giovedì 30 marzo 2023

Lebanon 16 - Deir el-Qamar

Nostra Signora della Collina - Deir el-Qamar - marzo 23


Un balcone

Prima di lasciare definitivamente il Chouf con la catena di montagne del monte Libano alle spalle e le sue sommità ancora coperte di neve che fanno da ineguagliabile sfondo, bisogna ancora fare una tappa importante, la cittadina di Deir el-Qamar, importante al punto da essere inserito nella lista provvisoria dell'Unesco, grazie all'insieme di edifici storici presenti, soprattutto attorno alla sua piazza (midan) dove un tempo si svolgevano i tornei, con una grande fontana al centro. La loro uniformità architettonica ed il loro perfetto stato di conservazione, te la fanno apprezzare particolarmente come accade quando giri per le stradine dei nostri paesi dell'Italia Centrale, ma a mio parere, al di là dell'interesse artistico delle costruzioni, il tutto contribuisce molto a farti capire il meccanismo che ha tenuto insieme per secoli i popoli di questa terra. Infatti nel breve spazio che si snoda attorno alla piazza centrale, tagliata adesso dalla strada, ci sono, uno vicino all'altro, il caravanserraglio che rappresenta il centro della vita commerciale che ha reso ricca l'area e che sta sempre alla base dello sviluppo di un luogo; i palazzi del potere (saraj) delle due famiglie che si sono succedute nel tempo a governare e i tre edifici religiosi, l'uno accanto all'altro fin quasi a toccarsi, il monastero maronita con la chiesa di Nostra Signora della Collina (Saydet al-Talle), la Sinagoga e la Moschea Fakhreddine. 

Il palazzo

Quasi tutto è stato edificato tra il XV e il XVI secolo, cosa che rende il colpo d'occhio molto omogeneo e particolarmente piacevole, ma è proprio questa vicinanza degli edifici religiosi che ti fa capire il significato di convivenza pacifica tra le diversità, che evidentemente nei secoli passati era la regola. Di certo il potere in quei tempi riteneva opportuno, non soltanto consentire, ma financo prendere parte attiva e finanziaria alla costruzione di spazi dedicati allo svolgimento delle pratiche religiose diverse dalla propria e bisogna appunto considerare che qui siamo in piena roccaforte drusa. Insomma si prevedeva che questa tolleranza religiosa a tutto campo, fosse il fondamento del vivere civile, anche se la convivenza gomito a gomito di gruppi etnici così filosoficamente contrastanti, non ha mai condotto ad alcuna mescolanza, anzi una rigida divisione è sempre rimasta per secoli, ma incredibilmente senza provocare contrasti importanti. Cosa è successo quindi dopo? Questa discrasia è difficile da interpretare, se non accettando che si sia trattato di un insieme di fattori concomitanti, dovuti soprattutto ad un fattore di debolezza interna crescente, che ha fatto diventare sempre più pressante e generatore di contrasti, l'influenza delle pressioni politiche esterne dei paesi vicini, in cerca di spazi e di predominio sull'area mediorientale in generale. 

Il caravanserraglio

Da un lato la Turchia che, prima con l'impero Ottomano e successivamente con la sua conclamata volontà di diventare punto di riferimento per il vicino mondo islamico; Israele, che ha maturato un perenne ed insanabile desiderio di essere militarmente più potente di tutti i paesi arabi circostanti, per superare la sua sindrome da accerchiamento che la fa diventare sempre più pretenziosa di controllo unilaterale. La Siria poi, che da sempre considera il Libano una sua propaggine non autonoma; l'Iran, che nel voler imporre la causa sciita, da sempre considerata sorella minore e poco apprezzata dell'Islam, è in cerca di revanscismo imperialistico; infine i paesi del Golfo e l'Arabia Saudita, che da cammellieri del deserto, il potere del petrolio ha trasformato in debordante potenza economica, che vuole imporre con la forza del soldo, la sua visione di un Islam Sunnita pesantemente tradizionalista, che si sente superiore a tutte le altre confessioni sorelle. Insomma tutte queste pressioni si sono tradotte nell'ultimo secolo, in contrasti nuovi e violenti che hanno reso il posto della precedente convivenza tranquilla, che evidentemente non era minata da queste pulsioni soprattutto di natura economica e di potere, in un crogiolo di violenze e di guerre sanguinose. Insomma, a mio parere naturalmente, il denaro ha scoperchiato il vaso di Pandora e rimettere insieme i cocci provocati da questa ventata di violenza del tutto insensata, è oggi quasi impossibile, perché tutto questo ha fatto nascere e montare odi insanabili, che anche dopo generazioni rimangono a covare sotto la cenere anche quando, come ad esempio, in questo momento, tutto sembra essersi tranquillizzato. 

