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Tessitura al villaggio di Lang Wa |
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Sculture all'interno di un morong |
Il villaggio di Long Wa è appoggiato sul crinale ripido di una collina scoscesa. Un centinaio di capanne sparse, abbarbicate ai piccoli spazi rubati alla jungla, circondate di verde, macchiato dai mille fiori che la stagione fa esplodere come fuochi d'artificio improvvisi, bianchi frangipane profumati e magnolie, azzurre jacarande ed i mille colori delle bouganville che ricoprono i recinti tra i cortili. Sulla cima della collina dove c'è un grande spazio scoperto di terra rossa, una sorta di piazza, sorge il morong, la grande capanna dove si radunano gli uomini prima della battaglia. L'edificio in legno e stuoie, essendo questo il villaggio principale della zona, funge anche da palazzo reale. Il confine passa proprio in mezzo alla costruzione eretta su grandi pali scolpiti con scene di battaglie e animali sacrificati. Pochi passi per la pista che scende dall'altra parte e sei già in Birmania. Nessun segno o controllo, questa è terra selvatica di proprietà dei Konyak che non riconoscono divisioni, quindi nessun segno di separazione, varchi, sbarre. Volendo con una moto, si potrebbe scendere tranquillamente nella regione Sagaing o nel Kachin, zone assolutamente chiuse del Myanmar. Eppure qui sembra tutta la stessa terra. Gole selvagge ricoperte di jungla in cui si infilano piste e sentieri rossi a raggiungere capanne e villaggi isolati.
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Il villaggio di Lang Wa |
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L'attuale re Tonyei |
Nei piccoli spazi aperti col taglia e brucia, minuscoli campetti, dove donne curve zappano zolle secche in attesa della pioggia. Il morong è pieno di gente seduta attorno al fuoco. Alle pareti teschi di ogni tipo di animale, catturato nella foresta o sacrificato agli dei. Al centro il grosso pilastro che tiene in piedi il tetto di paglia è l'antico tronco di un albero imponente, scolpito a figure grandi e naif. Su un sedile ricoperto da stoffe, il giovane re Tonyeiin giacca moderna sembra ingessato nella sua funzione ufficiale. E' re soltanto da due mesi, dopo la morte del padre, un angh famoso nella zona che regnava su una quarantina di villaggi, dieci qui intorno e il resto dalla parte birmana, noto forse anche per le sue sessanta mogli. Appena fuori c'è la sua tomba ricoperta dei fiori delle cerimonie e circondata dai teschi dei bufali e dei mythun che sono stati sacrificati nell'occasione. E' stato un grande re ed il giovane successore sembra sostenere con fatica il fardello di aspettative che gli grava sulle spalle. Sotto la giacca blu ha un paio di jeans consunti, ma al collo porta la grande collana gialla con una fila di monete d'argento ereditata dal padre, il segno del potere. Attorno a lui, un gruppo di dignitari rimangono in silenzio in attesa delle sue decisioni.
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L' angh birmano |
Al suo fianco un personaggio che pare uscito da un racconto di esploratori di altri tempi. E' un capo villaggio birmano giunto qui per risolvere una disputa territoriale, il possesso di alcuni campi, tra il suo ed un altro villaggio vicino. Qualche decennio fa il problema si sarebbe risolto con una bella guerra diretta e un bel po' di teste mozzate, per poi finire probabilmente nello stesso modo, una decisione indiscussa del re. Oggi si passa subito a questa fase di trattativa diplomatica. Alla fine, quella che conterà sarà sempre la decisione dell'
angh, riconosciuta da entrambi le parti in lite. Il vecchio ha un viso scolpito nella pietra, immobile e scavato da rughe profonde e cicatrici. I tatuaggi neri, se pur un poco sbiaditi nel tempo, lo ricoprono completamente, lasciando chiari solo gli spazi attorno alle orbite e la fronte. Un caschetto di pelliccia di orso nero gli copre la testa; in cima spiccano le lunghe remiganti del bucero con l'estremità bianca; i lobi degli orecchi sono trapassati da due lunghe zanne di cinghiale, al collo una collana di denti di tigre o di qualche altro felino, alternata a pietre bianche e turchesi. La sua posizione sociale è segnata da due bracciali turchesi che gli circondano i polpacci, il segno che contraddistingue gli
angh.
