sabato 5 aprile 2025

Sudamerica 41 - A Punta Tombo

Coccole a punta Tombo - Argentina - novembre 2024


Ancora un giorno pieno da trascorrere in questa meravigliosa penisola, che rappresenta come pochi altri luoghi, a mio parere, l'essenza della Patagonia, al di là della mancanza della catena andina, che ne illustra un altro non meno importante aspetto. Da quello che ho visto in questi giorni, in ogni caso questa area naturale non può essere esclusa da un progetto di viaggio nel cono meridionale delle Americhe. Poche zone infatti ti danno questa sensazione di spopolamento assoluto, di territorio desertico per uno spazio non calcolabile quanto a dimensioni, come Valdèz e percorrerlo in auto lungo le sue strade rettilinee di cui non riesci mai a scorgere il fondo, descrive questa sensazione in maniera perfetta. Per completare la nostra esplorazione oggi andremo a sud, fuori della penisola, lungo la costa Atlantica che prosegue per quasi duemila chilometri verso la terra del fuoco, senza presentare città di rilievo o approdi facili, un itinerario che si percorreva con i velieri, stando lontano dalla costa inospitale e desertica in attesa di affrontare le insidie del doppiaggio del canale di Drake. Noi percorriamo la N 3 per quasi 100 km verso sud, fino ad una deviazione che con uno sterrato di quasi altri 20 km porta fino al mare, dove una piccola penisola si stende verso l'Oceano come un dito curioso che voglia toccare zone proibite di un ambiente per sua natura alieno all'uomo. 

E qui, in passato anche l'uomo in cerca del nulla si teneva lontano, una terra di cui nulla può essere sfruttato, unica ragione, forse, che spinge gli umani nelle terre incognite. Così solamente quelle forme di vita che sanno adattarsi e nella mancanza di esseri umani trovano ulteriore ragione, riuscendo a non essere disturbati, riuscendo comunque a trovare habitat consoni alle loro possibilità, hanno scelto di trovare una sede conveniente dove prosperare e moltiplicarsi, che poi è anche l'unico imperativo che riesce a fare affermare una specie sul pianeta. La specie che non riesce per qualunque ragione a moltiplicarsi è destinata all'estinzione ed il suo habitat viene ripopolato da altri e questo naturalmente vale anche per gli umani. Questo lembo di terra sperduto si chiama punta Tombo ed è rimasto così isolato per lungo tempo, che è diventato un'area davvero unica nelle sue caratteristiche, tali che, non si sa bene quanti decenni fa, è stata scelta dai pinguini di Magellano, come luogo ideale per prosperare. Infatti nella baia formata dalla penisola, che ha generato una lunga spiaggia grigia, ghiaiosa e ricoperta di conchiglie spezzate, che guarda al mare aperto, battuta dalle onde e dalle maree, nidificano da tempo immemorabile all'incirca 200.000 famiglie di pinguini, che qui vengono durante la parte terricola della loro vita a nidificare, accoppiarsi, deporre le uova ed accudire i nuovi nati fino a che non saranno in grado di prendere il mare da soli. 

Sembra, ma non è certo, che siano arrivati qui nel '47, subito dopo la guerra e da allora, la colonia, nella quale evidentemente le prime coppie arrivate si erano trovate benissimo e hanno passato la voce, è prosperata e anno dopo anno, il numero degli esemplari è cresciuto a dismisura. Così ecco che anche il luogo inutile ed inospitale, ha trovato modo di generare interesse e business. L'intera area oggi è diventata parco, protetto e ben curato e consente come praticamente nessun altro, a meno che di non arrivare in Antartide, di osservare da vicino una colonia così numerosa di questi animali. Facciamo prima un giro nel centro di accoglienza del Parco dove si effettua dapprima un percorso molto ben documentato sull'argomento. In particolare puoi veder elencati ed illustrati, tutti i tipi di pinguino esistenti, quantomeno quelli classificati come specie distinte che sono quasi una ventina, dai più piccoli, che sono proprio i Magellanici presenti qui, che raggiungono a stento la trentina di centimetri, a tutte la altre specie che possono arrivare anche al metro e venti come gli Imperatore, quelli che ovviamente recitano la parte principale in tutti i documentari ed i film con questo soggetto, presentando quel bellissimo capo bordato di sfumature arancioni, così ben visibili quando levano il lungo becco aguzzo ed arcuato verso il cielo, insomma diciamo pure i più fotogenici. 

