domenica 31 marzo 2019

Central India 8 - I templi tantrici di Boramdeo


Case Baiga

Riposo
La notte arriva di colpo attorno al fuoco acceso nel cortile. Gin tonic e Coca per dare un tocco di internazionalità alla campagna indiana. Gli unici altri ospiti sono dei ragazzi indiani, uno si dichiara fotografo free lance che sta girando per queste aree meno popolari, per produrre immagini al fine di raccontare l'India meno conosciuta al mondo. Finirà anche lui al Khumba Mela, chissà se lo ritroveremo in quella folla infinita. Ma qui c'è un classico cane che si morde la coda. Dappertutto, nel mondo c'è un grande interesse per i luoghi meno conosciuti, quelli isolati, quelli rimasti vicino alle tradizioni più vecchie e non toccati, rovinati, sporcati, dal mondo moderno, lo stesso che brama di conoscerli e così facendo uniformarli a se stesso, cancellandone così l'interesse primario, con gran soddisfazione per altro degli abitanti stessi che a questa omologazione in realtà aspirano. Il turista che questa aura di esotico brama, è proprio quello che, alla fine, collaborerà alla sua distruzione con buona pace di tutti. Ma non è di nessuna utilità farsene un cruccio, il fenomeno cammina da solo e non è evitabile, puoi rallentarlo, è vero, ma monta come la panna, con l'aumento delle persone interessate e spazza via ogni cosa, così come la globalizzazione, le migrazioni e tanti altri fenomeni storici. Sono cose che non si possono fermare, marciano da sole, al massimo si può cercare di governarli al meglio, ma non è cosa facile.

Fedeli
Così, giustamente le torme di vacanzieri vogliono correre a vedere l'isola deserta dei mari del sud, che ovviamente deserta non è più dal momento in cui viene raccontata e descritta come ultimo paradiso. Oltretutto, lo stesso aspirante a questi aspetti di unicità, ha bisogno di cose che si sviluppano solo per il fatto che questa unicità è andata perduta. Il nostro amico Sunny che gestisce l'ecolodge di cui vanta la rustica presenza solitaria nella foresta, che ti può far sentire esploratore bianco nella jungla perduta dell'India centrale per un paio di giorni, si auspica che, al contrario, arrivino torme di clienti, diversamente il suo progetto fallirebbe senza remissione. Io che vi racconto queste cose, magnificandone l'aspetto di diversità fascinosa, di salto nel passato, sono altrettanto colpevole di invogliare altri a seguire i miei passi, contribuendo a trasformare questi luoghi nell'esatto contrario dell'interesse ricercato. Filosofia da strapazzo, lo so, ma qui si tratta di elucubrare mentre la luna cresce sopra gli alberi del bosco e dal fondo del giardino arriva il profumo del dal appena scodellato, ora che il gin tonic è finito, tanto in questa stagione zanzare non ce ne sono e si sta bene sotto le bouganvillee fiorite. E' luna piena stanotte, però, quando cala definitivamente la palpebra, fatta la rassegna mentale a chiusura della giornata, per evidenziare le cose più memorabili vissute oggi, si cerca di riporle nel cassettino della testa dove si spera si conservino a lungo, Alzheimer permettendo; ma bisogna considerare che fa un freddo cane, per essere in India.

L'ingresso
Quindi, stanotte coperta spessa e stufetta accesa, cosa un po' inaspettata a queste latitudini, ma che sarà, più o meno una costante per tutto il resto del viaggio. L'alba nella foresta è spessore liquido di bruma leggera che si rischiara con lentezza, appannamento azzurrognolo che ricopre la foresta che rimane come annegata in questa umidità palpabile che si attacca alla pelle mentre cammini tra gli alberi, è silenzio che avvolge le cortecce sollevate, scricchiolii di foglie secche che calpesti, stridio di uccelli lontani appena svegli. Un batter di campana si allarga nello spazio come le onde in uno stagno immobile, quasi riesci a vedere il suono che dilata l'aria, propagandosi intorno. Al di là della grande radura tra gli alberi, un serbatoio artificiale circondato da gradinate, struttura comune nella maggior parte dei villaggi del subcontinente, necessario ad accumulare le preziose acque, che il monsone regala per una parte dell'anno, in modo che se ne possa usufruire anche  quando il cielo sarà forzatamente meno generoso. Subito dopo si erge la sagoma scura delle torri del tempio di Shiva. Da lì arriva il suono che chiama alla puja del mattino. Una decina di donne in tutto, a gruppetti di due o tre salgono la ripida scalinata di pietra ancora nera, poi spariscono tra le colonne del vestibolo prima di scendere nelle viscere del corpo centrale.

