sabato 2 agosto 2025

Seta 15 - Tra le rovine di città e villaggi di un tempo

Tuyok - Xinjiang - Cina - giugno 2025 (foto T. Sofi)


Le mura di Gaochang

A una decina di chilometri di distanza dal canyon delle grotte troviamo i resti della importante città di Gao Chang, forse la più grande rimasta, tra quelle che sorgevano lungo la via della seta. Ci arrivi seguendo la strada rettilinea che corre tra le Montagne fiammeggianti che sfilano lontane sulla sinistra e la piana infinita del deserto che si stende sulla destra a perdita d'occhio. Sulla superficie gialla uniforme si scorgono di lontano le immense mura che formano un quadrato che ti appare come una costruzione aliena a guardia del nulla. Una manufatto alto e regolare, incredibilmente conservato, visto che ha dovuto subire l'insulto di molteplici eserciti, che l'hanno più volte devastata e considerato anche il fatto che in fondo non di pietra si tratta ma di semplice mattone crudo, le cui perfette scansioni, date dalla sovrapposizione degli stessi, in alcuni casi è ancora perfettamente leggibile, mentre in altri è ricoperta dai coni di deiezione che le ingiurie del tempo hanno provocato, disfacendone i fianchi. Dopo aver superato il solito centro informativo costruito a somiglianza della struttura della città, ma dall'aspetto di una astronave appena discesa sul deserto di Tataouine, si viene trasportati all'interno da appositi veicoli che provvedono alle soste nei punti topici. Il senso di gigantismo è indubbiamente notevole e anche se si tratta di semplici costruzioni in terra, si può con buona ragione parlare di mura ciclopiche. 

Un tempio della città

Questa era una città di straordinaria importanza, un vero e proprio caposaldo di commerci e di passaggio di carovane, forse una delle più visitate dai mercanti e qui arrivavano personaggi di ogni genere, avventurieri, commercianti e monaci interessati a propagandare i loro credi, tanto che tra i pochi edifici rimasti all'interno, si possono annoverare ancora due grandi templi o per lo meno le parti che hanno resistito alle distruzioni apportate dall'iconoclastia islamica degli  ultimi secoli di vita della città stessa. Anche il grande palazzo che costituisce la terza cerchia di mura interna racconta della grandezza di questo regno, anche se il resto delle case che costituivano il tessuto della città, sono quasi completamente scomparse, nella maggior parte dei casi perché il loro materiale costruttivo è stato utilizzato dai contadini della zona come una sorta di fertilizzante per i loro magri orti. Bisogna dire che qui attorno si sono trovati un sacco di reperti e vestigia di ogni genere, attinenti ai vari regni che si sono succeduti e da quando, verso la fine dell''800 si comprese la rilevanza archeologica della zona, c'è stata qui una vera e propria corsa agli scavi ed all'appropriarsi di materiali che adesso arricchiscono tutti i principali musei europei. 

Nella città

Ci fermiamo davanti alle rovine del tempio sudorientale. La grande torre poligonale mostra ancora bene gli angoli a gradoni che ricordano un poco le piramidi mesopotamiche con gli spigoli che il vento del deserto ha lavorato con costanza, smussandoli in più dolci forme curvilinee. Ti aspetti che da un momento all'altro emergano dal suo interno figure di abitanti di altri pianeti, arrivati qui in epoche passate per procedere ad esperimenti paurosi e misterici. Eppure qui si fermavano monaci in arrivo dalla lontana India a declamare i loro sutra cantilenanti per raccogliere adepti e a recitare mantra o sacerdoti di quel culto manicheo oggi completamente scomparso o ancora preti nestoriani, mentre a poca distanza forse sorgeva uno di quei mercati dove si affollavano mercanti di ogni parte del mondo conosciuto intenti a contrattare pacchi di spezie, orci di vini pregiati e balle di ogni tipo di derrate, mentre più in là par di sentire le grida dei commercianti di cammelli, di cavalli, asini ed ovini. Sono suoni e grida che si stemperano nell'aria fina del deserto, che svaniscono nell'aria densa del meriggio bollente che lontano, nella piana gialla e tremolante provoca miraggi e visioni innaturali, quelli che confondono uomini e bestie e li fanno perdere tra le dune, dove non vengono mai più trovati, vittime di predoni feroci o peggio solo dalla spietatezza di una natura estrema che non concede quartiere a chi non riesce ad adattarsi ad essa. 