Tuttavia, invece per quanto riguarda le abitudini di vita, questi animali si differenziano assai poco tra specie e specie, mantenendo in generale abitudini molto simili, nella scelta del compagno, quasi sempre unico per tutta la loro esistenza, nella nidificazione e nella cura della prole. Insomma diversi, ma molto vicini nello stile di vita. Viste le informazioni e la ricca documentazione del centro si procede verso la spiaggia a cui si accede attraverso un bel sentiero dotato di ampie passerelle che formano un circuito molto lungo che consente di vedere ogni punto di quella che viene chiamata la Pinguinera. Già da lontano si sentono le strida degli animali che si chiamano l'un l'altro per riconoscersi. La sensazione è quella di sentire forti ragli di robusti quadrupedi piuttosto che i pigolii che ti aspetteresti da quelli che poi sono null'altro che uccellini un po' troppo cresciuti e rimasti così tozzi da non riuscire più a volare. Siamo su un'altura ondulata che si estende per chilometri verso l'interno fina ad arrivare nei pressi della spiaggia dove precipita in una scarpata fatta di rocce spezzate ed erosa  dalla furia del mare e dagli altri eventi atmosferici. Lungo questa erta i pinguini salgono, attraverso minuscoli e tortuosi sentierini formatisi negli anni, con la loro buffa e faticosa andatura, a volte cadendo e scivolando in basso, per riprendere poi la salita, come scalatori che vogliono riconquistare la montagna. 

Poi appena arrivati in piano, vagano tra i cespi della macchia per trovare un avvallamento dove scavano buche profonde che diventano i loro nidi protetti. Sembra che il maschio scelga il posto e poi la femmina, dopo attenta ispezione, lo accetti e consenta l'accoppiamento. Una volta che il maschio ha covato le uova per un paio di mesi, nasce il pulcino, raramente due, di cui uno però non sopravvive e poi è tutto un andirivieni al mare per procurargli il cibo che lo farà crescere. Quindi per tutta la zona c'è un andirivieni continuo di genitori che vano e vengono indaffaratissimi. Nelle tane, in questa stagione, vedi solamente altri pinguini immobili in attesa, che non distingueresti dagli adulti ma altro non sono che infanti ormai cresciuti e diventati delle stesse dimensioni dei genitori, che ancora non sono in grado di tentare la via del mare per rendersi indipendenti. Una storia vecchia dunque. Comunque lo spettacolo è avvincente, con così tanti animali così vicini ed indifferenti che potresti quasi toccare con mano se non fosse severamente proibito. Qualcuno sta lì di fronte a te e ti guarda fisso come per chiederti cosa sei venuto a fare in casa sua, sporge il becco nero in avanti e piega il capo un poco di lato, sporgendo l'occhio rotondo cerchiato di rosso come fosse infiammato, per vederti meglio e non si muove, aspetta che tu te ne vada insomma, che te ne torni a casa lasciandolo libero di ritornare nella sua tana a digerire. 

Poi alza il capo nero e spalanca il beccuccio verso l'alto prorompendo in un raglio rumoroso e deciso, ma senza cattiveria, non ce l'ha con te in fondo, reclama solo di essere ascoltato o avvisa della sua presenza. E' talmente vicino che puoi contargli le piume così vicine e compatte da formare una sorta di muta subacquea impermeabile, che gli consentirà tra qualche mese di percorrere a folle velocità tutti i mari del sud del mondo, prima di ritornare su questa spiaggia a trovarsi una compagna o ritrovare quella precedente, sempre che riesca a trovarla. Ci sono molti punti sospesi sulla scogliera, ampie balconate dalle quali si domina la spiaggia dove è tutto un va e vieni di animali che ti tuffano tra le onde e altri che arrivano di slancio dal mare planando come dei surf sbattuti sulla riva dalla forza del mare. Uno spettacolo continuo degno di un grande documentario del National Geographic. Poi ecco che si rialzano ciondolando, con una mossa mille volte provata e fatta ormai senza fatica e si avviano fino a trovare un sentiero per risalire sul pianoro, che affrontano con fatica ma con decisione. La spiaggia si perde all'orizzonte ed è tutta ricoperta di animali. 

