sabato 29 aprile 2017

Malaysia 12 - Da Penang a Kuala Besut


Elefanti selvaggi


 
Tapiro malese
Uno dei punti fissi che hanno caratterizzato la preparazione di questo viaggio è stata una mia antica fissa. Volevo vedere il tapiro. Il tapiro malese. Un curioso animale, un maiale proboscidato che alligna solo da queste parti, ben nascosto nella foresta primaria, lento ed assonnato che bruca l'erba che lo circonda e si guarda attorno con l'occhio bovide, esibendo l'aria di chi tanto sa tutto e che alla fine se ne frega di tutto. Insomma l'atteggiamento che aveva, al mitico bar Baleta della mia gioventù, l'avventore che si sedeva all'angolo del tavolo da gioco, dove quattro fumantini giocatori si accapigliavano su quale fosse la carta giusta che andava giocata, scrollando la testa come per far capire a tutti che lui era l'unico capace a giocare, qualunque fosse il gioco, dato che da fuori, comunque, poteva vedere le carte di tutti. Per questo veniva chiamato tapiro e veniva malsopportato anche se la proverbiale tolleranza che vigeva al bar, gli consentiva di continuare ad esercitare la sua sgradita attività. Bene, io ho sempre sognato di arrivare fin qui, in questa Malesia di pirati e tigrotti, presenti nei libri della mia giovinezza, per vederlo di persona questo benedetto tapiro, anche se la sua veste esterna non corrisponde invero a quella della mia squadra, come ho già avuto modo di dire qui. Dunque bisogna sottolineare che un vasto territorio della penisola malese, in particolare quella nord al confine della Thailandia, è ricoperto da una fitta foresta primaria, una delle meraviglie di questo paese, dove, tra gli altri animali più frequenti che vi allignano, bufali selvatici, elefanti, cervi sambar e secondo qualcuno anche tigri e pantere, uno dei più frequenti è il tapiro. 

Rain forest
La strada che attraversa la penisola da Penang fino alla costa orientale, fino a Kuala Besut, in circa 360 km, scalando la parte montuosa centrale, prima di scendere verso il mare, la penetra profondamente passando addirittura in uno dei parchi più selvatici del paese il Royal Belum Park che si estende anche oltre il confine. Il paesaggio è davvero magnifico, essendo la strada circondata completamente da sconfinati panorami di erte colline ricoperte di fitta jungla, dove non indovini radure, ma solo cime di alberi che si perdono nell'orizzonte azzurrino reso pastoso dall'umidità. Cosa nasconde il fitto del bosco? Non certo case e uomini, gli insediamenti sono rari e limitati a piccoli raggruppamenti lungo la strada, ma di certo una fauna ricca e vitale. Infatti spesso i segnali stradali avvisano il pericolo di attraversamento animali, ma mentre da noi al più, la palina utilizzata per la bisogna è quella che riporta la sagoma nera di una mucca, qui spicca l'inequivocabile logo dei miei sogni, il tapiro che occhieggia mostrando il profilo inconfondibile della sua corta proboscide, quella di un elefante mal riuscito, destinato insomma a rimanere un animale minore e con una dignità capestabile, condannato a rimanere per sempre all'angolo del tavolo. 

Il bosco
Così, guidando il mio bolide con malcelata attenzione, buttando l'occhio oltre ogni curva, timoroso che di colpo mi spuntasse in mezzo alla strada il pericoloso animale, magari in gruppo, orda, gregge (ma come si chiama poi un insieme di tapiri?), ho percorso in ambasce tutta la parte centrale della distanza, badando più alla ricerca del desiato animale che godendomi il colpo d'occhio su uno dei più straordinari polmoni verdi del mondo. Beh, accidenti, sarà che lo sapevano e volevano farmi un dispetto, forse sospettando della scarsa considerazione di cui sopra, sarà che i maialoni in questione non amano mostrarsi troppo, ma preferiscono rimanere a brucare erba nel fitto tra le piante, ma alla fine di tapiri, non ne ho visto neanche uno e ho dovuto ritornarmene a casa con la delusione ed il groppo in gola. La bestia si è negata, il curioso mantello bianconero che pure spiccherebbe ben visibile ovunque, non ha voluto mostrarsi, tanto per farmi un dispetto. Così rimuginando e dolendomi per poco non investo quattro elefanti caciaroni, che quelli se ne fregano di nascondersi, anzi attraversano senza neanche guardare e neanche sulle strisce, tanto sono grandi e grossi e la macchina te la sfasciano se gli vai addosso e anche se li eviti, se li irriti al passaggio. 

L'elefantessa
Si trattava di due grandi femmine con due piccoli già abbastanza cresciuti da mostrarsi aggressivi, infatti appena lasciata la strada per riguadagnare l'erba alta che la costeggia, si girano con occhio innervosito, sventolando le piccole orecchie per dimostrare il proprio disappunto, come a dire, fuori dai piedi, non rompere le scatole, tenetemi, tenetemi che se no vengo lì, eh! Anche loro hanno la proboscide certo, ma che differenza dal timido tapiro, che forse soffre un po' questo problema di dimensioni, vista la sua misera e corta protuberanza nasale. Va bene, facciamocene una ragione, accontentiamoci dei pachidermi sfacciati e godiamoci la foresta, davvero affascinante. All'ingresso del parco attraversi un grande lago con una isola centrale di cui raccontano meraviglie, ma gli addetti ad acchiappare visitatori, sono talmente pieni di voglia che ti sconsigliano caldamente qualunque gita nel parco, la barca costa cara, siete solo in due, tanto di animali non se ne vedono, i villaggi degli Orang Asli, i nativi che popolavano l'area prima dei malesi, sono troppo lontani  in fondo non sono  molto interessanti, insomma, voglia di lavorare saltami addosso. Alla fine basta lo spettacolo che si vede sul ponte che attraversa la parte stretta del lago, al di là delle colline più alte, la Thailandia ormai a portata di occhio. Davvero bella questa strada interna. Cinque o sei ore attraverso un'area di natura rimasta uguale da oltre cento milioni di anni, che detto così non ti rendi neanche conto della cifra. 

