venerdì 22 gennaio 2010

Profili di pietra.

Ancora un autobus colorato per raggiungere uno dei luoghi più noti del Guatemala. Sono in realtà tutti scuolabus usati statunitensi che, a fine carriera vengono smerciati da queste parti e subito ricoperti di colori sgargianti in tono con il sentire della gente. Per arrivare a Chichicastenango, il bus lascia la panamericana a Los Enquentros, e percorre una splendida valle laterale circondata da montagne che si stagliano contro il cielo blu cobalto con rare nuvole bianche. Chichi è un luogo talmente bello che non riescono a rovinarlo neanche le orde di turisti che vengono scaricati qui verso le undici del mercoledì e della domenica, da magnifici bus A/C e che per fortuna si levano dai piedi verso le due. Il punto clou è la piazza del mercato davanti alla scalinata della chiesa di Santo Tomas, che è stata fatta all'inizio del 1500 a somiglianza dei gradini delle piramidi maya e servono nella sostanza allo stesso scopo. Durante le cerimonie, chiamarle messe è un tantino azzardato, i Chuchkajaues, in sostanza dei capi preghiera, officiano e sui gradini attorno a loro si brucia incenso con un gran rutilare di turiboli, salmodiando parole magiche. La città ha un governo maya parallelo che si occupa di tutte le questioni locali e Chiesa cattolica e governo repubblicano nominano solo dei preti e dei formali rappresentanti, che curano i loro interessi ma non si fanno vedere. Non è opportuno salire i gradini, ma è possibile passare dalla porta laterale per entrare nella chiesa dal grande pavimento nudo coperto di aghi di pino e costellato di offerte, fiori, pannocchie di mais, bottiglie di liquore o di Coca Cola e candele colorate ovunque. C'è anche sangue secco per terra. Niente paura, ogni tanto qualcuno sacrifica una gallina. Qui sotto giacciono molti corpi di antenati sepolti come i re maya sotto le piramidi. Qui la gente è rude e si infastidisce facilmente, se ci capitate, vi suggerisco davvero una grande discrezione e rispetto, comunque se deponete qualche Quetzal sugli altari come offerta, sarete di certo guardati con occhio più benevolo. Oltre all'incenso ed alla resina si respira davvero un'aria di grande coinvolgimento, di antica partecipazione emotiva, che la penombra ed il mormorio dei fedeli accentua potentemente. Noi ci capitammo il sabato sera, pronti così per il grande mercato della domenica. E' il più famoso mercato del centroamerica e il fatto che si sia moltiplicate le bancarelle dedicate ai turisti non modifica nulla del suo fascino straordinario, anzi direi che ne aumenta ancora i colori e la confusione. Dormendo lì, però, si può arrivare al mattino presto per godersi l'arrivo dei venditori carichi di mercanzia, a piedi o sui vari mezzi di fortuna per trovare spazio sulla piazza, tra quelli che previdenti sono giunti la sera prima e hanno dormito sotto i portici antistanti. Al di là della merce, è l'assembramento più straordinario di visi e di vesti che vi può capitare di vedere nel centro-america. Nasi forti, zigomi pronunciati, fronti schiacciate quasi innaturalmente, occhi severi come fessure penetranti, pelle che sembra cuoio bruciato dal sole dell'altitudine, espressioni immobili e dure che sembrano giudicare, a cui, forse, li ha abituati la storia. Gli Indios convivono con la cultura che li ha sopraffatti, che spesso si è accanita contro di loro anche in tempi recentissimi, ma, silenziosi, resistono, ti guardano senza parlare, poi alla sera, quando i bus se ne sono ormai andati da ore, quando i pochi occidentali rimasti, passeggiano scattando di soppiatto quache foto rubata ai bimbi sulla schiena delle madri, riavvolgono le loro cose e silenziosamente ritornano da dove sono arrivati, quietamente, senza la confusione allegra, asiatica o africana. Sembra che aspettino.

3 commenti:

➔ Sill Scaroni ha detto...

Os Mayas e todos os pertencentes aos povos originários não podem rir depois deste etnocídio físico e cultural que já sofrem há 517 anos nesta América tão linda mas tão sofrida.
Consegue imaginar o que significa viver na invisibilidade em mundo mundo onde o "ter" é o que fala mais alto?
Para eles esta fome de "ter" não possui nenhuma importância já que o "ser" é o que mais valorizam.
O olhar deles não é distante nem frio, apenas enxergam o mundo em outra ótica já que o seu universo cosmogônico e cultural difere muito do nosso. Para entender esse mundo é necessário aprender com eles, sair do centro e do etnocentrismo. Para comprender este olhar, primeiro temos que descobrir como é "olhar de dentro para fora" além é claro de perceber uma concepção do tempo muito distinta da nossa que é linear enquanto para eles tudo é cíclico como as marés e vai e vem da História.
Uma vez um amigo Guarani me disse que eles não possuem o olhar impenetrável porque apenas olham de dentro para fora. Então, neste dia , tive a compreensão de toda a imensidadão de um olhar indígena.
Bellissimi post Enrico.

Scusa se ho scritto in Portoghese, ma quando si scrivono le cose dell'anima, abbiamo bisogno di scrivere nella nostra lingua.
Grazie.
Bacio.
Sill

➔ Sill Scaroni ha detto...

* Belli foto. ;))

Enrico Bo ha detto...

Obrigado Sill, para o que você disse

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