Il mercato di Dibrugarh |
Assam - Cogliendo il thé |
Serata buia sul terrazzino dell'Helsa cottage a lume di candela, si sa che quaggiù di luce di notte ne arriva poca, mangiando pollo e dal con papad sottilissimi e croccanti che bruciano la lingua. Alla nostra tavola, Fernando, che viene da Saragozza e si è preso un anno sabbatico per girare l'Asia. Ormai è quasi alla fine del suo percorso e gli è cresciuta una barbaccia salafita che lo confonderebbe tra la folla in molti paesi, non fosse per il pesante zaino che è anche la sua casa. Certo, girando con pullman e treni, i tempi sono molto più dilatati e poi girare da solo lascia più spazio al pensiero e alle valutazioni interiori. Qualcuno ama molto questo sforzo solitario, certo non litighi con nessuno, il contraltare è che non puoi neanche dire a qualcuno: guarda che bello. Insomma ci sono i pro e i contro nel viaggiare da soli. Lui sembra abbastanza tranquillo, a questo punto gli mancano solo due o tre mesi per portare a termine il suo cammino e appare come rassegnato al destino che si deve compiere fino alla fine. Legge molto, chissà se questa esperienza gli avrà dato quello che cercava. Di certo sarà stata impegnativa e con una sua utilità intrinseca. L'aria intanto è rinfrescata parecchio e dalla balconata sulla valle non si vedono neppure più le masse nere degli alberi tra cui sono nascoste le baracche. Meglio ritirarsi sotto le zanzariere.
Il check post tra Nagaland e Assam |
Nahmey, la guida konyak arriva con calma la mattina. Andiamo alla polizia a segnalare la nostra partenza ad un presidio piuttosto assonnato ed infastidito di dover tirare fuori il registrone con gli spazi da riempire ricavati con cura con un righello dentellato. Poi sono solo curve in discesa per ritornare alla piana dell'Assam. Il posto di confine sembra semiabbandonato. A quest'ora non passa nessuno. Il graduato alla scrivania ha voglia di chiacchierare un po'. Sarà stato spedito in quella sorta di fortezza Bastiani, da Delhi, ad una inutile operazione di controllo e segnalazione su montagne di cartacce che finiranno a marcire nello stanzino retrostante. Fa caldo qui in pianura. Si interessa molto almeno in apparenza, alle motivazioni culturali che mi hanno condotto fino alla terra dei Konyak, se ne ho tratto spunti di interesse sufficienti a consigliarne la visita agli amici e così via. Si capisce che cerca di trattenermi il più possibile, poiché non ha niente altro da fare per impegnare il suo inutile tempo. Chiama un sottoposto per far portare un thé e vuol conoscere ancora quale saranno le tappe future del mio viaggio. Sorride compiaciuto al sapere delle mie tante volte in India, poi a malincuore mi lascia al mio destino, mantenendo la posizione dietro la scrivania malandata, di certo un lascito della dominazione coloniale.
La frontiera |
Le sole cose lucide tra le baracche fatiscenti che circondano questo avamposto sperduto sono i grandi cartelli rosso fuoco della Vodafone che garantiscono una connessione super rapida a chiunque faccia l'abbonamento. Di lì in poi solo le sconfinate piantagioni di thé o i gruppi di ragazzi in costume che vanno a piedi in qualche villaggio vicino dove si svolge uno dei tanti festival. L'India sovrappopolata è di nuovo lì e ti avvolge nel suo abbraccio caldo, dolciastro e carico di sentori di spezia. Tutta una umanità scende a valle, nella piana dove scorre il grande fiume. Dibrugarh è lì in fondo a raccogliere questo flusso, cittadina relativamente piccola, ma con la stessa confusione frenetica di quelle più grandi. La necessità di cambiare denaro in una banca ti mette ancora una volta di fronte ai meccanismi della burocrazia indiana. Ufficietti sovraffollati dove respiri però un aria sacrale di sacerdoti che detengono la verità al di là delle scrivanie e che per questo guardano la fila dolente e rassegnata davanti a loro dall'alto in basso, riempiendo registri e quando questi sono superati, abbinandoli a lunghe operazioni digitali davanti a schermi obsoleti carichi di programmi tarocchi che si imballano continuamente, mentre alle tue spalle si aggirano fattorini col mitra, che la sicurezza è importante, a fare fotocopie e ancora dalla scrivania alla cassa, con altri mitra e conta e riconta, infine ti danno le tue rupie puzzolenti in cambio di dollari che devono essere puri e immacolati pena il rifiuto, capirà.
