mercoledì 10 maggio 2017

Malaysia 19 - Una giornata nel parco


Radici

 
Il molo sul Tahan
La foresta sta lì, sembra immobile da milioni di anni, un corpo mummificato coperto di muschi e di frammenti organici in decomposizione, invece brulica di vita. Camminarvi dentro è una sensazione primordiale; come tornare indietro nel tempo in un'era al di là della storia conosciuta, quando eri solo unodei tanti animali che ti dovevi davvero misurare con la natura che ti circondava senza avere la possibilità di influirvi in alcun modo. Il giorno è sorto presto a portare nuova luce su questo mondo segreto. Attraversi di nuovo il fiume. Il barcaiolo è sempre lì, uguale, come se fosse parte stessa di quel minuscolo braccio di acqua; vive sul fiume, è il fiume stesso, ne fa parte senza la possibilità di esserne deprivato in una simbiosi inestricabile. Poi, superata la porta di accesso al mondo segreto, la foresta ti avvolge. Il cielo era chiaro stamattina, forse non pioverà, anche se appena sei tra gli alberi, l'umidità ti accoglie, materna o matrigna che tu la voglia considerare. Le dimensioni stesse di quanto ti circonda ti condizionano. Tronchi così esagerati da sminuire le tue misure e la tua capacità di influenza, un sottobosco che nasconde il suolo come se fosse un mare nel quale galleggiare, i rumori della foresta che la assimilano ad una grande unico essere che respira. La passerella che segna la strada, per lo meno gli itinerari preparati per i giri di una giornata, non disturbano queste sensazioni, anzi sembrano ormai fare parte dell'ambiente stesso. 

Alla fine i visitatori non sono molti e puoi stare un giorno nel parco sentendoti solo davanti alla natura dell'inizio del mondo. Non parliamo se scegli di trascorrere qualche giorno in zone più remote. Un mondo dove probabilmente non potevi vivere come uomo, ma soltanto come scimmia. La nostra specie nasce e cresce solo quando abbiamo abbandonato questo ambiente in fondo ostile ed è uscito dalle piccole radure per raggiungere la savana, ripararsi nelle caverne, accendere i primi fuochi. Qui invece l'ambiente è compatto e come puoi constatare, ai lati del sentiero, assolutamente impenetrabile. Quasi non riesci neppure a scorgere i rami più alti dei giganti che ti circondano e che svettano ad oltre quaranta metri di altezza. Giri intorno a radici che occupano uno spazio enorme. Alcune specie allungano parti del tronco, che formano un baluardo di alti contrafforti che si spingono nella terra come lamine dritte per sostenere la pianta, altre si allargano conquistando spazio con fasci di radici contorte e bitorzolute che tentano di aggrappare la terra molle e fradicia che le circonda, quasi ricoprendo il terreno. Dall'alto pendono liane di ogni forma e lunghezza, che collegano i fusti o attraversano il cammino. Le epifite formano una tappezzeria continua che ricopre ogni pianta di ricca verzura da cui occhieggiano fiori giganti che chiamano insetti di ogni tipo, mentre schiere di farfalle volteggiano a fare il loro mestiere nella breve vita che le attende. 

Bambù
Mappa del parco
Piccole orchidee mostrano petali di velluto bianco, con spudoratezza voluttuosa, facendo capolino tra le foglie carnose e sensuali, fiori svergognati che non temono di mostrare i loro organi nudi, anzi li protendonoe si offrono a chi se ne voglia pascere e ne voglia godere. Se guardi in alto con attenzione, senti lo stridio delle scimmie diurne che si muovono sui rami più in alto. Di tanto in tanto il rumore forte di uno di questi che si spezza, il fruscio denso di un corpo che ha perso la presa e sembra cadere tra il fogliame, ma che subito si abbranca ad un appiglio più basso. Sono famiglie di piccole cappuccine dalle teste pelose, con i musi circondati da lungo pelo bianco che protendono code sottili ma prensili come mani e che occupano porzioni di bosco scacciando tutti gli altri. In una piccola radura puoi valutare uno spazio più vasto e subito un grande bucero scivola da un ramo alto allargando le ali nere, mostrando il suo becco mostruoso, di certo più pesante di tutto il resto del corpo, che rende il suo volo difficile e plana verso il basso per nascondersi di nuovo nel fitto tra gli alberi. Più avanti, in fronte ad un'altra radura un poco più vasta, c'è un capanno di osservazione. E' la scusa per potere tirare un po' il fiato rimanendo seduti sulle panche a guardare dalla fessura nella speranza inutile che vita di maggiori dimensioni si mostri. Sarebbe bello vedere qualche branco di sambar, brucare l'erba alta, ma l'attesa, se  pur vana, serve comunque a tirare il fiato e a prepararsi ad altre fatiche. 

