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| Mongolia - giugno 2025 - Foto T. Sofi |
E' certamente difficile ed anche un po' presuntuoso tentare di fare delle considerazioni sensate dopo essere stati in un paese delle dimensioni della Mongolia per una sola settimana, men che meno trinciare giudizi, visto che il tempo che si è potuto dedicare a cercare di capire una realtà così diversa e lontana dal nostro usuale modo di vita, è stato talmente poco da consentire solamente una corsa velocissima e quasi disperata attraverso una, tutto sommato, piccola parte di questo immenso paese. Tenterò quindi di elencare qui solamente una serie di considerazioni epidermiche che ho avuto dopo questo fugace contatto, senza avere pretese di sparare giudizi troppo sicuri e sperando di non aver preso cantonate esagerate. Dunque il primo impatto che riceverete, in particolare arrivando dalla Cina, è qui si torna davvero molto indietro nel tempo. Lasciatevi alle spalle tutta la futuristica tecnologia che avrete appena lasciato alle vostre spalle ed i passi in questa direzione di cui avrete fruito prima di aver attraversato il confine. Tutto prima era elettronico e digitalizzato, con la scomparsa della moneta corrente e l'elettrificazione avanzata dei trasporti, per non parlare di riconoscimento facciale e cose simili. Qui si torna al normale cartaceo a cui siete stati abituati e questo in tutte le situazioni. La seconda cosa, che è anche la più ovvia, è che vi troverete di fronte ad un paese immenso, circa nove volte l'Italia e completamente spopolato che, nella sua quasi totalità è completamente sprovvisto di strade, ma dispone solo di piste erbose e magari fangose durante le piogge, mentre la totale mancanza di mezzi pubblici vi obbligherà a trovare qualcuno che vi scarrozzi in giro, ecco perché è praticamente impossibile affrontare qui un itinerario qualunque se non rivolgendosi, anche sul posto, a qualcuno che vi scarrozzi in giro.
E la cosa, rispetto alla qualità del servizio, che nonostante l'aumento continuo delle attività turistiche, rimane piuttosto modesta e risulterà comunque costosa. Dunque un paese molto povero, ma al contempo per il visitatore, abbastanza caro. Non si può dire tuttavia che il paese sia fermo su se stesso, anzi si notano ovunque segni di sviluppo e pare che anche il tenore di vita degli abitanti sia in continuo miglioramento. Stiamo comunque parlando di una cultura pastorale nomade, che si dedica da millenni all'allevamento in un territorio estremo, sia per il clima che per le risorse naturali, semplicemente sopravvivendo, nella quale sia le condizioni di vita, che il modo di sopravvivere, è rimasto sostanzialmente uguale. Solo il cavallo su cui si inseguivano per radunarle e si badava alle mandrie, è stato sostituito dalle moto e nei rari villaggi sono comparsi dei piccoli empori con le merci cinesi arrivate dalla capitale e nulla più rispetto al passato. Forse in qualche posto lontano arriva anche un piccolo aereo una volta la settimana ed un'unica linea ferroviaria traversa il paese da nord a sud, ma più che altro è per collegare la Cina alla Russia, il resto rimane sempre uguale a se stesso immutato nel tempo e si continua a vivere nelle gher, spostandosi dai pascoli estivi a quelli invernali e viceversa come hanno sempre fatto gli antenati da tempi ormai persi nella memoria. Diverso è il discorso per la metà della popolazione che vive nella capitale, una parte delle quali tuttavia campa, così pare, di sussidi pubblici, mentre per gli altri sembra che, almeno da quando il paese è governato in modo apparentemente democratico, lo sviluppo e l'accesso al tenore di vita ed alla capacità di spesa del resto del mondo, proceda con regolarità.
Insomma anche qui si va avanti, non ci sono dubbi. Va considerato infatti che la disponibilità di ingenti risorse minerarie fa comunque confluire qui cospicui investimenti stranieri e quando gira il grano, si mette in moto una macchina dei consumi che poi macina un po' per tutti. Tuttavia, ripeto, basta uscire da Ulan Bator e si ripiomba in un passato, che si può dire senza tempo e questo davvero senza riferimenti, in quanto il nomade delle steppe dell'Asia, viveva così sia in periodi preistorici che nel Medioevo, se escludiamo la breve parentesi dell'impero di Gengis Khan, quando la freccia lanciata da Qaraqorum è arrivata quasi fino a Vienna, occupando una porzione di territorio così vasto da non potere mai più essere eguagliato. Ma questa è storia vecchia, epitome di un passato non dimenticato, ma di certo ormai irripetibile, un attimo di gloria, buono solamente per vecchie canzoni da cantare alla sera attorno al fuoco, al pizzicare monotono delle due corde di una dambrà. Tutto il resto è la immutabile vita del pastore. Tuttavia cosa dovete aspettarvi se programmerete un viaggio da queste parti? Domanda complessa a cui non è facile rispondere. Innanzitutto non dovreste pensare di fare un elenco di cose da "vedere", come capita di solito quando stilate un itinerario qualsiasi attraverso un paese nuovo, pena il rimanere irrimediabilmente delusi, in primo luogo perché non ci sono proprio, in secondo luogo perché anche i punti topici, se così li possiamo chiamare, sono talmente distanti tra di loro, da rendere il viaggio in sé, lo spostamento necessario a raggiungerli, come l'essenza stessa del viaggio. Insomma un viaggio dove "sentire" più che "vedere".