Shiva Mandir
Portano in mano, ciascuna, collane di fiori gialli e rossi, tageti e petali di rosa, qualche frutto maturo coperto appena dal capo estremo da un sari dai colori accesi, che quasi illumina le pareti scure, sulle quali si agitano mostri paurosi, schiere di armati che combattono, teorie di elefanti e file di ballerini che completano cornici successive. Ogni tratto di pietra è scolpito minuziosamente, con un ordine preciso a fasce parallele che circondano l'esterno e l'interno della costruzione stessa. Le metope più grandi sono occupate da gruppi di figure a tutto tondo, molte intente in attività sessuali piuttosto fantasiose e complicate al primo sguardo. Le colonne e le pareti della shikara centrale, l'alta struttura a forma di ogiva che sale verso l'alto, sono tutte ricoperte di statue che formano una serie di costolature strutturali, che il sole che sorge tra gli alberi colora di sfumature dorate. Le figure sono piene e tondeggianti, le forme ricche con la pietra che si trasforma in carne viva, dove affondano dita bramose di altre figure dagli occhi sognanti rivolti al cielo. C'è una sensualità potente che soffia da queste pareti e si diffonde attorno, quasi a voler contaminare questa moderna società indiana, piuttosto sessuofoba, a quanto sembra, che cerca di soffocare questo aspetto vitale, nascondendolo sotto il tappeto delle convenienza, ma che poi tende inevitabilmente spesso e magari in maniera violenta ed inappropriata, a strabordare fuori alla prima occasione.

La puja
All'interno figure di dei severi accompagnano il fedele attraverso il mandapa centrale verso una stretta scala che conduce al sancta sanctorum, una stretta cella che contiene il sacro lingam nero di Shiva. Qui un bramino a torso nudo con la bianca cordicella che gli traversa la spalla, officia il rito. Le donne, ad una ad una gli porgono la puja che lui prende e depone attorno alla pietra, versa il latte propiziatorio e fecondante sulla sua cima che cola tutto attorno, tra le preghiere di tutti. La sua voce si leva più alta, si gira ai lati, benedice l'offerta. Ad una ad una le altre donne compiono il rito, si fermano un attimo, raccolte, forse ad inviare bisbigliata, la loro richiesta di grazia, per un caro malato, per una gravidanza che non arriva o semplicemente per una vita migliore. E' la litania delle speranze che ogni religione accorda al credente, che la sola ipotesi di esaudimento serva di consolazione e rimandi a casa più sereni, contenti di avere compiuto un dovere assoluto, imposto e accettato con gioia. Terminato il rito si risale la scala, un ultimo sguardo ai dieci Avatar di Vishnu e alla gioiosa figura di Ganesha dalla proboscide arrotolata come uno sberleffo, che ti consoli la strada del ritorno. Fuori è ormai luce piena e le pareti del tempio illuminate risplendono, la pietra che prima appariva scura, adesso quasi brilla di riflessi aranciati. Le statue ridono gioiose, come le ragazze che ti circondano per fare un selfie con lo straniero prima di tornare al villaggio.

Selfie


SURVIVALKIT

Templi di Borandeo - Gruppo templare sparso nella foresta circostante a circa 18 km dalla cittadina di Kawardha, composto di quattro costruzioni, di cui una, la più antica, Istalic Mandir è in mattoni. La costruzioni risalgono al X/XI secolo e sono precedenti ai più famosi di Kajurao a cui sono erroneamente assimilati.  Il più importante, dedicato a Shiva e ricoperto di belle sculture, molte delle quali raffiguranti elementi del Kamasutra. La visita è molto interessante e consigliata all'alba o al tramonto per seguire la cerimonia della puja (offerta) al sacro lingam venerato all'interno, che dura circa una mezz'oretta. Si può entrare senza problemi ed assistervi senza dare fastidio. Al momento non troverete altri turisti.  Nel vasto giardino è esposta una vasta collezione di statue e sculture risalenti fino al secondo e terzo secolo. Gli altri due edifici minori, il Cherki Mahal e il Madwa Mahal (ricco di sculture di piccola dimensione), piuttosto in rovina, sono immersi nella foresta a circa un paio di km dal tempio centrale e di più difficile reperibilità, dovete farvi accompagnare da qualcuno che ne conosca l'ubicazione. Il muro esterno di quest'ultimo contiene 54 quadri scolpiti che rappresentano posizioni esplicite del Kamasutra che riflettono la cultura tantrica praticata dalla dinastia dei re della dinastia Nagawanshi,che regnava qui nel periodo della costruzione. E'possibile anche fare il percorso a piedi nel bosco attraversando piccoli villaggi di etnia Ghond.


Al tempio


Il resort
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sabato 30 marzo 2019

Central India 7 - Bhoramdeo


Il mercato Baiga

Ai piedi delle colline Maikal
Uttam è magro e piccolino, pota una giacchetta caki che vorrebbe essere una divisa da autista che ci tiene a mostrare la sua professionalità, mantenendo uno sguardo serissimo e la schiena diritta e un po' ingessata. Carica la macchina e lega con attenzione le valigie sul bagagliaio, correggendone più volte la posizione, non si sa mai, poi avvia il mezzo che, noti subito, mantiene in perfetto ordine, pulito, con dotazione di bottigliette di acqua come previsto dal contratto e sacchettini di patatine, che sottolinea, fornisce di sua iniziativa personale. Cerca di rispondere ad ogni tipo di domanda col suo inglese basico ma sufficiente a comunicare ed insiste per assicurare la sua disponibilità totale. Riesci a farlo sciogliere un po' solo quando parla della sua famiglia, la moglie e la figlia giovane con cui vive nella sua casetta di campagna, i due figli sposati di cui è evidentemente orgoglioso, la sua stretta osservanza induista, insomma un personaggio che sembra cresciuto sullo stile della scuola inglese più che indiana. Lo immagineresti che guida lentamente la Rolls di Lord Mounthbatten o che apre con sussiego la portiera ad una lady in crinolina in visita alle colonie. C'è poco da fare, l'odiata, per certi versi Inghilterra, ha impregnato profondamente con i suoi modi e stili di vita, questo paese, prima di lasciarlo andare per la sua strada.