La moschea Fakhreddine

Basta una scintilla per riaccendere l'incendio, insomma. Intanto mentre scende la sera, tu puoi passeggiare sulla antica piazza, salire nel grande palazzo dell'emiro druso Fakir ed-Dine, oggi sede di tutta una serie di attività culturali, salirne sul tetto che è diventato un magnifico belvedere, da cui ammirare le montagne bianche alle spalle e le costruzioni attorno, le cui pietre si tingono di oro alla luce del tramonto. A lato, la moschea con il suo basso minareto ottagonale dalla forma inusuale, la sinagoga ormai chiusa dato che gli ebrei sono tutti emigrati, mentre al tempo della sua costruzione facevano parte apprezzata dell'entourage dell'emiro, le arcate del grande caravanserraglio dove si portavano sete e gioielli da scambiare nel mercato e al di là della piazza il palazzo (seraj) dell'emiro Yussef Chebab, della dinastia succeduta nel XVIII secolo, oggi sede del municipio. Ancora dopo, la grande chiesa maronita, tra i primi edifici costruiti in quello che è da considerarsi come il periodo d'oro del Chouf, naturalmente anche questa, sorta sulle vestigia di un antico tempio fenicio dedicato ad Astarte, come è consuetudine quaggiù, come se un luogo ritenesse in sé una sacralità imprigionata nella pietra, insita in qualche sorta di incrocio di forze sovrannaturali che spirano dalla terra stessa. 

L'entrata

Il tempio sembra sia stato distrutto da un terremoto nel IX secolo, e su queste rovine nacque un primo nucleo crociato, successivamente distrutto dai saraceni e poi ricostruito con ampliamenti successivi fino alla forma attuale. E' quasi sera e nella chiesa si sta svolgendo la messa. Entriamo silenziosamente, questo è il vantaggio di viaggiare in pochi, riesci a vedere molto senza disturbare troppo. La grande navata in penombra è percorsa dal canto dei pochi fedeli presenti e l'atmosfera è decisamente coinvolgente. Sull'altare l'icona sacra e naturalmente miracolosa, dipinta, guarda caso, nell'800 dall'artista italiano Guerra, domina la sala ed è centro dell'illuminazione. Alle pareti qualche altra icona più antica, con la scritta araba alla base, una commistione perfetta, che sposa le leggende nate intorno alla chiesa stessa. Si dice infatti che un emiro Druso, vide una luce sorgere forte su questa collina e spedì i suoi uomini a cercare, scavando nella terra, col compito, se avessero trovato un simbolo islamico, di costruire una moschea, se al contrario il simbolo fosse stato cristiano una chiesa. Pensate a quale era la mentalità del tempo. Si trovò allora una pietra antica che portava su di sé i rilievi della luna oltre che una croce e chiesa fu. 

L'ingresso antico con  la pietra famosa

La pietra della leggenda fa ancora bella mostra di sé sull'antico e minuscolo ingresso della costruzione primitiva, fatto così per impedire l'entrata a uomini a cavallo, ma a ben guardare la pietra riporta anche il simbolo che noi inopinatamente chiamiamo del sole delle Alpi e non voglio aggiungere altro. Così comprendi anche il significato del nome del paese che letteralmente significa il Monastero della Luna e mai nome fu più centrato. L'intrecciarsi dei significanti femminili con il mondo etereo lunare è rimasto inalterato nell'umanità a partire dalle veneri steatopigie della preistoria, fino alle nostre Vergini cristiane. Intorno alla chiesa adiacente a quello che era un monastero è ormai scuro, l'atmosfera sacrale, un misto di rispetto e di accettazione per tutti coloro che nei secoli hanno vissuto in pace qui intorno e che oggi cercano di dimenticare se possibile, i contrasti latenti che turbano la pace del luogo. Il piccolo campanile a lato costituito solo dagli spigoli laterali che ne sostengono le minuscole campane, non ha pareti, come se la statua della Madonna che ne domina il pinnacolo rimanesse sospesa nell'oscurità della sera, lievemente illuminata dagli ultimi chiarori del sole ormai scomparso, che ne confondono i margini, come lì ancora ci fosse una Astarte primigenia, l'eterno femminino adorato da sempre dall'umanità.


Deir el-Qamar


SURVIVAL KIT

La piazza
 Deir el-Kamar - (il Monastero della Luna) - Uno dei punti chiave del Chouf, facilmente raggiungibile, a soli 5 km da Beiteddine e poco più di 20 da al-Mukhtara. Potrete vedere il centro storico del paese in un'ore circa. Particolarmente suggestivo arrivarci al tramonto, quando le pietre gialle delle costruzioni assumono una sfumatura dorata molto pittoresca. La sinagoga mi risulta al momento chiusa. L'atmosfera, sia all'interno della chiesa che per le vie del paese, è decisamente coinvolgente. La prima domenica di agosto si svolge una grande festa religiosa maronita con una processione che porta l'icona sacra circondata di fiori, dall'inizio del paese fino all'interno della chiesa, con la partecipazione di migliaia di fedeli. All'interno potrete andare alla scoperta delle successivi rimaneggiamenti con i materiali da costruzione degli edifici precedenti riutilizzati. Noterete anche colonne bizantine, tanto per capirci. Prendetevi almeno un'oretta per vedere tutte le costruzioni da vicino e per dare un'occhiata panoramica dal tetto del palazzo sulla piazza. Meglio due naturalmente per godervi tutto con calma o fermarvi a chiacchierare con qualche abitante seduto davanti agli edifici.

