mercoledì 5 marzo 2025

Sudamerica 19 - Parco delle Torres del Paine

Lago Sarmiento e Cerro Paine Grande - Cile - novembre 2024


Camila

Il mattino ha l'oro in bocca come dice il proverbio e quindi, eccoci nella cucina alle 5:30 a prepararci una bella colazione con uova, pane e marmellata, per sostenerci in tutta la lunga giornata che ci aspetta, anche se ci neghiamo con pervicacia assoluta ogni parvenza di trekking, per il quale però assumiamo le calorie che sarebbero necessarie a compierlo, che non si sa mai. La coppia di ragazzi che spentolano assieme a noi invece, hanno programmi più arditi; ieri hanno scarpinato fino alla base delle torri e oggi hanno in programma un altro giro impegnativo che li porterà fino a lambire lingue di ghiacciai secondari. Si fermeranno qui ancora qualche giorno. Certo questa area è un po' il paradiso dei camminatori e c'è chi si ferma per settima ad esplorare le parti più nascoste della cordillera per non parlare degli alpinisti veri e propri. Superata la fase del rifornimento eccoci quindi alle 6:30 fuori dal nostro ostello ad aspettare il pulmino che ci verrà a prendere per fare il cosiddetto circuito del Paine, un classico patagonico, sicuramente l'escursione più interessante ed obbligatoria per chi viene da queste bande. Queste zone solitarie e abbandonate dal mondo sono un unico grande parco in cui dovunque tu vada troverai il paesaggio bellissimo e sicuramente inusuale della catena andina che si estende verso sud e spazi infiniti dove lanciarsi lungo strade rettilinee e prive di auto.

Sicuramente questa è una delle zone della Patagonia più affascinanti proprio perché è un po' meno battuta di quella della vicina Argentina e la troverai ricca di spunti particolarmente affascinanti. Il circuito del Paine, come è chiamato, che penetra nel grande parco dei ghiacciai che poi è in comune con la vicina Argentina al di là della cordigliera, è uno dei classici e noi partiamo presto proprio per cercare in un solo giorno di vedere il più possibile. Considerato che non faremo trekking particolari, ma solo un avvicinamento alle montagne percorrendo il grande circuito che lo attraversa, lo avvolge tutto intorno e che ti porta in tutti i punti più importanti ed attraenti. Appena usciti dalla città, prendiamo la 9, la famosa carretera Austral detta anche la ruta de la fin del mundo, che risale da Punta Arenas, l'estremo sud del Cile e si perde tra i ghiacci del Hielo Continental, la terra impercorribile che impedisce di risalire più a nord se non attraversando le montagne e risalire l'Argentina. Tanto per cambiare questa definizione ci perseguiterà per tutti i prossimi giorni. Intanto, lasciato il mare, ci dirigiamo verso nord per una settantina di chilometri attraverso una larghissima valle glaciale ricoperta di erba rigogliosa, una specie di savana africana che qui è il tipico ambiente della Patagonia.

Sullo sfondo montagne non molto alte ma dalla presenza selvatica e aspra. Arriviamo a Cerro Castillo, il bivio per la strada che porta verso la traversata Andina, fino in Argentina e che percorreremo anche domani per andare alla frontiera. Qui c'è un una specie di bar, punto di posta di tutti coloro che transitano queste vie, dove si fermano i pullman prima di transitare verso il valico. Ha l'apparenza del classico bar da far west, una casupola di legno piena di adesivi di viaggiatori e di tutti coloro che passando, vogliono lasciare un segno della loro presenza, del loro essere stati qui. Tre cani fuori dalla porta fanno la posta ai passanti, uno è talmente grande e mostruoso, una specie di molossoide dal muso gigante come quello di un vitello, peloso come un orso nero nordamericano che qui sia venuto in vacanza. Si guarda attorno con aria stanca, soprattutto di tutti quelli che si avvicinano per fargli delle foto e che lui degna di un'occhiata comprensiva, poi, si mette in osa offrendo quello che secondo lui è il suo profilo migliore, si sdraia a terra in mezzo alla strada e la occupa quasi per metà impedendo ai mezzi di transitare, aspettando il crepitar dei selfies. Ma qui di mezzi ne passano talmente pochi che non è poi questo grande problema.

