giovedì 31 maggio 2018

Moldova 10 - Tiraspol

I love Tiraspol


L'ingresso in città coi simboli sovietici
Basta una decina di chilometri, passato il ponte sul Nistru e gli acquartieramenti dell'esercito russo, per arrivare alla periferia di Tiraspol, la capitale di questa piccola e fantomatica repubblica di poco più di 3.500 km2 e mezzo milione di abitanti. A questo punto è necessario che vi dia conto di alcune cose che giustifichino il mio interesse quasi morboso per questo luogo a cavallo tra due mondi, uno scampolo di passato tenuto in piedi artificiosamente da fragili equilibri geopolitici. Come molti di voi sanno nella mia vita precedente mi interessavo di export e per un paio di decenni ho navigato nel mondo slavo, con molti periodi di permanenza proprio a cavallo della caduta dell'impero sovietico. Ora, il vivere in prima persona questo mondo così lontano e diverso dal nostro e vederne la inevitabile caduta, con tutti i tragici eventi accaduti dopo, le privazioni e gli imprevedibili accadimenti che si sono succeduti per un intero decennio, con conflitti, disastri economici, speranze disilluse, povertà diffusa, è stata una opportunità unica che, avendomi coinvolto soltanto come spettatore mi ha dato modo di vivere un'esperienza piena di insegnamenti e di emozioni. Naturalmente quegli ambienti avevano tutta una serie di abitudini, situazioni e momenti comuni, consolidati in uno stile di vita che 70 anni di regime aveva reso immutabili e con caratteristiche di unicità che non ritrovavi in nessuna altra parte del mondo.

Il memoriale dei morti nella guerra per l'autonomia
Le code, le monete da 3, certi negozi, le insegne, le statue inneggianti al regime, le fotografie dei meritevoli fuori delle fabbriche o dagli uffici pubblici, i fiori che le spose portavano alla tomba del milite ignoto e tantissime altre. Tutto ciò scomparve in un attimo, dopo il '91, spazzato via dal nuovo nulla che avanzando come una corrente impetuosa, voleva omologare ogni cosa e al più presto a quel mondo occidentale, tanto a lungo sognato, invidiato, temuto e desiderato allo stesso tempo. La ipersvalutazione seguita alla frammentazione dell'impero, che aveva perdutola forza della dimensione comune in cambio delle sovranità bramate, distrusse ogni cosa in pochi mesi, azzerando risparmi, stipendi e pensioni ed aumentando ancora di più il caos e l'incertezza, facendo perdere velocemente memoria di quel passato prossimo appena svanito. Come ovvio, essendo stata questa una esperienza importante della mia vita, mi ha lasciato tutta una serie di nostalgie sopite tipiche dell'anziano in disarmo, che confonde luoghi ed eventi identificandoli con la sua età perduta. Dunque ecco che all'improvviso c'è ancora esistente, questo non luogo che conserva, come freezzata in una scatola del tempo, una situazione che ormai non esiste più in nessun altro luogo del mondo; una sorta di parco a tema che racconta un passato prossimo scomparso. 

Distilleria Kvint e moneta da 5 rubli
Tiraspol ti accoglie con la sua aria demodée, i filobus che scivolano silenziosi nei vialoni che tagliano i parchi cittadini, le poche auto che transitano, molte sono ancora i vecchi modelli sovietici, le Zigulì di Togliatti, le Zaporozec della ZAZ ukrain, copia della 600, ho visto anche una Pobieda degli anni '40, come quella che aveva l'amico Valentin quando mi scarrozzava per le strade di Crimea. Qui le insegne sono tutte in russo come ovvio, essendosi il paese adagiato al 100% sulla Russia putiniana, tra l'altro sua unica sostenitrice economica. Si dice che qui l'economia traccheggi, le vecchie fabbriche sovietiche sono tutte in rovina, le centrali, che fornivano energia anche ai paesi vicini, contribuiscono, con la produzione attuale venduta all'estero, a portare qualche soldo in cassa; c'è qualche fabbrichetta tessile che sfrutta il basso costo della mano d'opera, ma ha grandi problemi ad esportare causa il mancato riconoscimento internazionale, come del resto la produzione agricola. Per la verità al di là della facciata vetero comunista, tutta l'economia è in mano al gruppo privato Sheriff, il cui presidente era, almeno fino al 2011, guarda caso, il figlio maggiore del presidente, che possiede catene di ristoranti, pompe di benzina, supermercati, televisione, distillerie e molto altro secondo la nota formazione delle fortune economiche degli oligarchi russi. 

Il visto della Transnistria e la moneta di plastica
Bisogna anche ricordare che un'intero quartiere della città è occupato dalla antica distilleria Kvint, che tra l'altro produce un eccellente brandy, dovreste assaggiare l'invecchiato 25 anni, oltre a tanti altri distillati, la cui sede centrale, credo unico caso la mondo per un edificio privato, fa bella mostra di sé sulle banconote da cinque rubli. Già, la moneta. Ovviamente la repubblica di Transnistria batte orgogliosa la propria moneta, il rublo transnistriano, di cui può ovviamente fissare il cambio a proprio piacimento, tanto appena fuori dal confine è pura carta straccia che nessuno cambierebbe neppure in dollari dello Zimbabwe. Adesso il cambio è stato fissato a qualche centesimo in più del Lei moldavo, per evidenti ragioni propagandistiche, del tipo, noi siamo sempre un po' più avanti. Sempre in tema monetario è divertente ricordare come al momento della scissione per far fronte alla necessità, si usavano le banconote moldave a cui era stata applicato una marca da bollo. Un'altra curiosità davvero unica al mondo è che la Transnistria ha coniato monete di plastica, simili ai gettoni dei giochi da tavolo, tuttora circolanti. Il palazzo del governo sorge in una bella piazzetta piena di aiuole di rose multicolori. E' stato restaurato, ma la parete ad est è stata lasciata al suo stato naturale, butterata dei colpi di mitragliatore e di mortaio, che l'hanno colpita durante l'assedio rivoluzionario, quando dopo qualche giorno, i funzionari assediati si arresero e furono accompagnati ed espulsi in Moldavia, tra il giubilo della folla russofona. 