L'interno della chiesa


Se ti è piaciuto questo post, ti potrebbero anche interessare:

Bovindo ottomano
Leb 11 - I Cedri

martedì 28 marzo 2023

Lebanon 15 - Al-Mukhtara palace

Il palazzo al-Mukhtara- Libano - Marzo 23



Prima corte
Satolli e soddisfatti, il sole ancora alto nel cielo, facciamo un'altra decina di chilometri verso sud per raggiungere Al Mukhtara (l'eletta, la prescelta), una località affacciata sulla valle dove ha sede un altro magnifico palazzo, che al di là del suo interesse architettonico, permette con la sua storia, di capire meglio l'anima di questo paese. Infatti il villaggio è quello di origine della importante famiglia libanese dei Jumblatt, che "governa" il Chouf da quasi due secoli e nel tempo ha qui costruito, abbellito e ingrandito a dismisura una imponente magione. Il leader druso Walid Jumblatt, capo della famiglia, guida attualmente il Partito Progressista ed è figura di spicco nel paese. Ora, potrei dire che la politica libanese è così complessa e intricata, con le sue suddivisioni e le implicazioni religiose, con l'aggiunta delle pesanti influenze esterne al paese, da renderla poco comprensibile a chi, non essendo libanese, non ne conosce le continue evoluzioni avvenute nel tempo ed anche i concetti europei di destra e sinistra sono qui talmente sfumati e confusi tra di loro, da non renderli applicabili alla realtà locale secondo le nostre sensibilità. Quindi non tenterei di raccontarvi l'aspetto politico della attualità locale, quanto piuttosto di osservare le situazioni socio ambientali dell'esercizio del potere. Qui, di fronte a questo sontuoso palazzo, anche dal di fuori, indovini la mescolanza delle parti antiche con i rimaneggiamenti più recenti, segno di una rilevanza di potere rimasta costante nel tempo. Infatti ancora oggi, tutti i week end, la famiglia Jumblatt ed il leader, tornano, non tanto per il giusto riposo dalle fatiche del lavoro settimanale, quanto per ribadire la loro presenza di capo politico difensore degli interessi locali. 

Cortile con sarcofago romano

Qui ogni settimana vengono infatti ricevuti in udienza pubblica, come già si faceva con i pascià dell'800, tutti coloro che lo richiedono, per chiedere giustizia su qualche controversia locale, o semplicemente per chiedere aiuto in caso di bisogno, sia esso di natura economica che di rimostranze nel caso si ritenga di aver ricevuto qualche ingiustizia, da parte del potere centrale, quasi si trattasse di un tribunale di seconda istanza o comunque di una lobby attraverso la quale far prevalere gli interessi personali o di comunità. Insomma, come se qui contasse molto di più un mammasantissima che ha a cuore i fedeli della propria comunità, rispetto ad una superiore legge nazionale. Tutto questo è molto ottomano, come modo di sentire e questo ricevere i questuanti, da parte di chi ha il potere locale è un modo di agire che si perpetua nei secoli e mantiene qui evidentemente la sua importanza. Questo fa ben capire come poi, in sede nazionale, le divisioni dei gruppi, che rimangono fondamentalmente su base etnico religiosa, siano così ferme e le spaccature rimangano insanabili nel tempo, rimanendo cause di contrasti anche violenti. Dunque eccoci qui davanti al castello e al suo portale in ferro battuto dipinto di bianco che riporta come fregio ornamentale una scritta coranica. Capiremo dopo che non di una porta si tratta, ma dell'accesso alla nuova moschea e che le scritte significano Allah e essere umano, a ribadire l'unione assoluta. In realtà il palazzo, essendo una residenza privata, è visitabile solamente con uno speciale permesso, ma noi ce l'abbiamo, eheheh, e quindi eccoci penetrare nel primo cortile interno, accompagnati da una guardia armata, appositamente incaricata a questo scopo, che gonfia i muscoli da body guard, mentre ci fa strada lungo le scalinate che conducono all'interno del palazzo. 

