lunedì 13 luglio 2009

Wáng - Yù - Guó

Oggi ho avuto la prova provata che non è poi vero, come credevo, che i blog sono una sorta di esibizionismo d'accatto che nessuno legge. Infatti, di qualunque argomento si tratti, anche se riguarda cose apparentemente prive di interesse come i miei pretenziosi intenti elucubratori, forse campati per aria, sui caratteri cinesi, ebbene, qualcuno commenta con interesse, aggiunge informazioni, arricchisce il contenuto. Sono sempre più stupito dalla potenza della rete. E non ridete di me. Comunque i commenti al mio precedente post teo-filosofico, mi spingono a riprendere la materia per sottolineare l' ampiezza delle possibilità di discussione aggiungendo quindi l'esame di altri tre caratteri molto comuni nella lingua cinese. Dice Popinga che il primo ideogramma Wáng che significa Re, Imperatore (tra l'altro è anche uno dei cinque cognomi più diffusi in Cina) secondo René Guènon nella Grande Triade, potrebbe essere il quinto ideogramma della serie identificando nelle tre linee orizzontali Cielo, Uomo (la più piccola centrale appunto) e Terra, unite da una linea verticale. Ora se questa è una della interpretazioni possibili, però non la fa diventare la quinta stazione della serie, in quanto là, l'uomo è definito dal pittogramma dell'omino che cammina e non dal tratto orizzontale. Ci sono altre due spiegazioni accreditate di Wáng. La prima si fonda sul fatto che la cifra uno (in alto) oltre all'unità, si usa anche per segnalare la linea dell'orizzonte o il cielo, mentre la cifra due (le due linee in basso) in contrapposizione, vengono usate per indicare la terra, quindi ancora "il trait d'union tra la terra e il cielo". L' ultima spiegazione, che forse è la più banale, ma come spesso capita la più probabile, vista l'origine dei segni semplici, è che sia un chiaro pittogramma che raffigura l'imperatore nella sua figura immaginifica, spalle larghe, cintura e grande veste di gala che si allarga fino ai piedi. Questa si trova già nei primi segni di oltre 4000 anni fa, poi forse i saggi hanno voluto aggiungere fuffa per giustificare l'origine divina del potere (cosa comune anche ai giorni nostri e non solo in Cina). Interessante il passaggio al secondo carattere Yù (giada), la pietra imperiale, la più pura e preziosa, degna di essere portata solo dal re. Ed ecco che il carattere si forma aggiungendo a quella del re una piccola pietrolina cucita tra le sue ricchissime vesti. Anche qui la più prosaica interpretazione dei commentatori più smagati è che si tratta di un pittogramma che rappresenta tre anelli orizzontali di giada (visti di profilo) uniti da un filo per tenerli insieme in un ciondolo, come era comune per le concubine dell'imperatore e che il puntino, orrida banalità, sia stato aggiunto solo perchè i copisti lo potessero distinguere dal carattere di Re. Banale? Sì, ma forse realistico. Infine ecco il terzo carattere della serie, Guó (nazione, regno) che si ottiene circoscrivendo Yù con i confini. Anche qui più spiegazioni. Potrebbe essere "tutto un territorio compreso in confini, dove l'uno -uomo è unito a due-altri uomini per formare un popolo, governato dal puntino che li tiene insieme e li dirige (a destra il puntino, curioso eh?)". Ma anche un confine che racchiude ciò che più è prezioso per chi vi abita, la propria patria, come la giada è la più preziosa tra le pietre. Come vedete queste spiegazioni non sono poi così alternative tra di loro, ma sono state via via aggiunte in modo sincretico dai saggi, per contribuire ad illustrare la ricchezza interiore di un popolo, leggibile nella sua scrittura. Un pensiero che difficilmente nega qualcosa (come spesso in oriente) ma tende ad aggiungere più che ad escludere, ad assimilare (magari copiando) per cercare di trarre il meglio. Ecco il perchè della correttezza della osservazione che mi fa Milleorienti al post precedente che sottolinea come il Taoismo dia una interpretazione dell'universo decisamente opposta, escludendo la visione antropocentrica. Anch'io sottoscrivo quanto dice e cioè che "“la Via veramente Via non è una Via costante”. In sostanza bisogna essere disponibili a cambiare idea o almeno a modificarla.

