giovedì 30 luglio 2020

La fiera del libro di Fenestrelle

La fiera del libro di Fenestrelle

Non è per dire, ma qui siamo in uno dei centri culturali del mondo, La fiera del libro di Fenestrelle, manifestazione che si ripete da innumerevoli anni e anche in tempi di COVID non ha mancato di portare la sua presenza su quella che ormai si può definire la fortezza d'Europa, la grande muraglia piemontese ovvero il forte di Fenestrelle e che presenta come tutti gli anni una sterminata quantità di titoli e di libri e di gadget vari e che quest'anno presenta last but dont least, anche una quindicina di miei titoli, il mio personale the best of. Allora non cominciamo a buttare lì con sufficienza che di libri ce ne sono talmente tanti che uno più, uno meno è lo stesso, insomma essere presente con i propri lavori in cotanta manifestazione è sempre una gran soddisfazione.  Grazie quindi di cuore all'amico Corrado che ha voluto ospitarmi nella sua kermesse e se passate da queste parti non perdete l'occasione di dare un'occhiata oltre che alla nostra fortezza, anche a questa bella fiera, che ogni anno smentisce l'assunto che gli italiano non leggono o quantomeno leggono poco. Io vedo sempre tutta gente che esce con buste piene di libri! 

Il mio spazio


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Ritorno ai monti sorgenti
Montagne antiche.

mercoledì 29 luglio 2020

Teologia dello gnocco


La panchina di Balboutet
Ieri ho mangiato dei deliziosi gnocchi alla fonduta. Devo dire davvero notevoli. Bisogna rimarcarlo, ma i piatti semplici spesso sono i più difficili da fare in maniera magistrale. Qui si partiva da patate coltivate a 1650 metri, che si sa con la montagna il gusto ci guadagna e la fonduta era fatta di toma locale. Ora lo gnocco, non è così facile da fare bene. O si sente troppo la farina, o il gusto della patata è poco avvertibile o la sua consistenza è troppo sfatta e si sfilaccia in coltura o al contrario ti ritrovi delle palline di gomma che potrebbero rimbalzare a lungo sbattendole per terra. Perla fonduta poi, si sa che può risultare troppo allungata o non bene sciolta coi fastidiosi pezzetti di formaggio che rimangono seminascosti nella crema, per non parlare poi se diventa filosa o se il formaggio di partenza non è saporito al punto giusto. Ben nel nostro caso le deliziose palline erano proprio della corretta morbidezza e non sentivi affatto affiorare il sapore farinoso, al contrario emergeva netto il saporoso gusto di patata gialla di buona consistenza, chi sa se si trattava di Bintje, una delle varietà migliori per gli gnocchi, anche se ormai caduta in disuso per la bassa produzione o chissà mai se non fossero addirittura le mitiche Piattelline, mito patatoso ormai scomparso tra queste valli. E la fonduta era correttamente densa, saporosa anche se delicata. Una abbondante pioggia di parmigiano appena grattato ha ricoperto le tondeggianti rugosità del piatto fino a formate una armonia davvero rara. Sì, devi dire che li ho mangiati di gusto ed il fatto che fossi con cari amici all'aperto nel giardino di questo gradevolissimo agriturismo di montagna, con lo spettacolo della valle verdissima sotto di noi e le montagne di fronte, ha dato una mano ulteriore. Non perdo ulteriore tempo a raccontarvi della polenta con civet di cinghiale e del bonet fatto in casa. Già non si vive di solo pane.

Pian dell'Alpe

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lunedì 27 luglio 2020

Luoghi del cuore 40: I laghi di Plitvice

Laghi di Plitvice - Croazia - agosto 1990

I cevapcici
La Yugoslavia, nel'90, era una meta fin troppo vicina, ma allo stesso tempo piuttosto esotica per noi del nord est, in quanto faceva sempre parte di quel mondo tecnicamente oltre cortina, anche se per la verità quella cortina era in corso di totale e completo sfaldamento, visto dai più, sia all'interno che all'esterno come una auspicata ed a lungo attesa liberazione, da pochi invece con il timore di disastri in arrivo, della cui portata non si riuscivano ancora ad intravedere i limiti. Questo valeva assolutamente per quella Yugoslavia, ufficialmente ancora territorio unitario, nella realtà percorsa da crepe centrifughe, in attesa di esplodere da un momento all'altro. Di tutto questo in realtà non si percepiva, dal di fuori, assolutamente nulla. Così col mio bel camper usato, che aveva sostituito il vecchio topone grigio, ceduto ad un prezzo di affezione, in sostanza presi gli stessi soldi di quanto l'avevo pagato, ci accingemmo a farci un mese di agosto al completo, lungo un itinerario che doveva scandagliare con attenzione tutte le aree del paese, dove ero già stato, certo, ma sempre a spizzichi e bocconi, senza avere la possibilità di vederne le parti più interessanti e magari segrete. Della Croazia, che già conoscevo per un lungo soggiorno marino nell'isola di Krk, quando ancor giovine si correva di qua e di là senza mete precise in cerca di quella che era la movida della fine degli anni '60 e cioè il cazzeggio marino, tra bagni vicino al bagnasciuga e gelati in riva al mare, guardando da lontano le ragazze in bikini, mi interessavano le città della costa con le loro vestigia storiche da Spalato a Dubrovnik, da Zara a Sibenik, che ci godemmo appieno campeggiando di fronte alle isole Incoronate.