La gente entra ed esce dal bar dove ha preso qualcosa di caldo o ha comprato un souvenir che ormai si limitano soprattutto alle calamite da frigo e soprattutto è intenta a fotografare tutto quello che si muore, anche quello che sta fermo. Le montagne sono lontane e qui sono anche piuttosto basse perché siamo ormai nella parte meridionale delle Ande e le altezze non sono quelle estreme del nord del Sudamerica. Tanto per capirci le famose Torres sono attorno ai 3000 metri ma la loro particolare conformazione dovuta ad una erosione potente delle temperature e degli eventi atmosferici le rende prismi di roccia perfetti e scoscesi e difficilissimi da scalare, tanto che qui si sono misurati i più importanti scalatori del mondo, italiani per primi In particolare quelli di Monza che qui vengono ricordati addirittura intitolando alcune delle vette scalate ai loro nomi. Noi intanto proseguiamo sempre verso nord ancora per alcune decine di chilometri dopo aver lasciato il confine. La cresta delle montagne si fa sempre più vicina. La prateria sconfinata che si allarga a destra e a sinistra è di tanto in tanto popolata da famiglie di guanachi. Sono i primi che vediamo e quindi suscitano subito un grande entusiasmo.

Il guanaco è un animale bellissimo, portatore di una pelliccia nocciola chiaro, chiazzata di bianco, folta e dall'apparenza morbidissima sul lungo collo che alza il suo muso di camelide con quello sguardo un poco altero, un poco sussiegoso che mostrano tutti i componenti di questo genere. Ma in questo caso non possiamo neppure dire che, come il cammello, mantiene questo atteggiamento perché è l'unico a conoscere il centesimo nome di Allah, qui di Islam non si tratta e quindi possiamo concludere che il guanaco sta sulle sue proprio per il suo naturale carattere; ovviamente non si spaventa più di tanto perché sa che le macchine di passaggio non si preoccupano di lui ma curiosano solo il suo aspetto e si fermano a fare un po' di foto tanto per mantenersi il ricordo e portarselo a casa. I piccoli soprattutto, detti chulengos, sono bellissimi e teneri (anche da mangiare naturalmente). Incerti sulle lunghe zampe e tesi a seguire la madre dandole di tanto in tanto delle piccole testate sulla pancia forse per stimolare la cessione di latte; ce ne sono un sacco davvero molti, anche se mi risulta che vengono cacciati da qualcuno per la carne che infatti si trova comunemente come ho accennato (orrore, orrore) nei ristoranti.

Tuttavia ne muoiono anche molti nel tentativo di saltare le barriere di filo spinato che circondano le estancias. Infatti si vedono le carcasse di chi non è riuscito a compiere completamente il salto ed è rimasto impigliato nei fili più alti, non aiutato da nessuno fino a che non è arrivata la morte a coglierlo, infelice anelante alla libertà, appeso sulle staccionate. Una triste fine per una vita libera fermata dalle barriere e dai confini; anche loro come migranti in cerca di terra migliore che non ce l'hanno fatta. Di altri animali per la verità se ne vedono pochi, anzi nessuno. Niente armadilli che contavo di vedere in quantità ma in effetti sono piuttosto piccoli e mi dicono velocissimi e quando ti attraversano la strada fai appena tempo ad evitarli, altro che fermarsi a fotografarli. Dopo qualche altra decina di chilometri arriviamo al lago Sarmiento, una distesa grandissima lunga e stretta al fondo della quale si vede il fronte di un ghiacciaio che si butta nelle acque immobili. E' molto lontano per cui le foto che si riescono a fare non rendono merito alla bellezza dell'immagine.

Intanto ancora più lontano si staglia la catena del Paine; il tempo è ancora decente e le nubi poche. Spicca sulla destra il massiccio del Cerro Paine grande, la cima più alta che supera di poco i 3000 metri; sulla destra invece si indovina la catena delle Tre Torri formata appunto dai tre monoliti famosi. Apparentemente tutti abbandonati, questi terreni in effetti sono di proprietà e nella maggior parte recintati. Fanno parte di estancias enormi, ognuna di decine di migliaia di ettari, che allevano capi di bestiame; ogni tanto infatti, sparpagliate lontane nella piana, si vedono piccole mandrie di bovini che brucano oppure un gruppo di cavalli robusti dall'apparenza inselvatichita ma che in realtà vengono poi utilizzati nel campo del turismo. Infatti tutte queste zone ormai fanno un allevamento di sussistenza ma vivono soprattutto del flusso della gente che viene a visitare il parco e che ama anche soggiornare in queste strutture che potremmo chiamare agrituristiche e che hanno un loro fascino, quello del farvi passare qualche giorno in una terra estrema confrontandovi con la vita che facevano questi coloni coraggiosi che le vicissitudini della vita hanno condotto ad avventurarsi fino in questa parte estrema del mondo.

