lunedì 17 luglio 2017

Malaysia 39 - Il Kinabalu Park


Rafflesia  Arnoldii - Il fiore più grande del mondo -  Foto T. Sofi


Un passaggio nel parco -  Foto T. Sofi
Il solo nome ti fa socchiudere gli occhi e cominciare a sognare. Ricordo qualche decina di anni fa, quando mi aggiravo a cercare depliant nelle agenzie, sono sempre stato un cliente magro e allora non era il tempo di internet, un grande manifesto con una montagna dalle forme inusuali ed avvincenti e il grande titolo sotto: Kota Kinabalu e in piccol: Visit Borneo. Sembrava davvero un sogno, ma da allora è stato uno dei nomi che mi si è piantato nella mente come uno di quei gingle che canticchi al mattino sotto la doccia e che non riesci più a levarti di testa per tutto il giorno. Ero sicuro che prima o poi ci sarei arrivato. Però la capitale dello stato di Sabah, il terzo componente dell'Unione Malese, è diventata ormai una vera capitale, quasi sestuplicata da quando io avevo visto il famoso manifesto, quando contava poco più di 100.000 abitanti. Il tempo passa più in fretta che altrove da queste parti e adesso ti trovi di fronte ad una città ragionevolmente moderna, popolata di costruzioni piuttosto recenti, anche se il sapore di fondo dell'Asia del sud e dei popoli del mare, rimane a costituirne il sentore di fondo ed il retrogusto, come direbbe un buon assaggiatore di vini. Mentre un tempo era chiamata Deasoka, Sotto l'albero di cocco, in linga locale Bajau, che la descrive con chiaro riferimento alle sue spiagge da mari del sud, il suo attuale nome esotico, che poi tutta l'Asia riconosce come KK, viene da Kota che significa Fortezza, presente in moltissimi toponimi malesi e dal monte più alto della catena (quello del famoso manifesto) e anche di tutto il sud est asiatico, che divide questo stato dal Kalimantan indonesiano. 

Le piscine di acqua minerale -  Foto T. Sofi
Questo è tratto forse da una leggenda intrisa di tristezza come tante di queste parti. Potrebbe derivare infatti da Kina (il cinese) e Balu (la vedova del) e richiama alla storia di un avventuriero del celeste impero che venne fino alle pendici del monte che si diceva nascondesse un tesoro; prima di salire alla sua ricerca fece innamorare la più bella donna del villaggio e la sposò, da queste parti così si usa. Trovato il tesoro però, se la filò in Cina a goderselo, mollando la bella con la promessa di tornare. La poverina, non credendo alla possibilità di essere stata abbandonata (le donne innamorate hanno sempre di queste certezze), salì fino alla cima del monte per cercarvi, trovandola, la bella morte nella certezza di potersi ricongiungere all'amato. In effetti la salita al monte, che è una delle ragioni per cui diversi turisti arrivano fin quaggù, non è così semplice come la dipingono i depliant, una sgambata escursionistica di circa tre giorni che ti consentirà di vedere l'alba dall'alto degli oltre 4000 metri del Kinabalu, con uno spettacolo inebriante, sulla catena montuosa che gli sta ai lati, la piana circostante ed il mar cinese meridionale che la lambisce. Ho letto relazioni in cui provati escursionisti di buona gamba e allenamento adeguato oltre che di verde età, l'hanno trovata piuttosto impegnativa, maledicendo chi aveva avuto l'idea di raggiungere la vetta, per cui abbiamo pensato di abraderla dal programma che si è limitato ad  una più consona visita al parco omonimo che comincia a quasi cento chilometri dalla città e che circonda completamente il monte.
  

Frutti della foresta -  Foto T. Sofi
Una lunga strada in auto che ti ripropone il paesaggio esuberante dell'isola, sotto un cielo sempre imbronciato con le sue nuvole gonfie che passano veloci ed alte quando paiono ancora panna montata, mentre diventano grigie fino al nero, quando stanno per scaricare la razione giornaliera di acqua. Potendo a tutti gli effetti essere considerato un parco di montagna, camminare nella foresta di questa area dà le stesse straordinarie sensazioni della ricchissima vegetazione pluviale e della zona montagnosa con le sue caratteristiche peculiarità. E' vero che tocca camminare in una certa fanghiglia vischiosa e alquanto fastidiosa, ma ti puoi consolare camminando sulle passerelle a oltre quaranta metri da terra, quasi volando tra le cime degli alberi. Nel sottobosco sfiori nepenes dalle sfumature rosa con gli invitanti opercoli spalancati in attesa della vittima, attratta con la viltà della bellezza; guardi ammirato i cespi di strelizie selvatiche e i mille altri fioria cui non sai dare un nome e anche se non riescia scorgere il lombrico gigante del Kinabalu e la sua compagna, la sanguisuga rossa anche lei gigante tanto per cambiare, sei contento lo stesso in fondo. Uno stuolo di ragazzini, forse in gita scolastica, corrono entusiasti per salire sulle passerelle dondolanti, già pregustando il terrore che prenderà le femminucce col velo colorato che avvolge precocemente le loro testoline, quando in altro tra i ramicominceranno i primi sballonzolamenti, naturali o fintamente provocati dai vari Franti presenti in ogni scolaresca che si rispetti. Meglio lasciarli andare avanti e godersi la solitudine tra gli alberi centenari coperti di muschio. 

