice inestricabile di problemi economici, a causa soprattutto dello svilupparsi della crisi che incombe sul paese. Sta qui tutto il giorno, al momento senza stipendio, nella speranza di potere prima o poi avere un compito ufficiale che possa essere sia pur minimamente compensato. Nel frattempo cerca di tirare avanti in qualche modo. 

Parete in legno

Questa deve essere una situazione piuttosto comune nel Libano di oggi e non si può non pensare che la situazione potrebbe contribuire a far deflagrare contrasti sociali violenti, e qui trovare colpevoli è cosa di grande facilità, con tutte le diversità che ti trovi proprio sulla porta di casa. Ce ne andiamo con lentezza, traversando l'immenso cortile in compagnia di un gruppetto di turisti Iracheni, molto cordiali e disposti alla chiacchiera. Le ragazze, piuttosto disinibite con le gambe cicciotte fasciate in leggins strizzacosce, gli uomini corpulenti, pelati ma con barbacce inquietanti. Questi incontri, anche se fugaci e apparentemente improduttivi, aiutano sempre a scrollarsi di dosso il pregiudizio generalizzato. Anche paesi che giudichiamo popolati solo da immense folle di disperati coperti di stracci, producono invece una classe più o meno numerosa con capacità di spesa ed interessi a noi comuni e anche chi all'apparenza ha l'aria di un tagliagole barbuto che da un momento all'altro immagini estrarre un coltellaccio, bramoso di sangue infedele, alla fine si rivela come un gentilissimo gruppetto di amici, che vuole solamente comunicarti il piacere di un contatto tra genti di paesi lontani, dei quali si è curiosi e interessati. Apriamo gli occhi ragazzi e non solo, che a forza di camminare, salire e scendere altrui scale e ammirare opere d'arte, in fondo comincia a farsi vivo un certo languorino allo stomaco e sarebbe anche ora di andare a cercare l'assaggio di qualche specialità tipica del Chouf. Dai, presto che è tardi.

Grande mosaico esterno

SURVIVAL KIT

Palazzo di Beiteddine - Museo nazionale imperdibile al centro del Chouf, facilmente raggiungibile. Notevole la collezione esposta di mosaici bizantini e le sale del palazzo pubblico e privato che rappresentano anche uno spaccato molto interessante della vita del XIX secolo nei grandi palazzi del potere ottomano. Calcolate per la visita almeno un paio di ore. Nelle sale della parte privata del palazzo di può accedere solamente con la guida. Ingresso per stranieri attorno ai 3 $.



L'ammam

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Fontanella interna





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sabato 25 marzo 2023

Lebanon 12 - Il Chouf e i Drusi

Libanesi - marzo 23

Monti del Chouf

Scendiamo un poco di quota e la cintura verde dei cedri ci lascia definitivamente, assieme alla neve continua o raggrumata in placche che rimangono isolate più in basso in attesa di un sole più caldo per sciogliersi. I monti, che mantengono tuttavia una forma arrotondata e non spigolosa, ci circondano da ogni parte, solo a tratti indovini le spaccature scavate irregolarmente nella terra, come unghiate che l'hanno segnata crudelmente, come a voler dare un segnale di destini inquieti e crudi, da torrenti impetuosi che cercano la loro strada verso il mare così vicino, ma così in basso da doverlo raggiungere solamente attraverso salti scoscesi e forre ristrette. Il Chouf è un territorio contorto e le strade che raggiungono i paesi numerosi e spargoli, si devono attorcigliare lungo le balze ripide di una orografia complicata per raggiungerli. Tra i gruppi di case, incontri spesso bandiere e insegne con una inusuale stella a cinque punte dai settori colorati. E' il segno inequivocabile che qui siamo in terra drusa dove la maggioranza della popolazione appartiene a questa religione poco conosciuta e lungamente perseguitata. L'origine stessa di questa dottrina è misteriosa. Nasce attorno all'anno 1000 in Egitto distaccandosi ereticamente da rami secondari dell'Ismailismo e della religione musulmana mantiene poche cose, riconoscendo ad esempio, solamente uno dei cinque pilastri dell'Islam e poco altro. 