Di tanto in tanto lontano dalla strada gruppi di alberi morti, tronchi spelacchiati, rami secchi che si alzano verso il cielo come braccia in cerca di aiuto aiuto che ormai non potrà più arrivare. C'è stato qualche problema atmosferico non molto tempo fa e questi scampoli di foresta se ne sono andati per sempre lasciando anche loro lo spazio all'erba bassa dei pascoli stepposi. È un paesaggio che ancor di più accentua la sensazione di solitudine di questi luoghi di mancata presenza dell'uomo, anche se in fondo l'uomo ci è arrivato lo stesso e ci si è adattato e non riuscendo a coltivarli li ha trasformati in luogo di allevamento. Tutto però viene rallegrato dalla presenza dei guanachi, animali stupendi e delicati che si associano immediatamente all'idea di morbidezza che ti suggerisce quel loro mantello peloso apparentemente soffice e caldo. Ricordo che quando mi sono sposato ci regalarono una coperta di pelli di guanaco delicatissima ma di una piacevolezza senza fine, forse ancora da qualche parte. Bisognerà davvero tirarla di nuovo fuori per ritrovarne la piacevolezza al tocco, forse un lontano segno del destino che mi suggeriva che un giorno sarei riuscito ad arrivare anch'io in queste terre selvatiche e lontane.

L'erba dei pascoli, rigogliosa in questa stagione, con la parte superiore degli steli di un colore rossiccio così che visti da lontano questo infiniti prati hanno una sfumatura rosata che li fa apparire come un po' alieni ed estranei al nostro pianeta. È un colore decisamente diverso da quello a cui siamo abituati e contribuisce a conferire al paesaggio un che di esotico molto accattivante. Ormai la sierra Bahuales è alle nostre spalle, avendo superato da un bel po' Cerro Castillo e abbiamo costeggiato quasi completamente anche tutto il lago Sarmiento, avendo percorso ormai più di 150 km da stamattina. Pare che ci siano un sacco di pesci qui, visto che il lago ospita una sorta di cianobatterio che produce ossigeno in quantità e quindi il lago è vivo e vegeto anche se profondo più di 300 metri; per questo è molto frequentato anche dai pescatori, aspetto ulteriore per frequentare queste zone. Proseguiamo verso Laguna Amarga, un altro bel lago dalle sfumature straordinarie. Le trasparenze ed i colori di queste acque sono davvero unici, forse per l'aria, forse per l'ambiente o per i minerali disciolti in queste acque.

Ma le sfumature che le colorano sono davvero uniche e molto evocative. Di tanto in tanto dei piccoli miradores lungo le rive consentono di fermarsi e dare un'occhiata e scattare qualche foto, così Josè, il conducente del nostro pulmino non si fa pregare e ci lascia scendere ogni qualvolta lo desideriamo. Allora è tutto un crepitio di scatti quasi fossero mitragliatrici le nostre macchine fotografiche. Da qui si ha una bella vista del Cerro Almirante Nieto proprio dietro al gruppo delle Tre Torri che comparirà tra poco alla nostra vista. Purtroppo il cielo si sta rannuvolando sempre di più; ho paura che oggi non saremo fortunati con la visuale. Comunque rimanendo in attesa tra un movimento e l'altro delle nuvole nel cielo si riesce a scorgere qualcosa. Le Tre Torri stanno lì immobili ricordando un poco le cime di Lavaredo per forma e dimensioni, quella centrale più alta, la Sud e la Nord a far da corona vanno dai 2400 ai 2850 metri. Non molto altro certamente, tuttavia bellissime a vedersi e dalle pareti verticali apparentemente impossibili da scalare. La torre Nord fu scalata per la prima volta dal nostro Monzino e per questo porta anche il suo nome e quella sud dal gruppo degli alpinisti monzesi che vi salì lungo una difficile via per la prima volta nel 1963 e per questo è intitolata al prete Salesiano ed esploratore patagonico De Agostini.

Poi le nubi capricciose ci coprono quasi completamente la vista dei tre mastodontici monoliti di granito nascondendoceli alla vista. Contro il cielo non si può nulla, inutile recriminare. Proseguiamo lungo il circuito che aggira il massiccio fino ad arrivare al Rio Paine che scende dalla montagna e che ad un certo punto precipita le sue acque in una bella cascata. Alle sue spalle un altro magnifico scorcio delle Tre Torri che vanno e vengono come se le nubi fossero ferme e fossero loro a spostarsi. La roccia viva e rosa dal ghiaccio, dall'acqua e dal vento, fatica a mostrarsi davanti a noi quasi si vergognasse del far vedere al mondo quanto sia difficile aggrapparsi alle sue pareti per salirne le cime. Quasi non le piacesse appagare questo desiderio moderno dell'uomo di arrivare al confine tra terra e cielo che si è manifestato solo negli ultimi secoli, forse negli ultimi due, mentre prima le vette erano terreno solamente degli Dei. Forse è la morte di questi ultimi che ha suscitato nell'uomo il desiderio di sostituirli essendo aumentati i suoi poteri meccanici e organizzativi in cerca di nuove sfide.