Cascate
Il mare della Croazia, dalle rive tormentate e piene di insenature dall'acqua verde smeraldo erano un richiamo irresistibile, ma anche volevo ritornare nel bellissimo parco di Plitvice, che avevo già visto precedentemente, anche se solo di passaggio. Devo dire che la bellezza di questa zona costituita di una serie di laghi comunicanti tra di loro, tra cascate e passaggi d'acqua, è davvero impareggiabile e ce li godemmo per tre o quattro giorni, passando da uno specchio d'acqua all'altro, navigandoli con barchette a fondo piatto che penetravano tra i canneti, tra un turbinio di paperelle ed aironi, fermandoci sulle rive a mangiare rasnici e cevabcici alle bancarelle di grill nascoste nei boschi. Mi figlia era eccitatissima per quel sentore di selvatico e tuttavia di languore bucolico che la zona ispirava in ogni suo angolo e soprattutto per la vita un po' selvatica del campeggio tra i boschi. In realtà c'era pochissima gente in giro pur essendo ad agosto e non saprei dire se perché la zona non era ancora stata scoperta dal turismo di massa o se perché invece non si sentisse nell'aria qualche refolo stonato di quanto stava aggirandosi in quel mondo e che era ormai in procinto di deflagrare. Quando, ebbri di bellezza e di toni verdi e blu, tra acque calme, scrosci di torrenti argentati, spessi muschi che coprivano il sottobosco fitto e misterioso, nel quale si potevano raccogliere porcini di dimensioni considerevoli, ce ne tornammo verso la costa, non avemmo davvero il minimo sentore di quello che si stava addensando come un nero temporale. 

Venditrici di pancette
Solo in un campeggio vicino a Zara, trovammo un gruppo di ragazze che rideva e si divertiva nella zona comune. Qualcuno suonava una chitarra e i giovani, come da ogni parte del mondo si scambiavano occhiate allusive. Forse parlavano della ripresa delle scuole in autunno, forse dei loro progetti per gli anni a venire. Nell'aria, da lontano, dalle colline adiacenti si sentirono dei colpi forti, come delle esplosioni in successione. Un aria cupa scese sul gruppo e la chitarra smise di suonare, le ragazze di civettare tra di loro. Non si capiva bene di cosa si trattasse, tuttavia i ragazzi smisero di ridere e alle nostre facce interrogative, una biondina dai lineamenti delicati, ma con gli zigomi alti dal taglio slavo e gli occhi da gatta, ci disse, - State tranquilli, sono dei pazzi che girano per le colline e hanno voglia di far casino, sparando a vanvera dappertutto, ma li metteranno a posto presto, non c'è pericolo -. Dopo pochi mesi la fiamma della guerra più tremenda e crudele dell'ultima metà del secolo, a poche centinaia di chilometri da casa nostra, deflagrò in tutta la sua violenza bestiale con atti di crudeltà, che non pensavamo potessero essere più possibili nel nostro mondo. E invece per oltre dieci anni quella terra bellissima si ricoprì di sangue, per la più parte innocente. Bisogna pensarci a queste cose, quando l'odio che spira potente è ancora solamente verbale e i più pensano che si tratti soltanto di sciocchezze. Quando partono le guerre civili e dall'odio parlato si passa ai fatti, non esistono più limiti a quanto l'efferatezza umana può scatenate tra genti che pochi mesi prima erano vicini di casa, che magari si guardavano soltanto di storto. Bisogna ricordarselo sempre. Partimmo per il mare senza penarci più, mentre l'orrore stava montando la panna.