La Mercedes dall'attentato a Kamal Jumblatt

Come spesso accade, questa imponente costruzione è la sommatoria di successivi ampliamenti nati in un sito che già conosceva la presenza dell'uomo nel neolitico, evidentemente posizione dominante e luogo da cui è naturale esercitare il potere, e poi di tutte le dominazioni succedutesi in questa terra, quindi storia comune che ritroviamo dovunque in Libano. Sono infatti state qui ritrovate diversi centinaia di reperti di preistorici comprendenti punte di frecce, armi e vasellame, La costruzione, edificata su vestigia già risalenti al IX secolo, da questa famiglia, nasce nella sua progettazione attuale, agli inizi del 1700, dallo sceicco Att Jumblatt e successivamente ampliato dal pronipote Bashir agli inizi dell'800, costruendo poi il frantoio pubblico, ma anche, pur essendo Druso, nel paese di al Mukhtara, sia la moschea che la chiesa maronita, tanto per capire come funzionavano fino al passato recente le convivenze tra le religioni.  La visita, giustamente procede per i quattro palazzi della tenuta che occupa quasi cinque ettari, attraverso una parte, per così dire pubblica, che comprende una sorta di Museo che racconta la storia della famiglia Jumblatt e di tutte le attività meritorie che questa ha intrapreso per il bene del paese, a partire dall'esposizione della Mercedes nella quale fu assassinato Kamal, il padre dell'attuale leader nel 1977, in piena guerra civile. 

Un tavolino del museo

Tanto per cercare di capire le complessità degli eventi, pare che l'attentato, non sia avvenuto per mano dell'opposta fazione composta essenzialmente dalle milizie cristiane, come sarebbe naturale sospettare, ma preparato dagli stessi Siriani che sulla carta erano i principati alleati, da quasi trenta anni della fazione Drusa. La macchina, come si vede nella vetrina del primo cortile di ingresso, fu crivellata di colpi ad un posto di blocco. Da allora si è aperto un solco deciso con le pretese siriane che hanno continuato ad insistere sul paese, con la successiva creazione delle milizie Hezbollah e l'invasione militare, e con la probabile implicazione anche nella morte dell'altro leader Hariri, nel 2005. Insomma un bel casino diremmo noi. Comunque la biblioteca museo della casa è molto interessante con una esposizione di tutti gli oggetti importanti e anche curiosi, come motori e astrolabi, che raccontano la storia della famiglia, la ricca documentazione iconografica e la quantità di libri in continuo arricchimento e catalogazione, che vogliono rimarcarne anche l'importanza nella vita culturale. Naturalmente si pone l'accento soprattutto a quanto la famiglia ha fatto per il paese e la vista prosegue nella zona del Divan, dove appunto il sabato vengono ricevuti coloro che chiedono udienza. All'esterno poi il palazzo è riccamente decorato dai reperti ritrovati nella zona appartenenti alle varie epoche come un imponente sarcofago bizantino che occupa un cortiletto interno, monumentali capitelli corinzi, l'ammam e le macine degli antichi mulini del frantoio ospitato sotto imponenti volte in pietra, insomma una esposizione orgogliosa di potenza e soprattutto di presenza su  un territorio, direi molto significativa. 

La moschea

La guardia barbuta ci accompagna passo passo, sempre attentissima a non essere fotografata, conscia del suo incarico di pubbliche relazioni, volta a magnificare la grandezza della famiglia e infine ci guida verso l'uscita che passa davanti alla nuova moschea dalle volte a croce costruita in stile assolutamente innovativo dall'architetto Kadi, che ne ha voluto fare un monumento alla tolleranza tra le varie fazioni dell'Islam e di tutte le religioni ed inaugurata solo nel 2015. La struttura stessa è completamente anomala e non presenta le consuete cupole e il minareto, ma mostra una struttura di bianche lame di acciaio che si appoggiano all'edificio, come a formare un velo che si innalza come una torre, così che la luce e l'aria le attraversino liberamente in contrasto col colore della pietra dell'edificio preesistente, evidenziandone le scritte. Lo stesso grande tappeto della preghiera è rivoluzionario, presentando un motivo in bianco e nero unico nel suo genere e che rappresenterebbe una registrazione astratta del linguaggio parlato, raffigurando le onde sonore di una recitazione coranica, come spiega l'artista Hamdan che lo ha progettato. In effetti, ha ragionato l'architetto, il Corano non prescrive alcuna particolare forma per gli edifici religiosi e questa scelta fortemente voluta dal leader Jumblatt esprime proprio questa volontà di apertura e di vicinanza tra cultura drusa e Islam e la tolleranza verso tutte le religioni. Prima di salutarci il nostro accompagnatore barbutissima, ci fornisce anche la guida illustrativa che racconta la storia completa di questo sito. 