Così a poco a poco tutte le cime della terra sono state sfidate e poi una dopo l'altra, vinte, anche a caro prezzo naturalmente, pur di lasciare una traccia, un segno, una bandierina, un qui l'Uomo ci è arrivato con l'orgogliosa prepotenza che non lascia nulla di inviolato per l'affermazione di un potere sul mondo che ci circonda. Non è un giudizio di per sé negativo o malevolo e neppure troppo critico, è un dato di fatto, un modus vivendi proprio di questi tempi che crea per l'uomo nuove sfide che lui stesso si inventa per affermare la sua unicità sul pianeta e che in ogni caso non si può definire indifferente. Comunque i tre monoliti di pietra stanno lì davanti a noi immobili, mostrando sfumature tra il bianco e il grigio che le nuvole basse rendono uniformi e ci fanno invidiare i cieli limpidi che avevamo visto quando li abbiamo sorvolati ieri. Beh, non si può avere tutto dalla vita e non si può prevedere il tempo ma bisogna accettarlo e prenderlo per quello che è, accontentandosi di quello che ci è dato di vedere oggi che pure non possiamo certo definire una vista peregrina. Vedremo se potremo avere qualche scorcio migliore nel corso della giornata.

SURVIVAL KIT

Escursioni al parco delle torri del Paine - Ci sono diverse soluzioni che si propongono una volta che sarete arrivati a Puerto Natales. Difficile dire quale sia la preferibile o la più conveniente; noi ci siamo rivolti a una delle tantissime agenzie che fanno più o meno lo stesso giro. In ogni struttura o albergo o ostello troverete numeri di telefono a cui rivolgersi; a mio parere non ci sono grossolane differenze tra le tante. La nostra scelta è stata quella di una escursione di gruppo, eravamo sette su un apposito pulmino, al costo di 60.000 pesos cileni a testa incluso l'ingresso al parco. In generale si parte verso le 6:30 di mattina e si ritorna verso le 18 alla sera; alla fine percorrete quasi 500 km perché il parco è piuttosto lontano. Al ritorno ci si ferma alla famosa Cueva del milodon (opzionale) per una veloce visita (ingresso 22.000). L'alternativa a questo giro è prendere un taxi per una escursione privata, ma è molto più costosa oppure affittare la macchina che vi costerà circa 100.000 pesos più la benzina e gli ingressi. Non so consigliarvi quale sia il meglio perché anche se ben segnalato, con un mezzo proprio potreste perdervi qualche punto importante nel circuito anche se i vari Miradores sono ben segnalati. Vasta scelta di uno o più giorni per chi vuole fare trekking o scalate. Ci sono proposte per ogni esigenza. Il parco è raggiungibile anche da El Calafate in Argentina con un paio di ore in più di strada o da Punta Arenas.


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lunedì 3 marzo 2025

Sudamerica 18 - Puerto Natales

Patagonia cilena - novembre 2024


Scusate la pausa ma chi mi segue sa che in questo mese ho avuto qualche altro problemino che anche se persiste è in via di risoluzione e quindi, finalmente a cuor leggero, riprendo il lavoro sulla Patagonia. Il nostro Hector è venuto a prenderci questa mattina come concordato e quindi andiamo felici verso l'aeroporto in attesa del nostro volo; naturalmente c'è sempre qualche piccola difficoltà, se no sarebbe troppo semplice. Infatti viene segnalato un incidente sulla strada e c’è una lunga coda di macchine nella nostra direzione. Hector dice che non ci sono problemi, sceglie stradine laterali e finalmente passiamo al di fianco ai bomberos che avevano bloccato la strada ma che ci lasciano passare senza problemi. L'aeroporto non è lontano e quindi arriviamo con forte anticipo tanto per cambiare, ma meglio prima che in ritardo Tutto regolare con l'imbarco, anche se è una low cost, nessuna grana con le dimensioni del mio zainone pesantissimo che neanche guardano; l'aereo parte con qualche minuto di ritardo ma a questo punto ormai siamo tranquilli, anche la linea cilena low cost rimane nei termini previsti. Il volo dura un paio di orette ed è decisamente spettacolare. Il tempo sembra fatto apposta per farci apprezzare il territorio che sorvoliamo, cielo sereno con qualche nuvoletta a pecorella che lascia libera la visuale e sotto di noi scorre tutta la serie meravigliosa delle isole che costituiscono la parte meridionale della Patagonia cilena, tutte coperte di ghiaccio con l'immenso fiume del ghiacciaio che corre verso Sud fino a gettarsi nel mare.