Piccola turista




domenica 26 luglio 2020

Luoghi del cuore 39: Tra i grattacieli di New York


Primavera al Central Park - New York - USA - maggio 1990

Rollerblades
Come si fa a non amare New York? O quantomeno a non rimanere a occhi spalancati per le sue strade diritte piene di umanità varia, che inevitabilmente ti fa sentire al centro del mondo. E ci sono stati anni, verso la fine del secolo scorso, dove davvero qui nasceva tutto, le idee, l'arte, il modo di vivere che poi con calma si allargava a macchia d'olio e diventava proprio del resto del pianeta. Ci andai nel '90 e la trovai come me l'aspettavo, ripiena del germe della globalizzazione totale che si sarebbe impadronita del pianeta, un'aria straordinariamente eccitante e densa di promesse. Ahimé spesso nelle cose si vede solamente la parte migliore e si tende a sottovalutare o a non vedere del tutto le inevitabili problematiche, che ci sono sempre. Solo che il buon senso prevederebbe di massimizzare i vantaggi e minimizzare i contro e non è facile, alla fine si tende sempre a vedere solamente una delle due parti della barricata, quella dove uno è rimasto, con la testa per lo meno. Ma allora me la godetti davvero. Era un maggio spettacolare e il sole caldo colorava il Central Park di verde e di magliette che a centinaia punteggiavano i prati, i palestrati che correvano sui rollerblades, i giardini, le aree meno battute; sullo sfondo la linea frastagliata dei grattacieli che formavano lo skyline della città. Pranzammo in uno di quei ristoranti nel parco visto in tanti film dove ebbi il mio primo contatto con l'insalata Ceasar. Manhattan l'ho sentita come un cuore pulsante che batteva forte, con il traffico che scorreva potente nelle sue arterie principali. 

Il Panamerican
Times Square, il centro di questa folla in perenne movimento che sembrava non fermarsi mai qualunque ora fosse e ti faceva sentire sempre e comunque in ritardo, come se il tempo mancasse e dovessi comunque rinunciare a qualcosa. Appuntamento serale con la mia prima T-bone steack, un momento mistico che mi rese definitivamente vegano di secondo grado, nel senso che tutte le vacche in fondo mangiano solamente erba e in quella famosa steackhouse, capii che ormoni o non ormoni, la carne davvero buona la devi mangiare in quel modo e non in altro e che la fettina nostrana, in fondo non è vera carne. Certo ci stavamo solo tre giorni e le cose da fare e da vedere erano troppe. Dovetti così fare la dolorosa scelta se rinunciare al Moma o al Metropolitan. Optai per la visita del secondo, ma anche lì tutto di corsa, senza potersi fermare troppo alle mille cose interessanti che ci sarebbero state da gustare con calma. E ancora di corsa tra Chinatown, Little Italy e Tribeca o col naso in su davanti al Rockefeller centre e ai palazzoni dell'ONU.  C'era poi l'Empire con la sua carica storica, ma anche le torri gemelle, che la storia l'avrebbero vissuta dopo e il grattacielo della Panam, dove Federconsorzi aveva un intero piano. Sic transit gloria mundi. Mancava pochissimo al tracollo impensabile per una compagnia di quella potenza, distrutta poco dopo dalla bramosia famelica dei politici, per i quali era soltanto uno degli spuntini che via via venivano loro forniti, vassoio di arrosticini da succhiare per poi sputare via gli ossi inutili. Chi ci ha lavorato con passione per tanti anni, invece, carne da macello da buttare via allo stesso modo, mentre le iene politiche via a cercare altro sangue da succhiare, altre realtà da rovinare. 

All'ONU
Ma questa è stata un'altra vita, che ormai non macina più. Gli amici di allora, compagni di quel viaggio, ormai invecchiati, qualcuno anche morto di Covid, tanto per cambiare. Passeggiammo per le lunghissime avenue, numeri solamente, che non danno diritto ad un nome specifico, residuo di un passato inutile anche se recente, carezzammo il toro, rimanendo lontani dall'orso, in quella Wall street, dove qualche anno dopo sarebbero scesi gli impiegati col cartone pieno delle poche cose della loro scrivania. Invece proprio qui, sotto il ponte di Brooklin, altro must del mio immaginario, salii per la prima e di certo ultima volta della mia vita, su un elicottero. Era un piccolo guscio da 4 posti, che faceva il giro della città, dando una inconsueta ed affascinante vista dall'alto. Il pilota aveva fatto il Vietnam, come ci tenne subito a precisare e quando cominciò a ondeggiare tra i grattacieli, desiderando evidentemente offrire ai suoi passeggeri una emozione in più, lo stomaco mi salì subito in bocca, rendendomi comunque quella esperienza indimenticabile. Passando davanti al Chrysler decisi definitivamente che quella sarebbe stata l'unica esperienza di quel genere anche per il futuro e quando passammo con un ampio cerchio davanti alla statua della Libertà, mi chiesi ancora, perché non avevo optato per il giro in battello che portava fino all'isola. Sono scelte che sei costretto a fare e poi magari rimpiangi per il resto della vita, perché poi a New York non ci sono mai più tornato. Così l'aereo rollò sulla pista verso Chicago dove invece tornai spesso, complice il mio nuovo lavoro.

