| La strada statale - Mongolia - giugno 2025 |
Riprendiamo dopo la breve pausa, breve per modo di dire, ma tanto per rinfrescare la memoria, ci eravamo lasciati nel cuore della notte nel bel mezzo della steppa mongola, ai bordi di un villaggio senza nome, con il nostro mezzo abbandonato tra le dune di sabbia, melanconicamente piegato in un affossamento del terreno con il semiasse rotto e circondato da un gruppetto di "competenti" che sembravano proprio l'assembramento dei pensionati attorno al cantiere impegnati a dare utili consigli. Alcuni di questi erano addirittura coricati pericolosamente sotto il mezzo, come se facessero finta fi operare alacremente per rimetterlo in sesto. Sta di fatto che bisogna in qualche modo, arrangiare la notte e le auto di due bei donnoni mongoli, arrivate non si sa come sul posto e che dovrebbero fungere da taxi, potrebbero essere incaricate di scarrozzarci fino al fantomatico villaggio. Queste recano al seguito anche una schiera di bambini che viaggiano seduti al contrario per non perdere l'opportunità di guardare con attenzione questi stranieri straniti e nervosi, atterrati dal cielo come alieni direttamente da un altro mondo. Ridacchiano tra di loro indicandoci e probabilmente facendo commenti sulle nostre strane facce ed i nostri lunghissimi nasi, per non parlar dei capelli biondi della mia gentile signora. Intanto arriviamo nel villaggio e ci fermiamo davanti ad una baracca che dovrebbe essere designata come il nostro rifugio in cui passare la notte. Diciamo pure che è piuttosto basica, ma probabilmente è quanto il paese propone come massimo nella categoria Alberghi. Ci viene dunque assegnata una stanza con due brande di legno, ma vene subito chiarito che la struttura non dispone né di toilette, né acqua corrente.
Per espletare la prima necessità, bisognerebbe andare fino al centro del villaggio dove ci sono delle latrine "pubbliche", mentre per l'acqua domattina bisognerà provvedere con un secchio, almeno così pare. Non bisogna stupirsi troppo, almeno credo, questa è la situazione del paese e anche dove è arrivato il turismo, la realtà pratica non differisce poi molto. Chi ha letto il bel libro Dove volano gli uccelli di L. Waugh, che racconta di un intero anno vissuto in uno di questi paesini perduti nel nulla dello sconfinato territorio della Mongolia, lettura assolutamente consigliata prima di partire, comprende subito che i metri di giudizio a cui siamo abituati non servono in questa terra e che, come avremo più volte modo di provare nei prossimi giorni, non si devono fare considerazioni su variabili come il tempo, la programmazione, la ricerca di soluzione di problemi prima che questi si presentino. Così come queste genti, con abitudini diverse dalle nostre, ovviamente calibrate sul tipo di vita che si ha in un territorio così condizionato dalla natura e dagli eventi naturali estremi, non capiscono neppure certe nostre richieste o pretese, che rischiano sempre di essere considerate come stranezze di stranieri a cui è meglio sempre dire di sì, tanto per levarsi il problema, salvo poi ignorarle completamente. Così qui l'acqua corrente o il bagno in casa sono ancora considerate stranezze inusuali e del tutto inutili, anzi possibili prodromi di dannosità. Bisogna considerare, ad esempio, che non ci sono tubature, cosa abbastanza naturale in un mondo pastorale nel quale per molti mesi all'anno si può scendere sotto i - 30°C e anche le latrine giustamente vengono erette il più lontano possibile dalle abitazioni.
Poco comprensibile è anche il desiderio di questi strani ospiti di voler dormire in ambienti separati e non come è intuitivamente più comodo e confortevole, tutti assieme in un'unica gher, la classica tenda mongola con una stufa al centro, che rimane comunque più calda e protetta. Insomma un mondo decisamente diverso dal nostro a cui sembra inutile opporsi. Meglio sarebbe lasciarsi andare, come fa la protagonista del libro, per riuscire a diventare parte effettiva di questa comunità, per rimanerne infine stregati completamente. La dannazione del turista invece è che coi soli pochi giorni a disposizione che ha, si agita, sbraita, non riesce a farsi capire, pretende di essere capito ed è perennemente scontento. Sente che il poco tempo gli sfugge in un attimo e questo gli farà perdere l'opportunità di poter vedere quanto aveva perentoriamente programmato prima di partire, si sente a disagio in condizioni a cui non è abituato ed alla fine, si fa andare di traverso quanto gli succede di giorno in giorno. Il modo giusto di approcciare la Mongolia sarebbe certamente quello di lasciarsi andare agli eventi, abbandonarsi al lento scorrere del tempo senza chiedere spiegazioni, tanto è inutile, da un lato la tua lingua non è neppure capita, dall'altro è il concetto stesso che non viene afferrato. Dunque in preda alla stanchezza accumulata ci buttiamo comunque sulle brande e cerchiamo di dormire per recuperare la fatica accumulata. La previdente preveggenza di Tiziana fa sì che ci siamo dotati di sacco lenzuolo, cosa che in questo caso è decisamente benedetta e quindi ci prepariamo a trascorre la notte meritando il sonno del giusto dopo averlo debitamente steso sul tavolaccio.