Anziano Baiga
Diversamente non sarebbero così le scuole ed i collegi, i sempre presenti prati appunto all'inglese, assolutamente incongrui in questo clima, la passione per il cricket e tante altre cose lasciate in eredità psicologica, che fanno di questo uno dei paesi più nascostamente anglofili del mondo. Questo vado ragionando mentre percorriamo queste strade del Chhattisgarh, ancora a me sconosciute, sulla traccia di un itinerario che ci porterà in una ventina di giorni attraverso un'India non molto frequentata dal turismo, in parte rurale, in parte fatta di città sovraffollate ma ricche di storia, dove sono passati a ondate successive imperi fastosi, dagli Ashoka, ai Chandella che hanno eretto le meraviglie architettoniche di Kajurao, ai Moghul che in questa parte centrale dell'India hanno consolidato la loro potenza. Qui sono alla ricerca di conferme del fatto che anche nelle aree meno note a noi, l'India conserva tali e tanti punti di interesse artistico e naturalistico da meritare di venirci ancora e poi ancora. Uttam intanto guida con grande prudenza, evitando con attenzione i mezzi che procedono sulla nostra corsia autostradale in contromano, ma qui è la prassi, non potendo scavalcare la barriera centrale, magari risalendo dai campi attraverso le scarpate laterali. Questa è l'India. 

Al mercato
Un paese che si sta tumultuosamente dotando di una rete stradale moderna che collega attraverso grandi direttrici l'immenso territorio, per permettere il sempre più vorticoso spostamento di uomini e merci, con milioni di camion sovraccarichi di materiali che strabordano pericolosamente dai cassoni e che arrancano lasciandosi dietro una scia nera di gasolio mal combusto nell'accelerazione angosciata di motori ormai esausti, mentre greggi infiniti e mandrie di vacche dalle lunghe corna occupano la sede stradale impedendo la via. Dopo un paio d'ore e più, arriviamo a Bhoramdeo, nel cuore rurale del paese. Lo stato di Chhattisgarh è una creazione recente, è stato costituito solo nel 2000, staccandosi dal vicino Madya Pradesh, il cuore dell'India centrale. Il nome significa "36 forti", segno di una storia medioevale ricca di guerre  e di battaglie, mentre ha dimensioni non così piccole essendo quasi la metà dell'Italia. Ma l'interesse preminente di questo luogo è che conserva tra le sue colline, popolazioni tribali, che pur non essendo rimaste isolate dal resto del paese, mantengono come le vicine tribù Adivasi dell'Orissa, costumi e tradizioni proprie e custodiscono orgogliosamente una identità che tiene fortemente a non mescolarsi con l'orda dei popoli arrivati dal nord. 

Al di là delle distese di campi coltivati, il territorio è ricoperto da una jungla rada e spargola, con alberi non molto alti che  si alternano a radure cespugliose. Questi erano i posti dove fino ad un secolo fa regnava incontrasta la tigre, quando su queste colline arrivavano le cacce dei maharaja con i loro ospiti ed i loro elefanti, con centinaia di battitori che cercavano di stanare gli animali rumoreggiando su e giù per la boscaglia. Le hanno ammazzate quasi tutte le tigri e le poche rimaste si sono ritirate in aree sempre più remote ed impervie, cercheremo di vedere anche quelle nei prossimi giorni, se ci riusciremo. Per intanto risaliamo la strada delle colline che attraversa un terreno vincolato a parco per raggiungere un mercato settimanale. Tra gli alberi di sal, un legno durissimo e prezioso che rappresenta la vera ricchezza forestale dello stato, occhieggiano gruppi di scimmie curiose, ma piuttosto timide che si rifugiano subito al tuo passare, sui rami più alti. Solo i maschi dominanti rimangono sul bordo della strada, squadrandoti in tralice, a marcare il territorio, quasi temano che intrusi motorizzati possano venire a occupare l'area prendendosi d'un sol colpo anche tutto l'harem delle femmine. Proseguiamo per un'oretta per una pista tortuosa, poi arriviamo ad un villaggio isolato dalle case in terra cruda. Un largo spiazzo tra le costruzioni è completamente occupato dai banchi, con le consuete povere cose dei mercati di campagna, verdure, piccoli animali, attrezzi agricoli e per la cucina.

