Una grotta a Maijishan - Tianshui - Gansu - Cina - giugno 2024 |
Stazione treni veloci |
La stazione di Lanzhou ovest è gigantesca, davvero il simbolo delle dimensioni che sta assumendo questo paese, soprattutto quando si mette in testa di dimostrare la sua potenza, pensando al futuro. Giustamente siamo partiti un po' prima, proprio per prenderla con calma, quindi percorriamo gli immensi spazi dei sottopassi che conducono alle pensiline di partenza, foderati di marmi lucidissimi come si conviene quando costruisci senza troppo badare al risparmio. Siamo nella zona del treni ultraveloci, giustamente la più nuova e tutto è lucente, dai negozi alle scale mobili che consentono finalmente di muoversi con serenità anche se devi trascinarti dietro la valigiona da 23 km lordi. Anche salire sul treno con il predellino all'altezza della banchina decisamente risulta più tranquillo dopo l'estenuante percorso eseguito per arrivare all'ultimo binario, per fortuna siamo alla carrozza 7, più o meno all'uscita della scala mobile. I treni classe D sono decisamente più belli e moderni e in breve, leggi sul display in fondo alla carrozza 320 km/h, che è sempre un bell'andare, così che i 300 e rotti km da percorrere scivolano via in un'ora e mezza, di un territorio che via via si sta sempre più popolando, con tanti villaggi di piccole dimensioni prevalentemente agricoli, che mostrano una distesa di appezzamenti piccoli ma molto ordinati.
Nel centro visitatori |
Anche qui i campi di colza in fiore rischiarano il paesaggio con il loro giallo intenso che mette allegria. Poiché continuiamo a scendere dall'altipiano tibetano, il territorio mostra una conformazione complicata e ricca di valli, che conservano ancora ben visibili le tracce di una agricoltura del passato con vistosi terrazzamenti, in contrasto con le moltissime serre che evidentemente parlano di una virata verso le più attuali tecniche di coltivazione. Stiamo scivolando adagio adagio verso il sud est del paese, aggirando il Tibet vero e proprio e infilandoci verso il confine tra il Sichuan e lo Shaanxi dove è situato quello che era l'antico terminale ad est di quella via della seta che stiamo percorrendo per intero. Nel frattempo ci fermeremo a Tianshui, cittadina di quasi 4 milioni di abitanti a me completamente sconosciuta, all'estremo limite est del Gansu, che era una delle ultime tappe della via della seta prima di arrivare alla favolosa Chang'an, oggi Xi'an, che rappresentava il successo finale di un difficilissimo viaggio finalmente realizzato. Tianshui era una grande oasi sul fiume Wei, uno dei tributari del fiume Giallo ai margini del loess plateau, l'immenso territorio di depositi di terra gialla (quasi 1 milione di km2) responsabile delle terribili tempeste di vento che portano giorni di nebbie giallastre su Pechino e le altre città dell'est nelle tarde primavere.
Il cavallo volante del Gansu |
Oggi è la seconda città del Gansu, una moderna metropoli in tumultuoso sviluppo che cerca di affermare una sua posizione nella inarrestabile modernizzazione del paese. Basta infatti vedere, anche qui, la stazione enorme che ci accoglie all'arrivo, ma a queste dimensioni ci siamo ormai abituati e non ci facciamo più caso, mentre cerchiamo di raggiungere l'uscita. Sulla grande piazza ecco anche qui il cavallo volante, l'emblema del turismo cinese, elegante e perfetto nella sua essenzialità. Quello che può stupire, al massimo, è il contrasto tra modernità assoluta e squarci di passato che evidentemente tardano a scomparire; così da un lato puoi vedere macchine completamente automatiche che circolano lungo i grandi viali del centro tosando con accuratezza matematica le siepi che formano la mezzeria dei corsi cittadini, secondo canoni antichi di arte topiaria e allo stesso tempo in una via laterale ecco un vecchio spazzino che con una ramazza di saggina, mezza consunta e malandata, forma mucchietti di spazzatura e li raccoglie con cura riponendoli un un vecchio sacco di juta come certo si faceva ai tempi di Mao; anche la giacchetta blu non mi sembra tanto diversa da allora, ma forse sono io che confondo e tendo a mitizzare, visto che quando venivo nel regno di mezzo a lavorare, ancora se ne vedevano per strada e tra i vecchi Hutong del centro, almeno quei pochi che avevano resistito alla ventata modernista.