Mercato colcosiano
Ma il nostro ritorno al passato prosegue nel vicino mercato colcosiano. Ti ricordi Gianni quando ti accompagnavo, in quelle buie mattine domenicali di gelidi gennai, respirando aria puzzolente di benzina mal combusta, a quello fuori Mosca a cercare un pollo da comprare a peso d'oro dalle mastodontiche Tatiane e Ludmille, a cui il gelo imporporava le guance e la punta del naso! Qui quasi tutto è rimasto uguale, i banchi opulenti di carni macellate, monticelli di pollastri e cosce di maiali, i sacchettini confezionati a mano di tisane di erbe del bosco, la frutta di importazione, banane, kiwi, arance vendute a peso d'oro, le montagne di barattoli di tutte le dimensioni di composte, di frutta, di cetrioli (i famigerati agurzì che non ho ancora finito di digerire adesso); i barattoli di smietana e i tanti prodotti che pensavo scomparsi nelle pieghe del tempo. Non manca nella zona articoli per la casa, la famigerata carta igienica detta La vendetta di Stalin, perché rendeva rossa in modo omogeneo la parte interessata, ma in modo equanime a tutti i cittadini. Ma la sorpresa più emozionante mi aspetta fuori del mercato. Vicino ai pali della luce che sostengono i fili del filobus, c'è un banchetto colorato con un'insegna che mi ricaccia indietro di trent'anni. Una babuska bionda appollaiata sul trespolo accanto, aspetta avventori. Dall'unico rubinetto del banco spilla una bevanda ambrata che distribuisce in piccoli bicchieri di plastica a 2,50 rubli l'uno, 10 cent di euro. Si tratta del kvas, una bevanda fermentata a bassa gradazione alcoolica, massimo 1 grado, ottenuta da pressocché qualunque prodotto vegetale, dalla linfa di betulla ai cereali più vari, frutti di bosco e anche addirittura di mollica di pane avanzato, che andava per la maggiore in tutta l'URSS. 

La bancarella del kvas di pane vecchio
Allora era distribuita in dosatori automatici di metallo, posti agli angoli delle strade, a cui era appeso con una catenella un bicchiere di uso comunitario di alluminio, d'altra parte si era o no nel mondo comunista! Costo di una dose, due monetine di tre copechi, circa 2 cent! (mi ricorda in diretta l'amico Eugenio da Mosca, che ho chiamato per confrontarmi con i suoi ricordi, che anche lì lo vendevano le donnine, a bicchiere e anche a litro a 24 copechi, mentre i dosatori davano acqua gassata a 3 copechi o con sciroppo a 5). Il suo sapore acidulo è un sentore umido e denso che stuzzica ricordi, che molcisce melanconie lontane, odori di neve bagnata e vapori che escono dalla metro e dalle griglie lungo il kalzò, allegria triste di gente che cammina veloce su marciapiedi gelati, stringendo le spalle nei cappotti lisi, con le schapke calcate sui riccioli rifatti in casa, la sera, negli spazi ristretti e litigiosi delle comunalke. Quel fermarsi per un attimo all'angolo del corso a spillare un bicchiere da bere in un colpo prima di andare al lavoro. Ebbene qui, per le strade di Tiraspol il kvas vive ancora con la sua presenza discreta, il suo essere storia di un popolo che resiste, attaccandosi disperatamente al passato, anche quando i tempi vorrebbero, disperatamente cambiare. Poco più in la ecco in vendita quei gelati alla panna burrosa nello scodellino di cialda avvolti nella carta. Non pensavo che li avrei mai più rivisti. Mi siedo su una panchina per ripigliare fiato. I miei anni perduti in un bicchiere di kvas.





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mercoledì 30 maggio 2018

Moldova 9 - La fortezza di Bender


Il generale Potemkin

Il santuario
Oggi sarà una giornata piuttosto speciale. Intanto perché andremo in un paese nuovo (senza vergogna lo dichiaro ufficialmente il 107° della collezione, ci sarà comunque da discutere a causa del fatto che non è riconosciuto ufficialmente, ma se io lo riconosco vale?), la Transnistria, pochissimo visitato, anzi si potrebbe tranquillamente affermare che la maggior parte delle persone non l'hanno neppure mai sentita nominare, quindi un'altra bella medaglia da apporre sul petto, come quelle inutili di cui amavano ornarsi la giacca tutti nella vecchia URSS, ma soprattutto perché rappresenta forse l'ultimo baluardo di Unione Sovietica che si possa trovare al mondo, oggi che neppure la Russia si ritiene ancora legata a quel passato. Diciamo più realista del re. Ma cosa è successo davvero in questa minuscola parte di mondo, un frammento dell'antica Bessarabia, una strisciolina di terra al di la del fiume Nistru, da cui appunto il nome? Nel 1990 qui era distanza la XIV armata dell'esercito russo, a guardia del loro principale arsenale di armi e munizioni in Europa e poiché proprio in quel periodo cominciavano i primi movimenti autonomisti tra le repubbliche che portarono poi al disfacimento dell'Unione, questa fetta di territorio dichiarò la sua indipendenza dalla repubblica della Modavia. 

Il confine con la zona militare
Quando nel 91 la Moldavia si distaccò definitivamente dall'URSS, questo territorio la cui popolazione è costituita per circa un quarto da russi, chiese protezione alla neonata Repubblica Russa che vi mantenne l'armata, con la scusante di dover terminare la messa in sicurezza ed il recupero dell'arsenale presente e delle relative fabbriche di armi, anche se invitata ad andarsene dalla Moldavia ormai indipendente che l'accusava di occupazione indebita. Il tutto sfociò nel'92 in una vera e propria guerra con tanto di bombardamenti ed almeno un migliaio di morti; le truppe russe comandate dal leggendario generale Lebed, occuparono la città di Bender al di qua del Nistru, ribattezzata con il vecchio nome di Tighina, dopodiché tutto fu congelato. I russi rimasero e il territorio fu decisamente russificato, anche se la neonata repubblica non fu riconosciuta da nessuno e neppure dalla Russia stessa che l'aveva difesa, anche se rimase indipendente de facto. Nel 2006 la repubblica venne riconosciuta da due altre nazioni che, esse stesse non sono riconosciute da nessuno, l'Abkazia e l'Ossezia del sud, formando la cosiddetta Comunità per i diritti dei popoli, con lo stabilirsi delle relative ambasciate. Una situazione assolutamente curiosa che procede tra alti e bassi fino ad adesso, momento in cui si sta attraversando una fase distensiva con la firma di trattati di libero scambio.