Uno spettacolo impressionante. Ma non ci sono solo pinguini, stormi di Ska (o Skua, un uccello stercorario piuttosto comune), il loro nemico naturale, che si aggira continuamente tra le tane in cerca di uova da beccare, di cui è ghiottissimo. Il malefico intruso è sempre in giro, ospite sgraditissimo ovviamente, ma insistente e non eliminabile, anche se a gruppi si fa buona guardia vicino ai nidi per evitare intrusioni indesiderate. Ma ogni tanto la sorveglianza diminuisce e qualcosa sfugge, così anche questo uccellaccio trova qualche uovo senza sicura e lo afferra col becco uncinato per portalo via tra le rocce dove lo spezzerà al meglio, sbattendolo a terra con violenza e cibandosene poi ghiottamente. Per la verità a volte è interessato anche ai piccoli appena nati ancora ricoperti di lanugine grigia abbastanza piccoli per poter essere acchiappati e strattonati sopra gli scogli prima che le madri se ne accorgano, ma adesso i piccoli sono cresciuti anche troppo per correre questo pericolo. Ma anche loro devono pur vivere, non vi sembra? E la storia dei predatori che regolano con la loro presenza le proporzioni della crescita ristabilendo un equilibrio naturale accettabile. 

Comunque a parte questi dettagli sgradevoli, non deve essere troppo dura la vita del pinguino e se vogliamo proprio, come nostro solito antropomorfizzarli, direi che se la spassano felici a punta Tombo, a quanto mostrano per lo meno. Ma non sono mica i soli ad aggirarsi nella steppa prospiciente il mare. Grandi famiglie anche di una ventina di capi ciascuno di bellissimi guanachi, tra i più grandi e dalle pellicce folte e lucide mai viste fino ad ora. Brucano negli avvallamenti, poi di colpo come se avessero avuto un avvertimento di pericolo incombente, che so io, un puma in cerca di prede, partono al galoppo, apparentemente senza una ragione precisa, per fermarsi dopo qualche centinaio di metri e rimettersi tranquillamente a brucare. Davvero un territorio idillico a vedersi. In sostanza ci siamo rimasti quasi tre ore, non la finisci mai di trovare qualche punto di osservazione dove fermarti a guardare uccellini colorati tra ami spinosi, fiori che colorano la steppa e andirivieni di animali in livrea da sera che passeggiano indaffarati come se avessero fretta di espletare un loro servizio preciso. Davvero un luogo assolutamente imperdibile, nel quale rimanere magari su una panchina a guardare il mare, grigio e lontano, mentre nell'aria volteggiano i cormorani imperiali, le ossifraghe, le beccacce di mare ed i tanti altri uccelli che popolano la battigia.

SURVIVAL KIT

Riserva di Punta Tombo - A circa 110 km da Trelew, gli ultimi venti di pista buona, si raggiunge in meno di due ore, ben segnalata. Riserva naturale di oltre 200 ettari sul mare. Vedere prima l'esposizione nel centro di accoglienza, che racconta ogni cosa sulla vita dei pinguini. Poi percorrere un  sentiero di tre chilometri di passerelle da cui non si può uscire, che attraversa completamente la riserva, compiendo un percorso circolare che vi riporta all'ingresso. Potrete vedere oltre a tutta la varia fauna patagonica consueta anche guanachi, armadilli, nandù, volpi e uccelli terricoli, la più grande colonia di pinguini di Magellano esistente, quasi mezzo milione di capi. I pinguini arrivano verso fine agosto e nidificano, i piccoli nascono in novembre e sono pronti a prendere il mare a marzo. Da aprile ad agosto non c'è nulla da vedere. Vergono organizzate visite di gruppo a partire dai 100 €. Il modo migliore ed economico ovviamente è con la vostra macchina. Ingresso 18.000 pesos con sconto. Calcolate un minimo di 2 ore più il viaggio, quindi almeno una mezza giornata che può essere completata poi nella zona di Gaiman.