L'interno del palazzo

Scendiamo dal veicolo elettrico che scivola tra le rovine sparse sulla piana arroventata e subito ci perdiamo tra gli alti muri rimasti di quello che era il palazzo della corte, imponente come è ovvio che fosse. Il sole a picco picchia come il martello di Thor sull'incudine dell'universo. Nello spazio più interno quasi volesse proteggersi dall'ingiurie del tempo, una sorta di edificio che ricorda il Colosseo quadrato dell'Eur in tono minore, ma forse con la stessa prosopopea, fa bella mostra di se stesso, meglio conservato di ogni altra cosa che lo circonda, certamente un omaggio al re che lo aveva voluto. Uno dei tanti che si sono succeduti, turcomanni e uiguri, alternandosi nel tempo fino a che, la città perse a poco a poco di importanza, gli abitanti cominciarono a diminuire o a trasferirsi altrove e dopo la decadenza arrivò l'abbandono, la fine definitiva di un'epoca, in cui le vie ed i vicoli tra le case e le mura divennero via via sempre più deserte ed il vento del deserto con folate sempre più furenti e impetuose, spazzarono via la presenza umana, definitivamente, per lasciar spazio solo a lucertole e serpi velenose. C'è chi dice che questo avvenne dopo la furia spietata ed ingenerosa dell'orda di Tamerlano, chi invece, più prosaicamente incolpa semplicemente il cambiamento climatico, già anche questo aspetto è sempre in agguato, incombendo sulla nostra specie come una spada di Damocle impietosa ed implacabile. 

Cocomerai

Pare infatti che la cosiddetta piccola età glaciale, che cominciava appunto in quel tempo, proprio qui abbia operato in maniera irresistibile ed in un luogo dove ancora adesso si raggiungono temperature invernali di -30°C, con una imponente copertura nevosa, possiamo solo immaginare come fosse impossibile resistere. E forse proprio per questa ragione, questo tratto della via si interruppe definitivamente lasciando spazio alle altre più agevoli vie del sud. Spesso le ragioni degli avvenimenti sono più semplici di quanto si possa pensare. Quando alla fine completiamo il giro, le mura ciclopiche incombono ancora su di noi, lanciamo loro un ultimo sguardo così come il gruppetto di coreani che ci accompagnano nella visita, muti e stupefatti e certamente impressionati. Fuori nell'ampio parcheggio deserto i nostri autisti ci attendono, mentre il sole infierisce implacabile sui tettucci delle nostre auto, con le portiere spalancate, brandendo tra le mani due coltellacci minacciosi. Non si capiscono bene le loro intenzioni, poi finalmente a chiarire la situazione, spuntano fuori da un borsone alcune angurie tonde e grandi, acquistate nei campi che ci sono attorno. Con pochi precisi colpi, assestati dall'alto e i cocomeri, qui siamo proprio nel cuore della produzione, i mercati ne sono pieni e ad ogni angolo della città ci sono bancarelle che ne vendono di ogni tipo e dimensione, vengono divisi in fette generose e tutti abbiamo a disposizione la possibilità dilavarci la faccia, affondandola nella polpa rossa e dolcissima, fino al bianco della buccia. 

Essiccatoi

Una soddisfazione che non provavo da quando ero bambino e mio papà mi portava dal cocomeraio sul viale a mangiare la fettona d'ingüria, come si dice nel nostro ostico dialetto. Che piacere, affondarci la bocca, in piedi a gambe larghe per evitare che il liquido residuale coli sulle tue gambe sporcandoti tutto, e poi chi la sentiva la mamma! Comunque in pochi minuti i cocomeri a disposizione, senza fare troppo gli schizzinosi, ce li sgobbiamo tutti e buoni che sono. Sono ricordi di infanzia che tutti abbiamo ancora stampati nella mente, ma rinverdirli tra le sabbie di un deserto lontano, ha un sapore davvero molto particolare. Poi, rimangono solo le bucce verdi mordicchiate da abbandonare nella spazzatura dove il sole del deserto provvederà a fare giustizia. Noi intanto ci facciamo ancora una quindicina di chilometri infilando poi una valle laterale che scava una sorta di canyon nella catena delle montagne e zigzagando lungo il corso di quel che rimane di un fiumiciattolo magro e stentato arriva fino al villaggio di Tuyok. Probabilmente fino a qualche anno fa poteva essere uno di quegli antichi villaggi dove pochi abitanti vivevano ancora la vita dei secoli scorsi, dedita ad una agricoltura fatta di essicazione di uva e coltivazione di orti e scarsi raccolti faticosamente strappati alla terra secca ed avara. Oggi è un oggetto in trasformazione, perfettamente adatto a trasformarsi in una di quelle classiche trappole per turisti che tutti aborriamo, ma che sono il modo individuato da chi si occupa di queste cose per "valorizzare" il sito. 

La moschea

Una parte del villaggio infatti, è già stato "trasformato", mantenendo ovviamente la struttura esterna ma modificandone le destinazioni, così eccoci vagare tra negozi, locali, ristoranti e altre piacevolezze utili ad accogliere le sperate orde di turisti futuri, portatori di soldi, che questo conta, insomma. Ci fermiamo a mangiare un boccone e lo stile è ormai quello moderno ed efficiente della città. Fuori ci sono negozi che, come altrove affittano costumi storici e diverse belle ragazze si esibiscono lungo le vie davanti alle vecchie case dai bei portoni colorati che stanno scolorendosi al sole. La bella moschea sulla piazza, in cima alla salita, ha resistito alla furia della rivoluzione culturale, si dice perché un cane feroce ne ha difeso l'entrata impedendo alle Guardie Rosse di penetrarvi e di compiere le distruzioni che erano solite compiere. Probabilmente invece il paese era talmente periferico che i momenti più terribili di quel periodo, non riuscirono ad arrivare fin qua col caldo che faceva e le rivoluzioni si sa sono sempre troppo faticose, mentre al momento la pax cinese, nell'intento di estendere al massimo l'armonia pacifica tra le etnie del paese, ha allontanato il culto dall'edificio stesso trasformandolo in vari uffici utili alla gestione del comune e anche un posto di polizia che non si sa mai. Le case del circondario invece, ben conservate, sono in massima parte vuote ed in attesa di essere ristrutturate per altri più proficui utilizzi. 