La palla di cannone del barone di Munchhausen
Questi prevedono riconoscimenti a vari livelli, come per la situazione assicurativa delle auto, delle loro targhe, dei titoli di studio, dei relativi passaporti e così via. Tuttavia al momento il problema più vivace tra i due stati sembra essere il contrabbando, in particolare di alcoolici che vengono prodotti in Transnistria a prezzo bassissimo e che devono solo trovare il modo, la notte, di attraversare il fiume. Comunque, fatto il pieno alla Lukoil, dove se sei abbonato ti fanno anche lo sconto del 3% (ma mi giunge notizia che in questi giorni la benzina ha valicato per la prima volta il prezzo di 1 euro al litro, facendo infuriare un po' tutti), arriviamo alla frontiera dove prima passi il vaglio della dogana moldava, molto attenta soprattutto in entrata, poi transiti nella fascia smilitarizzata, presidiata dai caschi blu dell'ONU (russi) e infine arrivi alla frontiera transnistriana, dove, presentando il passaporto puoi ottenere un visto provvisorio di 10 ore. Subito dopo appaiono le prime case di Bender per una prima sosta al memoriale dei caduti nella guerra contro i turchi della fine del '700, un grande prato verde con le lapidi nere dei caduti, presidiata dalla statua severa di una nostra vecchia conoscenza, il generale Potiemkin, noto da noi solo per aver dato il nome alla famigerata corazzata. 

La fortezza di Bender
Il cimitero affogato in mezzo ai casermoni che benché recenti, portano in sé tutto il loro stile marcatamente sovietico, ha il suo centro in una piccola cappella bianca dove qualche anziana prega assorta e tenendo in mano un cero acceso. Ma il punto di grande interesse della città è la fortezza costruita ed ampliata dal grande architetto turco Mimar Sinan nel 1538 dopo che la città che allora si chiamava Tighina, venne conquistata da Solimano il magnifico, su un preesistente forte in legno. Per arrivarci devi fare uno slalom attraverso i capannoni che rappresentano l'archeologia industriale militare abbandonati dalla vecchia URSS, fatiscenti  e sul punto di cadere da un momento all'altro. Dovunque ammassi di lamiere arrugginite e costruzioni in rovina, montagne di eternit e ciminiere cadenti, tra le quali le truppe rimaste a guardia del classico bidone di benzina abbandonato, tentano di recintare alla meglio gli ultimi spazi in cui si sono racchiusi, un po' per dare un senso alla loro presenza o forse soltanto per impegnare il tempo delle giornate infinite da trascorrere a difendere questa fortezza Bastiani dimenticata. Invece la nostra fortezza che cadeva anch'essa in rovina, è stata ripresa in mano con una sorta di restauro conservativo, dal piglio deciso, che seppure criticabile nella forma ha quanto meno il merito di recuperare un monumento che aumenta di un poco l'interesse turistico della zona. 

Gli spalti esterni sul fiume Nistru
I bastioni e tre delle quattro torri sono state sistemati e anche il resto è in fase di recupero. In fondo è stato creato un piccolo museo che contiene anche un bel modellino raffigurante la fortezza nelle sue condizioni originali, con tanto di sala delle torture e la ricostruzione di qualche macchina da guerra medioevale. Fuori delle mura troviamo un'altra vecchia conoscenza, il busto del Barone di Munchhausen, con tanto di palla di cannone sellata, con la quale raccontava di essere stato sparato fin sulla luna. Il suo posto d'onore quaggiù sembra dovuto a qualcuna delle sue eroiche gesta con le quali contribuì alla sconfitta dei turchi e alla salvezza della città. Anche se era noto per spararle grosse, infatti in un'altra delle sue gesta affermava di essersi trascinato fuori da solo dalle sabbie mobili tirandosi per i capelli, qui hanno voluto rendere merito alle sue imprese, potremmo dire oggi un curriculum leggermente gonfiato, anche se la palla di cannone colora di ironia tutta la commemorazione. Comunque sia la ristrutturazione dell'opera è in corso e dai camminamenti, oltre a riconoscere bene tutta la cinta difensiva esterna (e noi alessandrini in materia possiamo ben dire la nostra) si ha una magnifica vista del fiume che scorre poco lontano. Ma adesso è finalmente il momento di attraversare il Nistru per penetrare in questo piccolo territorio che, per la sua situazione attuale, politica e culturale, rappresenta per me un tuffo nel passato che solo a coloro che hanno vissuto quegli anni del passaggio e in quei luoghi possono dare emozioni di particolare intensità. Già mi batte un po' il cuore. Andiamo.

La piazzaforte


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martedì 29 maggio 2018

Moldova 8 - Una sera a Chisinau


Il parco della  cattedrale

In centro
Con la testa che sta girando un po', si riprende la strada di Chisinau. Tanto mica guido io; Alfredo al volante, che pure amerebbe il buon vino, non ha neanche sfiorato i bicchieri, da queste parti sembra che siano di una severità implacabile per chi guida dopo aver bevuto anche solo un bicchiere di vino; Via la patente, per la multa poi facciamo i conti. Quindi su questo argomento è meglio non scherzare, ricordatevelo se per caso pensate di affittare l'auto e mettervi direttamente alla guida. Stessa severità per i limiti di velocità e in ogni paese che attraverserete c'è il tutor all'inizio e alla fine, con tanto di telecamera che castiga senza pietà, la multa ti arriva a casa con la relativa decurtazione dei punti, oltre le auto civetta senza simboli (le riconosci solo dalla targa governativa, ma se non hai la ultra vista, quando riesci a leggerla, il radar mobile tu ha già beccato. Per fortuna, come in tutto il mondo la classica solidarietà tra automobilisti impone la veloce lampeggiata di fari per avvisare della trappola chi sta arrivando dalla parte opposta. Ma da Cricova alla periferia della città ci sono solo una decina di chilometri e quando arrivi alle cosiddette porte di Chisinau, una serie di palazzoni digradanti dalle due parti della strada rettilinea che ti porta verso il centro, un poco somiglianti alle vele di Scampia, absit iniuria verbis, segnalano l'inizio dell'ingolfamento di traffico che comunque non è mai completamente bloccato come nella maggior parte delle capitali. 

La fontana del parco
Siamo in centro mentre è ancora chiaro, maggio è un bel mese per visitare il paese e approfittare delle ore di luce in più. Così dopo le sei è davvero piacevole passeggiare in centro sulla Stefan cel Mare, affollatissima di gente che si gode la bella temperatura primaverile. Se proprio devo dire la verità, la sensazione che si ricava andando a zonzo per le vie del centro, non è certo quella di un paese poverissimo o male in arnese. Moltissimi negozi belli e pieni di gente, persone che passeggiano ben vestite, un ambiente ordinato e pulito, giardini ben curati, insomma ho visto molti luoghi che davano immagine di sé molto peggiori e dove potevi pronosticare difficoltà economiche e di vita assolutamente diverse. D'accordo mi direte, in fondo questo è il centro, questa è la capitale, dove di norma si concentrano le situazioni migliori ed è vero, tuttavia devo dire che questo sembra un paese che sta crescendo a poco a poco, con una gradualità tutto sommato sana, almeno per quello che mostra in superficie. Certamente contribuisce a tutto questo il fatto che quasi un quarto della popolazione vivendo e lavorando all'estero, contribuisce con le sue rimesse a migliorare di molto la bilancia commerciale, di sicuro la vita nelle campagne è decisamente povera o poverissima, fatta come sarà di assenza di bisogni e di autosussistenza alimentare, inoltre le differenze di costo della vita ed il livello degli stipendi (tra i 2 e i 300 euro al mese, con pensioni tra i 70 e i 150) invoglia gli investimenti stranieri, cosa che porta soldi e sviluppo. 

