Ma il Messico non significa soltanto grandi conurbazio- ni e l’affollamen- to frenetico del Districto Federal, l’altra realtà è costituita da un paese grandissimo con scenari naturali di rara bellezza. Quella volta prendemmo un aereo verso sud, sorvolando i vulcani con le punte coperte di neve e piccoli sbuffi di fumo a ricordare il tormento profondo di questa terra, i suoi turbamenti interni e sotterranei che la attraversano, che non le danno pace, che continuamente travagliano la vita di chi la abita. Tuxla Gutierrez è la porta del Chapas, il grande territorio del sud, dove tra montagne e foreste, vivono ancora più di sette milioni di indios che parlano e vivono come prima, che contano gli anni dalla conquista , come dice la mia amica Sill Scaroni nel suo blog che vi invito a seguire, año 517 de la resistencia indigena continental. Il Chapas si stende tra valli ed alte montagne, ad una quota che taglia le gambe se senza accorgerti, allunghi il passo. Sei sempre attorno ai duemila e la temperatura è fresca, moderata da pioggerelle frequenti, coi fianchi delle montagne coperti da nebbioline azzurre e da una umidità che costringe la gente a stringersi nei piccoli ponchos colorati che coprono loro le spalle mentre si incamminano nella selva. Prendemmo un’ auto che ci portasse fino a San Cristobal de las Casas, il centro più importante e noto. Duecento kilometri di una strada di montagna, tortuosa e stretta dietro a vecchie corriere colorate. Cercai di intavolare una discussione con l’autista con la scusa, come faccio di solito, di cercare di capire qualcosa della terra che sto attraversando, in realtà con la segreta motivazione di rallentare la marcia il più possibile, considerati gli strapiombi che si vedevano al fianco della Carretera National, priva di protezioni. Ma il nostro driver era insolitamente silenzioso e poco incline a socializzare, mentre rimaneva assolutamente insensibile ai miei propositi di rallentare la marcia. Questa mancanza di comunicativa, come rilevammo in seguito era piuttosto comune tra la gente degli altipiani, forse la diffidenza di chi per secoli ha dovuto subire assalti continui alla propria terra, alla propria cultura diversa, un patrimonio da sopprimere o almeno tacitare per potersi appropriare di tutto, uniformando, omologando, cancellando il passato a favore di un presente più utile ai propri fini. Ma la selvatichezza di questa terra non riesce a lasciarti insensibile, con i suoi scorci estremi e sa vincere anche la preoccupazione per un traffico tutto sommato pericoloso, per lo meno a giudicare dalle carcasse di mezzi abbandonati sui bordi della strada o sul fondo delle scarpate. Se capitate da queste parti però non mancate la sosta a metà strada, un piccolo villaggio su uno specchio di acqua verde, con un minuscolo imbarcadero e un ristorantino che serve melon e chorrizo e anche cavallette fritte (las saltamontes son animales muy limpios, assicurò il cameriere) come appetizer, una specie di chips insomma. Poi mentre l’autista si prende il tempo del giusto riposo sotto un pergolato, voi salirete su una grande barca azzurra che vi condurrà per una ventina di kilometri lungo una delle meraviglie naturali del paese, il Cañon del Sumidero. Il fiume, dapprima largo, si restringe progressivamente in gole con le pareti a picco alte qualche centinaio di metri, coperte di muschio verde da cui scendono cascatelle di acqua che prima di arrivare al pelo del fiume sono ormai vaporizzate completamente e riempiono l’aria di una specie di polverio umido che coprirà il telo impermeabile con cui avrete prudentemente protetto vesti e materiali fotografici. Lungo il tragitto, che la barca percorre a velocità vertiginosa con curve continue in cui i bordi arrivano alternativamente al pelo dell’acqua, sarete affascinati dagli stormi di pellicani, aironi, garzette che popolano il fiume e per la verità anche piccoli caimani, ma lontani, composti pigramente sulle rive, che non vi appariranno troppo minacciosi. Un tripudio di vita selvatica che lascia attenti e senza parole, ad ogni ansa del fiume con una nuova sorpresa . Dopo un paio d’ore, il ritorno all’imbarcadero dispiacerà e, facendo attenzione a non scivolare sul fondo viscido, qualcuno ci casca sempre sbattendo delle belle capocciate sul bordo, scenderete dalla barca paghi e pensierosi ed in questo modo disattenti alle consuetudini che comunque vengono ricordate per iscritto sul bordo della stessa imbarcazione: no olvide dar las gracia$ al conductor, con un carattere che non lascia dubbi. L’autista era pronto con il motore già acceso, San Cristobal con le sue chiese barocche popolate di statue di legno di santi sincreticamente sovrapposti ad antiche divinità pagane, aspettava pigramente sul fianco basso della collina.
sabato 9 gennaio 2010
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3 commenti:
Mi è venuta voglia d'andare in Messico...! :)
Ho visto le tue di foto e sono rimasta senza parole...
Il Messico è un posto straordinario, ancor più, secondo me, il Guatemala, è lì che prosegue il viaggio, se avrai la pazienza di continuare a seguirmi.
Anche questo me lo son perso. Sto seriamente pensando di ritornare in Messico. Vorrei vedere anceh il nord coi suoi deserti e Baja California dove a Febbraio si riuniscono le balene del Pacifico. Vorrei vedere Oaxaca e Hidalgo... quanto vorrei ritornare!
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