domenica 26 agosto 2012

La festa del paese.



La festa del paese.Un archetipo di ogni tempo ed ogni luogo. Pure rimane un momento carico di sensazioni ed aspettative. Tutto il borgo è già da qualche giorno percorso da uno strano fremito di attesa, un senso di eccitazione che percorre tutti gli abitanti e per contagio anche chi ci sta pochi giorni in vacanza o che è passato per caso. Annunci in bacheca, qualche manifesto, il passaparola preludono agli appuntamenti della giornata clou. Fenestrelle é da qualche giorno in attesa dell'avvenimento, ogni anno uguale, eppure sempre diverso. La mattina è splendida, un bel sole su un cielo blu cobalto, le montagne che disegnano nette il confine tra cielo e terra, il forte immobile sul crinale a disegnare la quinta del palcoscenico. Un sacco di gente in giro per il paese, già dalle prime ore, poi la campana che chiama alla messa grande, dove sarà benedetto il pane che le ragazze in costume hanno portato nelle grandi ceste fino in chiesa, dopo averne ornato ogni pezzo con un fiore e che sarà distribuito a tutti perchè lo conservino per un anno intero a simbolo di protezione e buona fortuna, per essere poi bruciato nel camino quando sarà sostituito da quello nuovo. C'è un'aria di festa che non si può spiegare, la gente è allegra e circonda le ragazze con le cuffie di pizzo bianche o nere, le lunghe gonne e gli scialli colorati.

Ognuna ha sul petto la croce d'oro antica, avuta dalla nonna. I turisti scattano foto, gli abitué guardano con occhio smagato lo spettacolo tante volte visto, ma rimangono comunque lì, avvinti da una strana malìa inspiegabile, che ti porta in giro per il paese a goderne il momento di eccitazione collettiva. Nel pomeriggio lo spettacolo del bal da Sabre, rievocazione di origini antiche che affonda il suo senso nella cultura rurale precristiana, arricchitasi via via nel tempo di simboli che la storia ha codificato, il temuto nemico saraceno di cui forse si temeva l'arrivo fin nelle Alte Valli, gli Spadonari col loro ballo ritmato a formare complesse figure incatenate, l'Arlecchino che va continuamente a disturbare la danza, figura di libertà e di rifiuto delle convenzioni, sempre rincorso dai gendarmi, alla fine vittorioso e levato al cielo sulle sciabole a salutare il pubblico. Come mai, dopo averlo visto tante volte, in fondo sempre uguale, rimango ancora qui a guardare lo snodarsi delle figure, le spade che si incrociano, i costumi che si alternano in una costante di spirali e volute? Forse è l'ipnotico taratàn, taratàn, taratàn tan tan dei tamburini che ti fa rimanere avvinto davanti ai costumi turcheschi del Bal da Sabre, seguiti dalla courenta e la mazurka occitana delle ragazze. E' un'atmosfera particolare, che non puoi spiegare a parole, la festa di San Luigi dei Francesi, che come tutte le altre feste del paese manda a casa tutti sereni, contenti di appartenere ad una piccola comunità, con un arrivederci al prossimo anno, per un altro 25 di agosto, fatto di cose semplici e solide di cui forse molti sentono la mancanza.
 



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Tarda primavera.


2 commenti:

Sandra M. ha detto...

Davvero non stanca mai la festa di paese. Forse perché ha davvero il sapore genuino della semplicità.

Enrico Bo ha detto...

@Sandra - Ma sì, per quanto smagati e cinici, c'è un qualche cosa che riesce a tenerti legato. Mah, stiamo invecchiando...

Where I've been - Ancora troppi spazi bianchi!!! Siamo a 119 (a seconda dei calcoli) su 250!