lunedì 23 settembre 2024

France sud 3 - Il pont du Gard

Pont du Gard - Provenza - Francia - settembre 2024


Dalla garrigue

Per fortuna che agli Ibis hanno un bel distributore bevande all'ingresso, così appena sveglio ti puoi fare un similcappuccino a 1,80, che quantomeno ti riaccende parzialmente l'unico neurone rimasto, ma mentre tu pensavi di essere un mattiniero pronto a percorrere in anticipo le strade del mondo per arrivare primo o quantomeno quando ancora non sono arrivati i torpedoni, eccoti circondato dai rudi lavoratori che, trolley in mano e valigetta dei contratti rigorosamente nera, sono già di corsa verso le macchine per arrivare per primi dai clienti, mentre tu sei ancora lì, s-ciabattante che cerchi il bastoncino, ormai di orribile ecolegno che raspa la lingua invece della deliziosa e scivolosa plastica, per girare la broda dentro il bicchierino di carta senza rovesciarla. Insomma il mondo corre e tu non hai più la forza di stargli dietro. Comunque alla fine riesci anche tu a caricare il borsone in auto ed a partire con l'occhio semiaperto. Da St. Cyr sur mer (San Ciro? ohibò eppure siamo in Provenza, saranno stati i legionari di Neapolis ad arrivare qui per primi?) alla nostra meta ci sono circa 170 km e ho calcolato almeno un paio di orette, posto di non trovare troppo traffico. Lasciamo Saint Cyr che visto di giorno ha tutta un'altra faccia, dietro il bel promontorio al di là del quale c'è quella Bandol, con i suoi vigneti bassi coltivati ad alberello, che fanno bella mostra pure nelle rotonde e par di sentire il commissario Montale del grandissimo Izzo, che se ne beve un bel bicchiere in qualche vicolo della sua Marsiglia, mentre ragiona su qualche caso disgraziato. 

Dal greto

Buono il Bandol, forse un po' troppo sopravvalutato, ma così adatto a questa cucina mediterranea mescolata a sentori maghrebini di quella città, così concettualmente lontana dalla Provenza a cui dovrebbe teoricamente appartenere. Comunque di vigne ce ne sono in giro e accidenti per strada non fai che incontrare vendemmiatrici meccaniche che rallentano il traffico, visto che stiamo di stagione. Ecco come siamo tignosi, specialmente quando il problema non ci riguarda e ragioniamo solo sui fastidi che ci dà, invece di plaudire a chi cerca di risolvere i problemi di carenza di manodopera. Va bene, comunque in autostrada si fila via benissimo e le tre corsie dovunque, agevolano assai. Così alle 9:30 precise sono già arrivato, anche se buon terzo dopo due torpedoni di giapponesi sempre all'erta. La Provenza è una regione straordinaria di questo sud francese, col suo misto di profumi mediterranei, sole del sud e presenze della classicità romana che ti ritrovi ad ogni angolo. L'ho girata in lungo ed in largo molte volte, affascinato dai ruderi che trovi anche in campagna tra le vigne, dai paesini cotti dal sole con le loro pietre romaniche di piccole chiese quasi sempre chiuse, quasi la rivoluzione avesse voluto consegnarle all'oblio. Ricordo in un paesotto vicino a Orange, il motto Liberté Egalité Fraternité che campeggiava bellamente sul frontone di nartece medioevale a monito perenne della laicità francese. Tuttavia non ricordo come mai dopo tanti traversamenti di questo territorio, non abbia mai trovato il tempo per fermarmi a vedere uno dei monumenti più iconici e decisamente tra i più memorabili, il Ponte di Gard.

