venerdì 17 febbraio 2012

Lettere dal Laos 1: Il riso che cresce.

Lo stupa di Vientiane.

Eccomi qua. Tornato sano e salvo, anche se provato e pronto ai nostri appuntamenti. Ho notato che non mi avete del tutto abbandonato, forse perché, come avranno notato i più attenti di voi, avevo lasciato alcuni cookies per premiare i fedelissimi, con cadenze giornaliere, che illustravano la novembrina esperienza senegalese. Ma adesso è tempo di Laos. E' il momento di tirare le somme di questo mese di viaggio e vi assicuro che sedimentare, ordinare e digerire, la quantità di sensazioni, di informazioni, di immagini e più globalmente di emozioni che ho ricevuto in questo periodo non mi sarà facile. Le snocciolerò man mano, proponendovele, se avrete come sempre la pazienza di seguirmi per tutto il prossimo mese, a rischio di venirvi a noia, ma vi assicuro che di cose da dire e da raccontare, di incontri vissuti e di spunti di riflessione, ce ne sono stati davvero tanti, anche se, come sempre appare pretenzioso voler descrivere un paese vissuto per un periodo così breve. Dunque il Laos, scelto per un viaggio specifico e dedicato anche se apparentemente, meta minore rispetto ai suoi vicini più titolati, ha mostrato invece un volto pieno di grande interesse, proprio per il suo insieme complessivo, invece di affidarsi ad acuti strepitosi come la Angkor Wat cambogiana, la Hué e la Ha long vietnamita o lo splendore di Pagan e Mandalay in Birmania. Anche psicologicamente, il Laos è un paese periferico, schiacciato dagli ingombranti vicini, che non hanno mancato di prevaricarne più volte la sovranità, violentandone il territorio e imponendo la propria presenza e volontà. 

Eppure proprio la dolcezza e la arrendevole serenità di questo popolo, ne costituiscono allo stesso tempo la sua forza e il motivo di interesse principale. La natura tropicale, prorompente e rigogliosa, domina ogni aspetto dei luoghi che vai attraversando e condiziona la vita e ogni andamento quotidiano. Da un lato il Mekong, il grande, immenso fiume che lo attraversa completamente, per lungo tratto confine con Thailandia e Cambogia, prima di perdersi nel delta vietnamita, è al tempo stesso, linfa vitale, arteria totalizzante, lungo il quale scorre l'anima stessa del paese. Dall'altro la jungla, la foresta fitta e impenetrabile, che ricopre come un mantello protettivo tutta la parte montuosa, di difficile accesso, territorio corroso dalle piogge e da una natura vitale ed aggressiva, che lascia pochi spazi alle pianure alluvionali, al patchwork infinito delle risaie, scampoli di verde dorato che il sole fa brillare come smeraldi sfaccettati. E' la foresta pluviale dal rigoglio impetuoso che nascondeva il milione di elefanti che contraddistinguevano il paese, la timida tigre, i piccoli e buffi orsi bruni dalle lunghe basette che ne popolavano i dirupi seminascosti dalle nebbie azzurre del mattino. 

Tutto questo ha contribuito a fare del Laos un paese schivo e poco conosciuto, quasi trascurato, Marco Polo neanche lo nomina, invaso e depredato quando serviva, bombardato spietatamente senza neanche essere in guerra, pronto ad essere dimenticato appena non serve più, lasciato un po' al margine della grande ventata affaristica che spinge l'Asia del business e della crescita esponenziale. Così questo paese verde e quieto, ti accoglie sempre con un sorriso dolce e quasi malinconico, con la gentilezza disarmante dei suoi abitanti, con la facilità con cui si pone di fronte ai problemi, senza affanni e spiacevolezze, ti invita a capirlo, a dare anche tu la tua disponibilità e soprattutto, per poterlo apprezzare come merita, ti spinge a mettere da parte le tue frenesie di occidentale tronfio delle proprie sicurezze ed efficienze, per lasciati andare ad un ritmo diverso, facendoti cullare dalla corrente lenta del grande fiume, sentendo il dondolio dolce di un'amaca stesa tra i pali di un bungalow davanti al sole che scende piano dietro le isole coperte di boschi, mentre i bufali alzano la testa spettinata appena lambita dall'acqua. Un proverbio indocinese dice che i Vietnamiti piantano il riso, i Cambogiani lo guardano mentre nasce, i Laotiani lo ascoltano crescere. Allora vi prego, lasciatevi andare anche voi, senza affanni e seguitemi nei prossimi giorni con gli occhi socchiusi e l'animo disposto per imparare a sentire crescere il riso.