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venerdì 4 aprile 2025

Sudamerica 40 - Guanachi e armadilli

Golfo di San Josè . Penisola di Valdèz - Argentina - novembre 2024


Golfo grande

C'è un baretto, giusto di fronte all'ufficio dei balenieri, che raggiungiamo mentre il resto della gente  pian piano sta sfollando. Noi ci imbuchiamo lì, intanto perché son passate le due e anche per calmare un po' lo stomaco, che, sia come sia, un po' smosso lo è, anche se le acque del golfo non sono certo quelle dei quaranta ruggenti che si sviluppano appena passi nelle acque aperte di fronte alla penisola. In effetti si tratta sempre di un tratto di mare chiuso e anche con una imboccatura piuttosto ristretta, ma la dimensione è comunque abbastanza ampia perché i venti che spazzano con monotona ma pervicace violenta la penisola, ne agitino la superficie in maniera adeguata e quindi, per noi diciamo che è già più che sufficiente. Un bel tostado e una bibita fresca calmano le onde marine e anche quelle gastriche. Forse ci aspettavamo tutti qualcosina di più, come ci avevano promesso in molti già passati da questa esperienza, in particolare torme di cetacei che ti circondano festanti e che ti vengono a mangiare in mano, ma anche così devo dire che è stato emozionante e posso concludere dicendomi soddisfatto. A questo punto partiamo con l'intenzione di arrivare a Punta Delgado nell'estremità sud della penisola, anche se è noto che il capo è chiuso, perché l'area è stata privatizzata per farci una struttura privata. 

Guanaco

Tuttavia si dice che la pista valga comunque la pena di essere percorsa per la quantità di animali che si vedono al passaggio. Mai fu detta cosa più falsa. Sta di fatto che ci sciroppiamo 75 km all'andata che saranno poi altrettanti al ritorno, accompagnati solamente da famiglie di guanachi che ormai non attirano neppure più la nostra attenzione, tanti ne abbiamo visti. Null'altro. Per carità i guanachi sono bellini e coccolosi, ma dopo un po', tutto viene a nausea e la quantità e la consuetudine producono indifferenza. Per questo strano animale uomo, non conta il bello o il brutto, ma è la rarità, l'esclusività che attira. E sul bordo della pista ecco che un guanaco morto, un cadavere straziato da chissà quale fiera o vulturide, spero dopo la sua dipartita naturalmente, giace quasi spezzato in due con le viscere esposte e le ossa del bacino che fanno capolino ad attirare saprofagi di qualche tipo. Il ciclo della natura, così spietatamente si compie e il mondò va avanti senza voltarsi indietro. Così ce ne andiamo anche noi, cercando di vedere. lontano alla nostra sinistra i famosi laghi salati che erano anche classificati come la massima depressione argentina. Si vede infatti qualcosa lontano, in una sorta di avvallamento, un luccicore bianco che riflette il sole, come tutte queste superfici di morte, ospitate nelle parti più desertiche del pianeta, quando il sale diventa l'unica alternativa alla vita. 

I laghi salati

Mentre cerco di ricavare una immagine decente senza riuscirci, ecco che tra le gambe mi sfila via veloce, un qualche cosa che non faccio a tempo a catalogare. Subito traversa la pista per mettersi in salvo in qualche modo. Si tratta, e dico finalmente, di un armadillo peloso (Chaetopractus villosus), un animaletto lungo una trentina di centimetri, dello stesso colore della terra che lo circonda e nella quale si mimetizza perfettamente. Anche se corre come un disperato per mettersi in salvo sulle sue zampette cortissime a salsicciotto alle quali non daresti due lire in quanto a velocità podistica, si riesce a vedere bene la corazza a fasce che ne ricopre la schiena e la copertura di peli bianchi che gli spuntano più folti nella parte scoperta del ventre. La coda è corta e piuttosto tozza e due orecchiette che tiene basse forse nell'ansia di correre via meglio e più velocemente, gli rimangono schiacciate ai lati della testa. In pratica fila via a zig zag tra i cespi di erba bassa e nonostante cerchi di rintracciarlo al di là della strada scompare per sempre, forse tra gli anfratti di qualche tana che si è appositamente scavato in previsione di questi eventi pericolosi per la sua incolumità. Non riesco neppure a fargli uno scatto, pur avendo l'attrezzo pronto in mano. 

