giovedì 21 maggio 2015

India: Darjeeling

Bandiere di preghiera



Darjeeling
Per andare all'ufficio visti ed ottenere i permessi per il Sikkim, devi attraversare tutta New Jalpaiguri col suo torvo melange sovraffollato di polvere e miseria. Le due fate abbondanti dietro le scrivanie sbocconcellate, se la prendono comoda tra vecchi manifesti che pubblicizzano le bellezze del paese, appesi solo per nascondere le scrostature dei muri. Il tempo scorre lento in India, non bisogna farsi prendere dall'ansia o da un atteggiamento di irritazione all'europea che lo farebbe inevitabilmente dilatare ancor di più. Meglio adagiarsi sorridenti. Il karma di Karma provvede a risolvere gli eventuali spigoli, smussandoli a dovere mentre la mente riposa. Sul giornale una notizia. Il nostro treno gemello, il Varanasi Express nella notte è deragliato, più di cento morti, ma Karma dice che cento morti in India non fanno notizia, non è il caso di tranquillizzare in Italia. Comincia a fare caldo qui nella piana e stare seduti sotto il ruotare lento delle pale di un vecchio ventilatore che forse ha ascoltato le parole della regina Vittoria, non è neanche spiacevole. Come Ganesha vuole, alla fine di riparte verso nord e bastano pochissimi chilometri fuori dalla città per lasciare i campi ed inerpicarsi verso l'alto tra le foreste di teak e di sambun, un altro legno pregiato che ricopre le colline che salgono verso le montagne. La strada diventa subito tortuosa e trafficatissima, come tutte le strade indiane, per arrampicarsi in una settantina di chilometri fino ad oltre 2200 metri. 

Cryptomeria japonica
Le forti piogge contribuiscono a tappezzare queste valli di una vegetazione fitta di montagna, fatta di cryptomeria japonica, il pino delle zone himalayane e soprattutto di veri e propri boschi di magnolie bianche e di alberi di rododendro di diversi metri di altezza che accendono il paesaggio di rossi e di viola smaglianti. Darjeeling, con le sue migliaia di case sparse sulle cime di colli scoscesi, le cui pendici cascano a precipizio nei torrenti che le hanno scavate come unghiate di draghi malevoli, occupa spazi sempre maggiori, dilatandosi con la furia con cui la sua popolazione cresce. Questa città e il suo territorio ha avuto una storia tormentata, conquistata, ceduta e comprata più volte durante l'800 nel corso delle guerre dei gurkha tra Sikkim e Nepal, fino a che se la sono presa gli inglesi, innamoratisi subito del clima piacevole che permetteva loro di sfuggire alle torride estati del Bengala. Alcune piantine di thè portate dalla Cina dal Dr. Campbell, furono l'inizio della fortuna del luogo. In pochi anni i fianchi di queste alte colline furono ricoperte dalle piantagioni del cosiddetto champagne del thè, giudicato il migliore del mondo. Il vicino thè dell'Assam (che si distingue facilmente dall'aspetto di piccoli pallini) o l'ancor meno pregiato Nilgiri, possono quindi competere soltanto con il prezzo, ma non sono in grado di arrivare alle sfumature di aromi e delicatezza di questo prodotto di eccellenza. 

Il traffico del centro di Darjeeling
Queste coltivazioni ed il trenino himalayano a scartamento ridotto che gli inglesi costruirono per raggiungere il luogo in assenza di strade, hanno reso questa città un centro turistico di grande importanza da oltre un secolo, anche per la vicinanza alla catena che contiene le montagne più alte del mondo. Del cosiddetto toy train rimangono solo gli ultimi otto chilometri che arrivano al centro città. Le rotaie attraversano continuamente il tortuoso nastro di asfalto che sale la montagna, rimanendo solo di tanto in tanto relegate ad una piccola massicciata al suo bordo. Le vecchie locomotive che tirano a fatica i tre storici vagoncini, rimangono a sbuffare sotto una pensilina ottocentesca, prima di fischiare a lungo, segnalando la voglia di tornare a valle. Così la cittadina progettata per 40.000 residenti con vecchie case coloniali inglesi dai tetti bordati di legni traforati, è più che triplicata ed ora vive in una sorta di asfittico sovraffollamento perennemente in cerca di risorse che non è in grado di avere dal territorio, soprattutto acqua, viveri, smaltimenti fognari e immondizie. Le ripidissime stradine del centro sono un ammonticchiarsi continuo di negozietti e bancarelle, mentre le tortuose comunicazioni tra i vari punti nodali della città sono continuamente ingombri di auto e altri mezzi di trasporto, camion e bus, che intasano completamente la viabilità, costituendo un serpentone sempre fermo che spera di muoversi a passo d'uomo di tanto in tanto. Una folla variopinta fatta di turisti europei e americani, ma soprattutto provenienti dalle altre parti del subcontinente, la percorre incessantemente, riempiendo mercati e luoghi di aggregazione. 

