giovedì 24 luglio 2025

Seta 12 - Le rovine di Joaohe

Museo a Jiaohe - Turfan - Cina - Giugno 2025 - (foto T. Sofi)
 

Interno essiccatoio

La colazione al Metropolo è di stampo decisamente diverso e si distingue anche da tutte quelle alla cinese che faremo nel prosieguo del viaggio. Qui c'è anche una scelta all'occidentale, con succhi di frutta, toast, marmellatine e così via. Facciamo quindi il pieno per prepararci al meglio per il resto della giornata e poi ci mettiamo in moto per vedere i dintorni di Turfan o meglio la costellazione di luoghi che formavano la gigantesca oasi della depressione del Tarim, punto focale dei commerci, già nei primi secoli dopo Cristo. Ad una quindicina di km dalla città eccoci ad una delle meraviglie della zona, la città morta di Jiaohe (detta anche Yar nella sua lunga storia che risale a 2500 anni fa), una sorta di Pompei asiatica, molto ben conservata e certamente la più grande città di terra rimasta in questo stato, al mondo. Intanto qui abbiamo subito modo di capire qual è il modo di intendere questi luoghi, da parte del sentire cinese. Infatti se c'è un luogo di grande interesse storico e artistico, il governo, prevedendone comunque un afflusso molto consistente di visitatori, presente o di certo futuro, essendo il turismo interno un settore molto ben visto evidentemente, come costruttore di PIL e di affari per tutti, ci si costruisce attorno tutto un sistema di attrazioni, tipo parco tematico, che sviluppi il business, aumentando i posti di lavoro ad oltranza, per lo sviluppo e la massima valorizzazione del sito e che comunque disperda in più punti di interesse la massa in visita. 

Le montagne del Tien shan

Per noi può essere anche fastidioso o sgradevole o semplicemente pacchiamo, ma è un modo di interpretare la situazione che comunque, volenti o nolenti, deve tenere conto di un paese che può facilmente  generare un afflusso annuale di milioni di persone, che va comunque in qualche modo gestito. Ecco infatti che anche qui, ben prima del sito delle rovine della città, ti trovi di fronte ad una serie di costruzioni con una serie di servizi al turista, esposizioni varie di molti dei ritrovamenti fatti nel sito, antiche statue e via discorrendo ed un villaggio tradizionale uiguro dell'800, le cui abitazioni sono state completamente restaurate e che funge da museo delle tradizioni, dove puoi vedere la tecnica costruttiva delle case in mattone crudo, degli antichi mestieri e di tutto quanto riguardava la vita nell'oasi, a tratti con espressioni un po' naif, ma comunque ben presentate e godibili. Non è ben chiaro che fine abbiano fatto i pochi abitanti rimasti, forse convinti "in buone maniere" e per loro grande vantaggio a spostarsi in qualche falansterio cittadino. Puoi vedere tutti gli interni delle case e degli essiccatoi dove si capisce bene la tecnica usata per l'essiccazione della famosa uvetta, vera ricchezza di tutta l'oasi, assieme alle varie botteghe artigiane. Di certo questo ne fa un interessante museo a cielo aperto dove puoi vedere anche gli interni delle case, cosa non possibile nell'altro villaggio di Tuyuk, che vedremo domani, ancora parzialmente abitato. 

Le grotte di Yarghol

Successivamente un apposito carrellino elettrico ti porta fino alle porte della città vera e propria, non prima di aver costeggiato il lago artificiale formato dallo sbarramento del fiumiciattolo che alimentava la città. Nelle pareti a strapiombo che l'erosione aveva formato nei millenni, ecco il primo esempio di grotte contenenti templi e statue buddiste, una vera e propria via delle grotte questa, che percorre lo stesso itinerario della via della seta, formatasi nella prima metà del primo millenni dopo Cristo, epoca in cui il buddismo penetrò attraverso l'Asia centrale in Cina sostituendo le religioni tradizionali. Si tratta delle caverne di Yarghol, circa una ventina, scavate attorno al 400 d. C. e che fungevano da tempio per gli abitanti della vicina città. Guadando il fiume attraverso passerelle di sassi, ne sono visitabili solo alcune che presentano belle statue di Budda con le volte affrescate anche se piuttosto rovinate. Non illudetevi, naturalmente si raggiungono solo tramite lunghe e faticose scalinate di legno che consentono di risalire la scarpata. L'ascesa verso la liberazione deve anche essere sofferenza, se no dove sta il merito. Qui aiuta anche il fatto che in media la temperatura è sui 40°C o più, quindi preparatevi. Il popolo cinese è decisamente preparato a questo e, specialmente le donne, arriva in questi luoghi ben preparato, bardato e ricoperto di tutto punto addirittura in maschere e guanti oltre ai classici cappelloni enormi, per avere la certezza di non far rimanere alcun tratto, se pur minuscolo di epidermide al sole, al fine di evitare la tenutissima abbronzatura. 

L'interno della grotta

Noi  invece ci scopriamo il più possibile per respirare ed alla fine aver più caldo ancora. Certamente il sito è straordinario e si vede spesso utilizzato come set in molti film storici cinesi, grazie allo stato di conservazione della città che era piuttosto grande e posizionata ad occupare interamente un isola di roccia tenera e terra, in mezzo al fiume, che ne ha consentito la facile costruzione a mezzo di scavi, la cosiddetta tecnica sottrattiva e la parallela erezione di muri di mattone crudo per completarla. Il clima particolarmente secco, ha poi contribuito a conservarla nel tempo, evitando le erosioni dovute alle precipitazioni quasi assenti, anche se il vento, che soffia forte smerigliando le superfici con la sabbia del deserto, continua a levigarne le  superfici a poco a poco. Anche la sua posizione difensiva è stata agevolata dalla presenza del fiume che ne ha evitato conquiste e successive distruzioni riparandola  dagli assalti degli eserciti nemici. Certamente il colpo d'occhio della città in rovina che popola l'isola è davvero pieno di fascino. Sotto il sole a picco, percorri le strade deserte costeggiate da muri sbrecciati e cadenti, aggiri gruppi di case che bene hanno resistito al tempo ed altri che invece presentano solo più tratti smozzicati e rosi dal vento fino al grande tempio centrale con la fila di stupa, un centinaio, perfettamente  allineati. 

