martedì 31 ottobre 2017

Zucche e torroni

dal web - nientepercaso


Leggo della polemica di poco spessore sulla moda di Halloween che turberebbe le coscienze di tanti puristi della tradizione italiota. Bah, mi sembra argomento di così poca rilevanza, da poter essere trascurato senza troppi turbamenti, ma oggi nel rituale giro dei cimiteri pensavo a quando ero bambino e in Valle San Bartolomeo mio zio Enrico mi aveva preparato una grande zucca, scavata e ritagliata con i denti aguzzi e la candela dentro che la illuminava rendendola quasi trasparente, la sera appoggiata sul davanzale della finestra bassa. Non faceva paura di certo, ma era una novità per me quando già allora si faceva il giro in bicicletta dei cimiteri e poi si veniva a casa con un borsone pieno di cachi maturi, dopo aver lasciato una monetina da cinque lire allo zio, perché i cachi non si regalano, che poi porta male. Dunque già 65 anni fa si intagliavano le zucche, anche se non si sapeva, per lo meno io, che fosse Halloween. 

A Valenza invece andavo in treno con mia mamma e dalla stazione fuori città mi aspettava una lunga passeggiata. Visto oggi però, e va bene che lo fai in macchina, non è poi così lungo quel viale che parte dal cimitero ormai ricoperto di foglie secche. Per lo meno non così lungo come mi appariva quando lo percorrevo, bambino, con la mia mamma da un lato e la nonna dall'altro. L'una giovane e bella, l'altra curva sotto il peso della vita che l'aveva costretta a seguire il feretro di un figlio morto per la consunzione seguita al campo di lavori forzati in Germania, uno di quelli che qualcuno oggi, a leggere i vaneggiamenti di internet, rimpiange e quindi subito vedova di un marito consunto dal dolore. Tutte cose che allora neanche sapevo, contento di quella giornata che ero certo sarebbe finita in gloria, con una magnifica barretta di torrone da sgranocchiare mentre percorrevamo lentamente quel viale per arrivare fino al cascinotto dove lei viveva sola, anche se forse non era una scelta. 

Una piccola cascina tra i campi di allora, oggi credo coperti da villette di orafi evasori, tra le quali non ho mai più ritrovato i ruderi, giacché, lei morta e venduta in fretta la terra, era crollata in pezzi, testimone di un tempo destinato a scomparire, polverizzata dallo scorrere di un tempo impietoso a cui danno fastidio i ricordi. Era dolce quel torrone alle mandorle, Sebaste il diavolo di Alba recitava la scritta sul banchetto davanti al cimitero, e l'impegno che ci mettevo a sgranocchiarlo, dopo avere aperto con cura il cellophane che lo ricopriva, mi rendeva lieve la strada fino ad arrivare quella casa di cui ho un solo ricordo vago di uno stanzone con un grande camino fuligginoso e nulla più. Avevo già cominciato la scuola perché l'unico altro ricordo che mi rimane vivo era la raccomandazione materna di non raccontarle che mi avevano comprato, su suggerimento della maestra Signorina Fracchia, il Novissimo Vocabolario Melzi di italiano, perché non avrebbe capito la spesa di tutti quei soldi per l'acquisto di un libro. 

Chissà se invece non l'avrebbe apprezzato anche lei, magari per quella sorta di reverenza che avevano i contadini di un tempo per la cultura, al contrario di oggi, tempo in cui si irride il sapere e si celebra l'orgogliosa e tronfia ignoranza. Ma io, ubbidiente, non tradii la consegna, avevo il torrone a cui pensare. Anzi forse ne avevo conservato ancora un pezzettino da finire mentre percorrevamo a piedi la carrareccia lungo la ferrovia fino alla stazione per tornare a casa, lasciandola lì, vecchia e curva nella sua lunga veste nera, senza più lacrime da spargere, a rimestare un pentolino appeso ad una catena nel grande camino nero di fuliggine.


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venerdì 27 ottobre 2017

Tornato a casa

Atterraggio - dal web

E così eccomi qua dopo tre giorni di decompressione dall'arrivo effettivo, appena appena necessari per sgombrare (ma non certo risolvere completamente) la massa di problemi e problemini che ti trovi sul tavolo nel momento in cui apri la porta di casa dopo una assenza di quasi un mesetto. Ma possibile che non si riesca ad assaporare neppure per un attimo il beneficio del viaggio, lasciandolo depositare con tranquillità come una copertina leggera quando i primi freddi condiscono l'inizio d'autunno? Niente da fare, bisogna subito sbattersi di qua e di là con tutti gli entro e non oltre, così tutto il tempo che volevi dedicare ad una meditata riflessione se ne va sotto l'uscio. Comunque non lamentiamoci e andiamo avanti. Ma poi quali potrebbero essere le prime riflessioni che vorrei proporvi, prima di cominciare come di consueto una puntuale disanima dell'itinerario, in particolare? 