Sembra di compulsare la carta geografica sulla quale scorgi la definizione netta tra i fiordi che si insinuano nel dedalo di isolette ed il bianco accecante della superficie ghiacciata. Uno spettacolo davvero magnifico. Sullo sfondo vediamo anche le Torri del Paine completamente libere dalle nubi, che non ci aspettavamo essere così belle, sembra di poterle toccare con una mano. L'aeroporto di arrivo è davvero piccolino, pare una stazioncina ferroviaria di provincia, si scende addirittura a piedi e c'è un piccolo bus che porta agli alberghi. Il nostro ostello è discretamente in centro ma, visto da fuori, diciamo che lascia abbastanza desiderare e anche arrivati all'interno appare un po' male in arnese ma bisogna fare di necessità virtù. Anche perché abbiamo detto che si tratta di un viaggio low cost quindi non pretendiamo l'impossibile e cerchiamo di accontentarci. I ragazzi dentro sono invece gentilissimi e ci accompagnano nelle nostre camere dove in effetti c'è un bagno ogni due camere, quindi la situazione non è proprio emergenziale come sembrava all'inizio. D'altra parte è l'unica sistemazione di tutto il viaggio, in cui le camere sono senza bagno e il prezzo è congruo con questa soluzione. Bisogna anche considerare che le case di questa cittadina sono praticamente tutte delle baracche di legno, affastellate una all'altra senza soluzione di continuità, quindi non si può pretendere più di tanto.

Puerto Natales alla fin fine è niente di più che un paesotto, un tempo base estrema di baleniere che percorrevano questi estremi mari meridionali, costituito solo da case basse di un piano, allineate dietro il porticciolo, su una pianta quadrata di strade larghe che si incrociano perpendicolarmente. Poco lontano il mare dell'estremo sud del mondo dal colore un po' livido. Visto che stiamo scendendo sempre più sud infatti, la temperatura dell'acqua non deve essere davvero molto calda. Così questo porticciolo di pescatori solo da qualche anno è diventato anche interessante per l'afflusso turistico che comincia ad arrivare anche da queste parti per vedere la parte più selvaggia ed isolata, un tempo irraggiungibile via terra, della Patagonia Cilena, da cui parte una strada che va verso l'estremo sud del Cile, quella Punta Arenas che noi però, non vedremo. Intanto ci sistemiamo alla meglio nella nostra cameretta che contempla poi solo il letto è poco più e andiamo a dare un'occhiata allo spazio comune, una grande cucina dove i ragazzi si fanno da mangiare e stanno lì a bersi un mate parlando di montagna, di trekking e dei paesaggi da sogno di questa terra condividendo itinerari, idee, emozioni. Un ambiente piacevole dove scambiare chiacchiere, anche se i dread boccoluti stentano a confondersi coi capelli grigio topo.

Comunque in tutto la struttura non ha più di 5-6 stanze ed è prevalentemente popolata di ragazzi coi capelli lunghi e un bel po' di tatuaggi. Di piercing invece se ne vedono pochi Si vede che non sono più molto di moda, Però tutti gentilissimi e si fanno in quattro quando i vecchi chiedono qualche informazione o qualche aiuto di sorta. Alla fine l'ambiente, che avevamo preso un po' con le pinze, si rivela molto confortevole e piacevole, chiacchierare coi ragazzi è frutto di molte informazioni e di come siano le possibilità per organizzarsi in giro di domani. Prendiamo infatti contatto con un'agenzia locale per organizzarci un giro di tutto il giorno alle Torres del Paine, che è il clou della zona. Purtroppo le possibilità non sono moltissime ed il costo è molto elevato; evidentemente tutte le agenzie si sono accordate su uno standard di prezzo e il giro è abbastanza simile a quello proposto da tutte le altre concorrenti. Comunque dopo una breve trattativa ci accordiamo su 60.000 a testa per tutta la giornata con una macchina individuale, tutto incluso. A questo punto non rimane che andava a fare un giro per la città e conoscerla un po' meglio. Si tratta di un paesotto con meno di 20.000 abitanti in cui hai davvero l'impressione di essere ormai vicino a quella famosa fin del mundo di cui si parla nei libri, nelle guide e nella bibbia di Chatwin. E consideriamo pure che questa provincia si chiama pur sempre Ultima Esperancia, che qualcosa vorrà pur dire!

