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Xining , periferia |
Alleviati da una bella colazione a base di frutta che ci eravamo procurati grazie a Luca, ieri sera, ci avviamo alla stazione dove verso le 10 ci aspetta il nostro treno per Xining. Sono solo 2 ore e mezza e questa volta abbiamo un treno espresso che viaggia anche sui 160 km/h, senza fermate intermedie, per cui anche se la distanza è di circa 350 km, ce la caveremo piuttosto rapidamente. C'è pochissima gente, nonostante ciò, tutti si avvicinano subito per aiutare, vista la nostra difficoltà di anziani pesantemente valigiati e poi avanti con il consueto interrogatorio di dove andiamo, da dove veniamo ecc. a cui siamo ormai abituatissimi, anche se poi, alla fine, fa sempre piacere. Adesso stiamo lasciando, temporaneamente il
Gansu, per arrivare nel Qinghai, la provincia più isolata ed arretrata della Cina, geograficamente parte settentrionale del
Tibet, che è stata separata amministrativamente da esso solo nel 1928, per questo, non essendo più parte di quel territorio autonomo, non occorrono permessi speciali agli stranieri che vogliono visitarlo. E' lo stato più isolato e depresso del paese, se considerate che è grande quasi due volte e mezzo l'Italia con una popolazione di poco più di 5 milioni di abitanti, metà dei quali vivono nella capitale. Considerando che l'altitudine media è superiore ai 3000 metri, si tratta di un territorio estremo, con grandi pascoli e dedito all'allevamento.
In questa zona si sono sempre scontrate le culture Buddiste arrivate qui attorno al IV/V secolo d.C. con quelle Islamiche che, succedute alle prime avevano fondato regni potenti e che hanno dovuto successivamente soccombere alle pressioni dei Tibetani che premevano da sud. Anche adesso la popolazione prevalente appartiene a molte minoranze etniche, con la presenza predominante di Tibetani e Musulmani Hui. Paradossalmente non essendo questa zona sottoposta alle pressioni del governo centrale come accade nella provincia autonoma del Tibet, qui gli usi e gli aspetti culturali tibetani, sono molto più visibili e liberi, diciamo che si fa molta più attenzione all'aspetto musulmano. Oltretutto la zona è turisticamente molto poco conosciuta e quindi ancora di particolare interesse, data la scarsità di pressione turistica interna. Xining, che fino a pochi anni fa era una sonnolenta capitale di provincia, è stata negli ultimi tempi sottoposta ad una pressione di cambiamenti ed ammodernamenti continui, succedutisi con una velocità senza pari, grazie anche al fatto che si sono sviluppate tutto intorno moltissime attività industriali legate alle estrazioni minerarie, incluse credo quelle delle famose terre rare, di cui oggi molto si parla.
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Anziano Hui |
La città ha un centro formato da una selva di grattacieli nuovissimi e le periferie sono altrettante proliferazioni di centinaia di palazzi di 25 piani, appena finiti, tutti uguali ed in molti casi ancora da abitare. L'abitato stesso è tagliato in tutte le direzioni da sopraelevate a sei corsie che ricoprono letteralmente la città stessa, senza dimenticare che qui parte la famosa ferrovia inaugurata nel 2006 che raggiunge Lhasa, una imponente opera ingegneristica che ha dovuto superare grandi difficoltà logistiche, a lungo osteggiata dai tibetani stessi che ci hanno visto solamente lo scopo di poter portare nel paese un gran numero di Cinesi Han, con lo scopo ultimo di poter diluire la dominante presenza tibetana, almeno questo pensava la guida che avevo quando ho visitato quella parte di paese. Così nel Qinghai e a Xining in particolare, si è formata nel tempo una incredibile mescolanza di Tibetani, Hui, Han, Uiguri e molte altre minoranze etniche che hanno contribuito a formare una straordinaria combinazione culturale davvero interessante ed ancora oggi molto preservata. D'altra parte la città era una delle stazioni della via della seta nel famoso corridoio di Hexi, tra i due grandi deserti e lo stesso Marco Polo la cita col suo antico nome di Singiu o Singui, al capitolo 71 del Milione:

"...E uscendo dalla città di Erginul (l'attuale Wuwei) e andando verso Catai,
truovasi una città c’ha nome Singiu (appunto la nostra Xining), e àvvi ville e castella assai. Le
genti sono idoli, e àvvi buoi salvatichi che sono grandi come leonfanti, e
sono molti begli a vedere, ch’egli sono tutti pilosi, salvo che lo dosso, e
sono bianchi e neri, e’l pelo è lungo tre palmi, e sono si begli ch’è una
meraviglia a vedere...... E la gente sono idole e grasse e ànno piccolo naso, li capelli neri; non ànno barba se non al mento. Le donne non ànno pelo adosso in niuno luogo, salvo che nel capo; elle ànno molto bella carne e bianca e sono bene fatte di lor fattezze e molto si dilettano con uomini."
