Il forte di Jodhpur |
Un cortile interno |
La notte a Jodhpur avvolge la città in un mantello
magico. Il buio nel quartiere antico è punteggiato di fioche lucine gialle che
con la loro presenza non riescono ad illuminare molto di più del loro angolino
chiuso dalla contorsione dei vicoli e dagli stretti passaggi. I negozi sono
ormai quasi tutti chiusi. Qualcuno con le aperture parzialmente ostruite da
residui o da chiusure che apparentemente non vengono toccate da anni, tanto che
questa parte di città, più che addormentata sembra quasi morta. Solo qualche
vacca sdraiata in un angolo a continuare una ruminazione lenta e difficile. Fatichi
ad immaginare la confusione, il rumore assordante e la folla che la
percorrevano solo qualche ora prima. Pure, percorrendo a piedi i vicoli, dove
una macchina fa fatica ad inoltrarsi alla ricerca dell’albergo, avverti segnali
di vita, scoppi lontani di petardi, ultimi epigoni del Divali appena trascorso,
una voglia di far festa che tarda a spegnersi. Canti modulati arrivano da una
piccola moschea dalle cui alte finestre escono lame di luce verdognola, un
segnale di sacro misto ad una affermazione di esistenza.
La porta del Sati |
Da dietro una
sporgenza arriva un salmodiare diverso, anche qui è preghiera, ma più ritmata e
festosa accompagnata dalle note di un armonium. E’ un minuscolo tempio jain, bianco
di marmi poveri, non più grande di una stanza, affollato all’inverosimile,
mentre la gente è ammassata anche di fuori nel vicolo. La voce di un sacerdote
alza il canto in contraltare a quello dei fedeli, in una sorta di salmo responsoriale.
Ti puoi infilare facilmente nel gruppo della gente che preme curiosa e subito
ti viene fatto spazio, tra inviti e sorrisi. Dalla soglia puoi vedere bene
quanto succede dentro. E’ una festa a cui partecipa tutto il quartiere. All’interno
c’è anche una grande tavola completamente imbandita di cibi di ogni genere, in attesa
di essere distribuiti a tutti, non appena sarà terminata la cerimonia. Subito
sei invitato ad entrare. La condivisione con lo straniero curioso è vista
sempre come una gradita manifestazione di interesse, ma non è neppure bello
mostrarsi troppo invadenti, così si rimane a guardare la festa un poco defilati
cercando di non disturbare troppo.
Una sala |
Dietro, sopra i tetti malandati e le
terrazze digradanti delle casupole del bazar, sulla enorme roccia che domina la
città intera, la sagoma incombente del palazzo reale grava con le altissime
mura sullo strapiombo della nuda roccia, alta più di cento metri che finisce
direttamente sulle ultime case. E’ illuminato dal basso per sottolinearne la
sagoma imponente, le torri ed i merli pesanti dai quali ancora spuntano le
bocche da cannone, le bocche da cui veniva gettato l’olio bollente sugli
assalitori. E’ presenza fissa che racconta la storia favolosa di questo paese,
fatta di battaglie sanguinose, di guerrieri pronti all’estremo sacrificio per
mantenere l’onore, di ricchezze sterminate calcolate a chili di oro e di gemme,
misurati sulle pubbliche bilance, di dame e regine che non esitavano a gettarsi
sulla pira del sacrificio nella purificazione del sacro sati, per seguire il marito morto o per non cadere vive nelle mani
del nemico invasore, supremo ed insopportabile disonore. Storie di tempi
passati che il palazzo immenso ancora racchiude dietro le porte pesanti
ricoperte di puntali di ferro per non essere abbattute dagli elefanti dell’assalitore.