L'antica moschea

Mi infilo in un vecchio edificio penetrando nel primo piano dove si vede ancora l'accesso all'essiccatoio e poi altri varchi consentono l'accesso ad una serie di terrazze, dove di certo venivano stese le stuoie di frutta al sole. Adesso si vedono solo travi malferme e sacchi di calce e cemento in attesa di operai per trasformare anche questa antica casa in un qualche tipo di struttura turistica. Lungo la via principale invece molti negozietti affacciano già banchi e stuoie dove sono offerti volenterosi souvenir in fiduciosa attesa dei turisti a venire. La moschea è deserta, puoi camminare nell'ampio porticato interno, del feroce cane, non c'è più traccia, un paio di gatti invece vengono a strusciarsi sulle tue gambe. Ma c'è una parte del paese non accora interessata dalla massa dei lavori; stradine laterali e vicoli si inerpicano sul costone della collina verso le vigne di uva che di certo ancora qualcuno raccoglierà. Ci arrampichiamo su una via erta e tortuosa che conduce in cima al paese, la parte forse più interessante, per il momento, qui ci sono i residui di un'altra moschea, più piccola ma anch'essa in disuso, a fianco un piccolo cimitero mostra le tombe lasciate all'incuria del tempo. Scendiamo lentamente verso le macchine, ormai si è fatto tardi e anche i pochi turisti rimasti hanno lasciato la piazza rimodernata del paese per tornare in città. Seguiamo le loro tracce per andare a dormire velocemente, domani abbiamo il treno presto ed è meglio andare a posare le teste sui cuscini, visto che la giornata bollente ha lasciato qualche segno sui nostri giovani corpi poco usi a queste temperature estreme.

SURVIVAL KIT

Gao Chang

Rovine di Gao Chang - Antica città, una delle più importanti della via della seta, arrivata fino a 30.000 abitanti, a circa 45 km da Turfan, abitata dal 100 a.C. fino al 1400 quando fu distrutta da Tamerlano e abbandonata dai suoi abitanti. Dai primi abitanti euroasiatici, le tribù Cheshi, poi conquistate dagli Han attorno all'anno 0, poi presa successivamente dai Tang che la trasformarono nella forma che si vede ancora oggi, strutturata secondo la pianta di Chang'an e poi caduta in mano Uygura nell'800, che si alternarono ai mongoli fino al 1300 con il cosiddetto regno di Qocho. Con la caduta della dinastia Yuan cominciò la decadenza. Fu anche importante centro religioso, dove si diffuse il buddismo ed in seguitò ospitò anche un tempio confuciano e una chiesa nestoriana. Rimane l'immensa cinta muraria, 12 metri di spessore e quasi altrettanti di altezza, fatta di mattone crudo, un quadrato di circa 1,5 km di lato con alcuni edifici all'interno, nove porte e due templi agli angoli, oltre ad una cinta interna più piccola di circa 3 km di perimetro. Ben visibile il palazzo, un rettangolo dal perimetro di circa 700 m. Il giro si compie a mezzo veicoli elettrici che fanno diverse soste all'interno di un percorso fissato. Ingresso 70 Y.

Tombe di Astana - A circa 10 km da Gao Chang, volendo si arriva a quello che era il cimitero della città, dove sono state scoperte migliaia di tombe. Le mummie sepolte con importanti corredi funerari, tra cui splendide sete e stoffe varie, splendidamente conservate grazie al clima secco, sono al museo di Urumqi o a quello di Turfan, assieme ai relativi affreschi tombali e hanno consentito di studiare la storia di queste popolazioni caucasiche. In generale venivano inumate con una moneta iraniana in bocca. Al momento solo 3 tombe sono visitabili. Ingresso 20 Y.

Nel paese

Villaggio di Tuyok - A 70 km a est di Turpan, in una valle laterale delle Flaming mountains. Piccolo villaggio molto ben conservato, ormai dedicato alle visite dei turisti, che tuttavia sono ancora ragionevolmente pochi, per cui potrete girare tranquillamente tra le antiche case, la moschea ben conservata e gli edifici tutti muniti di essiccatoi per l'uva, con le sue famose varietà apirene. Ormai sono poche le case normalmente abitate, la maggioranza si stanno convertendo in strutture turistiche, negozi e così via. Nei dintorni sono presenti anche un quarantina di grotte buddiste con statue e affreschi, simili a quelle di Bezeklik che al momento risulterebbero chiuse. Ingresso 30 Y.

Interno della moschea di Tuyok

L'antica moschea
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