Poche stoffe colorate e magliette altrettanto misere, all'apparenza c'è più gente che vende di quanta comperi. L'etnia Baiga, che popola la valle e le colline con più di una cinquantina di villaggi, vive principalmente di una agricoltura di sussistenza e dei doni della foresta, scambiando i prodotti proprio in questi mercati. Sono fisicamente piuttosto piccoli e minuti e molto scuri di pelle. Le donne mostrano una fitta serie di tatuaggi che può coprire loro la fronte fino ad estendersi a tutte le altre parti del corpo. Si tratta di piccoli segni neri, lineette e punti, fino a simboli di animali, stelline, croci e molti altri, ognuno con particolari significati che viene aggiunto nelle diverse fasi della vita. I più comuni sulla fronte sono costituiti da una serie di trattini obliqui con una V centrale circondata da punti. Passeggiamo un po' tra i banchi, destando una tranquilla ma non invadente curiosità. In vari punti del mercato sono dislocati soldati armati in mimetica, segno che di tanto in tanto sorgono disordini o dispute ed il governo controlla. Sui muri di molte case i simboli dipinti dei partiti politici che hanno partecipato all'ultima tornata elettorale, quello del BJP, il fiore di loto dei fondamentalisti hindu, vincitore delle elezioni e più radi, quelli con la mano aperta del CongressI, il partito dei Gandhi, ormai in netto calo. Torniamo indietro che il sole è ancora alto, mandrie di zebù dalle corna falcate occupano la pista e faticano a spostarsi.

Soldati

SURVIVALKIT

Il resort
Bhoramdeo Jungle Retreat - Nel distretto di Kabirdhan, ai piedi delle colline Maikal. Si tratta di un cosiddetto Ecolodge che fornisce pacchetti comprendenti rustiche ma accoglientissime camere, molto spaziose e ben dotate di comfort, in stile locale, pensione completa, merenda, aperitivo intorno al fuoco ed escursioni in zona (mercati, templi, trekking) a 5000 IR a testa (che non è pochissimo). Letti con zanzariere e atmosfera rilassata con la compagnia simpatica del proprietario Sunny e della moglie svizzera, che sanno bene cosa vogliono gli occidentali in cerca di naturalità a tutti i costi e cibarie garantite bio. Per questo è ovviamente assente il wifi. Di qui è possibile visitare le tribù ed i villaggi dei dintorni e presenziare alle cerimonie del vicino tempio Hindù dedicato a Shiva. Si mangia discretamente e le spezie sono misurate ai palati occidentali più delicati.

Donna di etnia Baiga









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venerdì 29 marzo 2019

Central India 6 - Raipur





Bassa marea
Eccoci dunque nell'aeroportino di Port Blair a meditare su questa brevissima esperienza andamanese, in attesa di imbarcare per Kolkata o Calcutta che dir si voglia ragionando alla vecchia maniera. Ora, posto che tre giorni sono troppo poco per tirar giù dei conti precisi, ciò non di meno è d'obbligo ugualmente comunicarvi la sensazione di fondo che ho ricevuto da questa esperienza. Prepotentemente si affaccia subito un dato incontrovertibile. L'area visitabile in questa toccata e fuga non può andare molto al di là delle vicinanze della capitale nella Grande Andamana, al limite con una puntata in qualche isolotto vicino ed un breve soggiorno ad Havelock che viene generalmente indicata come il meglio a portata di mano. Appare evidente comunque che il luogo come descritto, è al momento sovraccarico di turismo, in particolare locale, cosa che non può comunicare quelle sensazioni di paradiso perduto, quell'abbandono di isola dei mari del sud, di spiagge bianche e solitarie, il format, insomma, inseguito dagli amanti dell'esotico marino, di cui si favoleggia nei racconti di raggiungimenti di luoghi sconosciuti e di scoperte epocali. La realtà attuale è questa. 

Alta marea
Isole piene di vacanzieri, spiagge moderatamente popolate ma piuttosto invase da plastica e alghe, spesso poco praticabili per la bassa marea (come moltissime altre spiagge di questa parte di mondo), soluzioni di permanenza piuttosto care nei confronti del servizio reso, nulla di assolutamente imperdibile, anche se il soggiorno è niente affatto spiacevole, anzi, un paio di giorni di riposo marino, in questi viaggi sono sempre da considerare un toccasana. Tuttavia dovete mettere in conto lo sbattimento ed il costo da affrontare per raggiungere il luogo, pur sempre lontano, costoso volo di due ore ed altrettante al ritorno, traghetti che vi mangiano una mezza giornata per il trasferimento e una cifra globale che per la nazione in oggetto è comunque sopra la media del budget. Forse, ma non ho dati personali come pezza di appoggio, sarebbe il caso, come già detto precedentemente, di una permanenza di una settimana/dieci giorni, con spostamento a Nord Andaman o altra isola più fuori mano, da impegnare anche con molta attività di snorkeling. Le relazioni entusiastiche di amici anche di prima mano che hanno visitato l'arcipelago in tempi passati, sono di parere diametralmente opposto al mio. 