Faraone selvatiche

Un curioso anomale comunque che avevo visto solo imbalsamato nell'estancia di El Calafate e che sembra assai più raro del suo cugino senza peli, più grande e lento a muoversi, insomma più propenso quando si spaventa a racchiudersi a palla, come a scomparire dal mondo stesso, che dovrebbe essere comunque presente in questi luoghi sia nella versione diciamo coupé, che presenta solamente sei bande, sia in quella che potremmo chiamare limousine, che può arrivare mi sembra fino a 16 bande nella corazza. Ci fermiamo ancora un po' a guardarci intorno speranzosi di veder saltar fuori qualche suo amico, ma niente da fare. Questi animali riescono a nascondersi sotto terra molto bene visto che dispongono di filtri nelle narici che consentono loro di respirare l'ossigeno senza inalare il terriccio che li ricopre e anche se sulla carta dovrebbero essere curiosissimi e attirati dall'uomo nella speranza di carpire cibo, noi abbiamo evidentemente trovato l'unico armadillo scontroso della regione. Alla fine bisogna giocoforza rinunciare all'appostamento. Il peludo, come lo chiamano qui, è dispettoso e non si mostra più. Intorno a noi solamente greggi infinite di lanosissime pecore che cercano di portare al riparo i loro ultimi nati, che a mala pena si reggono sulle zampette ancora malferme. 

Isla de los pajaros

Poi gli ultimi segni di vita che si mostrano nella steppa sono delle grassocce faraone selvatiche che becchettano qua e là come galline nell'aia. Rammaricati, riprendiamo la strada verso la punta dove arriviamo verso le quattro, ma, con grande delusione, non troviamo altro che un cancello sbarrato con l'invito a tornarcene indietro. Lontanissima verso il mare, la punta che si allunga e che, a quanto si dice, ospiterebbe una ricca loberia, popolata da centinaia di pinnipedi di ogni genere e colonie di cormorani. Pazienza, se la godranno i ricchi epuloni che verranno a pernottare da queste parti, d'altronde eravamo avvisati, dunque inutile lamentarsi sul latte, anzi sulla benzina versata. Torniamo mestamente verso l'uscita del parco che raggiungiamo dopo le cinque e tanto per consolarci facciamo l'ultimo tratto laterale di pista di cinque chilometri che porta fino ad una baia del Golfo di San Josè, da cui si vede la antistante Isla de Los Pajaros, una roccia nera che emerge tra le onde di un blu cobalto, letteralmente ricoperta di uccelli di tutti i tipi che, per la distanza tuttavia è difficile identificare, anche se opportuni cartelli avvisano trattarsi principalmente di diverse specie di cormorani. Inoltre siamo anche a sfavore di luce e allora ce ne possiamo tornare al parcheggio, anche se con la coscienza pulita di aver toccato tutti i punti topici della penisola. 

Riprendiamo la via verso casa, ma visto che è ancora presto, facciamo un ultimo salto a vedere il lungomare di Puerto Madryn, la cittadina diventata ormai meta di turismo balneare per gli argentini. In effetti la sfilata di villette, quasi tutte di recente costruzione, occupano tutto il corso antistante la larghissima spiaggia e tutto sembra pronto per l'aprirsi della stagione balneare, quando prenderanno vita i vari locali disposti uno dietro l'altro, segno evidente che di gente ne aspettano parecchia. Come supponevo tuttavia non c'è molto altro da vedere, se non quella che sembra quasi una delle tante località adriatiche in attesa dell'arrivo della stagione. Non rimane quindi che tornare alla base, mentre il cielo si scurisce ed i goccioloni di pioggia cominciano a scendere, ma questa ormai pare sia una costante serale di questa zona nel periodo primaverile. Diamo un'occhiata stanca ai tanti murales che costellano i muri attorno al nostro garage, poi non rimane che rifugiarci nei nostri soliti locali per una bella sberla di carne alla griglia succosa e corroborante. Accidenti, ho trangugiato sicuramente più carne in questo mese che in tutto il resto dell'anno, ma ne valeva assolutamente la pena. Il gelataio invece con il quale attacco un bottone sulla artigianalità della produzione, è davvero molto soddisfatto degli apprezzamenti che provengono dai conoscitori italiani. E così se ne è andato anche un altro giorno. 

