lunedì 1 maggio 2023

Lebanon 37 - Tripoli tra antico e moderno

Il suq - Tripoli - marzo 2023
 

Nel suq

Ripresi nel gorgo del suq il tempo passa in un attimo, speso a godere della vita che sfila attorno a te, da un lato i trionfi della frutta che racconta della primavera ormai arrivata, fragole rosse e datteri succosi, spremitori d'agrumi e venditori di caffè e le vetrine di oggetti per la casa, tazzine barocche ornate di perline, pentole, padelle, grandi vassoi stagnati, che sarebbero ideali per le nostre farinate, con gli artigiani che martellano il rame per spianarle. E poi narghilè, vetri colorati con le piccole fabbrichette dove gli stessi sono soffiati e ancora caramelle, candidi, giulebbe, dolcini alla turca, croccanti e torroni, canditi e frutta secca, semi di zucca, pistacchi e mandorle a rivoli, a cascate, a mucchi per mostrare ricchezza di prodotto in esposizione, quella che è da sempre la principale preoccupazione dei mercati orientali. E poi la gente che ti circonda, donne dalle vesti d'ogni colore, ragazzi che chiedono di essere fotografati o semplicemente attenzione, insomma una città viva e pulsante. Così eccoci all'Hammam Ezzedine, ai margini del suq, forse il meglio conservato della città pur essendo il più antico, costruito appunto dall'Emiro Izzedine alla fine del 1200 non appena la città fu definitivamente strappata ai crociati. La pulizia è vicina alla divinità, recitava l'emiro nelle sue massime e qui dobbiamo spendere due parole su questa abitudine così diffusasi in Oriente e nel mondo arabo fin dall'VIII secolo e che è stata completamente traslata dal mondo romano attraverso l'epoca bizantina, mentre in Europa veniva del tutto abbandonata per oltre 1500 anni. 

Padelle

Infatti il progetto base delle Terme, è riportato nella funzionalità e nella stessa pianta costruttiva in tutti gli hammam successivi, comprendendo i tre ambienti: quello freddo, il frigidarium romano, con una grande sala attorno ad una fontana centrale, detto in arabo al-burrani, quello tiepido (il tepidarium) detto al-wustani, con l'acqua calda e molti piccoli ambienti e salette private per il bagno e quello molto caldo (il calidarium) detto al-hammi, dove si faceva il vero e proprio bagno di vapore, che ancora oggi chiamiamo bagno turco. L'interesse di questo hammam è dato soprattutto dal fatto di essere perfettamente conservato, con le pareti decorate a tinte pastello che risalgono ad almeno un secolo fa e che mostra ognuno degli ambienti come se fossero ancora in attività. La particolarità che lo contraddistingue dai tanti altri che potrete vedere in Libano è data dalle molte parti di materiali preesistenti di epoca crociata e precedenti che tanto per cambiare, sono stati riutilizzati nella costruzione, come fontane, frammenti di marmo, sculture e bacini. Addirittura il portale di ingresso al bagno è costituito da una architrave traslata tal quale, dalla chiesa crociata di San Giacomo che reca scolpita e ben visibile all'esterno l'iscrizione latina SCS Jacobus ed all'interno porta i simboli cristiani dell'agnello pasquale con due rosette a lato, sotto le quali spicca ben visibile in alto la scritta Ecce agnus dei, nel tempo più volte ricoperta di pittura bianca o rossa, ma che riaffiora continuamente essendo scolpita in profondità.  

Cupole
al-burrani

Un'altra particolarità di questo monumento è che si può accedere al tetto dove sono ben visibili le parti esterne delle grandi cupole che sovrastano le diverse sale. Qui puoi apprezzare lo stile costruttivo, questa volta squisitamente arabo che le perforava con tanti minuscoli fori per ottenerne l'illuminazione interna. Questo buchi venivano quindi chiusi da spessi vetri bombati verdi o blu che oltre a colorare la luce all'interno in maniera suggestiva, impedivano, a causa del loro spessore deformante di vedere all'interno. Ci racconta il vecchio custode che da ragazzino, visto che allora il bagno era ancora completamente attivo, era solito con i suoi amici andare sul tetto e cercare il punto dove qualcuno di questi vetri era rotto per sbirciare all'interno, al pomeriggio, quando l'accesso era riservato alle donne, un po' come quelli che da noi cercavano i buchi nelle cabine di legno al mare. Le cupole sono le une vicine alle altre come ricci spinosi e occupano completamente il tetto a cui si accede da una scaletta laterale. Il bordo è completamente recintato da fasci di filo spinato che lo separa da abitazioni forse abusive, costruite sui tetti vicini. Due bambine mi vedono e accorrono per salutarmi, ma la loro vista al di là di quella barriera invalicabile così evocativa dei campi profughi che ancora costellano il paese, mi mette addosso una grande tristezza; spesso basta un simbolo che i saluti ed i sorrisi delle bambine non riescono a spezzare. 