Sarà l'aria tersa e pulita, l'assenza di umidità pur essendo vicino al mare, saranno le nuvole bianche che si stagliano contro un cielo blu indaco e le montagne lontane coperte di neve, ma avverti decisamente la sensazione di un luogo isolato dal mondo, lontano, lontanissimo dai luoghi a te conosciuti, un mondo dove è difficile arrivare e forse è difficile anche andarsene via. Intorno c'è una sensazione di immobilità, di poche cose da fare, di assenza dello scorrere del tempo, anche la gente per strada non è molto mobile, cammina lentamente o è ferma agli angoli degli incroci e le quadras sono grandi e presentano pochi negozi, poche attività commerciali, salvo qualche locale e qualche piccolo supermercato. Mi piace moltissimo andare nei supermercati a fare un giro di ispezione con la scusa di comperare qualche cosa, nei paesi che visito di volta in volta. E' uno dei tanti modi per conoscere meglio una nazione visto che dalle differenze che riesci a riscontrare rispetto alle altre si nota anche parecchio del modo di vivere di un luogo. Sugli scaffali è rappresentato un uno stile di vita, un uno dei tanti aspetti che raccontano le abitudini di un popolo. Intanto si nota subito che qui i prezzi sono piuttosto cari, considerato anche che gli stipendi qui non sono molto alti, sugli 800/1000 dollari al massimo, anche se quasi il doppio dell'Argentina.

Come sempre l'acqua imbottigliata costa moltissimo rispetto all'Italia, anche il doppio o il triplo, se non di più. Molti gli alimentari caratteristici del posto. La gente si aggira tra gli scaffali ma non compra molto. almeno mi sembra. Anche qui viene sempre offerto il pagamento a rate, anche per cifre minime, tipico dei paesi a corto di contante, Noi avevamo intanto cambiato un centinaio di dollari tanto per fare qualche timida spesetta. e usciamo con una borsettina piena di acqua e biscotteria varia. Poi, percorrendo qualche quadra verso il centro noti un po' più di gente. Agli incroci stazionano facce strane, diciamo con l'apparenza di Incas o quantomeno misti nativi, con grandi cappelloni dei gauchos in testa e pantaloni larghi col cavallo basso e chiusi alle caviglie. Dall'altro lato della strada c'è una magnifica cosiddetta Fruteria, un negozio dedicato completamente alla frutta e verdura, evidentemente tutta importata da posti lontani dalla vicina Argentina o dal nord del Cile, con prezzi veramente alti, sui quattro cinque euro al chilo, dalle mele alle pere e a tutti i vari tipi di frutta. Le banane vanno a due dollari e le ciliegie di cui siamo in piena stagione, a sette. Non capisco davvero chi possa comprarle. Infatti il negozio è vuoto. Passeggiamo ancora un po' lungo le vie prima di trovare un ristorantino dove arrangiare la cena. Scegliamo un bel locale con camerieri gentili che ci coccolano assai e ci facciamo chi un sontuoso sottofiletto con l'uovo con gran guarnitura di verdure e patate e chi una sberla di salmone con salsa di gamberetti davvero gustosa. Insomma la cena non è malvagia e siamo soddisfatti, ce ne facciamo per circa 20 dollari a testa, con dolcino e bevande, compresa la mancia semiobbligatoria del 10%, come usa da queste parti e che viene automaticamente proposta nello scontrino.

Poi a un tavolo vicino sentiamo parlare italiano, tanto per cambiare, attacchiamo subito bottone sentendo anche un accento piuttosto conosciuto e guarda caso è gente di Tortona e Serravalle Scrivia, lo stesso gruppo di cui avevo sentito durante una delle mie lezioni all'Unidue di Serravalle che stava progettando un itinerario patagonico con un'agenzia alessandrina. Per la verità sono un po' stupiti del fatto che noi ce lo stiamo aggiustando per conto nostro, ma devo dire che fino a questo momento non abbiamo davvero incontrato nessuna difficoltà e che quindi viaggiare per queste bande, coi propri mezzi è decisamente facile e naturalmente anche più economico, per la qualcosa lo consiglio assolutamente a tutti. Certo basta un minimo di voglia e di esperienza per superare lo sbattimento e poi il resto vien da sé. Fino adesso per lo meno, non abbiamo avuto problemi di sorta e tutto si è svolto secondo il programma senza il minimo intoppo. Vabbè dopo la chiacchierata ci sembra arrivato il tempo di ritirarsi a riposare. Alla sera fa freschino da queste parti e i ragazzi dell'ostello si offrono di accenderci la stufa a gas, ma preferiamo evitare grane, non si sa mai, visto l'aspetto esterno degli impianti. Bisogna dire che tutto sommato la struttura che in un primo momento sia sembrata davvero poco invitante, alla fine si è rivelata un luogo simpaticissimo dove trascorrere il tempo. Lo spazio comune della cucina e della sala rimane un luogo dove scambiare opinioni con gli altri abitanti della struttura che al momento in effetti ha pochissimi ospiti. Oltre a noi infatti credo ci siano al massimo un paio di altre coppie oltre i residenti naturalmente. Quindi è giunta l'ora di andare a riposare, per il resto ne parleremo domani.