13 commenti:

Martino ha detto...

Ben tornato!
Sono curioso di leggere le prossime puntate.

Martino ha detto...

Ben tornato!
Sono curioso di leggere le prossime puntate.

Unknown ha detto...

Non mancherò certamente.
Intanto, appena puoi, fai un salto da me per festeggiare l'anniversario del mio blog e...lasciare un segno.
Cristiana

Pst al riguardo : 2° e 3° dall'alto.

Enrico Bo ha detto...

@Marty - cercherò di essere dettagliato.

@Cri- Arrivo ... e intanto auguroni

Nidia ha detto...

Si torna arricchiti, grati, riconoscenti dopo ogni viaggio, anche se stanchi. Ti dedico allora Questa poesia di Tagore:
Tu mi hai fatto conoscere
amici che non conoscevo
Tu mi hai fatto sedere
in case che non erano la mia
Chi mi era lontano
oggi mi è vicino
e lo straniero è divenuto mio fratello

Enrico Bo ha detto...

@Nidia - Grazie della poesia. Amo Tagore per molti motivi.

Anonimo ha detto...

Hâte de lire tous tes commentaires sur ce pays que nous avons beaucoup aimé!
Ton blog nous a manqué ........
Jac.

massimo ha detto...

ci fai vedere qualche foto?

Enrico Bo ha detto...

@Jackie - domnaje c'est fini!

@Max - un attimo e arrivano.

Massimo ha detto...

Sicuramente hai capito il fascino di questo paese e la sua gente (non tutti lo apprezzano).

Purtroppo per raggiungere quel livello di tranquillita' che noi percepiamo nei Lao necessita di una cosa, possedere poco o nulla.

Vivo e lavoro da anni in Laos e anche qui, se vuoi fare la vita da "occidentale" (nel senso delle comodita' e tutte quelle cose molto materiali), ti devi dar fare e spesso vai contro questa predisposizione tutta Lao per il "divertimento e poca fatica" con conseguente stress!

Comunque, in definitiva ho scelto di vivere qui perche', almeno un poco, riesco ad assorbire questa laotianitudine (neologismo da me coniato) e restare piu' sereno.

Ciao

Enrico Bo ha detto...

@Max - accidenti non sospettavo che tu vivessi da quelle parti, ma che ci fai lì? Sono comunque senz'altro d'accodo con te, con l'aggiunta del fatto che questo stato di cose è comunque destinato a cambiare e certe situazioni a scomparire man mano ed a omologarsi, perché noi ci godiamo la tranquillità e la pace laotiana, ma poi dopo un mese ce ne torniamo a casa a curarci, a istruirci e a godere di tutto il benessere materiale possibile, e a loro non fa certo schifo avere dell'acqua pulita da bere o la corrente elettrica tutto il giorno. Se avessi saputo ti passavo a trovare.

Massimo ha detto...

@ Enrico

Ciao,

Io vivo nella provincia di Champasak e sono il proprietario nonche' manager e tuttofare del Kingfisher Ecolodge insieme a mia moglie (www.kingfisherecolodge.com).

Chissa', magari la prossima volta passi a trovarmi!

Comunque quello che volevo dire e' che i Lao sono stati contenti, ed in parte lo sono ancora, cosi' com'erano, con poca materialita' ma tanta tranquillita' spirituale.

In effetti anche qui sta lentamente arrivando il consumismo (e a chi non piace comprare cose?) ma per fortuna, essendo il popolo molto "Lao inside", sono certo che ci vorra' ancora tanto tempo prima che si "corrompino" come noi.

Saluti laotiani.

Enrico Bo ha detto...

@max - accidenti ci sono passato proprio vicino, se avessi saputo ci fermavamo da te! Alla prossima.

Where I've been - Ancora troppi spazi bianchi!!! Siamo a 114 (a seconda dei calcoli) su 250!