Villaggio del Chouf

Per questa ragione i Drusi furono a lungo combattuti; sembra addirittura che loro stessi  non si identifichino come musulmani, anche se tutto è un po' avvolto nel mistero, in quanto in questa fede senza clero, le conoscenze ed i segreti della religione sono riservati solamente ad un gruppo di iniziati, che apprendono la dottrina solo dopo avere scelto una sorta di abbandono della vita attiva. Secondo alcuni, ma la cosa è stata smentita da chi studia approfonditamente questi temi, loro stessi hanno deciso di dichiararsi appartenenti, sia pure laterali, all'Islam solo per non subire vessazioni, anche se in effetti vengono ancora oggi comunque considerati infedeli dalle altre confessioni musulmane. In effetti il loro credo comprende anche molte sfumature induiste, ebraiche e cristiane; ad esempio, credono nella metempsicosi e nella trasmigrazione delle anime dopo la morte, inoltre ritengono che il principio divino, che comunque non si può nominare in quanto troppo sacro, possa manifestarsi di tanto in tanto in forma umana, appunto come è accaduto con Cristo o con il loro imam al-Hakim, che ha fondato il loro culto nel XI secolo, anche se fanno riferimento ad un profeta, tale Shu'aib, il biblico Ietro, suocero di Mosè. Adorano i loro testi sacri, i Khalwa, ma anche il Corano e il Nuovo Testamento, componendo così una scelta che potremmo definire sincretica, ma non troppo. 

Vari gradi di velatura

Sono rigorosamente monogami e forse anche per questo perseguitati e dal 1043 si sono autodichiarati religione chiusa, nel senso che per essere considerati Drusi si deve nascere esclusivamente all'interno della comunità, con padre e madre anch'essi appartenenti a questa fede e non possono aderire altri proseliti. Dunque il loro numero è destinato a calare inevitabilmente, anche se al momento sono appunto maggioritari nel Chouf che rimane la loro roccaforte e in poche altre zone libanesi e qualche comunità sparsa in Israele, Giordania e Siria. L'ordinamento politico libanese, che era stato impostato con un preciso manuale Cencelli nel considerare queste suddivisioni religiose, riserva loro la carica di Capo dello Stato Maggiore dell'Esercito. Per questo e anche per tutta una serie di altre ragioni molto complesse dovute a questa esasperata frammentazione etnico religiosa, all'interno delle mille guerre recenti che hanno devastato questo paese, ci furono nel recente passato, proprio qui nel Chouf, una serie di massacri disumani tra Drusi e Maroniti, culminati nell'1983 in quella che fu chiamata la guerra della montagna, una delle tante avvenute in Libano, che csotrinse la maggior parte dei Maroniti ad abbandonare la zona, e per anni tracciò un solco di odi e di vendette incrociate, insanguinando ulteriormente questa terra. Recentemente, nel 2001, con la storica visita del Patriarca Maronita al leader Druso Jumblatt, c'è stata una pacificazione ufficiale, con presa di distanza da parte di entrambe le parti, dalle violenze del passato, anzi con una alleanza tra Drusi e MAriniti contro le inerenze esterne di Siria e Iran ed al momento sembra che la situazione sia molto tranquilla, anche se nessuno sa quale sia la realtà che cova sotto la cenere. Il passato tumultuoso è ancora troppo recente per essere completamente dimenticato. 

Per le strade

Dobbiamo tuttavia considerare che il Medio Oriente è sempre stata una terra generatrice spontanea di religioni e profeti di ogni razza e tipologia. Difficile spiegare questa propensione, ma nei millenni trascorsi, quaggiù sotto ogni pietra nasceva un invasato che, per unico destino, bramava girare in lungo ed in largo, con le vesti stracciate e gli occhi stralunati a predicare la sua dottrina, ovviamente l'unica vera e giusta e necessitata per questo a combattere, certo anche con le armi, tutte le altre che non accettavano il nuovo credo. Forse questo tragico problema è una tabe insita nel genoma stesso del monoteismo che, predicando l'unicità dell'essere supremo e della messa all'indice di ogni altra eretica variante, presuppone appunto che la inevitabile serie di idee e variazioni che la speculazione filosofica della mente umana via via propone, debba andare ad esclusione di tutte le altre, creando inevitabilmente attriti violenti ed insanabili. Tutt'altra cosa invece mi sembra accada nei politeismi vari, che sono naturalmente disposti all'inclusione a prescindere. Così sia il politeismo classico greco-romano accettava con entusiasmo ogni altro Dio proposto dalle terre via via conquistate, facendolo proprio ed inserendolo con tutti gli onori nel proprio pantheon già fittamente popolato e avrebbe fatto sicuramente la stessa cosa anche con Cristo se questi testardi seguaci non avessero preteso una dedizione appunto esclusiva, non disgiunta dal fatto di sovrapporsi al potere politico. Ugual cosa è accaduta nell'Induismo dove c'è spazio anche per Cristo nella loro sfilata di trecento milioni di dei. Tanto direte, uno più uno meno...