Il monte |
Comunque sia, sbrogliamo rapidamente le formalità dell'albergo, che sono sempre piuttosto lunghe visto che gli addetti si ritrovano completamente spaesati dovendo accogliere ospiti stranieri e già la lettura dei passaporti comporta problemi e poi ci dirigiamo subito verso la principale attrazione della città, che ormai sembra richiamare frotte di turisti, il monte Maijishan (麦积山) ovvero la montagna del cumulo di grano, quindi un'altra tappa della cosiddetta via delle grotte, direte voi. Queste, che sono scavate nella parete a strapiombo verticale di un monte, sono appena posteriori a quelle di Bingling e precedono quelle di Longmen, ma sono state ricavate da probabili insediamenti precedenti dedicati a deità locali. Le statue buddiste, costruite in arenaria e portate successivamente in loco, non si capisce in che modo, visto che la parete del monte è perfettamente verticale, appartengono nella maggior parte, alla variante del buddismo Amidista, con una iconografia che generalmente rappresenta una statua del Buddha Amitabha circondata da un Avalokitesvara a destra e un Mahasthamaprapta a sinistra e risentono come quelli di Bamiyan di influssi del Gandara, come si nota dai panneggi e sono estremamente raffinate. Hanno resistito a distruzioni e terremoti e furono visitate già nel 759 dal famoso poeta Tang, Dufu che le citò in una sua famosa poesia I templi della montagna:
Una grotta |
Pochi i monaci rimasti in questi remoti templi
Il cervo muschiato dorme tra le pietre e il bambù
I cacatua beccano le pesche dorate
I ruscelli scorrono per i sentieri
Sul dirupo sono disposte le grotte
I loro spazi connessi raggiungono la cima
E per cento li, puoi vederne i particolari.
Le scale |
Di certo il grande poeta rimase colpito dalla vista del grande monte che solo 25 anni prima era stato devastato da un disastroso terremoto, noi ci arriviamo con calma nel primo pomeriggio, che vista l'altitudine, non è neppure troppo caldo. Anche qui l'organizzazione turistica è in piena attività e veniamo subito presi in carico da uno delle decine di piccoli pullman aperti che portano direttamente ai piedi del monte. Per la verità ci vedo un po' di malizia in questa programmazione, perché la strada proseguirebbe larghissima e perfettamente asfaltata per almeno un altro chilometro o più, fino alla base della grande roccia alta un paio di centinaia di metri. Farsela a piedi diventa una penosa penitenza, essendo assai ripida, perché evidentemente si prevede che il raggiungimento dei luoghi sacri, implichi una pena, anche dura, per ottenere una completa remissione dei peccati commessi, per almeno un certo numero di vite precedenti, viste le credenze buddiste, prima di essere ammessi a godere della vista dei templi incastonati nelle grotte. Oppure, più prosaicamente, la ghenga dei commercianti di souvenir di ogni tipo, di gadget e di masserizie alimentari di ogni tipo, fornite dalle centinaia di bancarelle che gravitano lungo i bordi della salita, hanno costretto l'organizzazione a stoppare l'arrivo dei pulmini più in basso, per incrementare occhiutamente gli incassi.
