giovedì 17 giugno 2010

Il Milione 18: Una lama tagliente.

La carovana dei Polo ha ormai superato le grandi catene montuose e l'aria fine del Pamir. Davanti a loro le sterminate distese dell'Asia centrale con i loro deserti e le loro città carovaniere, ricche di traffici e di commerci. Kashgar era la porta del Xinjiang e forse il centro più importante sulla via della seta assieme con Urumchi, abitata oggi come allora dagli Uiguri, una popolazione dedita ai commerci che tante gatte da pelare dà al governo cinese a causa della apparteneza mussulmana. Appaiono decisamente male in arnese e sono adesso di certo la parte più debole della popolazione. Mali moderni, si dirà. Ma com'era la situazione allora? Vediamo come ce la descrive il nostro amico Marco.


Cap. 50
Casciar (Kashgar) fue un antico reame ove vivono di mercatantia e di arti. Egli ànno begli giardini e bambagie (cotone) assai, ma sono gente scarsa e misera chè male mangiano e male beono. Ora è al Grande Kane, ma adorano Malcometto.


Eh accidenti, la lingua ha otto secoli, ma la descrizione potrebbe essere stata fatta ieri, inclusa la sottolineatura del contrasto tra il dominio centrale e le spinte integraliste religiose che condizionano l'area. Qualche anno fa, vagavo per il bazar di Urumchi o Wu Lu Mu Chi come preferiscono chiamarla i cinesi. I venditori di origine cinese, se ne stavano tutti raggruppati in disparte, in generale occupandosi di alimenti e ristorazione o vendendo i grandi pani rotondi e dorati, tipici del Tukestan o confezionando noodles da servire al momento (date sempre un'occhiata alla ricetta di Acquaviva). Tutto il resto del mercato invece, era in mano agli Uiguri che se ne stavano accoccolati nei piccoli negozi su montagne di tappeti, tra le stoffe di cotone spesso e colorato o tra gli oggetti artigianali della loro ricca produzione. Guance magre e incavate, barbe lunghe, sguardi infossati. Un senso di attesa e una atmosfera densa, pesante, diversa dall'allegria caciarona caratteristica dei luoghi del commercio. Forse il caldo opprimente di quel luglio assolato, forse la mancanza di aria tra gli stretti passaggi coperti e gli spazi minuscoli tra i banchi, ma anche le trattative erano stanche e mancavano del fervore tipico del commercio asiatico.



C'erano coltelli magnifici, ben decorati e con incisioni di pregio. Di solito queste produzioni hanno come clienti i turisti e gli oggetti hanno una funzione più decorativa che di utilità pratica. Ne comprai uno che mi piacque subito per la sua impugnatura ergonomica e robusta. Il vecchio venditore aveva un grande cappello di pelo nonostante il gran caldo e fece un breve sorriso stringendo gli occhi quando mi mostrò la lama, che come tutte le altre attorno a lui, era tagliente come un rasoio.





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3 commenti:

Angelo azzurro ha detto...

non ti hanno fatto problemi in aereoporto per quella lama?
Ricordo un amico che, rientrando da Londra, ebbe qualche difficoltà con una spada...

il monticiano ha detto...

Enri' non c'è paragone tra te e Marco Polo. Sei meglio te almeno io ci capisco qualcosa.
Qui a Roma, dove abito, sono circondato da cinesi, chissà di quale zona saranno dell'immensa Cina?

Enrico Bo ha detto...

@Angy-No ,perchè l'avevo messa in valigia, una Katana giapponese invece l'ho imbarcata tra due antine di legno e messa nella stiva.
@Monty- Pare che la maggior parte dei cinesi italiani vengano tutti da ZeJian dalle parti di Hang Zhou e Shanghai

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