Arrivare all'isola
Scendendo verso il mare, la presenza umana si fa più visibile, piccoli paesi, qualche stazione di servizio, posti di ristoro improvvisati, la vita civile insomma, che ti fa capire, l'invasività della nostra specie che per vivere deve forzatamente sopraffare e ricondurre ai suoi bisogni l'ambiente che la circonda. Un assembramento più corposo indica che anche qui si sta svolgendo un matrimonio. Arrivano con le auto dai paesi vicini, tende e festoni colorati, musica a palla e tavolone attorno al quale si affollano tutti per mettere nei piatti, vistose porzioni da grandi contenitori fumanti; le donne nei loro vestiti migliori; si sentono risa e canti. In ogni parte del mondo, lo schema è uguale, è uno dei momenti comuni dell'uomo. Un momento di gioia per tutta la comunità, un simbolo comune della continuità della nostra disgraziata specie. Ma bisogna andare, la strada ti chiama, il viaggio on the road è un piacere che non conosce tregua. Ancora un piccolo balzo ed ecco il mare, il Mar Cinese Meridionale è lì, uno specchio di acqua che è sempre stato uno dei crocevia del mondo, oggi ancora più di ieri, importante, dove molti interessi si disputano uno spazio ed una preminenza. Una delle aree chiave del mondo, tanto per cambiare. Ma proprio questo mare ospita alcune delle gemme nascoste più belle d'oriente. Isole dei mari del sud, un sogno dell'immaginario collettivo, che stanno lì ad aspettare il tuo abbraccio.

Da Penang a Kuala Besut


SURVIVAL KIT

Parco Royal Belum - A circa metà strada tra le due sponde della penisola, all'estremo nord del paese. Sull'isola al centro del lago attraversato dalla strada, il centro ricerche ed il punto di partenza per entrare a visitare il parco. Una barca per fare un giro di mezza gornata costa 350 R. per approdare in diversi punti, fare una passeggiata nella foresta e vedere un villaggio di Orang Asli, che non risultano, a sentire i pareri dei visitatori, molto interessanti. Sembra che le probabilità di vedere grossi animali siano piuttosto scarse anche se dovrebbero esserci anche alcuni grandi felini. Possibilità di fermarsi all'interno della foresta pluviale nel vicino resort con una ottantina di euro al giorno. Sceniche viste sul lago e sulla foresta. Un'oasi nel wild insomma, per amanti della natura a prescindere.


Se ti è piaciuto questo post, ti potrebbero anche interessare:




venerdì 28 aprile 2017

Malaysia 11 - Georgetown



Il murale della bicicletta

Chinatown

Oggi post completamente di servizio. Vi voglio accompagnare in una passeggiata, che potrebbe durare una intera giornata nella città vecchia di Georgetown, il capoluogo di Penang, un luogo particolarmente accattivante per la sua omogeneità, poco turbata dagli interventi moderni e per la serie ravvicinata di edifici antichi molto ben conservati, molti dei quali visitabili all'interno. Intanto vi ricordo che questa area è dotata di un servizio gratuito molto fruibile, un bus turistico che percorre un itinerario che conduce attraverso tutti i punti principali della città vecchia e passa ogni 15 minuti dalle 6 a.m. a mezzanotte! Molto utile quando avrete i piedi fumanti. Comunque procuratevi la mappa gratuita distribuita in tutti gli hotel che illustra anche tutti i vari punti di interesse e partite all'attacco, meglio se di prima mattina quando ancora non si è arrivati alla temperatura canonica. Io proporrei di cominciare vedendo prima la zona coloniale, con inizio (1) dalla Torre dell'orologio (Lebuh light), presente in tutte le città delle colonie inglesi e simbolo, con la sua maestosità, dell'opulenza, dell'importanza che aveva nell'800 questa posizione per tutta l'area malese. Subito a fianco (2) il rettangolo che racchiude il forte Cornwallis, la piazzaforte presente dalla fine del '700, quando la città venne occupata sottraendola al Sultano di Kedah che governava su queste terre. 

