E' mattina presto in un parco di una città cinese qualunque. L'aria pungente dell'inizio primavera ti lascia respirare bene e tra le piante non arrivano neanche gli odori poco gradevoli di una umanità troppo numerosa per non darsi reciprocamente fastidio. Su un prato un gruppetto di anziani praticano il Tai Ji con movimenti lenti e continui che aiutano a fare spazio tra i pensieri, a rallentare le connessioni tra neuroni, a far fluire con regolarità vagotonica i tuoi bioritmi. Anche i suoni sono lontani, quasi impercettibili, ovattati dallo spazio e dalle distanze. In fondo al giardino, d'un tratto, una percussione netta fa esplodere nell'aria un suono forte e deciso che si spande nell'aria in onde sovrapposte come una pietra gettata sulla superficie piatta di uno stagno. E' una sonorità grave quella della grande campana cilindrica che sta sotto un porticato di colonne rosso laccato a cui un monaco ha spinto, con un movimento ritmato e deciso, il grande batacchio contro la parete ricoperta di minuscoli caratteri in grafia antica. Dura a lungo il suono di una grande campana, pervade l'aria come un liquido denso, scemando a poco a poco come vino che cola gli archetti di glicerina lungo le pareti di un bicchiere di puro cristallo. Lentamente, con spazi precisi e preordinati. Tutte le campane che ricordo danno queste sensazioni. I colpi frequenti ed acuti da un basso campanile bianco della chiesetta di Chamula nel Chapas, il tintinnio delle campanelle dorate dei templi buddisti di Chang Mai, la campana rituale battuta col pestello di legno dei monaci tibetani al monastero di Sera, le grandi campane giapponesi fatte risuonare dal movimento di un tronco basculante, il concerto lontano dalle torri di Notre Dame ed anche l'Ave Maria che alle otto di tutte le mattine, il campanile del mio paesetto di montagna, proprio sopra la mia testa, spara in maniera assordante e ripetuta, eppure non fastidiosa. O ancora le piccole campane che fanno da sottofondo continuo al verde ricco di sentore di spezia di Bali, i tocchi pesanti nella semioscurità della cattedrale di Colonia, il desiderio di farsi sentire dei suoni che scendono dalle cupole a cipolla del grande monastero di Kiev sulla riva del Dnieper ghiacciato, lo scampanio di quelle appese al collo degli animali al pascolo in una valle alpina o quelli un po' più sordi e rapidi dei piccoli campanacci delle capre dei monti del centro di Creta. Diversamente da quasi tutti gli altri mezzi inventati dall'uomo per produrre suoni, questo dà sempre una sensazine di misterico, di trascendente, della ricerca umana di appoggiare la propria debolezza a qualcosa di più forte e tranquillo. Chi ha inventato la campana? Certo qualcuno che cercava la pace interiore. Avrete capito che stamattina non sapevo di cosa scrivere, ma mentre scorrevo le foto che ho in archivio alla ricerca di idee, la vista di questa campana lontana si è subito accoppiata magicamente al vuoto mentale, entrando automaticamente in risonanza. Secondo voi ci vogliono più campane in giro?
venerdì 25 settembre 2009
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Where I've been - Ancora troppi spazi bianchi!!! Siamo a 119 (a seconda dei calcoli) su 250!
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4 commenti:
Qualche prete esaltato potrebbe prendere spunto dal tuo scritto e romperci i timpani. Stai in campana.
Trovo il suono delle campane (di tutte le campane) sempre molto piacevole. Non vorrei sembrare razzista ma proprio non riesco a paragonarlo al suono del muezzin che vorrebbero imporci paragonandolo appunto al fatto che noi abbiamo le campane (sempre meno, purtroppo, in città)
la differenza tra me e mia madre: io l'ho pensato leggendo il post, lei l'ha scritto!
oh, no - sospetto di averlo scritto anch'io!
Caro Enrico, con questo post mi fai venire in mente un altro significato (molto piu' gradito e positivo) per la ben famosa frase "La campana suona per te".
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