La festa della famiglia
Così su due piedi l'impressione è che sia un paese che ce la può fare, anche se non conosco quale sia la situazione in tema di contrasti sociali, insicurezza politica e grado di corruzione generale. Bisognerebbe saperne di più da fonti differenziate. Intanto posso confermare che qui comincia a circolare la solita fauna di pensionati italiani che trovano conveniente trasferirsi quaggiù, dove evidentemente trovano un clima fiscale più favorevole (ah, qui c'èla flat tax lo sapevate?) e un costo della vita piuttosto basso paragonato all'Italia. In una bella gelateria italiana del centro proprio davanti alla nostra ambasciata che occupa un intero piano di un nuovissimo palazzo di vetro, quattro anziani certamente veneti a sentire l'accento, stanno discutendo animatamente dandosi dritte l'un l'altro,su come rendere la permanenza migliore. Avrei voluto intervenire per chiedere anch'io qualche informazione, ma ho fatto finta di niente anche perché il gelato alla stracciatella, tra l'altro assolutamente delizioso, si stava sciogliendo. Intanto la folla sciama festosa verso la piazza principale che dà sul parco della cattedrale. Davanti al palazzo del governatore hanno montato un palco, proprio di fronte all'arco di trionfo e a sentire la musica sparata a palla sembra che la festa sia cominciata già da un po'. 

Il presidente saluta il pubblico
Dagli striscioni esposi, si tratta della festa delle famiglie, una via di mezzo tra la manifestazione popolare e l'occasione politica. Infatti sabato ci saranno le elezioni comunali per eleggere il nuovo sindaco e siamo alle ultime schermaglie con i concorrenti alla carica che si esibiscono negli ultimi comizi. Si capisce bene che ogni occasione è buona e in questa, come in altre che vedremo passando nei prossimi giorni, ci sono molte piccole troupe di giornalisti con telecamere al seguito in agguato qua e là per riprendere questo o quel candidato che volentieri si offre all'abbraccio della folla. D'altra parte noterò anche, fattomi più attento, un sacco di manifesti dei vari partiti che chiedono il voto. Anche non conoscendo la lingua, capisci al volo che le promesse elettorali sono le stesse in tutto il mondo, l'importante è mostrarsi con giovani allegri, famiglie sorridenti e bambini in braccio. Non bisogna aspettare molto e infatti sul palco, sul quale si susseguono una serie di esibizioni canore, arriva nientemeno che il presidente della repubblica, che sarà pure piccola, ma parliamo sempre della carica numero uno, accompagnato da moglie e prole, essendo appunto questa la Festa delle famiglie, che presenta l'aspirante sindaco, evidentemente della sua corrente politica, munito anche lui di regolare famiglia con due figli, un maschio e una femmina, che si produce in un breve discorso, per la verità un poco impacciato, anche se applauditissimo. 

Alla festa
Per la verità, pur essendoci sul palco persone di una certa importanza, non si notano in giro schiere di guardie del corpo, che certo ci saranno da qualche parte, ma bene occultate. Tutti se ne vanno dopo pochi minuti a piedi come erano arrivati, forse rifugiandosi nel palazzone alle spalle e la festa riprende il suo ritmo di prima. In fondo bisogna dire che non sono stati poi troppo invasivi e la gente li ha sopportati senza troppi sbuffi come sentiamo da noi quando il sindaco di turno interviene per fare presenza, mentre la platea rumoreggia e mostra sempre segni di irritazione. Forse alle nostre latitudini la politica ha perduto completamente la sua credibilità dando spazio a forze di cui non possiamo ancora prevedere l'entità delle future malefatte, tanto per essere più populisti del re. I numeri che passano sul palco sono costituiti essenzialmente da bambini truccati da adulti che scimmiottano cantanti famosi e devo dire molto divertenti, come ovvio con il contorno di famigliari in visibilio ai piedi del parco. Favolose tre ragazzine attorno ai sei anni che cantano e ballano, una delle canzoni di successo del momento, che terminano la loro esibizione riscuotendo grandi battimani. 

Il comune
Poi si alternano anche un paio di cantanti evidentemente molto conosciute che scatenano l'eccitazione dei fans, mitragliate dai telefonini degli astanti, richiestissime per i selfies  e che poi duettano con due ragazzine agghindate a loro simiglianza. Intorno, il consueto bailamme di palloncini colorati che sfuggono di mano a bambini ovviamente frignanti, pop corn e zucchero filato, bomboloni e bottigliette di bibite. Una festa popolare di paese con grande concorso di pubblico che si diverte attorno alla giostra del calcinculo, che si diverte tranquillo come nella mia città quando da ragazzo andavo ai baracconi in piazza Garibaldi. Se  chiudo gli occhi, l'odore dei bomboloni che gira nell'aria è proprio lo stesso. Quando il sole cala dietro gli alberi del parco, la folla comincia a diradarsi, la gente se ne va verso casa mentre la festa sta finendo. Anche le vecchie che agli angoli delle strade vendevano vaschette di fragole e amarene prese a manciate da grandi sacchetti bianchi, mettono via le loro cose. Per tutti sta venendo l'ora di andare a casa. C'è poca vita notturna in giro: la sera evidentemente non è costume frequentare i bar e i dehors in giro per la città, che a una certa ora chiudono i battenti, Alle otto anche la gelateria italiana chiude. I pensionati sene sono già andati a casa forse per vedere il telegiornale italiano sul satellitare. Noi andiamo a mangiare un boccone prima di ritiraci definitivamente, in fondo di cose ne abbiamo viste parecchie oggi ed è ora di andare a letto.



SURVIVAL KIT


Gelateria La Dolce Italia - Per chi avesse uno sbocco di nostalgia o volesse mangiarsi un bel gelato di qualità all'italiana, questa bella gelateria in Strada Vlaicu Parcalab, di fronte all'ambasciata italiana, offre i consueti gusti a cui siete abituati, dolci e cremosi al punto giusto, al tavolini o in coni e coppette da asporto. Noi abbiamo optato per una bella vaschetta da 750 a 10 euro  (che non è certo poco per il costo della vita quaggiù). Chiude alle 20.