Nel tempio
I 20 R. richiesti per l'ingresso sono completamente inutili, visto che all'interno c'è solo un prato, le mura sono godibili anche dall'esterno con i loro cannoni rivolti verso la baia. Sull'angolo nordovest delle mura, passerete davanti al (3) War Memorial, un cenotafio per i morti della Prima guerra mondiale che si è sentita fin quaggiù e proseguendo lungo le stesse mura, godetevi le bianche colonne dei due begli edifici vittoriani della (4) City hall e della (5) Town hall tutt'oggi utilizzati come edifici amministrativi. Poco più avanti nella Light street ecco la serie degli edifici (6) della Convent School, la più antica scuola femminile della Malesia gestita dalle suore francesi arrivate dal Belgio a metà dell'800. Nella stessa strada potrete apprezzare l'imponente ed articolata costruzione (7) in stile palladiano della Corte suprema, tralasciando la (8) Casa di Yeap Chor Ee, di un ricco mercante oggi irriconoscibile, occupata da un ristorante, business is business insomma, e infine (9) le belle colonne del palazzo dell'Assemblea di stato, un tempo stazione di polizia. Nella via parallela, la Lebuh Bishop, davanti ad un grande prato verde, ecco la (10) Cattedrale dell'Assunzione oggi in restauro e il (11) museo di stato di Penang che occupa un magnifico edificio che ospitava la scuola pubblica fin dall'inizio dell'800 e che contiene una vasta collezione di antichità cinesi e di foto d'epoca. 

Sposini
Infine la (12) Chiesa di S. George, che troverete spesso aperta, simbolo della armonia religiosa che vanta l'isola, quasi sempre con fedeli di vedetta alla porta, sotto le colonne neopalladiane georgiane, per accompagnarvi in una breve visita. E' giunta l'ora se ancora le gambe reggono di lasciare la parte della città più coloniale per penetrare la zona più propriamente cinese, che comincia già in fondo al giardino con il bel (13) Tempio della dea della misericordia, forse il più antico di Penang, costruito dalla comunità Cantonese taoista. Il tempio è sempre gremito di fedeli che accendono incensi e offrono le loro preghiere all'altare coloratissimo. Poco più avanti, in King street, una (14) piccola serie di 5 o 6 tempietti cinesi di vario tipo, alcuni chiusi, di cui comunque si possono ammirare le facciate, di proprietà delle diverse famiglie di mercanti cinesi che facevano ricca la città nell'800 e più avanti in Lebuh Gereja 29, una delle perle imperdibili della città, la (15) Pinang Peranakan Mansion, fastosa casa del Capitano Chung che ha governato la città nel 1860 durante la guerra di Larut, oggi museo di straordinaria ricchezza da godersi per almeno un'oretta attraverso gli interessanti racconti di una guida, che vi farà apprezzare tutti gli ambienti carichi di barocchi ornati, lavori in legno e le porcellane antiche, gli strumenti ed i dipinti preziosi, le cucine e la straordinaria esposizione di preziosi gioielli e dei tradizionali ricami che occupa una intera ala della casa. 

Salada pranzo della Peranakan Mansion
Una visita imperdibile da godere con calma (ingresso 30 R con guida ben spesi). Più avanti, quasi al porto, il (16) Palazzo delle ferrovie, detto anche l'unica stazione al mondo senza binari, simbolo della passione dei dominatori inglesi verso le ferrovie; più avanti il (17) molo di Church street. Ma scendiamo adesso verso sud, nelle vie più affollate e ricche di interesse di questa Chinatown, dove si mescola confondendosi in parte con una piccola Little India, che ospita un bel (18) tempio, nel classico stile barocco del sud dell'India, il Mahamariamman temple, col suo gopuram popolato di statue coloratissime che rappresentano le 38 manifestazioni della dea, dove lasciare le scarpe, prima di entrare all'interno attirati dai canti dei fedeli che lo popolano. Quasi di fronte la (19) piccola moschea del capitano Keling con la sua cupoletta gialla, quasi sempre chiusa ed in successione il (20) tempio Teo Chew decoratissimo di porcellane e intagli di legno colorato. Questa sfilata di luoghi di culto di differenti religioni, tutti frequentati dalla comunità, è davvero un bell'esempio di convivenza, pensateci un po',  magari mentre sorbite una bibita fresca in uno dei locali delle vicine vie Armenian e Cannon, le più frequentate dai turisti e che esibiscono sugli spazi liberi dei muri, anche dei vicoli adiacenti, una ricchissima serie di murales compositi di dipinti e materiali vari, che attraggono l'attenzione dei visitatori, vicino ai quali che amano fotografarsi. 

Khoo Kongsi Temple
Ancora nelle stesse vie, il bel tempio (21) Cheah Kongsi che esibisce al suo interno una mescolanza di stili malay, cinese ed europeo e soprattutto l'imperdibile (22) e maestoso Tempio Khoo Kongsi, ricchissima esibizione di statue, sculture e dipinti che vogliono rappresentare orgogliosamente la ricchezza ed il potere di questa famiglia che ne è proprietaria (ingresso 10R.). Qui vengono fatte grandi manifestazioni e spettacoli durante le festività cinesi. Sforzatevi ancora un po' per raggiungere al di là del giardinetto dove potrete riposare un poco le estremità su panchine ombrose, la (23) moschea Melaye Labuh Acheh, la più antica e grande della città. Per la verità ci sono ancora almeno una decina di punti di interesse in zona come la casa del Dott. Sun Yat Sen l'inventore del comunismo cinese o altre case di mercanti e piccoli templi cinesi, moschee e chiese. Insomma ce n'è da perdersi e più avete i piedi buoni e più ne vedrete, insomma una scorpacciata di cose belle per fisici allenati. Rimangono alcune chicche fuori città come i due templi buddhisti di Wat Chayamangkalaram, uno in stile thai e l'altro in fronte in stile birmano, con le grandi statue sedute e coricate tipiche dell'amore per il gigantismo di questa religione; lo Snake temple con le vipere che si aggirano attorno all'altare e il Kek lok Si temple, il più grande tempio buddista indocinese, moderno nella sua bianca costruzione che si vede da lontano. 