Celebrativo della famiglia Jumblatt

SURVIVAL KIT

L'ulivo

Palazzo al-Mukhtara - Nell'omonimo paesino, questa imponente costruzione formata da quattro edifici, rappresenta una bella occasione per conoscere una realtà che va decisamente al di là dell'aspetto squisitamente artistico ed architettonico, raccontando, oltre che la storia recente del Chouf e del paese, anche uno spaccato di vita sociale, importante per capire il Libano. Io, insisterei con la vostra agenzia perché si fornisca del permesso per effettuare la visita, che tra l'altro è gratuita, incluso il libro guida. Molto belle comunque le strutture dei due palazzi principali, che con i successivi ampliamenti mostrano un bell'esempio di architettura ottomana dell'800. Non mancate l'ulivo millenario del primo cortile. 






Se ti è piaciuto questo post, ti potrebbero anche interessare:

Il Divan con fontanella
Leb 11 - I Cedri

lunedì 27 marzo 2023

Lebanon 14 - Delizie gastronomiche del Chouf

Aspettando - Chouf - Libano - marzo 23



Al lavoro

Il Chouf con la sua complessa orografia è tutto un su e giù per strade tutte curve, un saliscendi continuo, tra costa e monte che ti propone un paesaggio continuamente mutevole e piacevolissimo. Adesso siamo di nuovo in alto, i monti della catena più vicini, tali da illuderti di poterli toccare con un dito. Il cielo è completamente sereno e la neve, compatta più in alto, a chiazze negli avvallamenti vicino alla strada, gioca a nascondino ad ogni curva, circondata da gruppi di conifere protettive. Anche se siamo decisamente più in alto, sicuramente oltre i 1500 metri di quota, le case continuano a costeggiare il paesaggio, senza essere più raggruppate in paesi isolati, ma come buttate qua e là ad occupare spazio, almeno i punti più apparentemente panoramici. E si tratta di case di nuova o nuovissima costruzione, almeno a prima vista, come se qui, come un tempo da noi, una potente volontà di cementificazione sia seguita ad un periodo recente di prosperità economica che abbia vitalizzato una moda di seconde case, dove venire a passare la calda estate che di certo incombe sulla costa, almeno ad un ceto benestante che ne possa avere la disponibilità. Sono infatti moltissimi i piccoli condomini, alcuni apparentemente ancora non abitati, che si posizionano su alture isolate o si raggruppano in vallette panoramiche. Insomma questo Libano non finisce mai di stupire nelle sue continue contraddizioni. Tuttavia questa area, di certo vicina ad un passo tra le montagne che scavalca la catena per scendere nella successiva valle della Bekaa, è un'area vacanziera che ha ampliato a dismisura, in tempi recenti, i precedenti gruppi di abitazioni. 

Varianti

Ci fermiamo lungo la strada. C'è un negozietto con un paio di tavoli fuori, un forno a vista e tre ragazzi dalle facce allegre e la risata facile che si danno da fare dietro ad un bancone, tutti infarinati. Sono amici di Joelle e accreditati di fare una delle migliori similpizze del Libano. Tocca provare per forza. Neanche il  tempo di sederti e subito qualcuna delle palline di pasta già pronte, vengono stese in dischi sottilissimi, ricoperti da materiali vari raccolti da differenti scodelle e messi in forno per pochissimi minuti, che il supporto è così fine da diventare croccante in pochissimi minuti, così da farle uscire fumanti e golosissime quasi mentre ancora stiamo disponendoci attorno alla tavola. Neanche il tempo di fare qualche scatto per commemorare l'evento ed eccole lì le nostre spianatine, dai colori diversi. Una di certo cosparsa completamente da uno strato di carne finemente tritata, altre con formaggio e vegetali diversi, un'altra rosata con erbe sminuzzate, un'altra ancora ripiena e ricoperta di sesamo a pioggia, tutte esprimenti effluvi di spezia, profumate e accattivanti. I bordi  delle spianate, tirate al massimo e per queste diventate larghissime, sono rivoltate all'interno, come per impedire al condimento di debordare e hanno assunto quel colore caramellato sulla sommità delle bolle rigonfiate per la lievitazione, che promette un delizioso contrasto col ripieno. Il morso è particolarmente godurioso, visto che mescola la croccantezza del supporto alla sapida morbidezza del materiale sopra profuso, in una sapiente mescolanza tra prodotti, pomodoro, altre verdure, carne e aromi, tali da renderle indistinguibili tra di loro, dato che hanno ormai sposato un nuovo gusto unico. 

Ripiene al sesamo

Davvero buone, divise a fette, così da poterne gustare tutte le varianti, raddoppiando o triplicando quelle che maggiormente hanno causato maggiore salivazione alla sola vista. Insomma dopo un poco abbiamo ingordamente fatto il pieno anche se, in tutto, con una bibita, ce la caviamo con un paio di $ a testa. I ragazzi sono molto soddisfatti di come abbiamo apprezzato il loro lavoro e mostrano una certa orgogliosa consapevolezza di saper fornire un prodotto che piace. Li salutiamo dopo un po', disposti a scendere a valle più satolli e tranquillizzati dal fatto che anche oggi non moriremo di fame, anche se si comincia a maturare la consapevolezza di come questa sia una eventualità molto improbabile se non impossibile in questo paese, quantomeno se hai qualche soldo in saccoccia, ma la salita in macchina dura solo qualche centinaio di metri, in quanto c'è un'altra tappa da non perdere e da smarcare sul calepino del cercatore di angoli segreti. Infatti ecco un altro negozietto sulla strada, apparentemente chiuso però. Ma una scaletta al fianco conduce più in basso ad un giardino nascosto davanti ad una casetta rivolta alla valle. Joelle chiama all'interno e qualcuno esce ad incontrarci. Qui troviamo una famiglia al completo, apparentemente composta di sole donne, tra madri zie e due ragazze giovani, le figlie, con anche qualcuna altra che finge da aiutante. 