Al mercato |
E' banca, ma è la stessa aria dei negozietti e delle bancarelle del mercato dove stazioni un paio d'ore prima che arrivi il treno a portarti via da qui. Profluvi di merce povera ma sempre ridondante per attirare il compratore che comunque si ammassa nei vicoletti che puzzano di pesce secco o di verdura sul punto di marcire. I negozietti di oreficeria invece sono presi d'assalto da donne, madri e suocere e giovani ragazze silenziose che scelgono quella che sarà l'unica loro ricchezza di future spose. La luce forte sulle vetrinette piene di braccialettini, catenine splendenti, orecchini e grandi pendenti da naso, richiama le attenzioni di questi gruppetti che si spostano dall'uno all'altro come falene che sbattono continuamente contro il vetro del desiderio, senza riuscire a penetrarvi. Il corridoio delle spezie invece è avvolto dagli odori dell'India vera. Monticelli di polveri colorate si alternano sui banchi, la curcuma giallo oro, il chilly rosso fuoco, cardammomo verde, masala e miscugli di curry in tutte le sfumature del marrone. Ogni banco ha la sua miscela segreta, la migliore ovviamente del mercato; i misurini attendono di essere riempiti per andare a confondere gli altri sapori nel buio delle cucine. Le frutta impilate con maniacale precisione mostrano la ricchezza dei mandarini, delle mele e di quanti altri regali della terra dia la stagione.
Venditore di immagini sacre |
Già compaiono i primi manghi, il frutto degli dei, ancora minuscoli e verdognoli. Grosse papaye sul punto di sdilinquirsi tanto sono mature, formano i mucchi più consistenti. Tutti vanno e vengono, con sporte piene, strusciando i lunghi sari smaglianti o i pantaloni rigonfi e colorati sulla polvere e sulla sporcizia del terreno. Il treno non è ancora pronto a partire nella grande stazione a fianco del mercato. Intanto lungo il muro che la separa dalla città, cinta invalicabile che definisce lo status di viaggiatore, si accalcano camioncini e piccoli autobus assieme alle centinaia di Apecar e ciclorisciò, carichi di valige e pacchi che i possessori di biglietto hanno portato al seguito. Sono le 18 e la sera è già scesa come sempre. La stazione è buia e all'apparenza semideserta. C'è solo un andirivieni affannato di facchini che trascinano immensi fagotti e montagne di valige. Il Radjani express è già lì, lunghissimo e silenzioso, all'apparenza deserto. E' arrivato il momento di salutare Emontonath, uomo di poche parole, che prima vuole accertarsi che tutto corrisponda, la carrozza numero 3, i posti prenotati, l'orario di partenza. Un abbraccio che lascia sempre un poco di tristezza, verso chi non hai potuto conoscere abbastanza e che certamente non vedrai mai più. Il treno sbuffa ogni tanto, come non avesse voglia di partire. Riconosco lo scompartimento descritto a lungo in Cuccette per signora di Anita Nair. Ma non è ancora venuto il momento di tirare le spesse cortine. La notte sarà lunga.
Giovano agghindati per il festival |
SURVIVAL KIT
Dibrugarh - Cittadina dell'Assam di circa 150.000 abitanti, importante snodo ferroviario per tornare verso l'area di Delhi. Da Mon circa 130 km ma dovete calcolare almeno 4 ore effettive più le soste. Nell'attesa del treno, c'è fuori della stazione un bel mercato dove procurarsi qualche cosa da mangiare.
Rajdhani Express - Treno notturno che in 48 ore collega Dibrugarh a Delhi. Arrivo a New Jalpaiguri, punto di partenza per accedere al Sikkim in circa 17 ore. Partenza alle 20:35. Cuccetta di 2° classe 2.265 R. inclusa acqua e pasto a bordo. Scompartimenti aperti da 4 cuccette con tendine. Abbastanza pulito e confortevole. Consigliabilissimo.
Da Mon a Dibrugarh |
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