Nei giorni che starete qui, non farete che affrontare lentissimi spostamenti di centinaia di chilometri su piste scalcagnate e strade solitarie, attraverso spazi sconfinati, bellissimi e stravolgenti per carità, ma alla fine, molto simili tra di loro, qualcuno potrebbe direbbe monotoni, fermandovi di quando in quando in gher di pastori dei quali non avrete né la capacità, né la sensibilità di comprendere se si tratti di mongoli, kazaki, tuvani o di qualche altra etnia, visto che i loro idiomi incomprensibili vi sembreranno tutti uguali, così come i loro larghi sorrisi, che sempre vi accoglieranno senza problemi nella loro comunità così come sono abituati a fare da secoli con chi attraversa la pianura. Sarete così penetrati dalla solitudine di questo spazio senza limiti, che proprio questa assenza di tutto vi avvolgerà di continuo, fino a sembrarvi alla fine un vero compagno di viaggio, amico e gradevole, invece che un alieno deserto in cui perdersi definitivamente. Potrete vedere cieli notturni (noi no) che non avrete mai visto e che vi stupiranno per la loro immensa e silenziosa solitudine, senza rimanerne annichiliti, ma che potrebbero darvi un senso di serena tranquillità, la stessa, almeno apparente, che è impressa negli occhi di chi vive qui. Soprattutto dovrete abituarvi al non considerare il tempo e lo spazio come variabili importanti della vita. Questo vi sarà utile a non smadonnare troppo nel caso che gli imprevisti inevitabili vi costringano a cambiamento di programmi fastidiosi e non voluti. Sbagliereste a giudicare inaffidabili le persone a cui vi affiderete e che magari vi lasceranno in mezzo al nulla per quello che a voi sembrerà un tempo infinito ed inaccettabile, semplicemente sono cose che non sono usuali nella loro mentalità, che considerano inutile irritarsi se non si risolvono subito come siamo di solito abituati e che prima o poi saranno sistemate comunque. Lasciatevi dunque andare agli eventi, se volete apprezzare l'esperienza, cercando di entrare in una mentalità diversa dalla vostra che vi considerate uomini moderni.
Qui le abitudini occidentali hanno scarsa rilevanza e possono solamente disturbare una fruizione completa di questa prova. Diversamente tornerete a casa delusi, per aver visto in fondo poche cose, per aver trascorso giorni in fondo sempre uguali e aver subito disagi ingiustificati. In ogni caso pensate che attraverserete un paesaggio sotto molti aspetti assolutamente unico e irripetibile, che va dalle steppe deserte del Gobi, il deserto gelido per eccellenza, ai pascoli ondulati e verdissimi punteggiati di animali e di gher bianche all'orizzonte, fino alla taiga siberiana, con le sue foreste nere che nascondono laghi dalle acque blu come la notte. Poesia pura di certo quando li ricordi attraverso le foto, meno quando rimani impantanato e senza gomme di ricambio durante la notte, cosa che lascia del tutto indifferente l'ex pastore oggi solo occasionalmente alla guida. Certo noi turisti della peggiore specie, consumatori di esperienze da una settimana o poco più, non potremo mai assaporare le sensazioni di chi si ferma tra questi avvallamenti solitari per settimane intere, condividendo carne secca stufata e latte acido, alimentando piccole stufe di ghisa con la legna presa a bracciate dietro la gher e cercando all'ultimo orizzonte dove sono finiti i cammelli di famiglia. A noi rimarrà soltanto in mente il disagio di andare a scaricarci nel casotto di legno lontano nel prato o di lavarci alla meglio con la poca acqua gelata di un bidoncino in mezzo al cortile, senza fare in tempo ad abituarci o a scordarcelo mentre seduti sull'orlo di una duna guardiamo il tramonto lontano. Insomma per godervelo, l'importante è che non cerchiate in questo viaggio quello che non c'è e che non ci può essere e gli imprevisti, se pur fastidiosi, se ne avrete, diventeranno parte di quella che rimarrà comunque una esperienza che in qualche modo varrà la pena di essere stata vissuta.





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