Il laboratorio

Si sono messe da qualche anno a produrre biscotti e paste secche, creando così un laboratorio familiare e un negozio che a quanto si dice, si è guadagnato una certa fama nella zona. Scendiamo subito nell'ampio locale dove vengono prodotte le loro specialità. Hanno appena sfornato i biscotti alla mandorla, piccole mezzelune delicate, dal colore ambrato appena spolverate di zucchero a velo che emanano un profumo straordinario. Tutto intorno grandi vassoi che mostrano tutte le varianti della produzione. Frolle piccoline, palline sgonfiotte caramellate e golose, sfogliate e crostatine velate di confetture locali, e molti altri formati evidentemente di gusti e consistenze diverse. Ovviamente parte subito l'assaggio compulsivo. Bisogna subito dire che queste frolle alla mandorla sono assolutamente deliziose. Si sfarinano immediatamente al primo morso e ti riempiono la bocca di un ampio gusto fragrante, impastandotela un po', come a richiedere un sorso di una bibita fresca di agrumi o di orzata, chissà. Tra la morbidezza della pasta senti la granulosità delle mandorle spezzate grossolanamente che, masticate, spargono ancor di più il loro aroma tenue e avvolgente. Anche le altre varianti sono buonissime. In fondo alla sala vedo anche una grande teglia con quelli che, dalla forma inequivocabile, sono identici ai nostri baci di dama. Due semisfere appena appena bombate unite da un velo di cremina per tenerli attaccati. Mi profondo subito in spiegazioni che le ragazze, che appena si nascondono dietro i loro lunghi veli candidi, accolgono con interesse, anche se il nome con cui da noi sono conosciuti, muove risolini di appena simulata pudicizia. 

La varietà dei biscotti

Naturalmente evito di fotografarle, anche se quei deliziosi visi da madonnine lo richiederebbero morbosamente, ma è per non metterle in difficoltà, senti subito infatti la loro ritrosia mitigata appena dalla necessità dello svolgersi dell'attività commerciale, scopo finale che tutto consente, naturalmente nei confini dell'ammissibilità. Le vecchie sono ancora più ritrose, ma tuttavia c'è una bella sensazione di amichevole cordialità. Il turista, si sa, è bestia franca a cui sono concesse licenze maggiori e poi porta grano, quindi gli è ammesso qualche strappo alla regola, tanto poi se ne va per sempre e non disturba più. Sono tutte appartenenti alla stessa famiglia di Drusi che abitano questi monti da generazioni. Comunque bisogna assaggiarli questi baci, anche se qui il mio campanilismo feroce non può che fare un paragone impossibile con i nostri baci di Tortona e guai a nominarli, con i famosi ed ineguagliabili, mi spiace, Baci della pasticceria Gallina, vanto alessandrino, che duole dirlo, ma sono, senza tema di smentite, i migliori del mondo. Tuttavia le ragazze meritano davvero un plauso per l'intraprendenza e la qualità offerta e non si può lasciare la casa senza un pacchettino di un chiletto dei fragilissimi biscottini, confezionato a mano con amorevole cura dalle ragazze, visto anche il fatto che costano solamente 7 $, dopo esserci profusi in saluti e accompagnati fin sulla strada. Insomma qui non puoi scendere in un posto senza poi lasciarlo con qualcosa in mano, oppure nella pancia, meglio se in entrambi. Ma è venuto il momento di scendere a valle che di cose da vedere ce ne sono ancora parecchie per oggi.