Golfo di San Josè
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Murales





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giovedì 3 aprile 2025

Sudamerica 39 - Puerto Piramides e le balene

Leoni marini - Punta Piramides - Patagonia - Argentina - novembre 2024  (foto T. Sofi)
 

La roccia
Anche stamattina si ritorna sulla penisola, questo vuol dire che dobbiamo rifarci un'oretta di strada già percorsa ieri, ma pazienza, in effetti domani, al contrario saremo avvantaggiati essendo l'itinerario verso punta Tombo in direzione contraria. La giornata è di nuovo bellissima e procediamo attraverso l'istmo per dirigerci a Puerto Piramides, dove ieri avevamo prenotato il giro in barca. Al casotto mostriamo il ticket di ingresso che è valido per due giorni e la ragazza ci fa transitare con un cenno di saluto. Non c'è nessuno in vista. In questi spazi la gente si perde in fretta. Solo al centro di informazione qualche macchina è posteggiata e qualcuno sale sulla piattaforma per vedere dall'alto spazi più lontani. l'uomo è così, naturalmente portato a cercar di vedere un po' più in là, è la curiosità che spinge l'umanità sempre un po'  più avanti, giusta o sbagliata che sia la direzione. Poi in un attimo arriviamo alla cittadina, punto di partenza per le escursioni nautiche. Siamo molto in anticipo, il briefing prima di salire a bordo è fissato per le 11. C'è quindi tutto il tempo per andare a fare un giro sulla scogliera, costituita da rocce sedimentarie che raccontano la storia geologica di questo tratto di mare. Si tratta di concrezioni rocciose completamente costituite da ammassi di fossili marini, conchiglie di ogni grandezza e genere, impastate tra di loro come un grande blocco di cemento calato sul fondo del mare e poi riemerso e che, battuto dalle onde, forma una specie di scalinata erosa dagli eventi atmosferici attraverso i millenni. 

La costa

Questi gradoni naturali, sono diventati così un ottimo punto di appoggio e stazionamento per tutte le famiglie di pinnipedi che da queste parti vengono a moltiplicarsi tranquillamente. A quest'ora c'è un po' più di agitazione tra i leoni marini che volgono il testone crinito al cielo come in un ruggito un po' strozzato e velleitario, come tra maschi che hanno visto al cinema il Re leone e vogliono imitarlo senza però riuscirci troppo bene. L'urlo esce in effetti un po' strozzato ed afono anche se la posizione è assolutamente uguale a quella di Mufasa sulla roccia del potere. Comunque l'avversario più debole non la vuol capire, così il confronto continua per un certo tempo prima che il giovane e non ancora esperto, rinunci e si lasci scivolare già dalla roccia nell'abbraccio dell'onda calma e carezzevole, non dico calda perché ci saranno 10°C. Camminiamo sulla scogliera e ad ogni passo senti scricchiolare le conchiglie che spuntano dalla roccia e che si frangono per il tuo peso, facendoci contribuire anche noi al fenomeno erosivo della natura. Alle nostre spalle le rocce si elevano subito formando una scogliera elevata di qualche decina di metri, quasi verticale, che i pinnipedi non hanno alcuna possibilità di valicare, rimanendo così confinati lungo la battigia, anche se credo che date le loro abitudini, non abbiano alcuna voglia di conoscere l'entroterra. 

Leoni marini

Stormi di uccelli marini, di ogni dimensione, con lunghe zampette secche secche, si aggirano tra i colossi spaparanzati, becchettando quel che si muove tra le pozze di acqua che i marosi che sbattono la costa, lasciano ritirandosi. Nell'acqua invece nuotano paperelle di diverse specie. Insomma una bella miscela di vita che ha trovato quaggiù una sistemazione ottimale. Dall'alto si ha anche una visione completa del porticciolo che non ha veri e propri moli di attracco, ma avendo, a causa delle maree una larghissima battigia sabbiosa che si allunga per centinaia di metri verso il mare del golfo Nuevo, presenta forti difficoltà a gestire i barconi. Quelli usati per questa attività sono dei giganteschi Zodiac, se vogliamo un po' simili a quelli usati per le traversate mediterranee, su cui vengono caricate da occhiuti scafisti,  le masse di turisti bramosi di andare a vedere da vicino le balene, che vengono proprio in questo golfo riparato a partorire prima di riprendere i loro viaggi infiniti attraverso i mari lontani. I gommoni quindi vengono, mediante un apposita attrezzatura formata da colossali trattori, tirati a riva dopo essere stati agganciati con lunghi tubi metallici dotati di scale e scalette per caricare e scaricare la gente. 