Foglie
Cammini ancora, mentre la temperatura sale ed il sudore cade dalla fronte imperlando le rughe e facendoti bruciare gli occhi. Intendi il gorgogliare del fiume che scorre a lato di una piccola scarpata nascosta delle felci. Non ne vedi quasi le acque marroni anche se ne senti lo scorrere. Qualche albero dalle radici più deboli è crollato, forse minato alla base e il suo legno è marcito ed ha definitivamente ceduto, rimanendo lì, a cavallo del sentiero, obbligandoti a contorsioni per passare sotto lo stretto spazio che ne rimane. Finalmente arrivi a quello che è stato preparato con cura per farti apprezzare la foresta da un altro punto di vista. Una scala di legno sale attorno ad un grande tronco e rampa dopo rampa, ti porta sulla cima dell'albero, fino ai rami più alti. Di qui parte una serie di ponti, lanciati da albero ad albero, apparentemente fragili fili dondolanti, passerelle che pencolano nel vuoto e ti lasciano apprezzare la foresta dall'alto, superando valloni profondi e zone di verde così fitto da impedire al sentiero di penetrarvi. Quassù il verde è più rado e vedi più lontano, spesso oltre le cime degli alberi, potendo apprezzare questo mare infinito che si perde all'orizzonte fino alle alture azzurre più lontane. Il mare è l'unico paragone a cui riesci ad accostare questa visuale. Certo se sei un bolso personaggio che già fatica a camminare in pianura, procedi con una certa cautela, tenendoti come un bradipo alle corde tese che sostengono la passerella.

Un varano
Ma quando arrivi al centro dell'arco dondolante, una certa ansia ti prende e ti costringi a guardare in basso, cosa ancora peggiore quando sei obbligato a valutare tutti quei 45 metri che ti separano dal letto di felci che coprono il suolo, anche se probabilmente potrebbe essere come un morbido materasso. Anche l'ultimo balzo, una passerella a gradini che scende verso terra ti appare ancora più pericolosa e traballante e quando guadagni la terraferma, ti senti già meglio. Per fortuna, a farti dimenticare i pensieri di scampato pericolo, ti appare, sotto la panca sulla quale tenti di riprenderti, un varano di oltre un metro di lunghezza coda compresa che si muove con un lento dondolio sul terreno nudo. I cespugli sono lontani, così deve forzosamente rimanere lì alla vista, muovendo appena il capo affusolato e lanciando la lingua bifida in tutte le direzioni per saggiare il terreno che lo circonda prima di scegliere dove e come muoversi. Ha una pelle lucida e fine. Le piccole scaglie traslucide brillano di riflessi verde e azzurri, ti verrebbe voglia di carezzarlo per apprezzarne da compatta morbidezza. Piano piano si avvicina alle grandi foglie, dietro alle quali si nasconde e scompare, senza tirarsela troppo. Quando raggiungi di nuovo il fiume, il barcaiolo è sempre là, la tua giornata nella foresta è finita, la sua dura invece per sempre, immutabile e solida. Apre un occhio quando sali sul barcone, mentre infili il biglietto da un ringit nella bottiglia e poi avvia l'elica con movimento automatico, forse non sa neppure su quale lato del fiume si trovi ed in fondo, non ha nessuna importanza.

Canopy walk

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