Le teglie sfornate


Se ti è piaciuto questo post, ti potrebbero anche interessare:

Leb 11 - I Cedri
Alla carne ed erbe aromatiche
Leb 9 - Nostra Signora dell'attesa

domenica 26 marzo 2023

Lebanon 13 - Beiteddine

Palazzo Beiteddine - Cortile interno - Libano -marzo 23


La filanda francese abbandonata

Continuiamo, in una mattinata chiara e sorprendentemente accompagnata da un piacevole tepore primaverile, a percorrere le strade del Chouf. Dalla presenza di tante costruzioni importanti, case fortificate, castelli ed edifici pubblici e religiosi, sorprendentemente ben conservati nonostante i sommovimenti e le guerre avvenute in questa area, comprendi subito come questo sia sempre stato un territorio molto importante per il controllo del potere in terra libanese. Ma non soltanto, la zona è sempre stata anche ricca, intanto perché ha avuto sempre una sua rilevanza politica ed essendo sempre stata residenza dei governatori o presunti tali, messi qui dai vari imperi, ultimo quello Ottomano, a raccogliere le tasse, si deve considerare che qui girava il soldo, unito al potere e per questo si erano sviluppate molte attività economiche legate all'agricoltura, ma anche alla nascente industria, ad esempio le filature nate con l'espansione della produzione di seta, che conobbero qui un vero boom durante l''800. Se ne vuoi una testimonianza, basta fermarsi lungo la strada che risale una delle colline verso Deir el-Qamar e da una deviazione abbandonata ormai trasformatasi in un sentiero pieno di rovi, arrivi a quella che era una delle più importanti filande del paese. Un edificio tipico, costruito secondo i canoni europei per queste produzioni, stretto e lunghissimo, dove operavano centinaia di donne che provocarono, con il lavoro, per la prima volta esterno alla famiglia, una vera e propria rivoluzione sociale e di mutamento di costumi. 

L'ingresso esterno

Oggi possiamo parlare solo più di archeologia industriale, ma la presenza di una grande quantità di gelsi nei dintorni che ancora sono rimasti, provano l'espansione avuta quaggiù dall'allevamento del baco da seta. D'altra parte la produzione di stoffe è stata tradizione fenicia da millenni. Ma la gemma del Chouf non è molto lontana e ci arriviamo infatti dopo poche curve scendendo lungo la valle. Si tratta di Beiteddine, come viene denominata oggi, da Beit ed-Din (الدين بيت Bayt al-Dīn, la casa della fede), un palazzo residenziale e di potere, costruito dall'emiro Bechir II Chebab, su un preesistente luogo religioso Druso. Si tratta di  uno dei più importanti monumenti storici del paese, passato allo stato già nel 1840 e trasformato in palazzo del governatore del Chouf prima e dopo l'indipendenza, in residenza estiva del Presidente della Repubblica e finalmente oggi, con gli opportuni restauri, trasformato in museo. Obiettivamente è un bellissimo esempio dell'architettura libanese ottocentesca, che mescola richiami europei alle forti influenze orientali, dato che nella sua progettazione si è avvalso del lavoro di architetti tanto per cambiare italiani e di artigiani siriani di grande qualità. Nell'edificio, dalle dimensioni sterminate, anzi sarebbe più corretto parlare di più edifici che si allargano attorno a tre enormi cortili, si riconosce subito una zona bassa ed in larga parte sotterranea, che avvolge il primo cortile di rappresentanza, una sorta di piazza d'armi nella quale avvenivano le sfilate, spettacoli e le manifestazioni, che fungeva da scuderia per gli almeno un migliaio di cavalli dell'emiro. 

Le scuderie

Tutta questa arte ospita attualmente il museo che raccoglie una spettacolare collezione di mosaici bizantini dal IV al VI secolo, provenienti dai tanti luoghi archeologici libanesi, molti dal sito di Jiyeh, la antica Porphiryon, che rimangono ancora oggi una vera miniera a cielo aperto di reperti di ogni epoca, ancora tutta da scoprire. Ora, bisogna dire che l'italiano ha il palato piuttosto raffinato in materia e quindi, subito rileverà che la pur spettacolare collezione non può paragonarsi ad esempio, alla raffinata eleganza di quelli del museo del Bardo di Tunisi o alla ricchezza pur sguaiata e da ricco parvenu di Villa Armerina in Sicilia, ma tuttavia il grande numero dei pezzi esposti e la presenza di tutta la simbologia iconografica tipica del vicino Oriente, che li ha popolati di animali fantastici, di elaborate scansioni grafiche e soprattutto la splendido stato di conservazione degli stessi, ne fanno un unicum che non si può fare a meno di apprezzare e guardare con attenzione. Quindi, dopo la serie degli appartamenti dedicati ad ospiti e visitatori, che possiamo considerare la parte pubblica del palazzo, si accede attraverso l'elegante cortile interno, dominato da una bella fontana, attraverso una bella scalinata, alla parte privata del castello, l'harem, con una serie di bellissime sale ancora ben arredate con materiali di epoca, che mostrano bene come si svolgesse la vita privata all'interno del palazzo, tra i cosiddetti Divan, le sale di ricevimento, tra sedili, tappeti e cuscini e una ricca serie iconografica d'epoca che mostra tutti i personaggi che hanno usufruito del palazzo nel tempo. 