Strelizie -  Foto T. Sofi
Una vecchietta giapponese che sembra tremare ad ogni passo, rinuncia poggiando il bastone ed aggiunstandosi il cappellino a stecche di bambù. Ma bisogna ricordare che questa è zona molto vulcanica e puoi trovare anche in una zona disorgenti sulfuree, apposite piscinette, più che altro vasche da bagno, a dire il vero, dove immergersi per godere dei vantaggi delle acque medicamentose, una vera panacea per le pelli ruvide e squamose di noi anziani malagevoli. Se vogliamo essere sinceri anche la temperatura che, data la quota è,piuttosto freschina, non invoglia all'immersione, tanto più che non lontano puoi invece goderti un farfallario dove migliaia di creature colorate, sbattono vorticosamente le ali per affrettare la fine della loro pur già troppo breve vita. Non si fermano mai, quasi abbiano capito che il tempo che rimane loro è così poco che non vale la pena di perderlo nell'inutile riposo. Che sia un monito, un insegnamento o un invito alla riflessione? Chissà. C'è il tempo invece di vedere una delle curiosità che anche se presenti in altre parti del paese, qui si ha la quasi certezza di non perdere. L'incontro con il fiore più grande del mondo: la Rafflesia Arnoldii, il cui nome è dedicato a quel Sir Raffles, fondatore di Singapore dove ancora c'è il famoso omonimo hotel. 

Una piccola Rafflesia -  Foto T. Sofi
La pianta in realtà è un parassita di una sorta di vite locale, all'interno della quale insinua nei tessuti i suoi austori, non necessitando quindi di alcuna fotosintesi, campa senza lavorare insomma, come molti ambirebbero ed alcuni fanno sulle spalle dialtri. L'unica sua attività rimane appunto quella sessuale che si esprime con questi fiori giganteschi che sembrano carne esposta e possono arrivare ad un metro e mezzo didiametro e la cui esagerata esplosione dura poco più di una settimana. Naturalmente c'è il contrappasso e il suo nome popolare di Fiore di carne putrefatta, spiega subito l'atroce risvolto, infatti questa mostruosità sia per l'aspetto, che la avvicina a tranci di coscia abbandonati da giorni, sia per l'odore nauseabondo che assume quandola fioritura è al massimo, attira nuvole di mosche ed altri insetti che provvedono alla impollinazione propagando la specie. Dato il morboso interesse dei tanti visitatori, molti furbacchioni recintano le zone dove cresce la pianta cosicchè è quasi sicuro che ci sia sempre qualche fiore da vedere, proteggendoli dal contatto in modo che il business sia conservato il più possibile. Quello che potete vedere nella foto a lato era di circa 80 centimetri, non tra i più grandi e non puzzava neanche essendo ancora piccolo. Poi, stanchi ma felici, con ancora l'indimentimenticabile ricordo olfattivo tra i recettori neuronali e gli scarponi infangati, si può tornare verso casa.

Al farfallario -  Foto T. Sofi


SURVIVAL KIT

Il fiore di plastica
Canopy walk -  Foto T. Sofi
Kota Kinabalu - Capitale e punto obbligato di passaggio per visitare il Sabah. Nella città non c'è molto da vedere tranne la grande moschea con i suoi quattro bei minareti. Se siete davvero decisi a scalare la montagna tenete conto che l'escursione dura tre giorni ed è per gente ben allenata. Si può prenotare facilmente in qualunque agenzia. Più semplice la visita all'omonimo parco a 88 km dalla città. Qui ci sono diversi percorsi a piedi più o meno semplici. Percorso in Canopy walk di circa 500 metri incluso nel costo di ingresso. Nella zona vulcanica ci sono piccole piscine a pagamento da quattro o cinque posti, in cui si può fare il bagno nelle acque calde che sgorgano dal terreno. Vicino un farfallario di piccole dimensioni. Poco lontano una zona recintata di protezione (ingresso 5 Rym) si possono vedere le Rafflesie. Seguite la gigantesca rafflesia di plastica per le foto ricordo. Ne troverete sicuramente qualcuna in fiore e nel caso si trovino verso la fine della fioritura, sarete guidati dall'odore, se no vi condurrà qualcuno alla ricerca. Dato il monoclima della zona è possibile vedere qualcuno di questi fiori praticamente tutto l'hanno.

Hotel Winner - Jalan Pasar Baru 9 - Comodo in centro città. Camera con colazione (ottima omelette toast e caffé) tra 25/30 Euro secondo le offerte. Noi abbiamo pagato 3 notti a 400 RYM. Wifi buono anche in camera, AC, TV. Presenta meglio fuori che dentro. La nostra 606, piccolina con moquette alquanto pezzata. Aspetto piuttosto datato ma tutto funzionante. Personale molto gentile, portano le valige, caso unico in Malaysia, dove evidentemente non si usa.

Restoran Sempelan - Jalan Sinsuran - Su una piazzetta molto vicino all'albergo Winner. Ristorante tradizionale molto frequentato. Non lasciatevi spaventare dal fatto che ha un aspetto piuttosto sporchino (le toilettes sono terrificanti). Molta scelta di piatti malesi e cinesi, molto buoni a prezzi molto bassi per noi occidentali. Abbiamo pagato 53 Rym in quattro (circa 11 euro) per un piatto abbondante e bevande. Suggerisco il Nasi Ayam Penyat, coscia gigante completa di pollo, praticamente un quarto e riso, veramente buona. Ottimo anche il piatto di pesce. Sempre aperto.

Nella foresta -  Foto T. Sofi



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L'ingresso - Foto T. Sofi

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