In elicottero




sabato 25 luglio 2020

Luoghi del cuore 38: Le case di Bamberga


Altes Rathaus - Bamberga - Germania - agosto 1989

Case
C'è stato un tempo in cui mi ero fatto convinto, direbbe Montalbano, che in fondo la Germania fosse un paese di interesse limitato, in cui al massimo si mangiavano wurstel e crauti e del quale, io, per lo meno, non riuscivo neppure a capire la lingua. Cantonata più grossa non potevo prenderla, infatti fin dalla prima volta in cui vi misi piede seriamente per un periodo un po' più consistente, prima c'ero al massimo passato alla svelta senza troppo approfondire, devo confessare che me ne innamorai prontamente e confermo che nelle volte successive che ho avuto l'opportunità di stare in questo paese, non ho mai trovato niente che mi facesse cambiare idea. In quel primo giro serio, avevo programmato un bell'itinerario per la Baviera, che ha tali e tanti punti di interesse da poter essere meta completa di un viaggio completo a partire da Monaco, città di grande piacevolezza, anche se non ci arrivi solo per l'Octoberfest, che comunque è sempre una bella manifestazione, anche per il solo vedere le floride ragazzone del padiglione della Paulaner che portano dieci boccali da litro ognuna, cinque per ogni mano, senza apparente fatica, arrivando di corsa fino ai tavoli dei trincatori professionali ai quali, quando sei lì, ambisci di far parte. Ma tutto all'intorno sono la sequela di paesini, di castelli isolati e di paesaggi verdeggianti che percorri senza posa, sia seguendo la Deutsche Alpenstrasse, tra villaggi dalle case affrescate come ad Oberammergau o i laghi blu incastonati tra le montagne, che parte dalla deliziosa Lindau e corre lungo il confine meridionale fino al Konigssee. Oppure seguendo verso nord la Romantischestrasse, da Fussen col suo meraviglioso castello, a Wurzburg tra chiese gotiche e barocche, stradine acciottolate, antiche mura e monasteri. 

Insegne
Tuttavia se dovessi scegliere il luogo che mi ha affascinato maggiormente, darei assolutamente il primo posto a Bamberga, una cittadina medioevale sul Meno, ricchissima di antiche case e palazzi d'epoca, nonché centro importante per la produzione della birra, cosa che non guasta. Come sempre non è tanto la bellezza del singolo monumento, ma l'aria che si respira e l'unità che presenta l'insieme delle costruzioni a rendere un luogo unico. Certo ci sono anche qui dei pezzi forti straordinari, come il Duomo imperiale tardoromanico, davvero imponente; la antica e la nuova residenza dei vescovi; l'abbazia del Monte di S.Michele con un importante monastero barocco; l'elegante palazzo della Bottingerhaus del XVIII secolo; le pittoresche case dei pescatori della Klein Venedig ed il maestoso castello di Altenburg. Ma la palma assoluta la darei all'Altes Rathaus, il vecchio municipio del 1386 che sorge, gemma preziosa proprio in mezzo al fiume, su una sorta di isoletta rocciosa, collegato alle rive opposte da due ponticelli. Davvero splendido con la sua facciata sul fiume con i gialli graticci stretti, quasi appeso in equilibrio precario sull'acqua sottostante. Un colpo d'occhio unico e ragguardevole che ti rende subito il luogo indimenticabile. Tutto intorno sa di antico, sembra ancora aleggiare qui il rumore della famosa caccia alle streghe che fece una vera e propria strage nel 1600, oppure la cupa aria in cui qui si svolse il rogo dei libri, il 1 luglio del 1933 dopo il quale iniziò la persecuzione degli ebrei. Insomma arte e storia, con la serata da finire in una delle tante birrerie dalle volte ad arco in pietra, testimoni che anche tra tanta bellezza può covare il germe dell'orrore che rende l'uomo capace di andare dalle più alte vette della genialità fino agli abissi peggiori in cui riesce ad avventurarsi l'animo umano.
Facciate



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