Come vedete, al di là di questi ultimi particolari sulle donne che sempre colpiscono molto il giovane Marco, non è chiaro se per esperienza o per sentito dire, qui descrive con molta precisione la presenza degli yak, un bovide tipico di questi altipiani, che rende possibile con la sua resistenza l'allevamento a queste quote e di cui vediamo grandi quantità negli sterminati pascoli che si stendono ai fianchi della ferrovia. Così come sottolinea le fattezze di queste popolazioni, in generale piuttosto glabre e delle quali spesso io stesso noto le barbette che appena spuntano sul mento. Insomma una zona davvero interessante e poco conosciuta, che tuttavia ci stupisce proprio per il suo aspetto modernissimo e in via di vivace sviluppo ed in particolare per la cura con cui sono mantenuti i giardini, le aiuole spartitraffico, la pulizia che in generale noti per le strade. E' pur vero che il nuovo appare sempre come più pulito e ordinato, ma qui par d'essere a Singapore o in Svizzera, se capite quanto intendo dire e meno male che siamo nella provincia periferica e meno sviluppata del paese. La voglia di vedere di più è forte così alle tre siamo già sulla collinetta che ospita il grande parco cittadino al centro della città. Saliamo fino in cima dove tra il verde degli alberi fitti sono nascoste molte antiche costruzioni, la più importante è l'antica moschea Gongbei dalle fattezze molto diverse da quelle a cui siamo normalmente abituati, la cupola centrale infatti, appare come una costruzione templare tipicamente cinese, con i tetti in maiolica ricoperti di figure e gli angoli dei tetti colorati rivoli all'in su.
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Xining centro |
L'edificio ed il giardino circostante sembrano in fase di ristrutturazione, infatti gli ingressi sembrano tutti chiusi ed il tentativo che faccio di penetrare all'interno, visto che ci sono diverse persone che non sembrano affatto lavoratori, dai tratti tipicamente Hui, proprio con le barbette descritte da Marco, e le caciottine bianche in testa tipicamente islamiche, non hanno successo, anzi vengo respinto piuttosto nervosamente, con una certa rudezza mi azzardo a dire, piuttosto anomala, mi sembra. Sembra infatti che questa minoranza non sia molto amichevole con chi disturba il loro isolamento, bisognerà prenderla più alla larga insomma; infatti nascondo macchine fotografiche e telefonino e sfoderando il mio migliore sorriso, tento altri approcci penetrativi, ma non c'è niente da fare, confini invalicabili, a meno che il tutto non sia effettivamente chiuso. Comunque giriamo un po' intorno alla costruzione che è davvero bella e curiosa, poi ci fermiamo sulla balaustra belvedere affacciata sul centro città che mostra tutto lo splendore della modernità incalzante delle superstrade che la attraversano, facendosi largo tra i grattacieli. Poi percorriamo ancora le strade del parco tra edicole e tempietti minori e infine scendiamo alla base della collina dove il parco prosegue e sul fianco più scosceso si erge un altro dei famosi templi cittadini, quello buddista di Nanshan, il Tempio a Sud della montagna.