L'arco di trionfo

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lunedì 28 maggio 2018

Moldova 7 - Le cantine di Cricova


Cantine di Cricova - I pupitres


Vigneti moldavi
Lasciare il monastero dispiace; rimani ancora un poco ad ammirare le aiuole fiorite, l'antica campana caduta dal campanile, prima di esservi completamente issata e che non è mai riuscita a dare neppure un rintocco; dai un ultimo sguardo alle grotte allineate nella falesia, ai ruderi misteriosi, immaginando cosa ci possa essere là sotto. Forse valeva la pena di fermarsi di più tra le anse di questo fiume tortuoso per dipanare meglio i nodi aggrovigliati della mente, guardando il verde acerbo delle vecchie viti che rinascono ad ogni primavera, unica promessa di continuità e di rinnovamento allo stesso tempo. Ma sarà pure ora di pranzo, allora gambe in spalla, abbiamo visto arrivando, un delizioso posticino al di là della statale, quasi nascosto tra gli alberi sul bordo di un piccolo stagno tranquillo. Quasi nessun avventore, nessun rumore fastidioso, solo il frusciare leggero delle papere nell'acqua ferma. Alberi dappertutto intorno alla tettoia di legno all'aperto, dove assaporare un bella zuppa calda alla georgiana (il proprietario viene da laggiù) e poi uno dei classici piatti della cucina moldava, delle deliziose braciole di maiale e verdure alla griglia saporose e tenerissime, quali mai avevo assaggiato. 

Piatto greco - Museo del vino
Questa sarà una costante del viaggio, la carne di maiale di qualità assolutamente unica, innaffiata da un'ottima birra, la Chisinau, tanto per cambiare, leggera e beverina, non troppo amara come piace a me. Insomma una pausa ristoro che ci voleva proprio, per prepararci alla bella sorpresa che ci aspetta nel pomeriggio. Già, perché è venuto il momento di affrontare uno dei punti nodali dell'agricoltura moldava, che l'aveva resa famosa nel mondo dell'est e che, ancor più migliorata e modernizzata, ora vuole affacciarsi anche al resto del mondo. Sto parlando della realtà vitivinicola che rimane forse la più grande eccellenza agroalimentare di questo paese. Dovunque vai e qualunque strada tu percorra, date anche le caratteristiche poco dissimili del territorio, sempre vedrai, inframmezzati tra i larghi campi a cereali o ad oleaginose, grandi appezzamenti di vigneti, dai filari bene ordinati, dei quali non riesci a valutare l'ampiezza che si disperdono nei versanti a solatio delle colline. Inoltre in ogni paesetto che attraversi, noterai che dietro ogni casa, ogni fattoria, accanto all'orto o al piccolo pascolo per gli animali di casa, c'è sempre un quadrato di viti evidentemente deputate al fabbisogno di vino della famiglia che vive lì, il famoso vino di casa, che ti viene offerto ogni volta che qualcuno ti invita tra le mura di casa sua e anche ogni convento ha la sua vigna per il fabbisogno dei monaci e l'uso sacro durante le messe. 

Antico torchio
Insomma un aspetto imprescindibile che da secoli ha reso famoso il paese intero. Infatti lo stesso impero zarista, ben conscio di questo aspetto, lo aveva voluto valorizzare con la creazione di grandi aziende che dovevano servire alle forniture di corte. Tutto questo era proseguito durante il 900 e la Moldavia, assieme a Georgia e Crimea, attraverso Sovcoz dedicati, erano il serbatoio senza fine del vino (e del brandy) che dovevano servire alle repubbliche socialiste. Tutta questa tradizione non poteva certo andare perduta dopo il disfacimento del nuovo impero e, salvo un brevissimo periodo di appannamento, dovuto ad una ventata antialcolista del periodo gorbacioviano, subito superata, la produzione vinicola ha ripreso fiato anche se non con i fasti del tempo passato. Io stesso, ai tempi, avevo contribuito alla fornitura di un macchinario di imballaggio per una grande cantina della zona e ricordo ancora un grande contratto per una linea di imbottigliamento che immediatamente dopo allo spezzettamento dell'URSS, andò in cavalleria per mancanza di fondi, visto che in pratica non c'era più uno stato che pensava a queste cose. Ho ancora, su un vecchio passaporto il visto di entrata, ottenuto con fatica e rimasto inutilizzato, come il mio desiderio di visitare questo paese e che ho dovuto così rinviare fino ad oggi. 

Borgogna 1936
Dunque è stato d'obbligo inserire nell'itinerario la visita ad una delle grandi e famose aziende di produzione vinicola, dal famoso passato e che si stando trasformando in realtà moderne e desiderose di affacciarsi al mercato globale, solo modo di crescere e sopravvivere. Una delle più importanti e tra le altre cose comodissima da visitare, è quella stata denominata Cricova winery. La storia di questa enorme azienda statale è davvero interessante. Subito dopo la guerra, la città di Chisinau era quasi completamente rasa al suolo e la necessità di materiale da costruzione creò a pochi chilometri dalla città una gigantesca cava sotterranea di pietra tufacea che in breve arrivò a contare quasi 200 km di gallerie ad una profondità tra i venti e gli ottanta metri sotto la collina. Quando questa necessità costruttiva terminò negli anni '50, si pensò di utilizzare questa città sotterranea come cantina di produzione vinicola, vista la vocazione del territorio circostante, dove presero forma centinaia di ettari a vigneto. La produzione aumentò subito esponenzialmente, in particolare con la produzione del famoso (secondo altri famigerato Sovietskoie Champagne) che arrivò a inviare in tutta l'Unione Sovietica altre 60 milioni di bottiglie l'anno. Accanto a questo cominciò anche la produzione dei rossi per i quali la zona era già famosa. 

