sabato 19 settembre 2009

The big brother.

Ho frequentato un paio di banche, una piccola e quasi familiare dove, quando entri ti salutano per nome e il cassiere ti dice che l'addebito delle spese condominiali è in ritardo, l'altra molto grande, dove per un piccolo prelievo ti chiedono il documento e nessuno sa chi sei. E' un po' l'eterna dicotomia del paesino dove tutti si salutano e le vie di Hong Kong dove sei anonimo in mezzo alla folla o il condominio di New York, dove nessuno sa chi è il proprio vicino. Due situazioni con aspetti negativi e positivi al tempo stesso che ti fanno ondivagare tra l'abuso di nickname e la voglia di scoprirsi. E non è che la dimensione fisica del luogo porti obbligatoriamente ad una delle due soluzioni. Un esempio l'ho trovato durante un viaggio in Islanda, una terra semideserta grande quanto la pianura padana. Avevamo affittato una piccola Skoda gialla per le tre settimane necessarie a fare con calma il periplo completo dell'isola. Ci si fermava a dormire a casa della gente in paesini di poche abitazioni o in scuole che durante la chiusura estiva mettono a disposizione (pagando) i dormitori degli studenti. Lo splendore naturalistico di questa terra non ha uguali nel mondo. Non c'è altro luogo con una tale concentrazione di fenomeni naturali, paesaggi e panorami così estremi. Cammini sui ghiacciai più grandi d'Europa le cui lingue terminali finiscono nel mare con le foche che abbaiano tra i piccoli iceberg, vai alle pendici di una concentrazione di vulcani che presenta tutte le manifestazioni esistenti della terra nascente, eruzioni, fumarole, geyser, campi di lava, isole intere nate dal mare che crescono e scompaiono in pochi anni, vedi almeno una decina di cascate tra le più belle del mondo per dimensioni e forme diverse, deserti di sabbia nordafricani a pochi kilometri da fiordi scandinavi e molto altro ancora (se non avete capito è un invito alla visita, se vi piace il salmone a colazione e spot gratuito per l'ente del turismo islandese, che mi sarà grato). Le strade sono quasi tutte sterrate e deserte, così quando forammo una gomma vicino a Thingvellir, non fu semplice sistemare la questione aggirandoci per paesini e torbiere con antiche case dai tetti di erba. Quando dopo qualche centinaio di kilometri tornammo a Reykiavik, la piccola capitale ci sembrava una metropoli tentacolare e solo il persistente odore di uova marce che usciva dai rubinetti dell'acqua calda ci certificava il fatto di essere in una terra dove l'energia geotermica la fa da padrona. Riconsegnando la macchina, rassicurammo il gestore che avevamo avuto una vacanza senza problemi e la sua risposta ci lasciò senza parole. "Lo so - disse sorridendo - avete soltanto bucato una gomma...". Il grande fratello, se qualche volta rassicura, generalmente intimidisce e preoccupa. Ce ne andammo perplessi, guardandoci le spalle. Però temo che col casino che hanno combinato gli islandesi con le banche, ci deve essere una falla nel sistema.

3 commenti:

Marco Fulvio Barozzi ha detto...

Ah, ti saluta Trine Magnusđottir, la figlia del gommista.

FEROX ha detto...

Sei stato fortunato che l' acqua calda puzzava solo di uova marce. Se fossi capitato nei villaggi della provincia cinese dello AnHui dove come certamente saprai ora viene utilizzata la bioenergia proveniente dal riciclo del letame, forse il rubinetto non lo avresti neanche aperto... FEROX

Enrico Bo ha detto...

@ Pop - ma chi, quella biondona slavata? mi dicono che adesso se la fa con un pescatore di balene.

@Ferox - e pensa che durante la rivoluzione culturale, nelle comuni agricole, uno dei 17 parametri di merito era anche la quantità di deiezioni prodotte, non so se le pesassero a fine operazione o se facevano un conto forfettario.

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