I bovindi interni

L'atmosfera dall'interno, a cui si accede attraverso un sontuoso portale decorato di intarsi di marmi policromi, illuminato dai vetri colorati dei bovindi in legno che si affacciano sul bel giardino della terrazza sottostante, è particolarmente suggestiva e non fai fatica ad immergerti in questo ambiente d'antan, che immagini tra profumi carichi di spezia e volute di fumo di narghilè, mentre servitori bardati servono caffè turco da grandi pentolini di rame. Passi poi per grandi sale di ricevimento, denominate appunto salamlik, dove venivano ascoltate le varie delegazioni, con le pareti decorate di intarsi di legno profumato e da motivi calligrafici, come di consuetudine nel mondo arabo che, non ammettendo la rappresentazione della figura umana, vecchio retaggio culturale dei movimenti iconoclasti di ispirazione biblica dei secoli precedenti, non volendo rinunciare alla bellezza decorativa, utilizza al loro posto grafie estetiche che recitano versetti del Corano. I soffitti poi, che potremmo definire a cassettoni, sono un continuo caleidoscopio di motivi geometrici scolpiti e dipinti su legno di cedro. Un occhiata al grande mosaico che occupa la parte centrale della terrazza che si affaccia sulla valle, dà un'altra bella scossa di piacevole apprezzamento della bellezza. 

Ingresso alla parte privata

Qualcuno forse esagerando, definisce questo palazzo, l'Alhambra libanese, paragone che mi sembra un pochino azzardato, tuttavia non si può rimanere indifferenti a questo che è di certo uno dei pezzi forti del paese. In effetti, data la scarsità dei visitatori, te lo puoi visitare in tutta tranquillità, cosa che tra l'altro ne aumenta il fascino, permettendoti di girare quasi in solitudine i giganteschi ambienti. Solo qualche militare all'ingresso, più per scrupolo che per altro. Davanti agli appartamenti interni, apparentemente a controllare chi entra, c'è una signora seduta sui gradini di pietra, che lavora ad una sorta di tombolo. Fa, con esasperante pazienza e movimenti controllati e precisi, elaborati disegni con un filo sottile che, ritorto con cura, avanza con grande lentezza. La donna, ha uno sguardo triste e provato, è vedova e non ha alcun tipo di reddito e si è trovata di colpo precipitata in un vortice inestricabile di problemi economici, a causa soprattutto dello svilupparsi della crisi che incombe sul paese. Sta qui tutto il giorno, al momento senza stipendio, nella speranza di potere prima o poi avere un compito ufficiale che possa essere sia pur minimamente compensato. Nel frattempo cerca di tirare avanti in qualche modo. 

Parete in legno

Questa deve essere una situazione piuttosto comune nel Libano di oggi e non si può non pensare che la situazione potrebbe contribuire a far deflagrare contrasti sociali violenti, e qui trovare colpevoli è cosa di grande facilità, con tutte le diversità che ti trovi proprio sulla porta di casa. Ce ne andiamo con lentezza, traversando l'immenso cortile in compagnia di un gruppetto di turisti Iracheni, molto cordiali e disposti alla chiacchiera. Le ragazze, piuttosto disinibite con le gambe cicciotte fasciate in leggins strizzacosce, gli uomini corpulenti, pelati ma con barbacce inquietanti. Questi incontri, anche se fugaci e apparentemente improduttivi, aiutano sempre a scrollarsi di dosso il pregiudizio generalizzato. Anche paesi che giudichiamo popolati solo da immense folle di disperati coperti di stracci, producono invece una classe più o meno numerosa con capacità di spesa ed interessi a noi comuni e anche chi all'apparenza ha l'aria di un tagliagole barbuto che da un momento all'altro immagini estrarre un coltellaccio, bramoso di sangue infedele, alla fine si rivela come un gentilissimo gruppetto di amici, che vuole solamente comunicarti il piacere di un contatto tra genti di paesi lontani, dei quali si è curiosi e interessati. Apriamo gli occhi ragazzi e non solo, che a forza di camminare, salire e scendere altrui scale e ammirare opere d'arte, in fondo comincia a farsi vivo un certo languorino allo stomaco e sarebbe anche ora di andare a cercare l'assaggio di qualche specialità tipica del Chouf. Dai, presto che è tardi.

Grande mosaico esterno

SURVIVAL KIT

Palazzo di Beiteddine - Museo nazionale imperdibile al centro del Chouf, facilmente raggiungibile. Notevole la collezione esposta di mosaici bizantini e le sale del palazzo pubblico e privato che rappresentano anche uno spaccato molto interessante della vita del XIX secolo nei grandi palazzi del potere ottomano. Calcolate per la visita almeno un paio di ore. Nelle sale della parte privata del palazzo di può accedere solamente con la guida. Ingresso per stranieri attorno ai 3 $.



L'ammam

Se ti è piaciuto questo post, ti potrebbero anche interessare:

Fontanella interna





Leb 11 - I Cedri

Where I've been - Ancora troppi spazi bianchi!!! Siamo a 114 (a seconda dei calcoli) su 250!