Le botti di rovere 
Oltre 60 km di queste gallerie furono così riempite di file infinite di grandi botti di rovere per l'invecchiamento o di piccole barrique per l'affinazione dei vini. Con il frantumarsi dell'impero però, crollò anche la richiesta di questo prodotto che si ridusse la produzione al minimo, riducendo di molto l'utilizzo degli impianti, ma da qualche anno, tutto è sembrato rinascere a nuova vita. Grazie al passaggio a varietà gradite al mercato internazionale, all'acquisto di nuove macchine e al lavoro di enologi titolati, la qualità del prodotto ha fatto un deciso balzo in avanti ed è cominciata, visto che la tradizione delle bollicine era un vanto della casa, una produzione di spumante di alta qualità col metodo champenoise. La visita di quella che è una vera e propria città sotterranea si svolge con un apposito trenino elettrico dati i chilometri che si devono percorrere in queste ampie gallerie. Devi coprirti bene perché anche se arrivi dal caldo esterno, dopo soli pochi metri si piomba subito ai 12°C piuttosto umidi di cantina, mentre si viaggia sostenuti lungo i tunnel che portano i nomi delle principali uve del mondo: chardonnay, sauvignon, aligoté e così via. La sfilata delle botti è davvero impressionante, ma la serie delle sorprese non finisce subito. Ti fermerai una mezz'oretta nella sala cinematografica sotterranea per vedere il filmato celebrativo della compagnia. 

Sala degustazione
Farai poi una sosta prolungata nella sezione di produzione dello spumante dove si allineano le lunghe file di pupitres, le assi di legno in cui sono infilate per il collo le bottiglie col sedere in su e sulle quali a giorni fissi viene effettuato il remuage che le ruota di un ottavo di giro alla volta per fare scendere verso il collo le scorie di fermentazione, il tutto fattosolo da mani femminili, perché, sembra, il vino lo sente se viene carezzato inmodo gentile. Poi la fase di dégorgement, in cui questo tappo di scorie viene espulso, l'aggiunta del liquer d'expedition per rabboccarla e poi le macchine, molte ovviamente italiane, per la vestizione definitiva della bottiglia, tappatura, gabbiettatura, etichettatura e apposizione del capsulone e infine, inscatolamento per essere pronte all'invio in giro per il mondo a far conoscere questo prodotto di qualità, che viaggia ormai verso i 2 milioni di bottiglie. Non manca una sezione per la produzione di bollicine con metodo Charmat, la fermentazione in autoclave che si rivolge ad un pubblico meno sofisticato. E' infatti in pieno lancio il nuovo prodotto Crisecco, che ho visto in parecchi ristoranti, dal prezzo molto competitivo, nella speranza di agganciarsi alla moda che ha diffuso dappertutto le bollicine italiane ed il Prosecco in particolare come aperitivo in tutto il mondo. Ma la parte più interessante della visita deve ancora venire. 

Degustando lo chardonnay
Infatti  una galleria laterale ospita un vero e proprio museo del vino che presenta oggetti antichi, dai vasi greci a tema, fino alla collezione di macchine di cantina, i torchi e le attrezzature dei secoli passati. Subito dietro, in una sfolgorante esibizione di marmi e di decori sovrabbondanti, si trova tutta una serie di sale degustazione, da quelle per piccoli gruppi ai grandi ambienti contenenti tavolate per 50 e più ospiti. Qui vengono organizzati anche i convegni ed i meeting politici internazionali e tutti i capi di stato o gli altri maggiorenti stranieri in visita al paese passano di qui, per le cene ufficiali. Vuole essere insomma il biglietto da visita del paese. Non mancano le salette private per il presidente ed i capi di governo ed infine si accede al sancta sanctorum della cantina, le gallerie che ospitano la collezione antiquaria dei vini provenienti da tutto il mondo. Per un amatore ma non solo, è davvero emozionante vedere le varie nicchie in cui sono conservati rari esemplari a partire da una vecchia bottiglia del 1902 proveniente da Gerusalemme, a tutti i grandi vini francesi, i Bordeau ed i Borgogna dal '36 al '40 e una collezione bottino di guerra di un gerarca nazista contenete i vini forse più preziosi. Non mancano inoltre bottiglie di Marsala dei primi decenni del '900, vini portoghesi e americani in arrivo dalla Napa Valley. Interessante la sezione, dove, in una serie di nicchie separate, giacciono  le bottiglie preziose che sono state regalate ai grandi della terra, presidenti americani, altri capi di stato e persone celebri, che rimangono qui conservate ed a loro disposizione. 

Placinte
Davvero una visita emozionante, ma non è ancora finita, infatti grazie al fatto che eravamo accompagnati da un amico ed abbiamo potuto distanziarci un po' dal gruppone dei visitatori, abbiamo potuto visionare anche la famosa "stanza segreta", una sorta di infernotto nascosto chiuso a chiave con un robusto cancello dove ci sono le bottiglie riservate alle massime cariche. Se si dice che per essere aperta, sia necessario un apposito decreto governativo, figuriamoci per il "prelievo". Le centinaia di bottiglie coricate dormono il sonno dei giusti per anni, inattesa di arrivare alla mensa del potere. Insomma tutto il mondo è paese. Comunque bisogna terminare in bellezza e infatti l'atto finale consiste in un ricco assaggio della produzione migliore della cantina. Eravamo ospitati assieme ad un gruppetto di sedicenti competenti orientali, canadesi e nordeuropei, nella sala dell'Oceano, in una penombra di vetri e di specchi dalle tonalità blu e tra un assaggio di palcinte al formaggio e noci e pani biscottati. Quindi sono arrivati in sequenza: uno chardonnay di ottima qualità, dai sentori erbacei e freschi, un rosato ottenuto dalla spremitura dei soli chicchi raccolti sui grappoli gelati dalla prima brina e poi sgranati a mano, una vera rarità, un rosso frutto di un uvaggio di uve bordeaux e locali, dai profumi delicati di frutti rossi, amarene e meringa che mi è particolarmente piaciuto ed infine il già citato Crisecco, per il brindisi finale, su cui evidentemente la ditta punta molto. Uno scambio di opinioni con gli altri bevitori è stata di grande piacevolezza anche perché quando sei riconosciuto come italiano, a torto o a ragione, tutti ti danno credito.

La collezione vini a Cricova


SURVIVAL KIT

Ingresso alle gallerie
Cantine di Cricova - A circa 15 km dalla città, occorre prenotare la visita, semplice o con assaggio o addirittura con cena inclusa. Dedicategli almeno un pomeriggio e non perdete l'assaggio perché ne vale assolutamente la pena. Le visite vanno dai 3300 Lei (170 Euro) del premium gold package, pomeriggio e cena tipica con assaggi di 11 vini e cadeau di due bottiglie, al minimo Social package senza degustazione a 95 Lei (5 Euro) che ovviamente sconsiglio. La mia, che mi è sembrata assolutamente interessante è stata di circa 2 h e dovrebbe costare 490 Lei. Ma credo che se prenotate tramite l'agenzia vi costerà dimeno. Col trenino si gira per le gallerie, il settore di produzione dello spumante, il museo, la collezione delle bottiglie, le sale degustazione e l'assaggio finale. Direi da non perdere. Ci sono altre cantine visitabili in Moldavia che offrono programmi simili, come quella di Milestii Mici, 
Sala ricevimenti a Cricova
molto simile, forse la più grande del mondo con 200 km di gallerie e 2 milioni di bottiglie conservate, la Et-cetera winery, Asconi Winery o Castel Mimi e molte altre. Comunque una esperienza da non negarsi anche ai non appassionati.

