lunedì 16 settembre 2019

Mare, profumo di mare...


Che ci volete fare, la Cote ha un profumo speciale, la macchia mediterranea, i cespi di rosmarino e quelli di lavanda, il sentore di aglio che esce dalle finestre aperte delle case sulla strada mentre torni a casa. E poi la luce, quella intensa e forte che ti obbliga a socchiudere gli occhi e pervade tutte le superfici, schiarendole un po' ma senza cancellare i colori, che diversamente sarebbero così intensi, così violenti. D'altra parte, se venivano fin qui quei pittori che hanno saputo rivoluzionare la fine dell'800 è proprio per l'impressione che conferisce all'ambiente questa straordinaria luminosità, che forse fa bene anche anche allo spirito e non soltanto all'occhio. Luce per schiarire l'oscurità, anche quella dei pensieri. Aroma di limoni, aspro e dolce allo stesso tempo di quello di anice del Pastis, servito nei tavolini dei vecchi bar con le tavole di legno e le sedie impagliate dei villaggi arroccati sul monte che sorveglia le spiagge alle spalle. E se risali le balze di quello che rimane degli antichi terrazzamenti, ecco i tronchi secolari degli ulivi, custodi del tempo. Già, gli olivi che ancora producono poche bottiglie di olio gentile e leggero, che naturalmente se vuoi, devi pagare a peso d'oro e di certo, con la fatica che si fa a produrlo, non avrebbe senso pagarlo di meno. 

Scomparirà certo, ma intanto li vedi ancora questi tronchi straordinari contorti e "vecchi" oltre ogni altra parola. Basta vedere quelli di Cagne sur mèr, nella villa che fu di Renoir, arruffati e raggomitolati su se stessi, tante volte raccontati nei suoi quadri. Ma attenzione, sembra che anche qui assieme alle sparate dei sovranaioli nostrani e ai "moru" che di notte passano il confine sui sentieri del monte, abbiamo esportato anche la xilella, sì proprio lo stesso ceppo che arriva dalla Puglia, dove naturalmente tra i cultori delle sirene e delle scie chimiche, la sua esistenza era negata. Solo che qui non fanno come da noi, che si dà retta ai bufalari o si intervista sull'argomento Al Bano o altri esperti di questo livello, deridendo magari gli scienziati che si occupano del problema. No, qui lo prendono sul serio e mentre noi abbiamo lasciato devastare allegramente una superficie che tra poco coprirà l'intera regione, massacrando un'economia, qui, alla scoperta delle prime due piante colpite, hanno steso un cordone sanitario strettissimo, abbattendo subito quello che c'era da abbattere, senza tante storie. Neanche se ne è parlato più di tanto. Non fa notizia tra i tavolini, ai bordi delle strisce di ghiaietta spianata per giocare alla petanque, tra il profumo di Bandol e vin de sable rosé.

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