Con previdenza pongo al lato del giaciglio una bottiglietta vuota, in caso di necessità notturne senili e poi finalmente allungo le vecchie membra, provate dalle ore di viaggio e cerco di chiudere la porta di legno leggero, che è dotata di uno strano chiavistello dal funzionamento incognito, che comunque tento di inserire a forza nell'apposita posizione. In effetti fa caldo e io, seminudo sono a malapena coperto dal mio sacco lenzuolo di fortuna nel quale provvidenzialmente non mi sono infilato, vista la temperatura piuttosto alta, girandomi e rigirandomi nel vano tentativo di addormentarmi. Da un lato è sempre così quando sono stanco, dall'altro mi perseguitano le continue domande che mi pongo su come potremo recuperare le ore di viaggio perdute per raggiungere quella che doveva essere la nostra meta e dalla quale domattina avremmo dovuto partire. Così mentre mi torturo la mente con inutili preoccupazioni su cui intanto non ho possibilità di intervento, dormiveglio come è possibile, stordito e confuso, quando, nel cuore della notte, saranno state le tre, un gran frastuono esplode in quello che dovrebbe essere il corridoio della baracca e dopo un botto di quella che è sicuramente una rude una spallata, l'uscio si spalanca di colpo, visto che il chiavistello non avrebbe trattenuto probabilmente neppure la spinta di un micino in cerca di cibo, e un omone mezzo discinto, con la camicia aperta ed i pantaloni di una tuta sdrucita, irrompe nella nostra stanza e accende la luce della lampadina che scende dondolante dal soffitto.
Manifestamente il tizio è completamente ubriaco e tiene in mano alcune lattine di birra e avanza deciso verso di me, che sono ancora mezzo stordito nel letto, cercando di coprire alla meglio col lenzuolo le mie pudenda, mentre lui dichiara con voce stentorea in mongolo stretto, brandendo le lattine, così almeno mi par di capire, che è venuto a brindare con noi e al nostro arrivo. Mi porge due lattine, mentre Tiziana si nasconde sotto la coperta. Io, ancora semiaddormentato, non riesco a reagire in maniera coerente. Alla fine prendo in mano la lattina e ne strappo in qualche modo la linguetta come fosse una bomba a mano, sperando forse che esploda e cancelli il brutto sogno, ne bevo qualche sorso e pronuncio diversi Kampai, seguito da lui che si siede sul letto e tenta di abbracciarmi dandomi pacche sulle spalle. Alla fine, quasi completamente nudo e un po' più sveglio riesco ad alzarmi e a spingerlo fuori della nostra stanza, mentre lui continua a brindare alla nostra salute. Cerco di chiudere alla meglio la porta, ma quel tipo di marchingegno, non deve essere fatto specificatamente per resistere alle effrazioni di un certo tipo, per cui ci barrichiamo spingendo contro la porta la valigia, che dovrebbe riuscire a bloccarla definitivamente. Poi cerchiamo di tornare a dormire, mentre i rumori fuori della porta continuano decisi. Un altro tentativo verrà fatto dopo un paio d'ore, ma la sistemazione che ho escogitato impedirà la successiva effrazione. Al mattino veniamo a sapere che il tipo ha tentato di penetrare anche nella stanza dei nostri amici, ma senza riuscirci, evidentemente il loro lucchetto era più efficiente. Ma la richiesta di spiegazioni che poniamo alle donne che incontreremo al mattino non sortiranno né giustificazioni, né stupore.
Mi sembra di rileggere alcune pagine del libro di cui vi ho detto, dove sono riportate esperienze del tutto simili. Evidentemente qui funziona in questo modo, Speriamo allora che il tipo, perlomeno non si sia offeso troppo per la mala grazia degli stranieri. Spiacerebbe se andasse a raccontare in giro che siamo dei maleducati. Usciamo intanto dalla baracca, è arrivato il mattino e l'aria è diventata frizzantina. Arriva una macchina con un paio di donnone dalla faccia bianca e rossa, infagottate in palandrane e maglioni che hanno visto tempi migliori. Scaricano un paio di vassoio che posano nel cortiletto su degli sgabelli evidentemente predisposti alla bisogna e ci indicano un paio di boccioni di acqua da cinque litri, nell'angolo del cortile con i quali provvedere alle abluzioni personali, che, una volta capito il metodo, bisogna essere in due, uno versa l'acqua, l'altro si lava la faccia, svolgiamo con indomita adattabilità, risolvendo in questo modo alla meglio la pratica, anche se ci viene assicurato che se vogliamo andare in centro al paese, a circa un chilometro, nei bagni pubblici, c'è anche addirittura a disposizione una doccia (non penserete mica di essere tra i selvaggi), comodità a cui preferiamo rinunciare sdegnosamente, a rischio di risultare sgarbati. Mangiamo comunque di buon appetito le uova strapazzate che giacevano in fondo al paniere e lasciamo lo yogurt che qua sembra essere l'alimento principale, ma le nostre scorte di Imodium non sono infinite ed i giorni da passare qui sono ancora parecchi. Intanto ecco che sullo sterrato arriva, inaspettatamente, il nostro malandato pulmino. I "meccanici", hanno lavorato tutta la notte, il semiasse non era rotto, ma solamente sfilato e adesso tutto è stato rimesso a posto con perizia e il nostro auriga è assolutamente pronto a partire. Insomma è d'uopo abituarsi, da queste parti funziona in questo modo. Bisogna farsene una ragione.
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