Le camicie ricamate
Il tempio buddhista
Tralascio qui i moltissimi luoghi acchiappaturisti, come il Birds park, il botanical garden, fattorie delle spezie e dei frutti esotici, i tanti parchi tematici e di divertimento che comunque hanno la loro funzione, amatissime specialmente dai ragazzini. Uno stop gradevole, che il vostro taxi non mancherà di proporvi è un negozio che propone una serie strepitosa di thé, caffé, miele e cioccolata, che è affollatissimo di turisti, ma soprattutto pieno di gentili signorine che offrono non stop assaggi di tutti i prodotti in vendita, munite di thermos ripieni di queste davvero deliziose bevande. Poi se volete comprate senza obbligo. Classica anche la sosta al porto VIP e all'annesso storico albergo di lusso Oriental, sullo stile del Raffles di Singapore. Insomma ce ne sono di cose da vedere e mi scuserete se, con questa breve carrellata, vi ho elencato solo una serie di luoghi senza parlarvi come sono solito delle emozioni che mi hanno provocato. Ovviamente il modo più comodo per fare questi giri, a parte la passeggiata a piedi nel centro per quelli più raccolti, è ovviamente l'auto. Potrete accordarvi con un tassista che di norma chiede 25 R. all'ora, una cifra molto ragionevole. Per non parlar delle spiagge per chi ama il mare. Diciamo comunque che l'isola di Penang vale la visita di almeno un paio di giorni se avete fretta. E per oggi direi che basta, per le emozioni ci sentiamo domani.

Murale contro il fumo

Se ti è piaciuto questo post, ti potrebbero anche interessare:




giovedì 27 aprile 2017

Malaysia 10: Penang


Georgetown - Street art


Il faro
Il localino sotto l"albergo" è scatenato sulle colazioni, c'è addirittura una specie di buffet con verdure, riso e bagne varie. Sui tavoli un ciotolone dove in bella mostra sono ammucchiati fagottini di foglie di banano ripiene di riso. Ci sono anche dei simil muffin alla segatura per accompagnare un bel bicchierone di thé, che oltretutto qui siamo in zona. Un gruppetto di cinesi insiste perché mi serva di ravioloni al vapore, ma riesco a resistere, sfoggiando con destrezza una serie di sorrisi forzati a cui aggiungo una sequela di apprezzatissimi xiéxié; a questo sfoggio linguistico, accompagnato dalla mia proverbiale perfetta pronuncia mandarina, le ragazzotte dall'occhio mandorlato vanno in visibilio e vogliono subito un selfie in mia compagnia, nonostante mi profonda in ripetuti wo pu tong han yu, si sa, il barbuto nel celeste impero va moltissimo, simbolo della saggezza e della bellezza della maturità e posso affermare a ragion veduta che ne ho a strafottere di entrambe, oltre alla modestia naturalmente. Lasciate al loro destino le rappresentanti del regno di mezzo, si riprende la strada che scende al piano. Pochi scendono, mentre ancora una coda continua risale verso monte. Sono le vacanze, si sa e la folla scappa dall'afa della pianura in cui invece noi andiamo a rituffarci. Eh sì, uno dei guai di questo paese è proprio il clima, quei malefici 32/34°C perennemente sempre uguali in tutto i mesi dell'anno, implacabili, senza tregua, conditi da una umidità spessa e unta che te ne fa avvertire una quarantina. 

La baia di Penang
Insomma una goduria per la vegetazione che più rigogliosa non si pò, ma pesantina da sopportare. Così quando arrivi vicino al mare, hai sempre quella sensazione di benessere che si avverte quando vedi l'acqua, la rena della spiaggia e avverti lo sciabordio dell'on da che si frange. L'isola di Penang è uno dei luoghi più noti e frequentati della Malaysia fin dai tempidei contatti commerciali cinesi e portoghesi. Oggi potrebbe avere molti punti di contatti con una Rimini orientale e una costa romagnola in salsa thay, dove stormi di vacanzieri affluiscono con costanza implacabile e che negli anni, niente di nuovo sotto il sole, si è organizzata su questo stile cementificando tutto il possibile. Tuttavia l'isola rimane un luogo ancora piacevole, intanto perché proprio questa natura strabordante gonfia all'inverosimile tutti gli spazi verdi rimasti e la foresta della parte montuosa interna rimane ricchissima e forma una cornice degna per l'affollamento della costa. La funicolare che ti porta sul picco centrale a quasi 700 metri d'altezza, ti offre una bella vista su tutta l'isola con la città di Georgetown e rappresenta anche, nonostante la folla, un luogo di gradevole riposo dove tirare il fiato godendoti un po' di schiamazzo di ragazzine velate che corrono coi coni gelato in mano a farsi foto ricordo sotto gli archi fatti di cuoricini rosa. Zucchero filato e divertimenti d'altri tempi. Donne in sari che ballonzolano chiapponi cospicui e signore avvolte in veli neri; capi famiglia con zuccotti bianchi e barbette salafite colorate di rosso carota e giovani dalle rasature mohicane con ciuffi apicali biondi, segno che anche qui si segue il calcio internazionale, come si vede anche dal proliferare delle magliette milaniste o blaugrana.