Terrazzamenti

Però, non puoi non pensare che i credi esistenti, comunque tantissimi, sono solamente gli epigoni più fortunati di quelle migliaia di scalmanati profeti che nei millenni si sono aggirati per queste terre a predicare le loro verità assolute, la maggior parte delle quali, per scarsa capacità oratoria o per semplice casualità, si sono perdute nelle fognature della storia. Così mentre percorriamo stradine e sentieri di questo bellissimo e selvatico territorio, tra abitati abbarbicati sulle cime di colli circondati dal verde, le case di nuovissima costruzione, che evidentemente hanno sostituito le vecchie distrutte, si alternano a quelle più antiche, ben ristrutturate o invece in rovina. Per queste strade incontri molti abitanti, riconoscibili appunto dal loro aspetto esteriore, Le donne con lunghi abiti fino ai piedi ed un abbondante velo bianco che scende dietro fino alla vita, ricoprendo completamente la capigliatura, qualcuna anche con una fascia bianca che nasconde la bocca, mentre qualche uomo anziano porta una tonaca semplice e un fez bianco ornato di fregi, segno che è ormai un iniziato ai segreti religiosi della comunità. Per la verità avevamo visto questo tipo di abbigliamento anche in città, per i vicoli dei suq ed essendo queste figure isolate, spiccavano più ancora, distinguendosi da abbigliamenti europei o altri ancora più decisamente sguaiati, ma qui queste figure decisamente più monacali sono in assoluta maggioranza e danno all'ambiente quell'aspetto completamente mediorientale che avevo riscontrato già alla vista di quei gruppi di studenti in gita tra le nevi del parco, con tutte le ragazze che si rincorrevano sulla neve che apparivano come gioiose madonnine coi lungi veli svolazzanti alle folate di vento, che arrivava dal mare. 

Ulivo millenario

Di tanto in tanto, all'ingresso dei paesi compaiono striscioni con la stella colorata drusa, conditi da slogan che invitano a sostenere la causa o segnalano la presenza di strutture di comunità dedicate appunto a questo gruppo, che rimane tuttavia sempre circondato da un'aura di mistero. Così proseguendo la nostra strada, tra ulivi e terrazze che hanno segnato la fisionomia di questo territorio attraverso il paziente lavoro di secoli, devo rimarcare come, al di là dell'interesse naturalistico e di paesaggio, che fa di questa una delle aree più belle del paese, la conoscenza di questi aspetti etnico-culturali che implicano necessariamente approfondimenti storici e religiosi, contribuisce a rendere questo viaggio nelle viscere del Medio Oriente particolarmente avvincente, stimolando corde diverse e aprendo orizzonti poco noti. Forse proprio questa area del Chouf dovrebbe essere visitata con maggiore attenzione, magari fermandosi qualche giorno in qualcuno di questi paesi isolati per respirarne l'aria di complessità e di mediazione continua che necessita evidentemente il voler vivere qui, tra questi monti carichi di storie terribili, eppure così accattivanti nelle loro forme dolci e abitati da una agricoltura antica, che sparge attorno profumi di aranci, di limoni e di vecchi legumi, su sentieri da percorrere a dorso di asino, circondati da barbe bibliche uguali nel tempo da millenni. Per noi continua invece il perverso mordi e fuggi, mitigato soltanto dalla presenza di chi ti racconta e tenta di farti capire questa complessità di idee, di situazioni, di conflittualità difficili da sanare. 