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Tempio Nanshan |
La costruzione è molto grande ed è tutto un susseguirsi di scale che salgono il monte attraverso costruzioni successive, abitazioni di monaci, salette templari, luoghi di preghiera che espongono tutto l'armamentario di questa barocca versione del Buddismo, ricchissima di immagini sacre, di statue, di simbologia tibetana coloratissima. Un pochino stonano a dir la verità, alcuni simboli della ingombrante presenza Han, come degli enormi Cani di Po messi a guardia delle scalinate, che poco c'entrano con la iconografia tibetana, ma non è ben chiaro, e qui non vorrei malignare a sproposito, se la loro presenza è frutto di un volere impositivo per rimarcare comunque chi comanda o se invece sia una naturale mescolanza culturale che risale a periodi non sospetti, epoca Qing tanto per capirci. Pochi monaci che circolano per la verità e qualche fedele che prega, che fa offerte, che brucia incensi e accende ceri. Sulle scale si alterna una fauna di lettori della mano, di interpreti dell'I Ching, il famoso libro delle divinazioni taoiste e tutto quanto è logico trovare in questi luoghi di devozione, ma tutti senza troppi clienti mi sembra, anzi gli interpreti del divino, cercano di accalappiarmi senza successo mentre scendo.
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Cani di Po |
Quello che non si può negare è comunque l'estrema attrattività esotica di queste costruzioni, con le loro forme accattivanti e barocche al tempo stesso, il loro horror vacui che non lascia a disposizione neppure un centimetro quadro, senza che non vi sia un simbolo, un segno, una immagine che parli della religiosità buddista. Così proprio in questa città, che offre continuamente il faccia a faccia tra le due religioni, non puoi che rimarcare la differenza tra la profusione del disegno, delle figure umane, di animali e di fantasia dell'uno, in contraltare con l'altrettanta ricchezza decorativa dell'altra ma rivolta invece che alla figura vivente, allo sviluppo inverosimile delle forme astratte, del viluppo delle tracce geometriche, della bellezza perfetta della calligrafia portata a forma di arte decorativa. Insomma una bella battaglia di espressioni artistiche, il contrasto di idee che sempre ci piacerebbe vedere, invece di quello ben più frequente delle armi. Scendiamo dalle scalinate del tempio tra profumi di incenso e aromi di frutta, proprio per misurarci con l'altra faccia della religiosità di cui vi ho appena detto ed eccoci alla nuovissima, è stata ultimata da poco, grande Moschea Nanguan, un vero trionfo di marmi e colonne, che a mio parere vuole un poco scimmiottare le grandi costruzioni religiose sorte negli ultimi anni negli emirati e negli altri paesi che il petrolio ha reso potenti e con capacità di spesa esagerate.
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Moschea Nanguan |
La grande sala di preghiera non è aperta ai non credenti, ma dai portali si ha una visione che è sufficiente ad apprezzarne dimensioni e grandiosità. Intorno i visi di quegli Hui di cui abbiamo parlato, bianche tuniche fino ai piedi, cappellini bianchi e tondi a coprire il capo, barbette esili ma molto riconoscibili ad onorare i menti aguzzi. Gli occhi appena orientaleggianti hanno un taglio ben diverso da quello cinese e nei visi decisamente meno tondi leggi bene quell'impronta centroasiatica che ti ricorda bene che queste terre sono Cina solo da poco tempo. Un mondo di altipiani, lontanissimo dal mare, di genti dure abituate ad un mondo di alte quote, condito di temperature estreme e di vita difficile. Fotografo con molta discrezione e sempre chiedendo il permesso e ottengo in cambio solo sorrisi e cenni di approvazione. La costruzione è circondata da piante di bonsai e panchine piene di anziani che chiacchierano passando il pomeriggio. Evidentemente il luogo è religioso ma anche potente centro di aggregazione, forse dati i precedenti, non sempre graditissimo alle autorità. Nelle vie adiacenti un bel mercato dalle intonazioni decisamente turchesche con grande offerta di cibi tipicamente islamici, soprattutto a base di montoni che fanno bella mostra di sé, interi e a pezzi in ogni loro parte, dalle teste agli stinchi, cucinati in ogni modo possibile e offerti su montagne di riso che emergono da grandi pentoloni ramati.