Il ponte nuovo
Bambini capricciosi frignano davanti alle mamme esauste che si fanno massaggiare i piedi nell'apposito baraccotto. Insomma vita reale prima di scendere. Ci vorrebbero ore vista la folla ma tu fai in fretta perché tagli l'immensa coda dei poveracci, basta pagare un biglietto maggiorato, da riccone privilegiato insomma e salti tutti a pié pari. Potenza del denaro gente, chi può, può. Anzi se proprio vuoi fare un insulto alla miseria, ti puoi beccare scendendo anche la butterflay farm, una voliera esagerata dove fare il fiore abusivo aspettando che milioni di ali colorate vengano a sbatterti addosso. Ma sì, l'isola è un luogo di vacanza da decenni ed è giusto che tutto sia mirato a far divertire il turista di massa. Però ci sono anche spiaggette isolate, volendo, basta andare al di là di Batu Ferringhi (la rocca degli stranieri, Ferringhi è una deformazione di foreing), il villaggio dove si erano insediati i primi portoghesi e dove ancora trovi un sacco di localini che offrono sea food sulla spiaggia. In qualcuna di queste spiagge, di notte, arrivano ancora, così pare, le tartarughe a deporre. Certo da quando 25 anni fa è stato costruito il ponte di 13 km che la collega alla terraferma, l'invasione si è fatta massiccia, ma d'altra parte se un posto è bello e diventa accessibile, come si può pensare che non si riempia di gente?  Nel 2014 poi è stato costruito il secondo ponte ancora più lungo, per alleggerirne il traffico; quasi 25 km con un andamento sinuoso perché la gente non si addormentasse percorrendolo. 

Street art
Un bel colpo d'occhio specialmente di notte. Intanto c'è da godersi Georgetown, il capoluogo, oltre 200.000 abitanti che vanta ancora un centro coloniale magnifico, dove una serie di edifici antichi sono rimasti assolutamente ben coservati e godibili assieme al quartiere cinese con i suoi templi e le sue case museo dei ricchi mercanti. Ma magari ne parliamo più dettagliatamente domani. Anche le stradine del quartiere sono godibilissime. Qui si è sviluppata una situazione di street art che ha coinvolto molti artisti locali e che richiama un sacco di turisti alla ricerca di una ricca serie di ammiccanti murales, uno dietro ogni angolo e su ogni spazio libero che rimane sui muri. Bisogna fare la fila per farsi una foto vicino alle opere, alcune della quali davvero suggestive. Insomma ti puoi scapicollare in giro per tutto il giorno e ci sono sempre cose da vedere, non fosse per il caldo. Bisogna però alla fine cercare un posto per la notte. L'ideale sarebbe rimanere nella città vecchia per godere dell'ambiente esotico di un'oriente commerciale dove la Cina la fa da padrona. Quindi come logico, finiamo ad una quindicina di km dal centro in un bell'albergone praticamente nuovo, ingannati dal nome (Hotel Sentral) che ha indotto il navigatore a guidarci su strade centripete. Alla fine non hai voglia di tornare indietro e cedi di schianto. Tratti con gli addetti il prezzo apparentemente esagerato, anche se ridotto dalla discussine del 30%, infine prenoti con Agoda tramite tablet, davanti al bancone, a metà prezzo, offerta speciale, ma qui funziona così. 

Batu Ferringi


SURVIVAL KIT

Penang - L'isola delle vacanze per i malesi. Molti luoghi di divertimento classici, parchi acquatici e passeggiate nei boschi. Molte spiagge per tutti i gusti attrezzate non. La sfilata degli alberghi comincia in città e prosegue per chilometri lungo tutta la costa con offerte per tutti i prezzi. Da qui potete riposare tranquillamente o organizzarvi tutte le attività che preferite. Merita almeno un paio di giorni.

Georgetown - La capitale il cui centro è molto ben conservato e con molti punti attrattivi da visitare. Considerate almeno una giornata intera per vedere le cose principali. Preparatevi a priori un itinerario a piedi che vi porti in maniera razionale a vedere tutte le sue attrattive. Caldo e fatica, per cui prevedete soste per abbeverarvi in qualche locale lungo la via.
Butterfly farm - Vicino a Batu Ferringi. Dicono la voliera più grande del mondo con molte parti didattiche ed esplicative sulla vita delle farfalle. Inutile dire che ne vedrete a migliaia. Piuttosto costoso per gli stranieri. 45 R. per over 60. 

Penang hill - Punto più alto dell'isola da cui si gode un panorama unico della baia e del ponte. Teleferica con code lunghissime, ma con una fast way a 60R. Calcolate almeno un'ora. Piccola moschea in cima.

Hotel Sentral Seaview 555 Jalan C M HashimTanjung Tokong, Penang - A dispetto del nome, a quasi 10 km dal centro, unico lato negativo. Per il resto, questo 4 stelle, nuovo e molto bello, è davvero una ottima soluzione, con un magnifico rapporto qualità prezzo. Approfittando delle offerte di Agoda, la camera mi è costata solo 141 R  colazione inclusa. Doppia spaziosa e silenziosa, AC, TV, free wifi, dotazioni buone, pulitissimo, sul mare, piscina, aperitivo di benvenuto, personale gentilissimo, parking coperto incluso se avete l'auto. Taxi per andare in centro 25R. Consigliatissimo. Un po' deludente l'annesso ristorante meglio uscire e andare a uno dei vari seafood a Batu ferringi.