Veli

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giovedì 23 marzo 2023

Lebanon 11 - I cedri del monte Baruk

Gruppo vacanze tra i Cedri - Libano - marzo 23


 Non ci sono dubbi che una delle cose per cui il Libano è famoso nel mondo, tanto da comparire anche nella sua bandiera, è l'albero del cedro (Cedrus libani), questa spettacolare conifera, maestosa e regale, dal legno di straordinaria qualità, dal quale sono nate proprio tutte le fortune del paese. Nell'antichità grandi foreste di cedri, ricoprivano tutte le montagne di questa area, oltre a quella dei monti Tauri nella vicina Turchia e a Cipro, tanto che la leggenda, per rimarcarne l'importanza, ne fa risalire l'origine alla lotta tra semidei e uomini, che vinsero la battaglia grazie al mitico eroe Gilgamesh, impadronendosi definitivamente di questa ricchezza. Così tutta l'antichità in questa zona, fu segnata dal valore di questo albero, così prezioso da diventare oggetto di scambio principale. I Fenici lo esportavano fino all'Egitto che ne richiedeva grandi quantità, utilizzandolo per la costruzione delle navi e usando al sua preziosa resina per la tecnica della mummificazione. Salomone usò questi maestosi tronchi nella costruzione del tempio di Gerusalemme, insomma si può dire che per secoli, questa pianta fu alla base dell'economia della regione. Tuttavia, come tutte le risorse naturali, anche queste non erano infinite e a poco a poco la deforestazione implicò la quasi totale scomparsa delle antiche foreste. Solo l'imperatore Adriano riuscì a fermare questo massacro, dichiarandone la proprietà dell'impero Romano, tanto per cambiare, con l'inibizione imperiale ad abbattere le poche piante rimaste, ma ormai il più era fatto. Cosa rimane oggi di questa ricchezza? 

Di certo poco, al di là di alcuni esemplari storici rimasti nelle aree più nascoste del paese. Tuttavia, negli anni '60 si cominciò una attività piuttosto importante di riforestazione che interessò quasi tutte gli areali storici in cui questo albero cresceva in passato. Bisogna comunque ricordare che il cedro del Libano ha un accrescimento piuttosto lento, ci mette quasi una sessantina di anni per raggiungere la sua fase matura, ingrossando il tronco e a cominciare a estendere i rami orizzontalmente creando la nota forma estesa a largo cono. Quindi la quasi totalità di alberi che si possono ammirare oggi nelle quattro riserve create sulle montagne del paese, hanno all'incirca questa età e stanno cominciando la loro crescita definitiva solo ora. Al momento quindi ci sono ufficialmente tre zone protette dove peraltro continua l'opera di piantumazione, che sono diventate meta di pellegrinaggio turistico e al tempo stesso, aree di svago anche per i locali, per lo meno adesso che il paese non è attraversato, per il momento da disordini  gravi che evidentemente provocherebbero problemi ancora peggiori. Quindi oltre alla Foresta dei cedri di Dio, quella da dove storicamente arrivava la più importante produzione, oggi zona Unesco, abbiamo le tre riserve di Horsh Eden nell'estremo nord, la foresta di Tannourine e quella del Chouf (o Shuf), proprio quella dove oggi ci dirigeremo. Questa è la più facilmente accessibile essendo piuttosto vicina alla capitale. 

Prendiamo infatti nuovamente la strada litoranea verso sud, ma subito la città di Damour, giriamo verso il monte, che domina alla nostra sinistra. Sono i contrafforti della catena del monte Lebanon, che corre parallelo al mare digradando poi lentamente verso sud e formando una barriera naturale con la successiva fascia della valle della Bekaa. Le sue cime arrotondate superano i duemila metri e a nord arrivano anche a tremila, conservando, anche se sempre meno estesi a causa del riscaldamento globale, nevai perpetui che conferiscono al paese quella ricchezza di acque che lo rendono terra fertile e ubertosa (vi piace questa definizione classicheggiante?). Risalendo la strada comoda ma abbastanza tortuosa e in salita costante, visto che in una quarantina di chilometri si deve arrivare fin quassù, partendo dal livello del mare, traversiamo paesi e villaggi di un territorio che proprio per la sua conformazione orografica era rimasto abbastanza isolato, un'area denominata Chouf (in arabo جبل الشوف, "Jabal al-Shūf", il monte del Shuf) che ha avuto una rilevante importanza nella storia recente del paese, di cui vi parlerò successivamente. Dopo una serie di tourniquet stretti e ripidi, siamo quasi arrivati alla sommità di una serie di rilievi che sono ancora coperti, almeno a tratti dalla neve invernale, che insiste su larghi tratti del terreno nello zone di ombra, mentre cominciano a vedersi le propaggini del bosco di cedri. Sono tutte piante giovani come vi ho detto, tuttavia quelle con almeno 50 anni di crescita che superano ormai i dieci/quindici metri di altezza e cominciano ad allargare l'ombrello e a perdere la punta diritta verso il cielo. 

