|
L'astrologo |
|
Jaygaon |
Ce ne andiamo anche da Gangtok, è il destino maledetto del viaggiatore, quello di cominciare ad abituarsi ad un posto, girare con familiarità riconoscendone via via i luoghi, direi quasi sentirsi a casa e quindi doverlo abbandonare. Già, quindi giù a precipizio lungo le valli, tra le foreste impolverate verso una pianura calda, percorrendo una strada nazionale fatta di lavori continui, buche e traffico pesante di mezzi stracarichi che vanno ai 20 all'ora nei saliscendi e nelle controcurve, con deviazioni continue e sorpassi al limite. Si ripassa il confine di Malli e poi la strada comincia a distendersi con rettilinei più lunghi e meno ansiosi, anche se la velocità aumenta ed il tasso di probabilità di centrare uno dei tanti mezzi che occupano quasi completamente la carreggiata venendo in senso contrario, aumenta proporzionalmente. E' di nuovo la piana delle piantagioni di thè, ancora un po' a falsopiano, perché la montagna non ne vuole ancor sapere di cedere completamente il passo alla pianura e la strada che percorre il confine sud del Sikkim porta fino alla porta sud del nuovo stato che ci aspetta, il Bhutan, un'altra piccola realtà himalayana, che è riuscita a mantenersi regno in un gioco di equilibri geopolitici davvero non facili, con doti equilibristiche che ne fanno un caso da indagare con una certa attenzione, almeno a quanto se ne dice.
|
Al mercato |
La curiosità è molta e cercheremo di indagare meglio nei prossimi giorni, se avrete ancora la pazienza di seguirmi. Per adesso godiamoci ancora questi scampoli di India di confine, nella parte estrema del West Bengala, fino alla città di Jaygaon, la porta principale di ingresso verso questo paese. Karma ci lascia in albergo, ansioso di tornare alle sue montagne, si vede che soffre un po' la pianura ed il suo bailamme meccanico. Gran confusione soprattutto di mezzi e di merci che si affollano per portare derrate e quanto serve. Checché se ne voglia dire, se vogliamo accettare il tipo di società che viviamo, il commercio ne è la linfa vitale che la alimenta e la fa vivere e prosperare. Si può blaterare di felicità e di noncuranza verso il denaro, ma dove vedi traffico di uomini e di merci, lì prospera tutto. Il mercante è quello che fa vivere ogni cosa, inconsapevolmente certo e per il suo interesse, ma questo sparge alimento a tutto quanto lo circonda, per qualcuno forse venefico, per altri linfa vitale ed il suo spostarsi porta questo nutrimento lontano. Meno barriere incontra, più si sparge con facilità, come un liquido la cui forza invasiva non è arrestabile. Come l'acqua alimenta e fa crescere, oppure se troppo violenta distrugge e fa danno, tuttavia scorre sempre tra le dita senza possibilità di essere fermata. Per questo il mercante odia frontiere e divisioni ed è il maggiore fautore di libertà in assoluto, la pretende e la cerca, naturalmente anche esagerando.
|
Tra sacro e profano |
Qui lo vedi bene, la città ha un altro passo rispetto alla sonnolenza del resto del territorio agricolo che hai attraversato. I montanari sono chiusi quasi sempre nel sospetto e tendono all'isolamento che la natura impone loro e a cui non rinuncerebbero mai, i contadini sono legati al fazzoletto di polvere e fango che calpestano e che amano in maniera virale e spesso controproducente, sempre timorosi che venga loro strappata via, cosa che alla fine, proprio grazie a questa diffidenza atavica, avviene con regolarità. Il mercante vuole solo la libertà di muoversi, andare, varcare monti e attraversare mari, certo per arricchirsi, ma lasciando dietro di sé una scia di opportunità congruenti. A Jaygaon, il mercato è più vario e ricco che negli altri posti attraversati, la gente più scafata, i clienti più attenti e pretenziosi, perché vedono più cose, riescono a fare più paragoni, c'è concorrenza insomma. C'è più ansia forse e anche maggiori occasioni di violenza. Al lato della strada principale si forma un capannello di persone, qualcuno grida, altri si agitano, c'è uno svolazzare di stoffe, accorre gente. Hanno, pare, preso un ladruncolo, che cercava di rubacchiare qualche povera cosa esposta fuori di un negozio rutilante di luci al neon. Il reo è in mezzo alla gente con gli occhi bassi, vergognoso e pieno di timore. Parla a voce bassa, probabilmente balbetta qualche scusa. Non c'è polizia ancora intorno, che diversamente avrebbe cominciato a far roteare i
lathi, i corti ma durissimi bastoni di legno che calano senza troppa attenzione su teste e braccia, quando ci sono da sedare questioni difficili.