Survival kit

Volo da Puerto Montt a Puerto Natales - Con Sky airlines, una low cost cilena a 86,10 $ con i1 bagaglio in stiva da 23 kg. Partenza alle 11:20 - arrivo 1:29 pm. Direi sostanzialmente ottima senza problemi e con lievissimo ritardo. Comunque la soluzione più economica nel nostro caso. Consigliata.

Hostal Isla Yu Patagonia 2 - Blanco Encalada 640- Puerto Natales. Ostello molto basico con bagno in comune ogni 2/3 camere. Letto queen, tavolo, sedia e appendi abiti e niente altro. Cucina e spazi comuni accoglienti per la colazione che ognuno si può fare in autonomia, pescando dal frigo, inclusa nel prezzo di 45 $ la doppia. Situazione comunitaria tipica degli ostelli, la cui parte piacevole è data proprio dallo scambio di comunicazione con gli altri ospiti. Ambiante molto cordiale e gestori gentilissimi e collaborativi, che contribuiscono a far accettare la basicità della soluzione abitativa. Posizione centrale e comoda. Per il pagamento si accettano solo contanti. Navetta aeroportuale inclusa.


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sabato 1 marzo 2025

Un po' meno barcollante

Parte di arto offeso

Ed eccoci qua. Ieri ho terminato anche il terzo step; dopo l'operazione e la medicazione mi hanno finalmente tolto i punti. Diciamo che sono più o meno a metà della parte più fastidiosa e tra 15 giorni dovrebbero, se tutto va bene togliermi anche il gesso, anzi la doccia o come si chiama questo strumento di tortura che mi hanno attaccato al braccio  e poi dovrò solamente più fare la, come si dice, rieducazione e questo sarà un lavoro piuttosto lunghetto in cui mi dovrò applicare con un po' di costanza, cosa che non mi è usuale; comunque sia le cose sembrano andare abbastanza bene e magari possiamo già cominciare a dire che è quasi tutto dietro le spalle. Pronto per nuove sfide dunque. Quindi potremmo metterci a preparare il prossimo viaggio che spero di riuscire a mettere in cantiere per fine di maggio e soprattutto di essere in grado di fare o perlomeno di portarlo a termine. Il mio amico Gianluca è già all'opera per il progetto e magari presto vi dirò qualche cosa al riguardo intanto cercherò di proseguire il lavoro di stesura sull'Argentina che dovrei cercare di finire con una certa celerità visto che sono paurosamente in ritardo, latito infatti da circa un mesetto e poi dire anche due cose sulla Mauritania per quel poco che ho avuto la possibilità di vedere ma di questo magari si discuterà più avanti. Ne parliamo quindi domani e mi dispiace se vi sono apparso in questo periodo piuttosto pigro e poco produttivo ma il problema del braccio è abbastanza serio e non riesco a scrivere con la sinistra. Faccio davvero una fatica terribile. Sto cercando di risolvere con questo sistema di dettatura di Google che comunque un po' macchinoso; ci sentiamo quindi domani e arrivederci a tutti.