In volo
Reputo questa discrasia dovuta appunto o ai molti anni trascorsi dalla loro esperienza, valutando che nella maggior parte dei casi, il turismo di massa si mangia velocemente la magia di certi luoghi, o appunto alla possibilità di spostarsi in località meno battute grazie ad una permanenza prolungata. Diversamente consiglierei di saltare questa tappa, impegnando meglio energie, tempo e danaro in terra continentale. E con questo concludiamo il capitolo. Dall'alto, mentre l'aereo guadagna quota, le macchie di verde affogate nel blu scuro del mare circostante, bordate dai sottili nastri di sabbia su cui indovini la linea bianca della schiuma della risacca che si frange sulla riva, sono comunque attrattive ed il ricordo degli appena trascorsi ammolli nel brodo primordiale di acque calde e carezzevoli, non offende affatto, anzi la chiosa finale potrebbe anche essere che ogni esperienza, anche se inferiore alle aspettative, vale sempre la pena di essere vissuta. Intanto sei ancora lì che rimugini all'interno dell'aeroporto di Kolkata, moderno, nuovo, come tanti di questi non luoghi asetticamente simili nell'Oriente della crescita tumultuosa del benessere e dell'economia, dai sentori così diversi dall'anima di quella città, così vicina e così ancora legata agli stereotipi dell'India del passato, che quasi ti sembra che il suo sentore, il suo olezzo, tracimi attraverso le immense superfici vetrate, barriere ufficialmente invalicabili all'odore indiano, che forse si agita soltanto nelle pieghe dei tuoi sentimenti e delle tue aspettative intrise di pregiudizio. 
Havelock island
Poi viene il momento del balzo successivo che ti porterà a Raipur, una città ufficialmente anonima anche se capitale del Chhattisgarh, piccolo stato un tempo parte del confinante Madya Pradesh, che coi sobborghi arriva quasi a 3 tre milioni di abitanti, il ché la pone solo al cinquantesimo posto tra le città più popolose dell'India, tanto per darvi un'idea. Ufficialmente è piuttosto anonima, essendo prevalentemente una città commerciale che si sta sviluppando sulle risorse minerarie ed agricole dell'area, apparentemente consistenti. Mentre guadagniamo il centro in cerca del nostro albergo, la senti come un esempio medio della moderna metropoli indiana, in sviluppo tumultuoso, dove la modernità dell'occidente e della sua presenza tecnologica è ancora impregnata profondamente delle abitudini di un paese dove i tempi sono ancora dilatati,  i rapporti tra le genti, regolati da tradizioni millenarie, dove mercati e baracche si alternano senza sfregio a grattacieli di vetro ed acciaio, i negozi del lusso e le auto coi vetri oscurati sono circondati da schiere di ciclorisciò o file di dabbawalla che portano in quegli stessi templi del lusso e della modernità, tazze di thé fumante e speziato e pentolini di cibo cucinato in strada. I profumi del cardammomo e del curry masala si mescolano all'aroma del caffè di Starbuck e allo sfrigolio degli hamburger di McDonald, i fritti dei pentoloni neri pieni di samosa, con quelli del pollo croccante dei tanti KFK.

Festa Sikh
L'albergo che ci accoglie dopo la giornata di sbattimento, tre aeroporti, trasferimenti e compagnia cantante, è moderno e fastoso, anzi pare scelto dalla buona società locale per feste ed eventi. C'è infatti in corso un raduno della comunità Sikh cittadina, forse per un fidanzamento ufficiale o qualche cosa di simile, non è ben chiaro. Tuttavia la sfilata, che si dipana tra fiori e coroncine, di vestiti fastosissimi delle signore, cariche di gioiellame di un certo peso, è assolutamente godibile, Tra il baluginio delle paiettes, il cachemire degli scialli e le borse eleganti griffatissime e gli abiti scuri degli accompagnatori, esplodono le macchie vivissime dei monumentali turbanti, rossi, verde brillante, gialli e vermigli che troneggiano al di sopra di barbe e baffi imponenti. Molti, di certo stupiti dalla nostra presenza in questa hall maestosa, qui la presenza di turisti occidentali è decisamente anomala, vengono subito a domandare notizie a riguardo, complimentandosi per il nostro interesse per il paese ed augurandoci il meglio per i nostri giorni futuri. Si informano sull'itinerario previsto, danno consigli, raccomandano attenzione per la tappa finale che rappresenta il clou del nostro viaggio. Questa è l'India, curiosa ed accogliente. Poi la sfilata di questa, che è di certo una parte di rilievo della società cittadina, si dirige verso qualche salone privato dal quale proviene un tintinnar di cembali e di posate. In tanto dal fondo della sala, ecco arrivare l'amico Ashish che non vedevo da un paio d'anni, che ci accoglie con un largo sorriso sul viso e il pacco di documenti che ci serviranno per cominciare questo itinerario particolare che domani andrà ad incominciare.

Nella hall del Celebration Hotel


SURVIVAL KIT

Con l'amico Ashish
Voli - Per il ritorno dalle Andamane, ho utilizzato un volo IndiGo (10:35 - 12:35) con stop a Kolkata (3 ore) e successivo proseguimento per Raipur (15:15- 16:35) per circa 7.000 R a testa.