Restaurant Iarna - A pochi chilometri da Orheiul Vechi, 3 km prima del bivio, sulla nazionale verso Chisinau. Insegna sulla strada. Ambiente bucolico. Si mangia anche all'aperto sul laghetto in uno scenario gradevolissimo. Piatti tipici moldavi e slavi. Serie di zuppe classiche, salianka, di pollo, chorba ecc. Piatti forti di carne alla griglia, spiedini e maiale assolutamente delizioso. Piatti attorno ai 40 lei. Consigliato.

La sala "segreta"

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sabato 26 maggio 2018

Moldova 6 - Orheiul Vechi


Il Raut

L'ansa davanti a Orhieul Vechi
Ancora qualche chilometro tra queste colline apparentemente sempre uguali e sempre diverse per arrivare, dopo una breve deviazione dalla strada principale, nell'area di Orheiul Vechi, un'altro luogo della memoria di grande rilevanza per questo paese e che forse più di altri ne racchiude la storia millenaria. Basta fermarsi sulla collina più alta per avere a disposizione il miglior belvedere che abbraccia tutta l'area, uno scenario pennellato dal duro lavoro del fiume Raut, un affluente del Nistru che durante l'estate rimane quasi in secca, ma che in epoche passate, quando il clima era decisamente diverso, ha trasformato questo paesaggio dandogli la particolare bellezza che mostra oggi. Infatti l'acqua del torrente, unita all'opera incessante del vento che qui spira sempre con una certa violenta intensità e l'alternanza di temperature severe tra inverno ed estate, ha eroso profondamente il territorio, scavando con unghiate sinuose nel tenero terreno tufaceo, un seguito altalenante di profondissime anse. Da questo punto piuttosto elevato ne puoi abbracciare con lo sguardo almeno quattro, una delle quali è in pratica una depressione che arriva addirittura a mezzo metro sotto il livello del mare. Considerando che la Moldova è completamente priva di montagne, con una altitudine massima di poco più di 300 metri, possiamo dire che dal nostro punto di osservazione possiamo abbracciare quasi tutta la variabilità altimetrica del paese. 

L'hammam
Di qui puoi vedere a sinistra e a destra i due paesini di Butuceni e Trebujeni che si distendono sulla riva un poco rialzata del fiume. Le case sono distanti dall'acqua separate da campetti verdeggianti, segno che ogni tanto le piene primaverili, da cui è bene difendersi, possono abbracciare un territorio piuttosto ampio. Dall'altra parte, sul crinale della falesia spiccano le cupole blu del monastero nuovo e se aguzzi la vista nel costone scosceso che precipita verso il torrente riesci a scorgere gli spazi scuri delle caverne scavate nella roccia dell'insediamento antico. Sulla parete verticale dell'ansa opposta altri buchi scuri nascondono le caverne di grandi dimensioni che hanno ospitato insediamenti preistorici che pare risalgano fino a 40.000 anni fa, segno che l'uomo si era spinto già allora fino a questi luoghi, in epoche così lontane da noi nel tempo. Le tribù Dacie ed i Traci invasero l'area due millenni fa lasciando tracce della loro presenza, ma qui non riuscirono mai ad arrivare le truppe romane che pure conquistarono con Traiano, la Romania più a sud, dopo la definitiva sconfitta di Decebalo a Sarmigetetusa nel 106 d.C., ma non superarono mai le foci del Danubio verso nord. Gli altri resti storici sono poco visibili dall'alto e bisogna andare a cercarseli con calma, tra i sentieri che scendono lungo la collina tra campi di frumento e piccoli vigneti apparentemente abbandonati a se stessi. 

La casa museo
Nascosti tra le viti che ricoprono l'area del vecchio cimitero, alcuni muraccioli mostrano i resti di una antica moschea e di un grande caravanserraglio. Che vino antico daranno queste antiche piante contorte, dai grappoli spargoli e radi, cresciute con fatica sulle tombe e tra le rocce? Potresti chiamarlo il vino dei morti, forse anche per questo, degno di silenzioso rispetto, da usare per la messa o per un silenzioso momento di meditazione davanti alla lenta corrente del fiume che scorre in basso? Però le antiche pietre non parlano se non alla fantasia. Sono ancora, i più antichi, i resti dell'Orda d'oro mongola e dei Tatari calati dalle piane sarmatiche per impadronirsi di queste terre durante il medioevo. Vicino al fiume, rovine più imponenti su cui è stata tentato un discutibile recupero, di un hammam ottomano, mostrano l'avanzato sistema di canalizzazione dell'acqua bollente che inviava il vapore nei vari ambienti, dove gli ufficiali di quell'esercito potente si ristoravano ogni giorno. Poi ancora resti di mura a testimonianza della rilevanza strategica del sito, che a tutti gli effetti rappresentava in epoca medioevale un punto di passaggio importante su questo ramo della via della seta verso oriente. Infatti qui, nei pur minimi scavi e ricerche fatti a tutt'oggi, sono state ritrovate monete di moltissimi paesi anche lontanissimi e tracce di culture dell'epoca, segno inequivocabile dei pedaggi pagati per superare questo nodo nelle due direzioni. 

La cantina
Da sempre l'uomo ha sfruttato i luoghi strategici per sbarrare la strada a uomini e merci, rendendo importanti luoghi che hanno questo solo vantaggio di posizione e che vengono poi abbandonati se, per qualsivoglia motivo le merci cambiano strada. La fine di Petra o Palmira e di questo stesso sito lo dimostrano. Vicino al ponticello che porta a Butuceni c'è un piccolo museo che mostra una parte dei resti trovati in tutta l'area, con una bella collezione di monete antiche a riprova di quanto detto. La curiosità per cosa possa nascondere il territorio, al di sotto della superficie è tanta, si dice che i rilevatori di metalli passati nell'area delle rovine affioranti, suonino come impazziti, ma per ora non ci sono i fondi per procedere e quindi non vengono rilasciati permessi per ulteriori ricerche archeologiche. In fondo meglio lasciare ben conservato sotto terra, ciò che, magari frettolosamente si potrebbe portare alla luce, ma non si sarebbe in grado di conservare o valorizzare, domani chissà. Questa potrebbe essere una ulteriore opportunità turistica per questa terra. Intanto nel paesino che già si è provveduto ad inserire nell'area vincolata a parco, tutto è rimasto congelato nel tempo. Le case molto belle e risistemate tra fiori e verde, hanno conservato la loro struttura tradizionale anche quando si sono convertite ad agriturismi o locali di accoglienza. 

