martedì 16 febbraio 2016

Rajastan 20 - Forti e damigelle


Pushkar - Il ritorno dopo la festa

Pastori Bishnoi
La festa è finita. Fino a tarda notte la folla ha continuato a muoversi lasciando la città alla spicciolata. Una serie di mezzi di ogni tipo, carretti trainati da animali, tuktuk, pickup rugginosi e scalcagnati coi cassoni pieni di gente in piedi che si tiene all'asta centrale, camioncini e minibus, fino alle corriere più grandi col tetto carico di bagagli a cui si abbarbica un'umanità ancora festante seppure resa tranquilla da quella dolce spossatezza che segue ad una giornata di eccitanti attività, così diverse dalla vita di villaggio di tutti i giorni, hanno continuato a partire l'uno dietro l'altro formando lunghe code per le strade o per le piste polverose che portano verso i villaggi più remoti verso il deserto. E' un po' come quando si svuota uno stadio dopo un grande avvenimento sportivo od un concerto, tutti se ne vanno ebbri per l'esperienza, a piccoli gruppi, commentando tra di loro i momenti più emozionanti della giornata. Ogni tanto uno sprazzo di ilarità o una discussione più agitata diventa motivo di contesa o di sprazzi di risa. Sono le ultime scintille prima che si spenga definitivamente il fuoco della festa. Al mattino presto, la nebbiolina che si stende sulle sabbie non è ancora scesa del tutto ed il sole non scalda ancora a sufficienza per provocare il consueto senso di appiccicaticcio che di norma copre la pelle al tropico. 

La raccolta delle "torte" - Foto G. Luigi Piaggio
E' ora di partire verso nord, verso l'ultimo tratto della nostra esperienza. Siamo al margine del Tar, un deserto anomalo, quasi irriconoscibile come tale. Sabbia sì, ma più che altro terra ocra, costellata di una vegetazione asfittica e rude che sta lì come in agguato per afferrare il momento in cui un monsone, che qui per anni può mostrarsi avaro e stitico, si decida a rilasciare quella umidità che consenta un momentaneo rigoglio, atteso con ansia da pascoli miserevoli dove vagano pastori alla guida di greggi senza forze, candide capre e ossute vacche da cui spuntano tra le lunghe corna, solo turbanti vermigli ed orgogliosi; da campi aridi su cui gravitano villaggi immiseriti e semispopolati, lasciati soli dai giovani e dalle famiglie affamate per un'inurbamento doloroso e destinato a creare miserie ancor più maleodoranti in slum fatti di baracche, cartoni e teli di plastica, brodo di coltura per orrori ancora peggiori. Qualche casupola abbandonata e in rovina, altre capanne ancora abitate, con le pareti ricoperte di torte di cacca di bovino, pazientemente raccolta dalle ragazze o dai vecchi, in grandi ceste di vimini portate sulla testa. Figure così comuni un tempo, oggi sempre più spesso sostituite da grandi sacchi di plastica da riempire durante la giornata e riportare al villaggio, dove con cura, con abile lavoro di mano, la sera verranno formate le torte odorose di letame fatto di erba ruminata da seccare al sole per diventare prezioso combustibile. 

"Torta" anti mosche - Foto G. Luigi Piaggio
A volte le trovi spiaccicate, monumentali e belle fresche proprio davanti alla porta della capanna e, meravigliandoti un po', te ne chiedi la motivazione. Parrebbe una trappola senza senso di ospiti burloni per scherzi da villaggio e invece un motivo reale c'è sempre. E' noto come gli ambienti aridi e per di più con una forte presenza di bestiame e di allevamenti, siano il paradiso per mosche e tafani di ogni genere. Ebbene questa offerta generosa di materiale gradito a questi noiosissimi ospiti con cui, giocoforza bisogna convivere, fa sì che la maggioranza di essi si fermi a banchettare con tutto questo ben di dio, rimanendo fuori dell'abitazione ed in fondo, come chi viene dalla campagna sa bene, il letame di bovino non ha un odore così fastidioso e in ogni caso il naso si adatta velocemente. Ogni tanto trovi una cittadina un po' più grande forse ingigantita proprio da questi continui afflussi dalle campagne. Le case, il bazar e le altre costruzioni sorgono attorno ai tanti forti che punteggiavano questo immenso territorio, centri di piccoli potentati locali che guerreggiarono tra loro per secoli. Raja, principi, cavalieri di una terra guerriera resa ricca dai commerci. Nella maggior parte oggi sono abbandonati a se stessi, con le mura possenti che sgretolano a poco a poco la loro grandezza alle intemperie e all'incuria. 