Hotel Celebration - Shri Gurun Govind Singh Chowk-  Raipur. L'albergo presenta molto bene dal di fuori e negli spazi comuni, tutti ben rinnovati, fornito di centro benessere e piscina. Camere più normali, ma ben fornite, ragionevolmente pulite (4000 IR la doppia inclusa colazione). Bagno ben dotato, AC, TV, free wifi, personale molto gentile. Ottimo il ristorante, curato con buona scelta di piatti. 


Spiagge

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giovedì 28 marzo 2019

XII percorso didattico dell'AMAP

La mandria di Chivasso
 
Il Museo Nossi Rais
Un'altra delle sempre interessantissime giornate di studio organizzate dal Museo di Agricoltura del Piemonte (AMAP, di cui consiglio una visitina al sito), ha avuto compimento ieri nel sempre piacevole quadro del Canavese. L'esplorazione è cominciata dalla visita della Mandria di Chivasso, un complesso imponente nato nella seconda metà del '700, in un'area allora improduttiva per l'esigenza di casa Savoia di provvedere all'allevamento dei cavalli di corte. L'insieme delle costruzioni, che ha attraversato molte peripezie dopo che era venuto meno lo scopo primario del progetto, è in parte recuperato, ma mostra ancora molte strutture in stato assai precario ed è un altro dei tanti casi evidenti di complessi enormi per la cui manutenzione e conservazione servirebbero fondi cospicui che, se non messi a disposizione dalla comunità in un'ottica di puro interesse culturale, difficilmente potrebbero avere ritorni misurabili. E' purtroppo la storia di molte strutture straordinarie per le quali non si riesce a trovare una quadra sostenibile, come ad esempio, e non lo dico per solo campanilismo, la Cittadella di Alessandria, monumenti di enorme valore storico e culturale per i quali è difficilissimo progettare un futuro che stia in piedi economicamente. 

La chiesa di S. Giorgio canavese
Anche qui alla Mandria puoi apprezzare i giganteschi cortili e la dedizione architettonica che si poneva in quei tempi anche in queste costruzioni adibite ad uso rurale. Purtroppo gli edifici principali che hanno potuto essere mantenute sono proprio quelli che, venduti a spezzatino ad uso privato, sono poi state modificate anche strutturalmente per adattarle alle nuove esigenze, snaturando anche l'aspetto originale. Rimane l'impianto di base, sullo schema della corte agricola piemontese chiusa, che si può ancora apprezzare, magari sbirciando dal buco della serratura quanto rimane delle immense scuderie in rovina, con colonne di granito, che ricordano addirittura quelle leonardesche del Castello di Vigevano. Si può dare anche uno sguardo triste all'insieme delle grandi macchine di proprietà proprio del nostro Museo AMAG, ospitate a suo tempo, sotto un portico ormai cadente, quandosi pensava possibile utilizzare questi spazi come sede del Museo stesso, progetto di cui esiste la fattibilità, ma ormai svanito per mancanza dei fondi necessari. Del grande abbeveratoio centrale di oltre sedici metri di diametro, una vasca monolitica circolare che era stata ottenuta da un'unica pietra in mezzo alla grande corte, rimangono invece solamente i disegni reperiti negli archivi. 
La macchina Michela per la fono stenografia
Caduto l'interesse per l'allevamento equino, il centro divenne base per un grande progetto di allevamento di pecore merinos, che perse poi anch'esso gradualmente interesse. Tracce anche di un tragico passato si possono rilevare, nelle costruzioni esterne alla grande corte, quando durante la prima guerra mondiale, il complesso divenne una sorta di campo destinato ad accogliere oltre 20.000 soldati volontari polacchi, da inviare poi a combattere in Francia, un migliaio dei quali qui, lasciò la vita, tra privazioni e malattie. Insomma un monumento tutto sommato poco conosciuto che presenta molti lati davvero interessanti, oltre a fornire spunti di discussione sul futuro di questa tipologia di realtà. La vicinanza del cinquecentesco canale di Caluso, modificato ed ampliato proprio per fornire l'acqua necessaria al progetto originale, ha fornito poi ulteriori spunti di interesse alla visita. Ci siamo poi spostati nell'abitato di S. Giorgio Canavese, per visitare il piccolo ma ricco museo Nossi Rais, contenuto nelle quattro sale di una casa storica che ha dato i natali a Michele Botta, al centro del paese. Tra i tanti reperti, donati nella maggior parte dei casi dagli stessi abitanti del paese, che raccontano lo stile della vita contadina del Canavese, molti partecipano alla ricostruzione, attraverso gli attrezzi raccolti, di botteghe artigiane o ambienti della casa e della scuola. 