8 commenti:

Anonimo ha detto...

Ma dove prenderai mai gli spunti per cotanta saggezza?..... FEROX

Enrico Bo ha detto...

Ma lo sai bene che tutto nasce ta te ...o Maestro

Marco Fulvio Barozzi ha detto...

Quanti maestri! Ho sbagliato aula?
Grazie per le chiare e pazienti spiegazioni.

Anonimo ha detto...

Io sono il maestro,... a volte maldestro..... senza gran melodrammi... ti do' gli ideogrammi... non sono un geniaccio... ma sto in mezzo al ghiaccio.... perche' con decoro.... io a Mosca lavoro.... FEROX

Marco Fulvio Barozzi ha detto...

Il sacro fuoco / mi brucia tampoco / ma una risposta invoco: / fai anche tu il cuoco?

Enrico Bo ha detto...

No, nessun dei due cuocheggia - né il maestro che è assai bello - né l'allievo saputello - un dei due un po' solfeggia - l'altro inver solo sco...pre - vecchie storie del passato - quando stampi avean venduto - in quel mondo sconosciuto - stampi e linee da ogni lato.-
Nostalgia du temps jadis? - lui lavora, io pensionato - lui sta là, io ormai sto qui.

se mi attizzate , io rispondo eh?

Giancarlo Niccolai ha detto...

Secondo Kennet G Henshall, autore di "A guide to Remembering Japanese Characters", l'interpretazione mistica delle tre linee come cielo, terra, e nel mezzo il re è scorretta. Egli fa risalire l'origine del carattere al pittogramma di un ascia (nello stile del piccolo sigillo, e nelle incisioni sui gusci di tartaruga, il segno inferiore era accompagnato da una mezza luna), col significato di "arma più grossa", per estensione "pezzo grosso", quello che i gangster americani avrebbero chiamato "pezzo da 90". Insomma, il capo di una banda.

L'interpretazione sembra adeguata, dal momento che sia per l'imperatore cinese che per quello giapponese si usano ideogrammi differenti, e che il senso di "re" si è venuto formando lentamente, associando ad una "banda" un "territorio controllato".

La forma attuale di Guo3 si è avuta solo di recente. Fino a tempi relativamente moderni, (200-300 anni fa), era scritto attraverso l'ideogramma "area" circondato dal quadrato; a sua volta, l'area è un ideogramma composto dall'alabarda e da una semplificazione di due linee una sopra e una sotto ad un campo (dando l'idea di "delimitazine"), col chiaro significato di zona delimitata e sorvegliata. La semplificazione in "giada" si è avuta attraverso la completa assunzione del sginficato di "re" del precedente "capo", con la "virgoletta" che stava semplicemente a indicare l'avvenuta semplificazione dell'ideogramma originale. L'uso comune l'ha reso omologo in forma al re + punto = giada.

Del resto, il punto ha lo stesso valore di "servizio" nel rendere "giada", che nient'altro sarebbe che tre dischi infilati su di una pertica o scettro (tipo di ornamento per cui era prediletta la giada); la forma a disco delle incisioni sui gusci di tartaruga viene cassata nella revisione dello stile del piccolo sigillo, e viene aggiunto il punto per distinguere l'ideogramma dalla semplificazione dell'ascia = capo.

L'etimologia dei caratteri cinesi è molto affascinante, quando demistificata, perché ne mostra l'uso molto vivo, ruspante, e mostra altresì l'evoluizione di idee e la stratificazione di significati.

Enrico Bo ha detto...

Molto interessante il commento di Giancarlo, che esorto ad intervenire più spesso. come vedete, le interpretazioni possono essere molte e questo fa ancora più intrigante l'argomento.

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