Baffi

Scendiamo al punto di ritrovo dove avviene la distribuzione dei giubbotti di prammatica, a cui seguono le opportune spiegazioni, nonché qualche informazione zoologica sulle balene, per tenerci occupati almeno fino all'imbarco e anche per evitare che la gente cominci a lamentarsi tra di loro di quanto siano aumentati i prezzi e di quanto hanno pagato visto che più o meno ognuno ha spuntato un prezzo diverso e così via. A noi rimane il tempo per comunicare con una professoressa italiana che vive negli Stati Uniti e che qui era già venuta un paio di anni fa e ora ritornava per far rivivere l'esperienza alla figlia, letteralmente orripilata dall'aumento spropositato dei costi in un solo biennio. Ma d'altra arte che vuoi fare, ti sei fatto il mazzo per arrivare fino a qui e adesso rinunci alla balena? Non sia mai, dirigiamoci quindi compatti verso il mare e saliamo la scaletta che ci mette a bordo del nostro Zodiac, con terrazzina belvedere inclusa, che comunque parte a pieno carico, una cinquantina di paganti. Prendiamo il largo giusto a mezzogiorno come previsto e cominciamo a scorrere lungo la costa per uscire nel pieno del golfo. Viste dal mare le colonie di leoni marini sono ancora più accattivanti. Al nostro passaggio quasi si sporgono dal gradone dove stanno prendendo il sole a sbatterci le pinne, quasi ci volessero fare la ola. 

La coda

Quelle in acqua, tirano fuori il muso baffuto e ci guardano intente con i piccoli occhi circolari neri, quasi volessero chiederci se abbiamo intenzione di fermarci anche noi da quelle parti. Davvero un mare che brulica di vita. Due leoni marini proprio davanti a noi si ergono sulle pinte anteriori e levano al cielo la folta criniera e lanciano il loro ruggito semimuto di sfida. Tranquilli che non veniamo a prendervi il posto. Sfiliamo lungo tutta la scogliera anche nella parte inaccessibile da terra, dove si raggruppano gli animali in maggiore quantità. Effettivamente lo spettacolo è emozionante e vale la pena di rimanere attoniti a goderselo al passaggio. Poi prendiamo il largo verso il centro del golfo di cui si vede l'altra riva lontana. Qui il mare appare di quel blu notte che non solo ti nasconde la profondità, ma che ti certifica che questo è mare vero, non quello per bagnanti da riva che non sanno neppure nuotare, abituati solamente a sguazzare sul bagnasciuga, qui non si scherza più ed infatti, anche se siamo in un tratto di mare abbastanza protetto dalla concavità della insenatura, comincia a formarsi l'onda ed il beccheggio tanto temuto dai marinai d'acqua dolce. Comunque sia, a chi non è abituato, il mare vero fa sempre una certa impressione. Così tra spuzzi violenti che arrivano da prua e gridolini di terrore o maraviglia delle turiste agghindate, dalla torre di avvistamento della barca si leva un segnale inequivocabile.