La camera con il letto-stufa
Una di queste è stata trasformata in museo all'aperto, dove puoi osservare anche all'interno la struttura tradizionale di queste abitazione, costituite generalmente dalla casa cosiddetta invernale col il tetto di canne impastate con argilla e sterco di cavallo, composta di due ambienti, uno per ricevere gli ospiti, la sala grande (casa mare) in cui si può vedere una bella esposizione di oggetti e vestiti tradizionali del corredo e l'adiacente camera da letto, con lo stesso costituito da una grande stufa in muratura su cui si dorme, circondati da bellissimi kilim antichi a terra o appesi ai muri, coi disegni delle classiche rose rosse in stile "savonnerie". Gli altri ambienti sparsi attorno al giardino, sono la cantina con gli strumenti della vinificazione, il pozzo, sempre presente in queste case ed il magazzino. Tutto intorno roseti e cespi di fiori appena sbocciati che si confondono con le tinte pastello delle costruzioni circostanti. Davvero piacevole. Subito dietro la scaletta che porta in cima alla falesia dove anche dal basso puoi vedere il campanile del monastero costruito nel 1905, dedicato all'Ascensione di Maria, all'interno del quale tra i molti affreschi (recenti), ripristinati nel 96 dopo la pausa provocata dalla chiusura del regime nel 44, potrai apprezzare la raffigurazione del re santo Stefan cel Mare. 

La croce sulla falesia
Questi è riconosciuto universalmente da tutta la nazione come il vero eroe moldavo che nel XV, regnando per quasi mezzo secolo, si oppose ai turchi sconfiggendoli più volte ed erigendo monasteri nei luoghi di ogni battaglia, ma il cui grande merito religioso fu anche quello di riscattare dal sultano il monte Athos in Grecia, affidandolo alla autonomia della chiesa, che è riuscita a conservarla fino ad oggi. Inogni città gli vengono dedicati un parco o la via principale ed in tutte le chiese la sua figura troneggia, generalmente all'entrata, con in mano la spada del condottiero (l'originale è conservata al Topkapi di Istambul, e prestata per essere esposta a Soroca, che ne ospita una copia,durante una importante manifestazione) oppure nella sua accezione religiosa di santo, che regge in mano il modellino del monastero costruito nel luogo dove si è svolta una delle sue battaglie vittoriose sugli infedeli e che gli sono valse evidentemente la beatificazione come soldato difensore della fede. Di qui e soprattutto dallo strapiombo sulla cima della falesia la vista sulle anse del Raut è davvero spettacolare, specialmente dalla grande croce di pietra dove la tradizione impone di fare tre giri attorno dopo averla ripetutamente baciata, stando attenti a fare molta attenzione e a non precipitare di sotto naturalmente. Poi attraverso un buco nella roccia puoi scendere al monastero antico scavato nella parete. 

Il monaco rimasto
Un tempo vi si poteva accedere solo calandosi con corde o attraverso una ripidissima scaletta intagliata in una fessura, che poi le erosioni e l'abbandono hanno fatto crollare, quando l'eremo è stato abbandonato. Dal 1996 un gruppo di anziani monaci di clausura, finite le preclusioni che il regime aveva imposto a tutti i luoghi religiosi, trasformandoli come in questo caso mi sembra in magazzino per fertilizzanti, lo hanno ripopolato, ritenendolo, proprio per la sua magica posizione adattissimo ad una vita contemplativa. Oggi uno solo di questi, anzianissimo, rimane in vita e vi mostra gli undici cubicoli scavati nel tufo dove riposavano i suoi confratelli, ormai sepolti nella falesia e l'ampia caverna che contiene la chiesetta con le sue preziose icone riportate dopo la riconsacrazione. Prega quando non c'è nessuno e accompagna in silenzio i visitatori tra le caverne, con passo lento e la schiena incurvata dagli anni. La lunga barba bianca sfiora le immaginette e le piccole croci in vendita sul banchetto. Accendere una delle sue sottili candele gialle davanti a questi visi dagli occhi grandi e ieratici ha un sapore di altri tempi. Una anziana con un grande fazzoletto a fiori che le copre il capo, prega in ginocchio, poi bacia una croce. Forse anche lei aveva preso dalla parete delle celle un piccolo frammento di conchiglia fossile, sostituendola con una monetina infilata a forza nel buco. La devozione è senza tempo e assimila gli uomini e le donne di tutte le latitudini con gli stessi gesti antichi.

La chiesa del monastero scavata nel tufo
SURVIVAL KIT

Le celle dei monaci
Orheiul Vechi - Escursione classica che copre come minimo mezza giornata a circa 6o km da Chisinau. Ci si può arrivare anche in pullman, ma vi suggerisco di utilizzare un'auto privata che potrà completare il giro (tipo questo) con una seconda meta nella giornata dedicata ad un altra meta(ad esempio le cantine di Cricova) di cui vi parlerò nel prossimo post. Da vedere i magnifici panorami dall'alto, i ruderi delle varie epoche tra le colline e lungo il Raut, il museo, una passeggiata nel paesino di Butuceni per ammirare le case tradizionali con i loro giardini, la casa museo tradizionale, infine la salita al monastero con la visita della parte nuova e di quella scavata nella roccia. Spettacolare vista dall'alto. L'ingresso all'area è a pagamento che si effettua alla biglietteria del museo (ma di solito è inclusa se l'escursione è organizzata). Se invece vi volete regalare uno o più giorni di relax assoluto in un luogo fuori dalla confusione del mondo moderno, potete approfittare dell'eco-agriturismo, fatto sullo stile dell'albergo diffuso, nelle case del paese. Esperienza che mi sembra molto interessante e fatta per le nuove tendenze del turismo occidentale. Qui potrete anche approfittare della cucina tradizionale che viene proposta a chi decide di fermarsi. Per le visite nel monastero (come in tutti gli altri che incontrerete nel viaggio) ricordatevi che è obbligatorio vestire in maniera appropriata, capo e spalle coperte, pantaloni o gonne al ginocchio per le donne, niente canottiere o short per gli uomini. Comunque all'ingresso, in generale, sono disponibili scialli e grandi grembiuli per coprirsi.

La falesia del monastero nella roccia

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