Le grandi statue |
Comunque noi ce la prendiamo con una certa calma, ma l'erta è faticosa assai e quando si arriva al piazzale davanti alla montagna sei già completamente scoppiato ed il bello invece deve ancora venire. Certo che la vista è spettacolare. Il grande monte è incastonato in una cornice di foreste di alberi rigogliosi; la parete verticale che sembra tagliata con un coltello, appare come un quadro rosso ocra che si affaccia sul verde. Una serie di scalette di legno, ripidissime salgono a zig zag lungo il monte ritagliando un itinerario attorno a tre grandi statue che dominano tutto il centro del quadro. Attorno le caverne appaiono come fori messi a caso in una grande forma di formaggio, con uno sciame di formiche impazzite che ne ascende i gradini passando da una all'altra. Se aguzzi la vista, nell'aria cristallina puoi vedere i più minuti particolari, le forme delle statue che occhieggiano dall'interno, le tracce di dipinti ancora visibili, i grandi occhi misericordiosi del Buddha che compatiscono lo sforzo a cui hai voluto sottoporti. Dufu, non poteva descrivere meglio questo spettacolo. Adesso si tratta solo di prendere il coraggio a due mani e cominciare l'ascesa.
Una grotta |
Passando per un corridoio protetto da un tettuccio di tegole di maiolica colorata si arriva ai piedi della roccia, qui cominciano le scale che sono ripidissime, che per fortuna seguono un itinerario obbligato che ascende verticalmente il mondo senza lasciarti la possibilità (o quasi) di tornare indietro. Una volta che ti sei inserito nella corrente ascensionale, giocoforza devi proseguire, non importa se sei morto o stai per diventarlo, bisogna andare avanti, la massa che sale, spinge e quasi ti fa avanzare a forza. Tu senti il fiato che manca, l'ansimare si fa più forte e violento mentre le gambe ormai legnose gridano pietà, anche le braccia che cercano di issarsi facendo forza per afferrare i mancorrenti più in alto, sono diventate di piombo e tutto il tuo corpo continua a chiedersi quando finirà la sofferenza. Bisogna lamentarsi per forza, ma se devo dire la verità lo spettacolo che si apre davanti ai tuoi occhi ad ogni grotta che si scopre dietro uno spigolo, la serie di statue che ti accolgono con gesti michelangioleschi, gli occhi dei guardiani di pietra che vogliono capire se sei uno spirito maligno o un buono meritevole a cui è permesso passare, ti avvincono e non ti pare alla fine, di avvertire la fatica.
Oppure si tratta della muscolatura che si è ormai anestetizzata e, man mano che sali, al tuo fianco puoi vedere i visi delle grandi statue e infine ti giri verso l'esterno e davanti a te, tutto intorno, le valli e le colline intorno, coperte di foreste, prendono vita e ti par di sentire davvero i cacatua che gracchiano o i cervi muschiati di Dufu, che brucano nelle radure lontane. A guardare in basso poi, vieni preso dalla vertigine dell'altezza, quasi sospeso nel vuoto su queste assicelle di legno che sembrano dondolare, ma che poi in effetti così malferme non sono e allora guardi ancora verso l'infinito celato da questi colli che dell'ultimo orizzonte il guardo escludono e per poco il cor non si spaura, direbbe il poeta. Non senti neppure più, le ragazze coreane che, dietro di te, pigolano per fare un selfie migliore, sporgendosi fino al punto di quasi precipitare e poi ridono felici o il gruppo vacanze di Shanghai, che la ditta ha mandato in gita premio, tutti con la maglietta aziendale loggata, che sventolano lo striscione bianco e blu, che di certo inneggerà ai fasti del loro gruppo industriale, il cui presidente li benedice dall'alto ancor più dei Buddha della montagna, mentre scattano a mitraglia con gli ultimi ritrovati ottici appena comprati su Temu.