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Preparazione dell'oppio |
Deve aver già parlato esponendo le sue ragioni al re, perché se ne sta completamente immobile, seduto di fronte al fuoco ad aspettare il verdetto. Non muove muscolo, potrebbe essere una statua di uno dei legni preziosi che regala la foresta. Un inserviente vicino al fuoco prepara una pipa di oppio che probabilmente sancirà l'accordo. Il re si guarda attorno, non sembra ancora completamente padrone della situazione, ma tutti i presenti non sembrano mostrare dubbi sulla sua autorità. La nostra presenza può apparire come un disturbo e cerchiamo di rimanere di lato, semplici spettatori, ma forse fa gioco al re che coglie l'occasione per invitarci a partecipare, con i saluti di rito dopo i quali ci si riaccomoda attorno al fuoco. Sembra che la cosa proceda in canali regolari e senza intoppi. La pipa gira. Declino l'offerta e dopo aver ammirato gli oggetti del potere sparsi nella capanna buia e piena di fumo, esco con gli occhi che mi bruciano un po'. Dentro le udienze proseguono. Un dignitario mi fa presente che è costume lasciare un dono quando si fa visita ad un re. Non sia mai e mi lascio alleggerire di 100 Rupie.
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Un anziano guerriero Konyak |
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Cesto con vecchio teschio |
Mentre mi allontano arriva un ragazzo svizzero un po' rasta accompagnato da due ragazzotte dai tratti orientali. Vista la pipa che gira, si accoccolano subito davanti al fuoco, forse per non perdere il turno. Giro un po' tra le capanne, ci sono meno animali in giro che presso le altre etnie, i maiali ad esempio, qui vengono chiusi in stretti recinti di bambù, dietro la casa, da cui senti un grufolare sordo e continuo. Rendo un ultimo omaggio alla tomba del vecchio re e a quella di suo fratello su una sporgenza che guarda la valle birmana. I fiori sono ancora freschi. Un vecchio dalla faccia nera ed i capelli bianchi è seduto lì accanto con lo sguardo perduto nella valle, forse si riposa soltanto, forse rimpiange un tempo passato, quando lui stesso saliva da quei sentieri, gonfio di orgoglio, con la lunga lama sanguinante riposta nel fodero di legno ed una testa mozzata da mostrare alla sua regina, prima di esporla , trofeo massimo e indubitato del suo coraggio e del suo valore in battaglia, nel cerchio di pali davanti al
morong e fare festa alla sera con l'alcool di riso che correva a fiumi ed i segni dei nuovi tatuaggi che la regina gli aveva imposto sulle gote imberbi e sul mento.
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La pista oltre il confine birmano |
SURVIVAL KIT
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La tomba del re di Lang Wa e quella del fratello |
Long Wa - Uno dei villaggi Konyak principali del distretto di Mon a circa 35 km. Calcolate un paio d'ore di auto. Obbligatorio l'accompagnamento da parte di una guida Konyak (circa 15 $ al giorno). Per vedere il villaggio si paga una tassa governativa di 200R a testa che viene estorta con ricevuta lungo la strada. Lungo la strada che attraversa la jungla potrete vedere molti altri piccoli villaggi e incontrare contadine che vanno e tornano dai capi o uomini col fucile che vanno a caccia nel bosco. Il villaggio sorge a cavallo del confine birmano. Si può procedere a piedi o in moto lungo questi sentieri, correndo tuttavia il rischio di essere arrestati perché qui non è concesso di attraversare il confine agli stranieri, anche se disponete di visto birmano, in quanto la zona è chiusa. Possibili trekking in tutta l'area. Alcuni villaggi propongono l'homestay presso gli abitanti. Di teste non ne tagliano più, comunque.
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La pista da Mon a Long Wa e il confine Birmano |
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Un Konyak fan della nazionale italiana |
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1 commento:
Dàgli allo svizzero, anche in Nagaland
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