La città di Jiaohe

Sarà il caldo, ma i visitatori che si avventurano, arrancando sulla spianata, sono sorprendentemente pochi e si guardano da lontano, quasi tenendosi a distanza di sicurezza in tempo di epidemie, visto anche l'uso comune di mascherine. Intanto la temperatura sembra crescere ad ogni passo, Cerchi invano ombre che non esistono, la terra con cui sono fatti le adobe dei muri, sembra screpolarsi ad ogni minuto che passa; sei su un pianeta alieno che ti respinge, eppure qui ha vissuto gente per millenni senza lamentarsi troppo. Poi ai margini della via tra le rovine, un miraggio, una tenda bianca con qualche panca al coperto. E' un chiosco dove un vecchietto amabile fa dei frullati di anguria, all'apparenza deliziosi. E lo sono ve lo assicuro, tanto che si fa il bis, mentre i più accaniti continuano ad aggirarsi tra le rovine, che sono effettivamente straordinarie, ma bisogna pur fare una pausa di tanto in tanto, se no si schiatta. Qui intanto posso comunicare con qualche ragazza cinese, stupitissime come al solito che giriamo senza guide locali e che per combinazione partono il giorno dopo per Tbilisi, guarda un po', per cui riusciamo anche a dare loro utili informazioni. Caso raro parlano un inglese perfetto, visto che hanno studiato a Londra e lavorano per una banca internazionale. Ristorati, riprendiamo la via che ci riporta all'ingresso che raggiungiamo a fatica per ritornare in città e andare finalmente un po' sottoterra per trovare un minimo di frescura in opposizione al caldo opprimente. La risposta è infatti il museo Kaner'jing, dove viene illustrato il sistema dei Karez, l'ingegnoso metodo di irrigazione che ha consentito lo sviluppo dell'agricoltura e la vita nell'oasi di Turfan. 

Il Karez

La prima curiosità che ti viene è come mai si sia sviluppata una civiltà così florida, base per millenni del commercio mondiale in un luogo così arido ed inospitale. In realtà l'acqua non è così lontana, basta arrivare ai ghiacciai perenni delle montagne del Tienshan, che sono abbastanza vicine perché l'ingegno umano riesca a sfruttarle. Infatti i Karez (come i Qanat studiati nel deserto iraniano) sono un ingegnoso sistema di pozzi profondi fino a cento metri che intercettano le falde acquifere profonde delle montagne e le incanalano in condotti sotterranei fino alla depressione del Tarim, con una enorme ed intricatissima rete lunga oltre 5000 km, inframmezzata di bacini di accumulo, che contribuiscono a formare un sistema di irrigazione unico al mondo, mantenuto con cura per oltre duemila anni e che ancora oggi funziona per alimentare i fabbisogni di oltre un terzo della moderna città e del suo sistema agricolo circostante. Qualcuno ha chiamato questa opera monumentale la Grande Muraglia sotterranea ed evidentemente il paragone non è peregrino, viste le dimensioni ed il lavoro necessario a costruirlo e a manutenerlo. I cinesi, come naturale, se ne attribuiscono interamente il merito anche se nella realtà, questa tecnica è più squisitamente centro asiatica e propria dei popoli dei grandi deserti iranici. Il museo dei Karez racconta questa storia e consente di calarsi in uno di questi pozzi e negli adiacenti canali, vedendone le tecniche costruttive e il sistema idrogeologico completo che ne ha consentito lo sviluppo. Ben presentato assieme alla parte folkloristica e etnografica consente di capire le varie tecniche di costruzione, patrimonio di una casta di stimatissimi artigiani che dedicavano la loro vita a questa missione. Insomma tanta roba in questa Turfan direi, ma non è certo finita qui, anzi mi sembra che il meglio debba ancora arrivare.

La torre

SURVIVAL KIT

Rovine della città

Antica città di Jiaohe - Rovine dell'antica città carovaniera di oltre 2 millenni a circa 15 km da Turfan. Popolata da etnie caucasiche indoeuropee Cheshi, come si rileva dai ritrovamenti nelle necropoli, conquistata dagli Han attorno al I sec. a.C., poi ripresa in periodo Tang. fu abbandonata attorno al 1400. Sorge su un'isola in mezzo al fiume lunga 1.600 metri, larga 300. Rimane larga parte delle rovine della città, con un grande tempio al centro ed un altro edificio a torre sul promontorio. Almeno un paio d'ore per la visita, fa molto caldo, portatevi acqua per un tragitto di circa 3 km. Cercate di andarci o al mattino presto o al tramonto. Mi sembra che all'interno sia previsto anche uno spettacolo suono e luci. Da vedere anche le grotte buddiste di Yarghol sul fiume e il villaggio uyguro del 1800, museo folcloristico, con biglietto a parte. Over 65 sempre gratis. 

Museo dei Karez  - Kane'rjing - Nel villaggio di Ximen a 6 km dal centro. Museo che illustra il sistema di irrigazione dei Karez, con tutta la parte etnografica e folklorica oltre che alle spiegazioni idrogeologiche e ingegneristiche. All'interno si può visitare uno dei Karez che alimentavano l'oasi. Almeno un'oretta.

Rovine

Jiaohe
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