giovedì 25 febbraio 2016

Recensione: Wu Ming - L'invisibile ovunque




Wu Ming, pseudonimo usato spesso in Cina dai dissidenti, in quanto significa appunto Senza nome, comprende un collettivo di cinque scrittori bolognesi (letto con altro accento può anche infatti significare Cinque Nomi) che dal 2000 sono presenti nel panorama italiano letterario e non solo, con diversi libri di cui il più famoso è Q. In questo lavoro, scritto a quattro mani e composto appunto da quattro racconti, il tema è la Grande Guerra ed il filo conduttore è rappresentato dai mutamenti psicologici prodotti sull'uomo che viene coinvolto in eventi disumani come questo. Qualcuno da contadino ignorante si trasformerà Ardito, uomo arma destinato a condizionare come tanti altri il futuro del paese; altri per sfuggire all'orrore fingeranno di perdere la mente per perderla poi davvero; certi se ne allontaneranno fantasticando di piani suggestivi e nuove tecniche di guerra; infine ancora altri cercheranno di diventare invisibili inventandosi per primi l'arte del mimetismo, un ultimo estremo modo per evitare una fine da carne da macello che in quel momento appariva destino così comune ed obbligato. Anche se è un tema che non mi prende particolarmente, rimane comunque interessante questo aspetto costante nell'uomo, forse normale in tutti i tempi, quello di cercare, in una situazione psicologicamente insostenibile, una via di fuga purchessia, per far scomparire il corpo attraverso la strada del pensiero. Dalla trincea, mattatoio insensato, si può scomparire in molti modi, andando a cercare un pericolo ancora più forte o rinchiudendosi in un manicomio o studiando nuove tecniche di battaglia o di camouflage, ma alla fine se si salva il corpo, inevitabilmente si smarrisce la mente.


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