Lungo le curve, dove il terreno è meno scosceso, ci sono ampi spazi dove fermarsi e incrociamo molti pulmini con scritte indicanti l'appartenenza a scuole della zona. In mezzo alla neve gruppi di giovani, evidentemente delle superiori, che si rincorrono sulla neve, scivolando, gridando, prendendosi a pallate. Ragazzi in jeans con zazzere occidentali, ma anche barbacce floride e nerissime e ragazze con lunghi veli bianchi fino alle ginocchia, che tuttavia sono le più accanite ad inseguire i compagni da bersagliare. Evidentemente queste uscite scolastiche sono prassi comune. Dopo poche curve arriviamo alla barriera dell'ingresso al parco della riserva della biosfera del monte Barouk, ma la strada dopo pochi metri è chiusa da una imponente montagna di neve e non è più possibile proseguire se non a piedi o con le ciaspole. Siamo definitivamente in mezzo al bosco di cedri e fatti appena pochi passi tra le piante, ti senti avvolto da una natura rigogliosa ma dai profumi mediterranei, il mare intanto è lì soltanto ad un tiro di schioppo. Bisogna dire che nonostante tutte le traversie politiche, di disordini e violenze che hanno interessato il paese e proprio queste zone, neanche a farlo apposta proprio dal momento in cui si è espletata la volontà di far rinascere questa realtà naturalistica, il ripopolamento prosegue e pare destinato ad un futuro positivo e questo non è cosa così banale, considerato quanto vi racconterò sugli avvenimenti degli ultimi sessanta anni. 

Fa piuttosto caldo intanto, per essere quasi a 2000 metri e la neve è già marcia. Fai pochi passi e affondi fino al ginocchio, se non appoggi bene i piedi. Avanzare tra gli alberi è faticoso, ma è così bello perdersi tra i grandi trochi odorosi, osservando i primi strobili maschili, grigi e piccolini e quelli femminili, più grandi e giallastri, già quasi in procinto di sfaldarsi per rilasciare i semi e proseguire l'opera della natura di ripopolare nuovamente il monte. C'è qualcuno in giro che, attrezzato per procedere nella neve, risale verso il fitto della foresta che prosegue più in alto, ma basta poco, solo girarsi tra i gruppetti di alberi più fitti e ti senti subito solo, tra profumi di resina e di neve bagnata. All'ingresso del parco, prima della sbarra, una casetta di tronchi ospita un piccolo centro che vende il miele denso e scurissimo, prodotto qui intorno e che puoi avere per soli 15 $/kg, ma capirà, specialissimo e soprattutto assolutamente bio. Come è giusto le cose bisogna saperle valorizzare se si vuole fare un buon business e l'animo mediorientale del mercante fenicio, in questo è sempre stato maestro. Sarebbe stato bello poter proseguire ancora lungo la strada, se fosse stata libera dalla neve, perché questo mi sembra un luogo davvero avvincente dal punto di vista naturalistico. Invece noi, dopo  le foto di rito, volgiamo il cofano indietro per andare nel cuore del Chouf, questa area ricca di storia recente ed esplorarla meglio.

SURVIVAL KIT

Riserva della biosfera dei cedri del Chouf del monte Baruk - Dopo l'abitato di Damour, sulla costa suda circa 20 km dal centro di Beirut, prendete la strada che risale verso il Chouf per una ulteriore quarantina di km. La riserva occupa oltre il 5% del territorio nazionale, culminando nei rilievi del monte Baruk a circa 2000 metri ed è la più ricca di cedri del paese, essendo qui cominciata l'opera di ricostituzione della foresta originale, ma ospita anche altre specie botaniche interessanti tra le quali almeno 24 tipi di alberi come il Pino di Aleppo e diversi tipi di querce e di ginepro. Sembra sia possibile vedere oltre al lupo grigio e lo sciacallo dorato, anche il caracal, un grosso felino simile alla lince e diverse specie di ungulati mediorientali. Molto ricca anche la fauna avicola. Sul posto affittano anche ciaspole per passeggiate che risalgono il monte, se ve la sentite di scarpinare. L'ingresso al parco costa attualmente 5 $. 

La fine della strada

 

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