La fontana dei Fiumi nel parco del castello di Aglié
Moltissimi gli attrezzi curiosi ed i reperti rari e godibili. Una parte del museo è poi dedicata anche alla gloria locale Antonio Michela, inventore nell'800, della macchina fonostenografica, attualmente in uso nel Senato italiano, a cui è stato ceduto il brevetto e assai comune in aule parlamentari e tribunali di tutto il mondo occidentale, incluso quelli americani, canadesi ed australiani. Il museo, che segue anche le vicende del presidio Slow Food del fagiolo conosciuto come Piattella Canavesana di Cortereggio, una vera rarità salvata dalla scomparsa, con caratteristiche organolettiche assolutamente uniche, tra le quali, la consistenza tenerissima della buccia, che non rende necessario l'ammollo, è aperto il sabato e alla domenica gratuitamente e in settimana per gruppi su appuntamento. Infine l'intero pomeriggio è stato dedicato ad Aglié, con il famoso castello residenza sabauda, dai sontuosi interni e dal magnifico parco nel quale proseguono gli studi strutturali della regimazione delle acque, oggi chiuso alle visite e concesso eccezionalmente, per un esaustivo colpo d'occhio alla nostra associazione con la guida magnificamente esplicativa dell'ing. Quagliolo che questo progetto sta seguendo. Il complesso del castello nel suo insieme, con le eventuali possibili passeggiate nell'antistante vastissimo spazio agricolo, i suoi edifici rurali sei-settecenteschi ed il borgo che lo circonda, credete a me, valgono assolutamente un salto da queste parti.


Il Castello, ingresso posteriore.





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mercoledì 27 marzo 2019

Riconferenza sull'Etiopia

A tutti gli amici alessandrini, un cordiale invito a partecipare alla mia conferenza che si terrà giovedì pomeriggio 28 marzo, alle ore 15:30, presso la sala Ambra del Dopolavoro Ferroviario, Viale Brigata Ravenna, Alessandria, sul tema:

Etiopia, dalla Valle dell'Omo alla Dancalia

nell'ambito delle conferenze organizzate dall'Uni3 di Alessandria.

Nell'occasione si farà cenno anche all'uscita del mio libro-guida Etiopia, le origini della specie.


Grazie a tutti gli amici che vorranno partecipare

martedì 26 marzo 2019

Central India 5 - Corbyn's Cove


Pescatore

Corbyn's Cove

Il succo di guava al banco della colazione è un piacere dolce e sensuale che scorre adagio e fresco in gola, spargendo aromi così complessi, che non riesci a spezzettarli nel tentativo di distinguerne le singole parti. Devi dunque portarne con te il bouquet complessivo, rinunciando ad indagarli. Il sapore ed il profumo del succo di guava è una metafora dell’Oriente, affascinante e complessa mescolanza di sensazioni esotiche che ti sa avvincere e ti lega per sempre. Va beh, ne bevo ancora un bicchiere prima di raccogliere le mie masserizie e lasciare definitivamente il sopravvalutato Wild Orchid, che perdono proprio per la colazione. Fuori aspetta la macchina che ci porta al molo dove comincia ad affollarsi la gente per il traghetto della Makruzz che ci riporterà a Port Blair. Esauritele solite peripezie, trovati l’ufficietto nascosto della compagnia per fissare i posti, registrati i nomi sul solito inutile librone e controllati i passaporti, caso mai volessimo imbucarci ad Havelock scomparendo nella jungla e rinunciando per sempre a ritornare, riusciamo finalmente a salire sulla nostra nave che, all’ora fissata, lascia melanconicamente il porto con due colpi di sirena, doppiando il faro delle punta e scorrendo poi velocemente davanti a quella Elephant beach a cui non siamo neppure arrivati, ma che, a vista non differisce molto dalle altre. 

Prima del bagno
Quando sbarchiamo al molo di Phoenix bay è ancora mattino presto e l’albergo saprà consigliarci su qualche giro nei dintorni che meriti. Scartiamo le turistiche anche se vicine, Viper island e Ross island, giacché mi dicono che a parte le rovine delle strutture carcerarie ci sia poco altro da vedere. Il driver si offre di accompagnarci fino a Corbyn’s cove, la spiaggia più vicina fuori città, che ha uno stile assolutamente indiano contemporaneo. Si tratta di una piccola insenatura segnata da una bella falce di sabbia scura incuneata nella costa rocciosa ad est dell’isola. C’è anche qualche banchetto con le solite collanine e braccialetti di conchiglie, mentre famigliole e ragazzi in vacanza dal continente passeggiano sulla battigia. In realtà, quasi nessuno si bagna, specialmente le ragazze, drappeggiate in sari colorati o nei più castigati salwar camiz che coprono completamente ogni traccia di nudità. Molti però fanno la coda per usufruire di un giro sulle rumorosissime moto d’acqua che fanno la spola fino all’isolotto di fronte alla spiaggia, caricando fanciulle che squittiscono di eccitazione. Poi qualcuno stende tra i palmizi una coperta e compaiono i vari onnipresenti cesti da picnic. 