Trasporti nel mercato
Oltre alle facce bianche ed ai nasi lunghi, qui vedi di tutto da gruppi di  tibetani con le facce bruciate dal sole delle alte quote, ai nepalesi piccoli e scuri mescolati con gli occhi a mandorla dell'Assam orientale. Sari sgargianti e salwar camiz dai ricami dorati, veli e tuniche bianche che incorniciano barbette salafite assieme a jeans e minigonne mozzafiato in un bailamme di modernità ed esotismo asiatico coloniale. Di certo una città cosmopolita con ristoranti per tutti i gusti, agenzie di trekking ed alpinismo, mercati di cianfrusaglie per turisti e luoghi ricolmi di masserizie locali conditi da fumi di spezia e masala. Puoi camminare per ore su e giù da queste salite vertiginose, sempre se le gambe ti reggono e l'ansimare della quota te lo consente, passando dai colori del tempio di Shiva, con le sue commistioni buddiste, perdendoti nei festoni multicolori delle bandiere di preghiera, fermandoti ad ogni altarino, tutti diversi per accontentare tutti i credi, dal variegato Olimpo hindù fino a Sai Baba e le altre sette locali, passare per la cattedrale cattolica o la piccola moschea, fino ad arrivare al gompa dei berretti neri, una delle tante sette di buddhismo tibetano sparse sull'Himalaya. Una vera indigestione religiosa per tutti i gusti che si muta il più delle volte in una fiera di strapaese tale da appagare ogni necessità di superstizione pensabile. Intanto fermiamoci un attimo qui nella gran piazza centrale sulla cima della collina più alta. C'è tanto da vedere e stare seduti su un gradino a godersi tutta questa umanità variegata che ti scorre intorno, può contribuire a lasciarti pensare, ma soprattutto permette di tirare il fiato e rallentare i battiti del cuore che pompa all'impazzata e non ti lascia ragionare bene. Poi magari ci facciamo un bel piatto di momo fritti, gli agnolottoni tibetani al formaggio di capra e verdure.
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SURVIVAL KIT

Darjeeling - E' il punto di partenza per tutte le visite nella zona e soprattutto l'ingresso allo stato del Sikkim. 120.000 abitanti, molto turistica e sovraffollata con moltissime sistemazioni alberghiere per tutti i prezzi e ristoranti per tutti i gusti incluse le catene americane. Calcolate almeno un paio di notti perché ci sono parecchie cose da vedere. Nel centro moltissime bancarelle e negozi per turisti con souvenir himalayani, che tuttavia provengono quasi tutte dal Nepal. I prezzi qui sono comunque più bassi che in Sikkim o peggio ancora in Buthan. per vedere un minimo di realtà locale c'è un bel mercato sulla via principale. E' possibile anche avere una tourism card per ottenere sconti vari (a 475 R per tutta la famiglia) acquistabile online ma non l'ho testata personalmente
Il toy train

Toy train - Rimangono solo 8 km di questa ferrovia storica che risale l'ultimo tratto  della valle fino al centro città con 4 corse al giorno andata e ritorno e prezzi che variano dalle 400 R per il viaggio di mattina presto alle 1090 R per quello con la locomotiva a vapore, più vintage. Bei paesaggi lungo il percorso se il tempo è linpido.


Traveller's Inn Dr. Zakir Hussain Road, Near T.V. Tower,  Darjeeling . Alberghetto situato in una buona posizione a pochi passi dalla piazza centrale superiore, ma per arrivare dovete farvi una ripidissima e faticosa salita. Decisamente datato. 2750 R la doppia, piuttosto piccolina (un po' caro ma in linea coi prezzi della città molto turistica). Dalle camere nessuna vista, solo bidoni dell'acqua sul tetto. Bagno spartano con doccino a mano, acqua calda solo dalle 7 alle 9. No wifi (rivolgersi al vicino internet cafè a 200R/h). Fa freddo a marzo, ricordarsi di chiedere una stufetta elettrica. Non vengono fornite neppure le consuete bottigliette di acqua complimentary. Personale con poca comunicativa. Valida la colazione. La cosa migliore è la terrazza con magnifica vista sulla città e sulla valle. Nei giorni limpidi potrete vedere il Kanchenjunga.

Da New Jalpaiguri a Darjeeling - 70 km ( in 3 ore)


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2 commenti:

Unknown ha detto...

Prima cosa io ti invidio, o generoso amico; tu che l'infaticabile che ora ti stai alla destra di quell''India a sinistra e le rovine di un UK lo antico e come se si fosse un regalato al miserando e adesso vo a vapore pistonato di una rivoluzione industriale allo strippando

Un karma mai capito e messo in schiavo: all'obbediente prono

C'è un tea-champagne sol per palati fini di britanno, ancora adesso: al mi ci adatto Darwin — anche lui, bah, un inglese —; come se di una tigre della quale tu ancora tu non sai la lunghezza di zanna

Un saluto

Enrico Bo ha detto...

@Paolo - Britannia ab India victa ferum victorem coepit. Percorri libero continente prati all'inglese e english breakfest e pancake e treni ancorché deragliati spesso, ma il morto non conta che son troppi.

Where I've been - Ancora troppi spazi bianchi!!! Siamo a 119 (a seconda dei calcoli) su 250!