|
Ornamenti |
Davanti a lui un uomo ben vestito, che sembra torreggiare sull'altro che si fa sempre più piccolo. Si percepisce bene che con il solo atteggiamento vuole umiliarlo il più possibile, pronuncia con fare tagliente qualche parola sprezzante, poi lo colpisce in faccia con un pugno mentre i suoi scherani trattengono il colpevole, poi ancora uno schiaffone, infine l'uomo viene cacciato via con modi bruschi, del tipo: è meglio che non ti faccia più vedere da queste parti e lui scappa via cercando di dire ancora qualche ultima cosa a sua difesa, mentre qualche astante, la folla vuole sempre maramaldeggiare sul debole e sul vinto, lo insegue per assestargli ancora qualche colpo di giunta. E' l'occasione per i piccoli giustizialisti che si fanno forza del numero e che poi tornano alle occupazioni usuali, contenti del diversivo, un po' come le vecchie
tricotières che passavano il tempo sulla piazza della ghigliottina, alzando gli occhi dallo sferruzzare solo quando cadevano le teste. Nessuno gode di più della punizione di un debole che un altro debole come lui. Lo stradone centrale che porta alla barriera, un grande arco di legno colorato con draghi e altri animali fatati, è continuamente intasata di veicoli e di camion che alzano un polverone che solo la pioggia riesce a calmare trasformandolo in poltiglia scivolosa. Una fanghiglia che rimane un po' l'anima della città, ricca di traffici, leciti e certamente anche meno, a vedere ad esempio il numero di signorine pittate pesantemente, con trucchi esagerati, ciglia lunghe e vibranti e
leggins che strizzano tutto il possibile evidenziando al massimo forme spesso sovrabbondanti.
|
Trattative al mercato |
I ristoranti abbondano e spesso sono più sbrigativi, qui la gente passa e va. Però oggi capannelli si formano ovunque, sia nei bar che anche in ogni negozietto in cui sia acceso uno schermo televisivo. Negli stretti passaggi del mercato sono stese per aria festoni e bandierine coi colori dell'orgoglio nazionale che già facevano mostra di sé nei giorni scorsi. E' un'atmosfera tipica che aleggia in ogni parte del mondo in occasione di eventi sportivi importanti. Accidenti, siamo in piena coppa del mondo di cricket, lo sport nazionale e siamo alle semifinali. India- Australia, chi vince va in finale contro la Nuova Zelanda. I maschi della zona sono sovraeccitati e anche se il cricket è uno sport piuttosto lento e che si prende i suoi tempi; scordatevi di avere un servizio usuale nei bar o nei ristoranti. Mentre tu aspetti al tavolo, noti solo crocchi di gente con la faccia levata attorno agli schermi. Ogni tanto aumenta la tensione, che si scarica poi all'improvviso in un urlo di gioia liberatorio o in un gemito di delusione. E' tutto il pomeriggio che il match prosegue tra alterne vicende. Quando alla fine vedi che i capannelli si sciolgono ed i ragazzi se ne vanno via scrollando la testa, capisci che per questa volta non ce l'abbiamo fatta. L'Australia è volata in finale, sarà per la prossima. Tutto intorno rimangono solo tanti commissari tecnici della nazionale che, senza dubbi e con la competenza notoria dello spettatore del giorno dopo, spiegano come si sarebbe dovuto giocare, chi sarebbe stato meglio schierare e così via. All'albergo a cui rientriamo, quando ormai è buio, una figura piccolina in abito tradizionale bhutanese, ci sta aspettando da un po', è Tashi Puntso, che sarà nostro duce per la prossima settimana.
Nessun commento:
Posta un commento