martedì 18 febbraio 2025

Barcollo ma non mollo

Ospedale di Atar - Mauritania

 Buongiorno a tutti, come molti già sapranno ho avuto un piccolo incidente di cui vorrei parlarvi tanto per tenervi informati. Me ne stavo tranquillamente in Mauritania vicino a Cinguetti piccolo paese per metà coperto dalle dune di sabbia e per l'altra metà in attesa di esserlo tra non molto. Il paese è bellissimo e la giornata era trascorsa in maniera piacevole Le dune attorno al paese sono un grande mare di onde gialle da percorrere con calma con la nostra Toyota, qualche volta a piedi, qualche volta sul cammello per provare l'ebrezza della carovaniera che va verso Timbuctu, come abbiamo fatto per arrivare alla zona dove si eleva la duna più alta, quella da cui puoi passare a goderti il tramonto, gran belvedere per carità anche se la mancanza di qualsiasi nuvola impedisce quei i cieli rossi a cui siamo tanto appassionati e che pretendiamo avendo pagato per così dire il biglietto di ingresso. Comunque sia la giornata stava finendo in gloria e non rimaneva che tornare in albergo a fare una cenetta come si deve, niente di particolarmente avventuroso quindi, così alle luci della sera percorrevo Il giardinetto dell'albergo in vista della sala dove sarebbe stata servita la cena, cous cous e stufato di cammello e patate tanto per cambiare, a cena col passo felpato dell'anziano in vacanza, sereno ma non troppo. Ma si sa che l'anziano deve percorrere sempre un cammino ad ostacoli ogni giorno e se non sta più che attento incorre in qualche pericolo anche dei più impensati, anche in casa. Per questo non serve andare nel deserto Poi, mentre sei in capo al mondo, basta spostarsi di qualche metro e trovare un piccolo innocuo, innocente gradino, due tre centimetri, non di più, prima di farsi i gradini che il destino mette tra te e il resto del mondo. Così, distratto, sono inciampato malamente e nonostante anni di palestra trascorsi ad apprendere l'attitudine ad abituarsi alle cadute più difficili, cado quasi sempre durante i viaggi ma mi sono sempre salvato, questa volta sono precipitato addosso allo stipite di una porta di cemento o di marmo o di qualcosa di molto duro comunque. Ho sentito subito un rumore fortissimo, tragico, un crack terrificante Me lo ricorderò per sempre; sono svenuto perché mi faceva evidentemente un male cane. Dopo qualche secondo ho ripreso i sensi ho visto il braccio piegato in due in maniera anomala, intanto qualcuno è accorso preoccupatissimo e ha cercato di prestarmi aiuto; di qui è cominciato il calvario; hanno chiamato un dottore, un signore anziano dall'aria dolce che ha cercato di consolarmi con buone parole. Ma non poteva fare molto di più visto che il dispensario dell'Oasi a quell'ora era già chiuso. Quindi mi ha avvolto il braccio in uno di quei foulard che servono per ripararsi dalla sabbia e poi mi ha consigliato di andare all'ospedale più vicino, 100 km di pista da fare di notte tra le dune. Il fido Ahmed non sapeva più cosa fare comunque abbiamo caricato tutto sulla Toyota e in tre ore dalle 9:00 a mezzanotte abbiamo percorso la pista con una certa cautela. Una bella pista quasi tutta di tole ondulé che faceva tremolare il volante del preoccupato Brahim, da fare di notte a velocità più o meno costante mentre io non avevo a disposizione neppure un anestetico. comunque in qualche modo arriviamo ad Atar, la piccola città di circa 10.000 abitanti capoluogo della zona. L'ospedale era ancora aperto e due bravi ragazzi, conciaossa e radiologo, due medici carini e gentili mi hanno preso in carico; l'infermiere mi ha spinto sulla sedia a rotelle per il corridoio dell'ospedale anche se mancava una rotella cosa che lo ha costretto praticamente quasi a trascinarmi di peso e qui mi hanno fatto un paio di lastre. Hanno commentato la rottura come bella grossa, infine hanno constatato la necessità di un intervento chirurgico che mi hanno detto tranquillamente poteva essere fatto nella capitale domani mattina a 500 chilometri di distanza ma con strada ottima, per carità, tranquillo intervento di routine che qui siamo bravissimi devi solo comprarti la placca di titanio neanche 100 euro e ti levi la paura. Così mi hanno fatto una fasciatura con gesso provvisorio come meglio avevano e visto che non c'era altro da fare, mi hanno dimesso con Tachipirina e ibuprofene, un classico. Il mattino dopo ero nella capitale ma dopo averci pensato bene ho deciso di tornarmene a casa visto che ho trovato un biglietto nel pomeriggio. Questo sarà un modo per testare la validità della assicurazione di cui vi dirò a suo tempo. Lunga notte in aeroporto e arrivo a Torino il giorno dopo pronto soccorso con tutto quello che segue, nuove gessatura e attesa per l'intervento che in Italia necessita di una lista di attesa come sapete, cosa a cui il mio fido Ahmed che mi messaggia ogni giorno, non vuole credere ancora adesso. Comunque invece delle tre settimane previste mi hanno chiamato giovedì scorso e venerdì ero già a casa con la mia piastra di titanio così adesso posso dire di essere anch'io un uomo bionico, medicazione venerdì e distacco punti Il venerdì successivo così ne parliamo, forse anche stavolta speriamo che me la cavo.


lunedì 10 febbraio 2025

Taste of Corea 19


giallo splendente
il fiero girasole -
degno di un re

 

domenica 9 febbraio 2025

Taste of Corea 18




trippe gaudenti
nel bollitore acceso -
prendi lo stecco

 

sabato 8 febbraio 2025

Taste of Corea 17

 

fragole rosse

dolci di caramello -

profumo tenue


venerdì 7 febbraio 2025

Taste of Corea 16

 


fermi nell'acqua

i gamberi giganti -

fritti son buoni


giovedì 6 febbraio 2025

Taste of Corea 15

 

un ragno tesse

il suo inganno fatale -

povera mosca

mercoledì 5 febbraio 2025

Taste of Corea 14

 

pesca molluschi

l'anziana donna pesce -

bolle il tegame

Where I've been - Ancora troppi spazi bianchi!!! Siamo a 120 (a seconda dei calcoli) su 250!