mercoledì 1 dicembre 2010

La prima neve.


Che meraviglia la prima neve! Poter essere un poeta del periodo Tang, tracciare qualche carattere con un tratto deciso, ma dolce, del pennello appena intinto nella china, sciolta con cura nella pietra concava con i rilievi dei Tien Shan. Carezze delicate sulla carta porosa per esprimere concetti, idee, sensazioni. Certo bisogna avere del sale nella zucca, come diceva mio papà, essere poeta davvero. Però quando ti svegli, come oggi, di primo mattino (verso le nove e mezza) e invece dello sferragliare delle auto che si ammassano sotto casa, complice l'abbattimento del ponte, senti quel suono ovattato, attutito, delle gomme che schiacciano la neve con un lieve croc, capisci subito che la prima neve è arrivata e vuoi correre fuori, felice a godertela tutta. Vorresti essere davvero poeta. Veramente sono già un paio di giorni, calcolando anche un breve intervallo, che ha cominciato a cadere 'sta prima neve; in linea di principio potremmo anche chiamarla seconda neve, ma non so se è poetica come la sua sorella primogenita.

Comunque scendo in strada per respirare quel gusto metallico che ha l'aria quando nevica, il gusto delle foreste di betulla di Jangantau, negli Urali o la brezza fine delle rive del lago Bajkal, inebriante e selvatico; par di vedere i lupi eccitati che scrutano la valle dal limitare del bosco, il capo branco, davanti a tutti, con le zampe solide, piantate nella neve, la lingua ansante, le froge dilatate ad aspirare il profumo ardente di una lupa lontana. Eccomi pronto, la sciarpa gettata di lato sulla spalla con gioia, sono già fuori dalla porta e quasi scivolo sul leggero strato di ghiaccio che ormai ha fatto presa definitiva sul marciapiede. Scarpe sbagliate. Una zaffata di benzina mal combusta, mi aggredisce subito la gola, poi gli occhi. Accidenti, sembra di essere sul kalzò di Mosca agli inizi dei '90, quando i motori delle Ziguli bruciavano qualunque cosa; un sapore acro, ti sembra subito di avere la gola foderata di uno strato nero oleoso. Ma non c'è manto bianco.

Solo una schifosa fanghiglia sporca e putrescente, quasi nera, che si appiccica alle scarpe tentando di corroderle. Ho già i piedi bagnati; una macchina passa spazzando la strada con ferocia, mi schizza con gioia da capo a piedi. Salto indietro e quasi investo un tizio che mi guarda male e si barrica subito nella sua auto, tirandosi dietro la consolatoria barriera di lamiera del portellone, poi parte sgommando, mettendo il SUV nero di traverso nel corso. Dal cielo continua a scendere della roba umida e fredda, flocculazioni acide, forse radioattive. Misto neve, si direbbe, subito sciolta dal passaggio della coda rabbiosa a mostrare il nero rassicurante dell'asfalto. Qualche corvo rabbrividisce nei sottotetti malati di amianto. I piccioni fetidi, neanche li vedi più. Black rain, my friend, succhiamoci ancora un po' di ossidi di azoto, poi torniamocene a dormire.




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9 commenti:

Sandra M. ha detto...

In città è così. Arrivi in strada all'alba se vuoi che l'incanto alleggerisca il fardello dei pensieri.Se tardi un po' tutto è già violato; se non dalle auto, io abito in una strada chiusa, dai violenti colpi di pala del solerte mio vicino...non può aspettare nemmeno diei minuti, deve "pulire" !

Lara ha detto...

Dopo le belle immagini, poetiche, che hai suscitato per più di metà post, il finale è proprio deprimente, come sa esserlo solo questa realtà quotidiana, senza l'aiuto della fantasia :(
Ciao,
Lara

Erika ha detto...

Non sei un poeta ma un ottimo scrittore. Peccato che l'incanto della parte iniziale del tuo racconto sia stata rovinata dalla conclusione.
Buona serata
erika

Enrico Bo ha detto...

@Sandra - L'uomo inquina per il ssolo fatto di esistere

@Lara - Mi ero svegliato con la luna storta, oggi è già un altro giorno, anche il grigio del cielo sembra più azzurro

@Erika - quando ho la sbronza triste sono insopportabile, specie di prima mattina.

Mia ha detto...

io invece mi sono svegliata oggi con il cuore pesante,ma il tuo post,almeno nella prima parte,me lo ha allegerito.

Ambra ha detto...

Mi è piaciuta molto la tua descrizione in tutta la prima parte del post, l'immagine del lupo. le foreste di betulla in pieno contrasto con lo squallore della fanghiglia che inevitabilmente si produce in cittò.
Al di là di questo mi chiedo come mai la neve esercita su noi tutti un fascino irresistibile. Ci devo pensare.

Enrico Bo ha detto...

@mimi - dai che tomorrow is an another day!

@Ambra - anche su di me ha un fascino sempiterno, sempre a patto che l'amministratore faccia spalare il cortile e i marciapiedi.

massimo ha detto...

divertente, il racconto "la prima neve", humor inglese. forte.

Enrico Bo ha detto...

@Max - Sarà inglese ma quando ti schizzano da capo a piedi le parole ti vengono in mandrogno stretto.

Where I've been - Ancora troppi spazi bianchi!!! Siamo a 119 (a seconda dei calcoli) su 250!