Se ti è piaciuto questo post, ti potrebbero anche interessare:

martedì 25 aprile 2017

Malaysia 9 - Le Cameron Highlands


Le piantagioni di thé


Mossy forest
Le Cameron Highlands, benché sovraccaricate di turismo locale, sono un ambiente davvero affascinante. Il paesaggio che le disegna è frutto di un clima del tutto particolare. Siamo in altura, le colline si spingono fino a 2000 metri, ma in una zona equatoriale calda ed umidissima, grazie al fatto che il clima monsonico porta in continuazione nuvole cariche di pioggia a frangersi sui contrafforti di questa piccola catena di colli scoscesi e selvatici. Il contrasto tra le temperature costringe questo cielo sempre imbronciato e gonfio di acqua a rilasciare continue razioni giornaliere su un terreno che nei millenni si è ricoperto di una fitta foresta pluviale, perennemente, in specie nelle sue parti più alte, avvolta di nubi, la cosiddetta cloudy forest. Bisogna fare una camminata anche breve all'interno di questo bosco oscuro per rendersi conto della sua bellezza e del suo fascino assoluto. Tutta la parte sommitale del territorio è ricoperto dalla Mossy forest, percorsa da sentieri ricavati su passerelle di legno per evitare l'erosione di un suolo e di un ecosistema delicatissimo. Il terreno è ricoperto per oltre una decina di metri di spessore da uno strato di materiale organico formato da foglie e legno in putrefazione, brulicante della vita saprofitica che la popola e la arriccisce continuamente, che si mescolano alla pochissima terra a proteggere la roccia viva. Si dice  che ci vogliano almeno 50 anni per consolidarne un centimetro. 

Fogliame
Questo dà la misura di quanto sia prezioso questo bene naturale. Alberi giganteschi, felci colossali ed erbe mostruose formano una barriera che nasconde completamente il cielo. I tronchi, le liane che scendono come corde minacciose e ogni spuntone roccioso che emerge è ricoperto da uno spesso strato di muschio che penzola come una fitta ragnatela. E' il bosco stregato di Harry Potter con i rami spettrali degli hemlock (Tsuga heterophylla) alti decine di metri, che si allungano come dita nere tra il fogliame. Quando ci cammini dentro, ti senti completamente avvolto da una umidità densa e tiepida; non piove ma sei continuamente ricoperto da uno strato di goccioline che non riesci a distinguere tra acqua e sudore che ti gocciola davanti agli occhi inzuppandoti tutto. Tra il verde cupo occhieggiano orchidee selvatiche, grappoli dai grandi petali di velluto bianco, mentre più nascosti, i maligni calici screziati delle nepentes carnivore si offrono agli insetti più ingenui con i coperchietti aperti a mostrare le carnose sfumature interne, un invito irresistibile al godimento ingordo che porta alla morte. Rododendri di cinque metri paiono mazzi di rosso e viola messi apposta da una mano d'artista ad arricchire le mensole naturali di una natura esagerata. Qui, tra le essenze medicinali che continuamente ti segnalerà chi ti accompagna, puoi assaporare veramente questo ambiente unico e imperdibile, mentre i pochi squarci tra i rami, non mostrano azzurro ma solo il grigio opaco della nebbia che azzera ogni colore. 

Hemlock
Tuttavia bisogna fare conto anche con l'azione antropica che, come in ogni parte del mondo ha contribuito, con la sua presenza necessariamente pervasiva ad incidere profondamente nella formazione di un paesaggio nuovo ed in competizione inarrestabile con la natura selvatica. L'uomo vuole prima di tutto sopravvivere e non ha pietà di niente e di nessuno. La spinta conservativa della natura è sentimento molto recente ed in perenne lotta con la brama di terra di chi cerca di uscire dalla fame atavica, spesso bandiera di chi ha già distrutto ogni cosa a casa sua per affogarsi nello spreco, morendo di sovralimentazione e pretende conservazione e senso di sostenibilità da chi ancora cerca di uscire dalla morte per consunzione. Ma queste sono teorie, nella pratica le cose marciano da sole e anche se oggi una regolamentazione decisamente più attenta a questi temi, cerca con un certo successo di assicurare protezione a determinati ambienti, valutandoli correttamente più che altro in termini economici, dato che la loro fruizione è sempre più apprezzata e apportatrice di benefit commerciali, non rimane che osservare l'attuale stato dell'arte. L'ultimo secolo ha modificato profondamente parte di questo ambiente e l'aspetto agricolo ha disegnato alle falde della foresta un nuovo e altrettanto affascinante paesaggio. 

Dalla terrazza della fattoria Boh
Dato il clima particolare, questa area si è rivelata terreno ideale per la coltivazione del thé, accoppiato ad una altitudine che confersce al prodotto una particolare patente di qualità. Intere colline sono ricoperte dai cespi fitti di questa cameliacea, che intessono reticolati regolari con un disegno di grande bellezza. In mezzo ai mammelloni ricoperti dalle foglie lucide, la fattoria accentra la produzione di questo prodotto d'eccellenza. Dietro, un po' nascoste, le baracche dei lavoratori che raccolgono le tenere foglioline apicali. Anche qui, capisci di essere in un paese abbastanza sviluppato, non ci sono raccoglitori malesi, nessuno, guarda un po', accetta di fare questo faticoso lavoro, ma solo gente importata dal Bangla Desh o dalla Birmania e tutti maschi per evitare che, se fossero donne, finiscano per rimanere qui sposando i locali. I punti comuni di ogni parte del mondo sono molto di più di quanto possa apparire ad una prima osservazione. Se poi scendi verso il paese, trovi ogni genere di fattorie che sbandierano soprattutto il vessillo della naturalità, del biologico, del rispetto della terra, segno che la fuffa del sano e del teobio pervade ogni parte del mondo e paga bene in termini commerciali. 

