mercoledì 20 maggio 2009

Diari della motocicletta.

Per quasi tutti, c'è stato un momento nella vita in cui è scattato il desiderio di vedere cosa c'è al di là della collina. In generale è una bramosia giovanile. A qualcuno come a me, rimane per tutta la vita come una malattia che da acuta che si manifesta, a poco a poco e invece di guarire, si cronicizza fino a diventare un malessere che cova sotto le cenere e salta fuori a tratti in maniera più o meno virulenta. Gli anni del liceo fecero smuovere questo tarlo a me come a molti e voglio ricordare, che, contrariamente a quanto si può credere, a quei tempi muoversi per il mondo e soprattutto attraverso le frontiere era paradossalmente assai più facile di ora. Dal nostro mitico bar (vero Gino?), ogni estate c'era chi, senza fare notizia partiva per itinerari oggi difficili o improponibili. Chi andava con la vespa a Capo Nord, chi a Gerusalemme con la 500 e l'anno successivo a Mosca; altri affrontavano con una sgangherata Fiat 1500 la via delle Indie, attraversando senza problemi Iraq, Afganistan e Pakistan per arrivare a Katmandu, ritornando attraverso l'Iran. Magari arrivavano a casa dopo un anno e si ritrovavano già laureati, in quanto, in loro assenza, il loro "gruppo di studio" aveva finito di dare gli esami, ma alla fine il loro percorso di vita è risultato magari migliore di quello di altri. Anche noi, più modestamente però, volevamo esplorare le terrae incognitae che ci circondavano e che cominciavano al di là di Montecastello. Così cominciammo a muoverci in tre, con due improbabili scooter, un Galletto Guzzi e un malandato Vespone 150. Io bramavo il possesso di un attrezzo del genere e risparmiavo in segreto sul budget dei gelati, prendendo il cono da 20 invece che lo scodellino da 50 Lire, ma non raggiunsi mai la cifra necessaria anche ad una attrezzatura di terza categoria. Partivamo così, un po' alla ventura, un po' determinati ad esplorare circolarmente il territorio, conoscendo finalmente il mare. Allora si passava l'estate dai nonni in campagna e questo elemento semovibile, come dicevano Cochi e Renato era sconosciuto ai più e visto come possibilità misteriosa e fonte di immaginifiche possibilità di divertimento. Rotonde sul mare, dove le orchestre (non il dj, personaggio non ancora apparso alla vista) suonavano sotto luci soffuse e promettenti di ghiotte possibilità, contatti con alieni e aliene parlanti lingue sconosciute (tutte), stare a bagno nell'acqua (quasi nessuno sapeva nuotare, qualcuno aveva imparato alla meglio nel fiume, qualcuno ci aveva addirittura lasciato la pelle), un insieme infinito di novità a cui il mezzo di trasporto ti dava accesso. E infine il Viaggio, inteso come raid per raggiungere un punto definito a priori, ma senza un piano preciso, così per partire verso quello che pareva ignoto, da scoprire. Quella volta lasciammo al città di mattino presto. Le autostrade, quasi inesistenti allora, non facevano comunque parte di un itinerario serio. Io mi alternavo sui due sellini posteriori, sul vespone in salita, sul Galletto giallo nelle discese, chè diversamente non ce l'avrebbe fatta. L'idea era quella di circumnavigare il lago di Garda in tre giorni. Sirmione, carico di rimenbranze classiche, ci lasciò basiti e proseguimmo verso il nord. Arrivati a Torbole, che doveva significare meta raggiunta, non ci bastò, volevamo osare di più e proseguimmo fino al lago di Caldonazzo, che mi è rimasto nella mente con una immagine vividissima, blu scuro circondato di verde mentre divoravamo il panino seduti su panchine di legno grezzo, prima di girare i manubri e tornare. Ma mentre Andrea e il Carle saltavano sulla pedivella per accendere il motore (chissà perchè erano sempre ingolfati quei motorini) io guardavo dietro ed ero roso dalla voglia di vedere cosa c'era dietro quelle montagne, così alte, così misteriose.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Mamma quanto hai scritto!...
Mi sa che non comincio neanche a leggere, ma prometto di recuperare: per qualche giorno sono incasinatissimo con il lavoro, ho pochissimo tempo e di sera il divano mi aggredisce, il bastardo...
Dottordivago

misterpinna ha detto...

Grazie per aver cambiato colore al blog. Devo confessare che il bianco su sfondo nero era, per i miei occhi, piuttosto difficile da digerire. Ti confesso che talvolta ho interrotto la lettura di qualche post per "manifesta incapacità a proseguire". Adesso che i colori sono più digeribili, vado a recuperare :-)

Enrico Bo ha detto...

@Doc - come sai noi pensionati, oltre che succhiare grano alle esauste casse pubbliche, non abbiamo niente da fare , quindi o andare davanti ai cantieri bicicletta alla mano o scrivere....(io non ho neanche la bicicletta, quindi...)
@misterpinna - Mi sono piegato a questa richiesta che veniva da più fonti in un continuo gorgoglio sotterraneo. Secondo me può essere un problema di schermo , perchè sul mio, il bianco su nero si legge molto meglio, ma come sai la mia flosofia è che il cliente ha sempre ragione ed il blogger, anche se grida la libertà assoluta del suo microspazio virtuale, è un po' come quelle signore che aspettano il tram alle 3 di notte in periferia.

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