Bewarw the crocodiles
Qualche vacca passeggia tra i gitanti, ma con discrezione, tenendosi alla larga per non essere scacciata come i cani questuanti. Si accontenterà degli avanzi che spesso rimangono ad insozzare la spiaggia. Purtroppo non è ancora chiaro che i tempi sono cambiati e che, un tempo i rifiuti, tutti organici, scomparivano velocemente, anche grazie all’aiuto degli animali che popolavano i dintorni, adesso invece, la metà dei residui prodotti è costituita da plastica, che le vacche anche con grande volontà, vista la fame atavica, non riescono a far sparire. Quindi la spiaggia è irrimediabilmente piuttosto sporca (anche grazie ai consistenti lasciti delle vacche stesse) e prima o poi anche qui ci sarà una sorta di violenta avversione diffusa verso la incolpevole plastica, invece che verso la stupidità di chi la utilizza senza preoccuparsi del suo smaltimento. Ma non turbatevi, tutto ciò è comune in ogni parte del mondo, si punta sempre al dito colpevolizzandolo invece di guardare alla luna. Poi ci si buttano sopra i politici che fiutano l’osso del consenso facile, magari inseguendo qualche masaniello populista da strapazzo in cerca divisibilità. Ma intanto lasciamo stare e godiamoci l’acqua calda del mare del sud anche se piuttosto torbida e ricca di alghe. 

Dal Bunker
Direi che non bisogna far troppo caso al cartello giallo che consiglia prudenza, causa coccodrilli marini, che comunque con il casino che c’è qui intorno, saranno sicuramente andati a rifugiarsi in qualche posto più tranquillo. Tra le mangrovie lontane dalla città. Sugli scogli che delimitano la baia ci sono ancora tracce di bunker giapponesi eretti in fretta e furia durante l’occupazione del ‘42, messi lì a monitorare questo avamposto del golfo del Bengala, su cui ben poca attenzione era stata posta prima di allora. Dalla feritoia puoi controllare tutta la spiaggia e difendere facilmente l’approdo da qualunque tentativo di sbarco. Chissà cosa avrà fatto la guarnigione lasciata a guardia di questo avamposto, una fortezza Bastiani a guardia del nulla, non già ai margini di un deserto infinito, ma qui in mezzo al mare blu scuro, quello che oggi invece si vuol far passare per un paradiso. Va bene che allora ci sarà stata sicuramente una bella botta di malaria a tenerli vigili e preoccupati. Nella laguna retrostante la spiaggia intanto, un pescatore lancia una rete con mossa esperta. I piedi a mollo nell’acqua bassa, fa un largo giro a pendolo con la corda trattenuta nella mano destra, poi con una larga sventagliata getta i pesi lontani il più possibile. 

Light & sound
La grande rete si allarga come un fiore, conquista spazio risalendo verso l’alto, poi raggiunta la massima estensione scende lentamente come un paracadute, adagiandosi sull’acqua che a poco a poco la accoglie in sé, la sommerge, la lascia scendere a fondo, insidia muta e mortale per chi le passerà sopra. Dopo poco ecco che con rapida mossa, l’uomo tira la fune centrale che chiude il sacco e poi è solo questione di forza per recuperare il tutto, mentre l’acqua fuoriesce liberandola dal peso e lasciandola infine emergere completamente, ma, ahimè desolantemente vuota. Duro anche qui il procurarsi cibo, con la sola forza delle braccia. Intanto il sole comincia a scendere alle nostre spalle, baluginando tra le fronde della foresta retrostante. Ce ne torniamo in città. Ci sarà il tempo dopo cena per lo spettacolo Light&sound all’interno della Cellular Jail (che non c’entra nulla coi telefonini, che al tempo nemmeno c’erano). Ci sono tutti gli ingredienti, il venditore di magliette ricordo, la gran folla nazionalista commossa davanti alla sofferenza della propria gente che ha loro donato l’indipendenza ed il fascino delle luci che giocano sulle superfici bianche dei muri e delle celle. Bene, è venuta l’ora di andarcene a letto, ci sarà il tempo di rimuginare sul senso di questa puntata sulle isole, mentre ce ne torneremo nel continente a cominciare la prossima storia.

Vita da spiaggia

SURVIVAL KIT

Haywizz Hotel – Quasi in centro. Piuttosto comodo e abbastanza nuovo. Camera doppia tra i 50 e i 60 Euro secondo stagione. La hall non presenta benissimo ma il resto delle camere è valido, tutto nuovo, pulito, camere spaziose, AC, TV, ventilatori, frigo, acqua bollente e bagno bene attrezzato e tutto funzionante. Il wifi non va granché. Ottimo invece il ristorante, cena sulle 350 R a testa, camerieri gentilissimi. Naan squisiti e croccanti.

Corbyn’s Cove - A 5 km dal centro. Vi ci portano senza problemi i vari tuktuk o taxi, essendo la spiaggia più vicina alla città. Posto non molto grande e piuttosto affollato. Spiaggia digradante con acque poco profonde e piuttosto ricche di alghe. Ingredienti vari da spiaggia, in stile indiano, poca offerta di rifornimenti. Posto indicato per capire come gli indiani intendono la vacanza al mare. Per cercare altre spiagge dovrete fare invece molti km in più o andare sulle varie isole, pernottando quindi altrove.

On the Beach



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