Degustazione del thé
Qui è pieno di fattorie che vendono miele, ortaggi e soprattutto fragole, tipicità della zona, che l'accoppiata clima e altitudine, garantiscono di qualità superiore. E' vera folla e la strada è intasata di macchine di cittadini che arrivano qui dalla piana e si riempie l'auto di canestrini di rossi fragoloni di montagna. Si arriva all'estremo dell'assurdo, quando, come si vede nei vari cartelli di invito alla visita, un cestino di fragole che costa 10 ringit se acquistato alla bancarella, ne costa 20 se volete l'opportunutà di raccogliervele da soli nel campo della fattoria. Straordinario potere della supercazzola che affascina già nel mondo occidentale il ragioniere che aspira al mondo fatato di una agricoltura inesistente, dopo essere stato tutta la settimana con l'acredine provocata dal chiuso del suo ufficio e che a poco a poco, man mano che il benessere avanza conquista anche l'Oriente. Potenza della moda e del marketing. Rimane comunque il fatto dell'incanto di questo paesaggio davvero convincente. Bisogna meditare sui tanti punti di discussione che sorgono spontanei da tutto questo. Non c'è modo migliore che farlo attorno ad un hot pot, piatto comunitario un po' simile alla bourguignonne o ad altri simili del mondo, di ascendenza cinese, dove però lo chiamano mongolian pot. Ragioniamoci su.

Hot Pot

SURVIVAL KIT

Mossy forest - Occupa una vasta porzione della parte sommitale fino al picco di 2060 m. delle Cameron Highlands. Potete arrivare con mezzi propri al punto in cui è stato preparato un percorso che l'attraversa su comode passerelle di legno. Giustamente non è ammesso percorrerla diversamente. Fa parte di tutti i tour programmati che a seconda dei partecipanti costeranno dai 30 ai 50 R. a persona. Il giro può durare un paio di orette, non è faticoso e alla portata di tutti. I tour completi durano una mezza giornata e comprendono generalmente la visita di fattorie che producono fragole, miele, ortaggi con possibilità di acquisti.
Centro di produzione del thé Boh

Fattoria Boh - La più grande della Malaysia per la produzione del thé, offre l'opportunità di vedere la lavorazione delle foglioline e su una bellissima terrazza situata in mezzo alla piantagione che si è istallata tra queste colline nel 1936, tramite una famiglia di origine scozzese, si può degustare una delle cinque tipologie prodotte dalla ditta. Ovviamente poi, si possono acquistare nel vicino negozio le varie confezioni del prodotto aziendale.

Ferm Nyonya Restaurant - Tanah Rata - Proprio dietro alla costruzione centrale nella piazza principale del paese. Offre piatti cinesi e della cucina locale nyonya. Uno dei punti forti è l'Hot pot, che comprende diversi tipi di pesce, calamari, gamberi, tofu, pollo, carne e verdure da far bollire nel pentolone centrale che sobbolle continuamente, con le varie salse con cui insaporirle. Sui 25 R a testa. Sempre affollato.


Se ti è piaciuto questo post, ti potrebbero anche interessare:

lunedì 24 aprile 2017

Malaysia 8 - La strada per Tanah Rata

In the jungle



Vi ho detto che uscire dalla capitale non è così immediato, vuoi per le indicazioni a cui non sei abituato, vuoi per l'essere ancora un po' ingessato nella guida mancina, mettici per buon peso anche la pioggia e capisci subito che quando hai superato l'ultima barriera dei pedaggi, e anche qui devi capire come funziona il meccanismo, guidi leggero su una bella autostrada che scivola su grandi curve e lunghi rettilinei verso nord, intanto ormai ci hai preso la mano. Il paesaggio è gradevolmente verde e quando la vocina, deliziosamente dolce, ti impone di lasciare il grande nastro che prosegue verso Penang e di prendere la stradina di montagna, tutta curve, che porta alle colline delle Cameron Highlands, uno dei luoghi di vacanza tradizionale già ai tempi coloniali, quando questo luogo, che possiamo definire di montagna, era la meta preferita per sfuggire al caldo torrido della pianura. Sono colline alte e conformate tra le quali la strada si insinua con curve e controcurve continue, dopo le quali si aprono paesaggi sempre diversi. La piovosità intensa e costante in tutte le stagioni, insomma qui o piove o piove molto, producono una vegetazione talmente grassa e rigogliosa da farti sentire circondato da ogni lato da questa foresta primaria fitta ed impenetrabile che tenta, trattenuta a fatica, di mangiarsi la strada se non ci fosse una continua manutenzione. Dovunque spuntano cartelli di attenzione attraversamento tapiri, segno che la fauna selvatica è molto presente e pervasiva. 