Ciliegie |
Insomma ti senti comunque perso in una bellezza che valeva comunque la fatica impiegata per raggiungerla. In fondo, quando scendi e sbocconcelli un gelato, alla fine meno male che ci sono le bancarelle, e guardi in su, ti chiedi come hai fatto a salire fin lassù, su quelle scalette malaccorte. Alla fine ho calcolato a spanne 17 piani, ma per difetto sicuramente e con parecchi su e giù. Ce ne torniamo con calma alla base e poi in città, ma accidenti che bellezza e hai voglia a dire che in fondo queste grotte sono tutte uguali, ma alla fine, non è vero per niente, e ognuna di questi luoghi ti rimane piantato nella mente come un quadro di inestimabile bellezza. Quando arriviamo in città, è già quasi buio, un'occhiata nei negozi attorno bisogna pur buttarla pima di cena, qui ci sono un sacco di negozietti di abbigliamento che vendono di tutto e anche dei fruttarolli che hanno ciliegie di dimensioni tali che io veduta non ne avea alcuna, direbbe Dante. Non so resistere, mai viste le ciliegie incartate una ad una, ne compro un cartoccio da almeno un chilo, mi rassereneranno la tratta in treno di domani, ma poi alla fine prima di fare la nanna vedo che metà sono già state consumate, non capisco proprio da chi, ma forse alla fine più dell'amor poté il digiuno insomma. Ma prima della nanna bisogna espletare ancora un obbligo.
L'hot pot |
Pare che in questa città ci si venga oltre che per le grotte, anche per il famoso Malatang 麻辣烫, che significa Piccante e bollente, un piatto che non si può assolutamente perdere. In pratica si tratta di una specie di Mongolian hot pot (huo guo), in cui tu prendi in una ciotola dai contenitori esposti tutto quello che vuoi o che ti piace, carne, pesce, verdure, funghi, tofu, spaghetti e chi più ne ha più ne metta, te lo pesano e paghi la quantità, poi il cuoco te lo butta nel brodo e in base ai tuoi gusti te lo rende più o meno piccante aggiungendoci con chilli e spezie varie e poi te lo mangi, maledicendo il momento in cui hai detto, ma sì, non sarà certo più piccante del peperoncino calabrese! Giriamo un po' in cerca di soluzioni, poi finiamo per semplicità in un ristorante più moderno che offre lo stesso piatto, ma i materiali ti scorrono a fianco su un nastro (tipo sushi) dal quale tu prelevi man mano e butti nel brodo che ti hanno fornito e che bolle sulla piastra fornellino che ognuno ha davanti. Ogni cosa che prendi ha uno stecchino di un determinato colore o lunghezza, alla fine contano gli stecchini e paghi. In realtà visto che puoi scegliere anche di non mettere il chilli, si rivela un piatto buonissimo, e a forza di metterci dentro fettine di carne di maiale, verdure varie, funghi (il tofu ovviamente lo lascio ad altri) e alla fine gli spaghetti, che si insaporiscono nel brodo che è diventato via via buonissimo, ci facciamo una delle migliori cene del viaggio per un totale di circa 6 eurini a testa. Che bello girare il mondo!
SURVIVAL KIT
TRENO - Lanzhou xi (ovest) - Tianxhui nan (sud) - 09:25- 10:55 - treno veloce D8912 - 65 Y
Tianshue - (天水 - Acqua celeste) . Seconda città del Gansu a circa 1100 m. sul fiume Wei. Nota soprattutto per le grotte. Più o meno a mezza strada tra Lanzhou e Xi'an a cui è collegata da treni ultraveloci.
Hotel Home Inn - 10 west - Wei Bin North road, Maiji district - Tianshui - Moderno, vicino alla stazione, camere piuttosto piccole ma ben dotate di tutti i soliti gadget. Bagno pulito. Letto grande, TV grande, AC, free wifi, personale gentilissimo. La doppia sui 190 Y, inclusa colazione, cinese con frutta a buffet.
Grotte di Maijishan - Appena fuori città, ci si arriva col bus 34 in circa mezz'ora, che porta all'ingresso del Parco, di qui i pulmini che portano al sito dove si sale a piedi. Ingresso 120 (gratis anziani) + 30 Y per il pulmino. Circa 190 grotte dal III secolo fino all'epoca Ming. Salita per arrivare molto faticosa. Vista spettacolare. Calcolare almeno 2 h + il viaggio e la salita, in pratica se ne va una mezza giornata almeno.
Le scale |
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