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Anziani Hui fuori della moschea |
Noi proseguiamo ancora, in questo grandissimo quartiere islamico, città nella città, fino ad arrivare all'altra grande moschea, la Dongguan, forse la più grande dell'intera Cina, della quale sono ben visibili gli enormi spazi dei giardini interni che pare si riempiano a dismisura nei periodi della grande preghiera, si parla di 50.000 fedeli e durante il ramadan addirittura di 300.000, tanto che devono essere chiuse dalla polizia, tutte le strade adiacenti all'edificio. Anche qui la sala della preghiera non è visitabile e devo confessarvi che l'insieme degli edifici è così complesso che mi ha creato un po' di confusione a causa delle molteplicità di stili (tibetani, han, islamici) che si intrecciano e si confondono. Così nel cortile si possono apprezzare le clock towers e diversi altri edifici complessi che risalgono agli anni dell'ultima costruzione, il 1913, mentre non sono riuscito ad individuare la grande facciata, per lo meno quella riportata nelle foto ufficiali, mentre l'ho scambiata con quella di un colossale albergo appena costruito su un altro lato. Quello che è certo che qui si cerca di mettere sempre più in sottordine l'aspetto religioso, rispetto a quello architettonico e artistico, scanso equivoci, non si sa mai, mentre si preferisce continuare a spingere l'acceleratore sulla chiave della conquistata armonia tra le diverse etnie del paese che convivono ormai pacificamente sotto la benevola ala del governo Han.
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Interno moschea Dongguan |
Secondo alcuni siti che si trovano spulciando la rete, dopo la nomina da parte governativa del nuovo imam nel 2018, la predicazione avrebbe preso una nuova direzione, diciamo piuttosto lontana dallo spirito coranico e più vicina ai dettami politici correnti e per questo motivo molti fedeli si sono allontanati dalla preghiera. Bisognerebbe fare un salto da queste parti il venerdì per verificare la veridicità di tutto ciò e se i numeri citati nei dépliant siano ancora reali, inoltre pare anche che negli ultimi anni siano in corso decise ristrutturazioni dell'area del monumento che per la verità è citato nell'elenco dei beni culturali cinesi solamente con la lasse tre stelle (su una scala di cinque). Ho cercato di indagare cercando di orientarmi all'interno della cerchia di costruzioni ma, per colpa mia naturalmente, non sono riuscito a rintracciare quella che doveva essere la facciata riportata nelle foto di internet e dove credevo fosse invece, ho visto l'ingresso monumentale e nuovissimo di un grande albergo, ma probabilmente sono io che ho sbagliato strada, chiedo lumi eventualmente a chi c'è stato recentemente. Io sono maligno, eh, ma a pensar male spesso ci si azzecca, come diceva quel tale. Comunque adesso andiamo a mangiarci una scodellata di noodles con la raccomandazione che non siano troppo piccanti, al resto ci penseremo domani.
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La facciata dell'hotel a Donggian mosque |
SURVIVAL KIT
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indovino |
Zhangyexi (ovest) - Xining - Treno Z362 - 9:53 - 12:24 - 43,50 Y
Xining - Capitale del Qinghai con oltre 2 milioni di abitanti, a 2275 metri. Fondata oltre 2000 anni fa e isolata per secoli, nel corridoio di Hexi, sulla via della sta, al momento è uno dei più importanti centri industriali e minerari cinesi. Punto di partenza per esplorare la regione, la più isolata della Cina. Da vedere diversi templi buddisti (Nanchangsi, Beichangsi, Fazhuangsi) e moschee (Dongguan, Xi Guan, Nanguan) in città e il museo della medicina tibetana, molto moderno ed interessante. Gratuito. Chiude alle 16:30, quindi andarci per tempo. C'è poi anche un Museo provinciale del Qinghai. Fuori città invece a circa 30 km, ci si arriva con il bus n.9 in 40 min, il monastero Taersi o Kumbun, il più grande dopo Lhasa, fondato nel 1500 dal capostipite dei berretti gialli, il famoso monaco TsongKhaPa. Qui ha studiato il Dalai lama. Molte le sale importanti da visitare, la più nota quella delle sculture di burro, vere opere d'arte. Calcolate almeno 3 orette, faticose, siamo tra i 2500 e i 3000 metri. Teoricamente non si può fotografare all'interno, ma con un po' di attenzione... A meno di 100 km ad ovest si trova il lago Qinghai, il più grande lago salato della Cina, a oltre 3000 metri, grande attrazione turistica in via di forte sviluppo.
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Bonsai |
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