La camera da letto |
Aggirarsi nei cortili circondati da bovindi traforati, percorrere le mille sale
ricoperte di specchi e di mobili antichi, di altalene di legno su cui puoi immagini
ancora le fanciulle che si dondolano ridendo nell’attesa infinita di essere
chiamate al cospetto del loro signore, ti immerge nella favola, la senti vicina
e concreta mentre scorri le mille miniature ed i dipinti sulle pareti. La folla
dei visitatori attorno a te svanisce in fretta se sei coinvolto da questo
ambiente unico, se esci su un terrazzino e vieni avvolto da un volo di colombe,
mentre sotto di te, quella città vecchia che avvolge il palazzo, come
accarezzandone le pendici, ti sembra lontana con la sua povera e sudicia
miseria, il suo sentore di marcio che la fa rimanere così lontana dalla favola,
immersa nel bisogno di vivere ogni giorno. Ho riguardato le immagini che mi ero
riportato a casa quando, tre decenni fa, stavo in piedi, in questo stesso punto
a guardare verso il basso scorgendo appena l’altro palazzo sulla lontana collina
di fronte ed il mausoleo di marmo bianco che sorge solo al suo fianco.
La città blu |
Le
casette che stavano sotto abbracciate alla roccia, erano quasi tutte dipinte di
un blu forte reso ancora più brillante dall’acqua del monsone d’agosto, non per
nulla Jodhpur è conosciuta ancora adesso come la città blu, proprio per questa
tinta con cui si dice i bramini amassero distinguere le loro abitazioni dalle
altre e che altri più prosaicamente attribuivano invece al fatto che questo colore
allontana le zanzare. Oggi, trent’anni dopo, il blu si è spento, appassito e
quasi svanito in un azzurro chiaro che quasi potresti confondere con un bianco
appena un poco sporcato di tinta. Il mondo cambia molto in fretta e tutti noi
abbiamo così il tempo di assistere a cambiamenti che, riassumendoli nel
ricordo, ci stupiscono e spesso ci spaventano. Ma penso che sia inutile
recriminare su questa perdita del passato recente, ricordandone e esagerandone spesso
solo le parti positive. Bisogna accettare la vita ed il suo scorrere, anzi
credo che sia bello apprezzare questa possibilità, forse unica, che è stata
concessa alla nostra generazione, quella di essere stati testimoni di mutamenti
epocali, potendoli valutare proprio perché li abbiamo vissuti direttamente.
Il palazzo |
SURVIVAL KIT
Il Jaswant Tanda |
Jodhpur - Con Jaipur e Udaipur è l’altra delle grandi città
imperdibili del Rajastan. La parte vecchia fatta di casette cubiche ammonticchiate
davanti alla rocca su cui sorge il forte, è racchiusa dalla cinta delle mura
ancora ben conservata e tra le sue stradine tortuose in cui i mezzi passano a
fatica, puoi sentire tutti gli odori dell’India, dagli incensi dei templi, ai
fiori che marciscono lentamente, alle spezie, alla puzza di fogna che corre in rivoli
sottili alla base delle case.
Merhangarh –
E’ il forte che domina la città, forse il più suggestivo del Rajastan, vi si
può arrivare a piedi da qui in 500 metri di dura salita o in macchina
attraverso una tortuosa strada che risale la collina. Ingresso 500R (400 ai senor)
con audioguida + 100 per le foto. I bastioni arrivano fino a 36 metri di
altezza e da qui si domina un panorama completo sulla città ed il territorio
circostante. Possibilità di arrivare in cima con un ascensore (35 R) e percorrere
il giro in discesa. Una serie di porte colossali sbarra di tanto in tanto la
tortuosa salita. Dietro una di queste, la Loha Pol si nota un bassorilievo di piccole
mani, una per ogni sati (sacrificio)
compiuto da una delle vedove del palazzo. L’interno del palazzo dalla mirabile
e raffinatissima architettura è un ricco museo in cui si possono vedere, dipinti,
mobili, palanchini, armi, manoscritti, fotografie ed ambienti dell’epoca. Da
non perdere la camera da letto del maharaja e il vicino zenana, la parte dedicata alle donne. Si può fare anche un suggestivo
itinerario a piedi sui bastioni.
Jaswant
Thanda – Ingresso 30R + 25. Mausoleo di marmo bianco
riccamente istoriato che sorge a qualche centinaio dimetri dal forte, in un bel
giardino. Da qui splendida veduta della città e del vicino forte. Lontano
qualche chilometro si scorge la sagoma del Umaid Bhawan Palace edificato all’inizio
del secolo scorso su una collina.
Umaid Bhawan Palace |
Se ti è piaciuto questo post, ti potrebbero anche interessare:
Nessun commento:
Posta un commento