Il muso della balena

A ore 11 infatti ecco che è stata avvistata la balena, che evidentemente è lì che ci aspetta, anzi forse si stava irritando per il nostro ritardo, non sappiamo infatti se avesse o meno un regolare contratto con l'ufficio del turismo, che vuole assolutamente evitare che gli spettatori paganti se ne tornino a bocca asciutta senza aver visto nulla e pronti a sonore proteste. Il gommone spinge i motori a tutta forza ed in breve arriva proprio di fianco al gigantesco animale; che adesso si mostra in tutta la sua potenza. Tira su verso l'altro il mostruoso muso, rimane fermo un po' a guardarsi intorno, poi prende lo slancio, si inarca e si inabissa col classico movimento in cui rimane sollevata soltanto la coda, prima di tuffarsi verso il fondo tra gli spruzzi, ma senza rimanervi a lungo, riemerge infatti a pochi metri o passa sotto la barca, così che tu ne possa intravedere la sagoma enorme che sfila via veloce per risollevarsi un poco più in là. Poi prende lo slancio e si solleva quasi in aria, come se fosse senza peso prima di lasciarsi andare con uno splash scenico e rumoroso, inabissandosi nuovamente. Effettivamente è un bello spettacolo, visto che si sta ad una decina di metri dall'animale più grande del mondo, che continua a giocare attorno a noi, anche lui evidentemente curioso e disponibile. 

In mano agli scafisti

Continua a muoversi adesso in maniera rettilinea mostrando il grande dorso grigio che sinuosamente segue la forma delle onde, poi ancora si ferma e rimane in posizione verticale nell'acqua. pare sia un giovane maschio di balena franca di un paio di anni, quella più comune in queste acque, che rimane ancora almeno un mese prima di prendere il largo. Una quindicina di metri di animale che adesso è quasi fermo e si esibisce in uno spruzzo consistente dal foro superiore, che sale in alto per qualche metro, tranquillo e senza paura, visto che adesso non c'è più il pericolo di sentire il grido che arrivava dalla nave baleniera: "Eccola che soffia", in seguito al quale, con gli arpioni pronti, cominciava la caccia spietata. Altri tempi certamente, adesso le balene possiamo godercele così, quasi toccandole, anche loro ci hanno accettato, firmando così una specie di patto tra specie, che sembra aver siglato una pace provvisoria almeno tra uomo e animale, viso che tra gli uomini sembra proprio un cosa impossibile da farsi. Insomma il tempo passa veloce ed a forza di girarci intorno, alla fina la nostra balena se ne va e non rimane il tempo per cercarne un'altra tra quelle che se guardi bene all'orizzonte vedi lontano, bisogna tornare a riva, capirà sono già quasi le due e il trattore ci aspetta per trainarci lungo il centinaio di metri di spiaggia dorata dal sole che adesso è quasi a picco sulle nostre teste. Gli scafisti ci fanno premura affinché abbandoniamo la nave. Rimane giusto il tempo per un po' di selfie davanti al monumento alla balena sulla piazza antistante e già passano a recuperare i giubbotti rossi, altro giro, altro regalo.

Il monumento

SURVIVAL KIT

Gli Zenit

Avvistamenti delle balene - A Puerto Piramides, si organizzano ogni giorno da agosto a dicembre le uscite in gommone per vedere le balene. Sono diverse le agenzie che organizzano. La durata è di circa un'ora e mezza, due ore e in questo periodo l'avvistamento delle balene è quasi garantito. Durante l'uscita dal porto si vedono molto bene dal mare le colonie di pinnipedi sulla riva. L'escursione si può pianificare in diversi modi. Se non avete un vostro mezzo, ci sono escursioni di gruppo di un giorno intero (10 ore) alla penisola che includono anche il giro in barca per l'avvistamento, che vanno oltre i 300 €. Se potete arrivare coi vostri mezzi a Puerto Piramides rivolgetevi alle agenzie che offrono il tour (una si chiama Bottazzi, un'altra Southern Spirit, la nostra Whales Argentina) più o meno agli stessi prezzi. Al momento vengono offerte in rete sui 150 €, ma se arrivate lì e non c'è troppa richiesta, si può trattare soprattutto se pagate in dollari contanti. Noi abbiamo concordato 88 $ a testa. Ovviamente l'esperienza con le balene vale la pena, visto che arrivi quasi a toccarle. L'uscita comunque dipende dal tempo e può essere annullata in qualunque momento. Ecco perché conviene passare il giorno prima, se vi fermate due giorni, trattate il prezzo e vi dicono le ore delle uscite previste in base al meteo. Come opzione alternativa, se siete lì in un periodo dell'anno in cui non ci sono le balene, vengono organizzate da Puerto Madryn le uscite per vedere las Toninias, i delfini bianchi e neri.  

Balena franca

Cucciolo
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