La foresta pluviale o jungla, come volete chiamarla, è qui più potente che in tutti gli altri luoghi che ho visto in Oriente e lo sarà ancora di più in Borneo ed è un ambiente davvero affascinante, proprio per questa sua aria di misteriosa impenetrabilità. Appena ti fermi in una piazzola lungo la strada, non puoi non essere morbosamente attirato da quel muro verde, dai grandi tronchi coperti di muschio, ricoperti di epifite avvolgenti che espongono, svergognate, i loro fiori sensuali ed ammiccanti, dalle liane pendenti tra un albero e l'altro, dal sottobosco spesso di foglie e legno marcescente, completamente nascosto da enormi felci arborescenti e da cespugli dalle foglie carnose e colossali. Non ci sono sentieri per penetrarla, non ci sono villaggi al suo interno, solo torrenti e rogge ne scavano tracce sui versanti più scoscesi, a trasformarsi poi in piccoli fiumi tortuosi e marroni di fango che cercano la piana, prima di accettare qualche palafitta sulle rive continuamente sbocconcellate dalle frane provocate dalle piogge torrenziali ricorrenti. Ad una curva ad angolo in cui la via si infossa molto addentro ad una valletta laterale, ecco le balze di una cascatella che scende da terre più alte, in questa stagione ancora modesta, ma che a vedere dai fianchi incavati e contorti, deve avere una portata piuttosto maestoso nel periodo monsonico. Molti si fermano e quindi è subito ricca la presenza di bancarelle in attesa di occasioni. Una cosa compare già qui evidente e mi sarà confermata anche in tutte la altre parti del paese. 
  
La quantità e la varietà di frutta offerta non è così ricca come mi aspettavo e come trovi in tutti i paesi confinanti. Non saprei interpretare il fatto come una mancanza di tradizione specifica o se invece sia causa di un dato climatico particolare, fatto sta che a parte un po' di bananine, qualche ananas e papaya malandata, il resto della enorme varietà di frutta esotica che pensavo di trovare, è scarsa e anche abbastanza costosa rapportata ai prezzi del paese. Certo trovi arance aspre e piccoline, mangostini e durian, pochi manghi perché fuori stagione e molti altri frutti sconosciuti e di poca appetibilità, ma sempre in quantità limitata che ti devi andare a cercare con un po' di fatica.  La strada segue in salita, in fondo in una cinquantina di chilometri bisogna arrivare fin verso i 1700 metri di Tanah Rata, il paesetto al centro delle Cameron. Quando arrivi in zona il traffico si infittisce. Come mai? In fondo siamo in una zona periferica e poco popolata ed è strano vedere tutte queste auto in coda ordinata che procedono sui tornanti prima di arrivare alla cittadina capoluogo. Accidenti, comunque cerchi di programmare ti sfugge sempre qualche cosa. Incidentalmente, nella sosta per il rifornimento di banane da sbocconcellare cammin facendo, quelle deliziose bananine gialle che butti giù in un boccone, vicino alla cascatella di cui vi ho detto, risolvo il mistero. 

Un gentile signore con la macchina piena di figlie vocianti , bardate di hijab colorati e moglie che deborda dalla portiera faticando a richiuderla, mi informa che questa è la settimana in cui le scuole chiudono per le vacanze di marzo e tutte le famiglie vanno in ferie possibilmente al mare o in luoghi freschi della montagna e le Cameron Highlands sono uno dei posti più gettonati. Non ha prenotato l'hotel? Ahiahiai! Saranno dolori a trovare  qualche cosa di libero a parte il fatto che in questo periodo i prezzi raddoppiano. Capirà, le maschere si vendono a carnevale, è la regola base di tutte le economie. Arrivo dunque a Tanah Rata un po' trafelato ed in ambascie. In effetti il paesino è ingorgato di macchine cariche di valige che occupano tutti gli spazi liberi. Opto subito per una sistemazione di fortuna, cercando di chiudere un occhio e di avere la bocca buona e mi precipito in una costruzione sulla piazzetta centrale dove c'è una fila di alberghetti da backpackers di poche pretese e mi assicuro, essendo ancora di primo pomeriggio, una cameraccia basica ma che mi tranquillizza dal pericolo di dover dormire in macchina. La ragazzina che gestisce la stamberga, conscia di avere il coltello dalla parte del manico, allarga le braccia e ripete ossessivamente: You know, it's holiday time e mi estorce una cifra esagerata, salvo poi, vista la mia faccia alla vista della camera, farmi uno sconto di 20 R. Comunque, si faccia di necessità virtù e adesso, sistemate le cose pratiche pensiamo a goderci quanto ci circonda.


SURVIVAL KIT

UMAR Hotel - Centro di Tanah Rata. 1 stella. Uno dei molti affittacamere nella lunga costruzione della piazza centrale, tutti più o meno dello stello livello. 100 R. per una cameretta con il solo letto, una poltroncina sbocconcellata e bagno molto basico, senza neanche saponino e carta igienica (che comunque a richiesta è fornita assiema alla consueta bottiglia di acqua). Comunque una sistemazione accettabile, ragionevolmente pulita e signorina molto gentile. Fuori da questi periodi di punta il costo scende a meno della metà o con la stessa cifra o meno, tra i 10 e i 20 €, ho controllato adesso su Tripadvisor, potrete scegliere uno degli innumerevoli hotel che sono dappertutto di livello superiore. Il vantaggio è che siete in pieno centro e che potrete poi passeggiare intorno per provare i vari ristorantini e organizzarvi le visite nella zona circostante.

da KL a Tanah Rata



Se ti è piaciuto questo post, ti potrebbero anche interessare:


Where I've been - Ancora troppi spazi bianchi!!! Siamo a 119 (a seconda dei calcoli) su 250!