Il forte di Nagaur

Giganti inutili e quindi destinati ad un naturale abbandono. A Nagaur rimani stupito dalle dimensioni delle mura, che circondano cortili e palazzi così grandi da farti immaginare una corte degna di un regno ricco e popoloso. Rimangono i simulacri delle sale, su cui intravedi ancora le sinopie degli affreschi e qualche colore che va via via sbiadendosi per le malevole maledizioni del tempo, ma dalle quali capisci l'affascinante bellezza, la raffinata qualità. Nel seccume dell'abbandono scorgi ancora le istallazioni complesse le decine di canaline che procuravano i giochi d'acqua all'interno delle sale, dove rivoli ben indirizzati scivolavano su superfici appositamente scolpite per produrre sonorità diverse, prima di passare nei giardini di delizie a formare fontane davanti ai gazebi di marmo. Qui immagini stuoli di fanciulle intente al chiacchiericcio, che ascoltano musica, che si dipingono l'un l'altra le mani ed i piedi con le curve contorte dell'henné, circondata da rivoli e cascatelle di acqua che si fa essa stessa elemento architettonico, elemento prezioso e privilegiato presso i popoli del deserto che ne riconoscono la natura così preziosa ed insostituibile. Intorno solo sabbie e terra limosa che produce polvere in attesa di acqua che la trasformi in fango che subito si rapprende in larghe crepe a formare distese ondulate e pietrose. Ma quello che per qualcuno è solo terra difficile ed improduttiva, per altri esseri viventi diventa paradiso e albergo sicuro. La zona attorno a Khichan ha proprio questa caratteristica, quella di presentare in molti periodi dell'anno larghi tratti di aree paludose ricoperte di rada vegetazione.

Le gru demoiselle
La Damigella di Numidia (Arthropoides virgo) è una delle più piccole specie di gru, di colore grigio chiaro e dalle movenze elegantissime, tanto che Maria Antonietta che ricevette alcuni di questi animali provenienti dalle steppe siberiane in dono la soprannominò crane demoiselle. Questo animale dall'apparenza così fragile, compie invece una delle migrazioni più dure e pericolose. Partendo dalle inospitali terre del nord, vola per migliaia di chilometri e supera in volo, in stormi di migliaia di individui, la catena himalayana ad altezze tra i 6000 i 7000 metri, per arrivare stremati in questo deserto per loro accogliente dove rimangono a becchettare per mesi. Gli abitanti della zona ritengono questa presenza un dono di bellezza prezioso, una sorta di segnale della benevolenza divina e non disturbano mai i grandi stormi, attesi ogni anno con ansia, anzi c'è chi provvede ad arricchirne l'alimentazione con la distribuzione di granaglie di scarto. Molti spazi attorno alla città sono affollati da migliaia di individui che zampettano cercando semi tra le crepe della terra e tra le pietre, aggirandosi tranquille e senza timore. Ogni tanto, come una folata di vento improvvisa, tutto lo stormo si alza in volo, le grandi ali grigie spiegate come grandi aquiloni librati nella corrente, i colli affusolati e le zampe distese all'indietro, mirabile armonia di forme, che si sposta un poco più in là atterrando tra altre, simili a loro. Nell'aria senti solo un leggero gracidio, che l'eleganza e la bellezza non amano il chiasso ed il rumore.

Da Mount Abu a Palodi via Pushkar
SURVIVAL KIT
Il giardino del Nagaur Fort
Nagaur fort - A circa 140 km a nordest di Jodhpur o altrettanti a nordoverst di Pushkar, in un paio d'ore di macchina. Cittadina antichissima, citata addirittura nel Mahabaratha, il grande poema epico indiano, che ebbe il suo momento di massimo splendore in epoca Rajput nel XV secolo. Il forte ( ingresso 100 R) ha dimensioni notevoli con mura maestose che circondano un grande spazio contenente ampi cortili e tre palazzi principali. Ci sono cenni di un tentativo di restauro per il recupero di spazi e sale interne. Il tutto è comunque davvero interessante per la disposizione dei giardini e la struttura di distribuzione delle acque. Farsi aprire (con piccola mancia al giardiniere che bighellona lì intorno in attesa di clienti) la sala interna del padiglione sul giardino che mostra ancora tracce di raffinati affreschi. All'ingresso del forte una zona è stata convertita in Hotel con prezzi abbordabili che non ho visto ma sembra piuttosto suggestivo.

Khishan Bird sanctuary - A 5 km da Phalodi sulla strada che arriva da Nagaur , basta andare verso il paese di Khishan e subito in mezzo ai campi si notano migliaia di queste meravigliose gru a terra ed in grandi stormi in volo nel cielo. Gli animali sono abituati alla vicinanza dell'uomo, sia per gli abitanti della zona che spesso le alimentano, sia di qualche raro turista, per cui camminando con cautela tra i cespugli si possono avvicinare molto senza problemi. Spettacolo da non perdere.

Gru in volo

Se ti è piaciuto questo post, ti potrebbero anche interessare:

Una sala del Forte Nagaur

Nessun commento:

Where I've been - Ancora troppi spazi bianchi!!! Siamo a 116 (a seconda dei calcoli) su 250!