Sul tetto

La più grande si aggiusta il velo mentre piega il viso da un lato, la più piccola scuote i capelli sciolti e ride rumorosamente alla vista di un vecchio grasso e malfermo che si tiene al mancorrente della scaletta di ferro. Scendo velocemente, a fianco il piccolo mausoleo dove l'emiro, morto nel 1298, ha voluto essere sepolto, a ricordo orgoglioso dell'opera che ha voluto lasciare la città. Bisogna davvero dire che se guardi qualunque luogo con occhi attenti e cerchi di andare anche solo un poco oltre l'effetto visivo, cercando di individuare motivazioni, storie, causalità del perché certe cose sono proprio così, il luogo stesso ti appare molto più comprensibile e diventa anche un poco più tuo. Ma, a questo proposito, prima di lasciare questa interessante città, c'è almeno ancora un altro luogo nel quale bisogna andare a mettere il naso, sia per la sua particolarità, che perché anche questo racconta molto meglio di qualunque libro, la storia recente di questo paese. Si tratta della Rakid Karami International Fair, uno straordinario progetto della fine degli anni '60 che era stato affidato al famoso architetto Niemeyer, in previsione della grande esposizione universale, la prima prevista nel Medio Oriente, che avrebbe dovuto avere luogo nel 1975. 

Il padiglione libanese e l'arco

Lo scoppio della guerra civile bloccò l'opera, ora diventata parco cittadino e che con buona ragione è un ulteriore tassello emblematico del racconto della storia recente di questo paese. Barriere con militari di guardia fanno da contorno a questa area verde incongrua per una città nella quale la densità di case e abitazioni formano agglomerati di confusa edificazione selvaggia. L'area della Fiera invece, è un ovale di 70 ettari che si estende dal centro della città per arrivare fino al porto sul mare ed è costellato dalle costruzioni in stato di abbandono che il visionario architetto brasiliano Niemeyer progettò e che riconosci immediatamente dai tratti distintivi del creatore di Brasilia o anche soltanto dagli archi del Palazzo Mondadori. Lo spazio che doveva ospitare la fiera doveva rappresentare l'unione tra le culture del mondo che spaziavano dall'America latina, attraverso l'Europa fino all'Oriente e culminavano nell'immenso arco che svetta contro il blu del cielo, disposto a quinta di un grande teatro all'aperto. Al suo fianco, l'immensa costruzione che vista dall'alto simula la forma di un boomerang, lunga 700 metri e larga 70, doveva ospitare i vari padiglioni degli stati partecipanti. All'ingresso un grande portico immette nel cosiddetto padiglione libanese nel quale subito riconosci la serie di archi ad ogiva, firma inconfondibile del grande architetto. 

Piramide e cupola

Poi, una colossale struttura a cupola dove doveva essere posizionato il teatro ed infine varie costruzioni non finite o appena sbozzate come la piramide a forma di origami che doveva ospitare uno spazio giochi per i bambini o il fungo dell'eliporto e la torre dell'acqua sulla cui cima avrebbe dovuto essere posizionato un ristorante panoramico. Queste ed altre costruzioni giacciono  lì come pezzi abbandonati sul prato verdissimo, l'unica parte che rimane curata dell'intera area, con un grande giardino "brasiliano", da cui puoi ammirare le linee nette e grigie del cemento a vista che segnano il panorama. Un senso di abbandono ti prende in questo luogo solitario dove cammini a lungo senza incontrare nessuno e che, a buona ragione, è stato inserito proprio quest'anno nella lista dei patrimoni Unesco in pericolo, a causa proprio dell'abbandono in cui versa da decenni. All'interno della cupola teatro ti sembra di essere in un colossale bunker, al riparo in attesa delle bombe in arrivo e lo sbattere le mani al centro, per sentire gli echi di questa inutile e straordinaria acustica, non fa che aumentare lo scoramento. Devi camminare a lungo, la strada è tanta, per ritornare all'uscita e ripassare dalle barriere segnate da strade deserte nelle quali le erbacce che cercano di riappropriarsi del territorio, segnano il male delle guerre passate e presenti. 


L'ingresso dell'Hammam

SURVIVAL KIT

Tazzine

Hammam Ezzedine - Lo trovate appena sotto la cittadella proprio vicino al suq sei sarti. E' il meglio conservato tra gli hammam antichi avendo più di 700 anni. Rappresenta un vero e proprio museo con pannelli esplicativi e possibilità di vista completa anche sul tetto. Almeno una mezz'oretta di visita-

Rakid Karami International Fair . Patrimonio dell'Unesco, rappresenta un sito di grande interesse sia per vedere l'opera di un grande architetto internazionale che si è espresso in un gran numero di costruzioni, sia per il senso di abbandono che porta a valutare tutti i fatti della storia recente del paese. Oggi è un grande parco solitario sorvegliato da militari nel quale meditare sul passato.


Propaganda e fili


Se ti è piaciuto questo post, ti potrebbero anche interessare:

Leb 20 - Baalbek
Datteri e fragole
Leb 11 - I Cedri

Nessun commento:

Where I've been - Ancora troppi spazi bianchi!!! Siamo a 119 (a seconda dei calcoli) su 250!