Diciamo che questa esperienza americana è stata senza dubbio di grande interesse ed ha corrisposto quasi in toto alle aspettative, ho avuto insomma quello che avevo messo in conto, senza ribaltare, come spesso succede nei viaggi, qualche pregiudizio che ti sei portato dietro e che spesso scopri essere solo nella tua testa. In questo caso invece, ho avuto in generale solo conferme. Un grande paese, dove vado per la sesta volta, anche se in una zona che non avevo mai visto, dove quasi tutto quello che sai e di cui hai sentito, si conferma, magari addirittura ampliato. Per il Canada, dove invece sono alla prima esperienza, si possono tirare più o meno le stesse considerazioni, essendo i due paesi, ad una osservazione certamente superficiale, molto più simili tra di loro di quanto forse vorrebbero essere. Certo bisogna partire da un dato. Non si può, o perlomeno non ancora, buscar el levante por el ponente, come voleva il nostro illustre connazionale ora, messo indubbio anche laggiù. Su questo punto mi duole confermare che se l'interesse di un viaggio in questa area è pari a uno, nel mio amato oriente siamo a quasi dieci. 

Quasi nulla di storia, di arte e cultura, di antropologia, cose che tanto mi affascinano dell'Asia in generale, solo tanta, immensa e forse ineguagliabile natura e certo questo non è poco. La parte dolente invece è quella che i costi sono quasi doppi e questo, per i viaggiatori a low budget, può rappresentare un problema da considerare. Ciò detto, questo giro che mi ha condotto attraverso il paese numero 103 della mia lista, cosa secondaria, ma che mi arrogo il vezzo di sottolineare, ha avuto le caratteristiche di un classico viaggio on the road, come si conviene, da tradizione, al continente in oggetto, tanto è vero che mi sono portato con me, per riempire le varie pause aeroportuali, In Patagonia di Chatwin, Sulla strada di Kerouak e Lo zen e l'arte di manutenzione della motocicletta di Pirsig, tre classici che illustrano questo modus vivendi come nessun altro, sottolineando il concetto basilare che in un viaggio non è importante il raggiungimento della meta, ma la strada che si percorre per arrivarci. E diciamo la verità, qui di strada, complici gli spazi sconfinati che ti si aprono davanti, ne ho fatta davvero molta, 6500 km in un paio di settimane, in quanto l'appendice dell'ultima è stata stanziale, eppure devo dire che non mi sono pesati affatto, così preso dall'assorbire questo mondo che ti scorre continuamente di fianco nella sua variegata e mutevole uniformità. 

Se devo invece sottolineare un elemento che emerge comune e costante in ogni momento ed in tutte le situazioni di questa terra, è il concetto di esagerazione. Negli Stati Uniti, tutto è davvero esagerato, è costantemente e pervicacemente troppo. Nelle cose importanti così come nelle piccole cose. Le bevande sono sempre o troppo bollenti, che vi scottano la lingua per ore, anzi vi sono consegnate in contenitori di materiali che impediscono la dissipazione del calore più a lungo possibile, in modo che non riusciate ad avvicinarvi le labbra fino a che non vi sarà passata la voglia di bere, oppure troppo gelate, in bicchieroni ricolmi più di ghiaccio che di bevanda, del quale c'è sempre disposizione casomai ne abbiate ancora bisogno e come tale vi viene continuamente offerto.  La birra la tengono in freezer e i frigoriferi sono appunto di dimensioni esagerate. Tutti sanno che il caffè è servito a 1000°C o giù di lì, tanto che ti danno una ulteriore fascetta altrimenti ti scotteresti le dita tenendo il contenitore, ma a una ottantenne che se lo era rovesciata in grembo ustionandosi la patata, è stato assegnato un rimborso di 2 milioni di dollari, perché non era stata avvertita. 

Questo è solo un piccolo esempio di esagerazione che si ritrova in ogni momento in questa superficialmente opulenta società, mentre in realtà la media delle persone sono molto più povere che in moltissimi altri paesi avanzati. I grassi sono troppo grassi e troppi i grassi, ma grassi in maniera esagerata, tanto che uno grasso come lo intendiamo noi, (ho capito, come me!) si sente improvvisamente a suo agio. I cibi sono troppo abbondanti e grondano di salse, oli, condimenti e continuamente ve ne offrono altri in aggiunta. I panini sono enormi, Gli spazi, il traffico, le strade, tutto è esagerato secondo il nostro metro e così tutto il resto, solo che loro ci sono abituati e si stupiscono del nostro stupore, come è logico. Magari nello stesso posto, fa troppo caldo o troppo freddo in determinati periodi dell'anno. Piogge e uragano sono troppo violenti, così come altrimenti la siccità. Insomma come ho detto la quintessenza dell'esagerazione. Tuttavia un paese dove se hai i soldi, puoi avere tanto, troppo? E se non li hai troppo poco. Dove paghi troppo poche tasse, ma se ci aggiungi, l'assicurazione medica, le spese per un'istruzione decente e quelle per una pensione privata che ti consenta di sopravvivere ne paghi troppe. Insomma (come dappertutto) luci ed ombre che contribuiscono a rendere questo viaggio attraverso il paese così interessante e ricco di spunti di riflessione e di cui vi parlerò per un po'.   


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