Gli archi

E' questo un vero miracolo della ingegneria idraulica di quei romani che arrivavano fin qui a piedi, erano di certo dei rozzi conquistatori che non guardavano in faccia a nessuno, ma che poi sapevano anche costruire cose capaci di resistere intatte per millenni, strade comprese. Prima facevano piazza pulita di chi non fosse d'accordo è vero, poi però facevano subito una strada lastricata, poi l'acquedotto e infine terme, anfiteatri e stadi, perché avevano già capito che con panem et circensem tenevi tranquilla la gente anche senza TV. Naturalmente dopo aver insegnato a tutti i fondamenti del diritto. A questo proposito, volevo sommessamente ricordare che una delle leggi della XII tavole repubblicane affisse nel foro, rimastaci a testimonianza del livello raggiunto oltre duemila anni fa, prevedeva che si avesse la possibilità di uccidere il ladro che ti penetrava in casa, solo se lo colpivi all'interno della domus e di notte, essendo per questo giustificato, dallo spavento del buio e dal pericolo di vita per te stesso (..si noctem furtum faxit,si im occisit, iure caeso esto...Tav. VIII) e siamo nel 451 a.C. tanto per capirci. Incredibilmente moderni per essere un popolo così lontano nei tempi. Inoltre la loro capacità di prevenire rivolte e contrasti coi popoli conquistati era semplicemente quello di assimilarli, dando loro la cittadinanza, visto che tutti a quei tempi, volevano immigrare illegalmente nell'impero (vedi gli ostracon trovati al confine sud egiziano, dei sudanesi che cercavano di corrompere i doganieri per passare la frontiera, gli egiziani no, quelli erano già tutti cittadini romani riconosciuti. Tanto per capirci. 

Il vecchio e il nuovo

E quindi eccoci qui davanti a questo gigante straordinario, l'unica parte rimasta di questo incredibile acquedotto che corre per una cinquantina di chilometri dalla fonte di Uzés fino a Nemausus, l'odierna Nimes. In realtà sembra che a Nemausus ci fosse acqua a sufficienza, tramite fonti e sorgenti locali, ma che l'opera fu eretta a partire dal 17 a.C. per semplici ragioni di prestigio, tanto pareva impossibile dal punto di vista tecnico. Infatti la pendenza è stata prevista di una trentina di centimetri ogni chilometro, cosa che sembra impossibile da ottenere con gli strumenti dell'epoca e la stessa costruzione del ponte, l'opera maggiore dell'intero acquedotto, progettato in tre ordini di archi per un'altezza di quasi 50 metri e lungo 275 per scavalcare il fiume Gardon, impone tecnologie costruttive di avanguardia, dagli argani per sollevare le pietre, alle centine necessarie per sostenere la costruzione degli archi e qui i Romani erano maestri, in cui sono ancora visibili le pietre di sostegno, infine ai materiali stessi, blocchi di pietra di una vicina cava col pavimento del ponte ricoperto di un particolare cemento sigillato da un calce strutto rivestito da una vernice rossastra contenete ossido di ferro, per evitare il degrado dovuto al calcare, in pratica una sorta di minio ante litteram. La struttura ha resistito benissimo tanto che per procurare dei danni ci è voluto Enrico II nel 1600, che ci fece passare sopra l'artiglieria pesante. Portò 20.000 metri cubi di acqua al giorno, che serviva per le fontane e per le terme, per oltre 500 anni, apparentemente grezzo all'esterno ma con una superficie di scorrimento dell'acqua estremamente liscia. 

La targa del 1745

Ma l'architetto Agrippa a cui l'opera va ascritta, durante il primo impero di Ottaviano, non si contentò di progettare un'opera tecnicamente difficile e mai eguagliata nei confini dell'impero, ma la volle anche bella, alla faccia della vulgata che i Romani badavano solamente al sodo. I tre ordini di archi sovrapposti hanno misure in linea con i canoni della bellezza classica con rapporti che ne rendono la vista gradevole, dando la sensazione della perfezione. Rimani incantato di fronte all'imponenza di questo colosso, attraversando a piedi il ponte allargato nel '700, questa volta non per la necessità di acqua, ma soprattutto per lucrare pedaggi ai carri. Non ti rimane che ammirare le antiche pietre ancora perfette appena scalfite dai millenni, mentre lo stemma di roccia apposto per ricordare il restauro settecentesco è già quasi completamente consumato in soli tre secoli. Sulle pietre della base scorgi i graffiti apposti dai visitatori che si sono aggirati nei secoli attorno a questa base, modi di fare evidentemente irresistibili anche durante il grand tour che facevano i primi viaggiatori nel sud dell'Europa per ampliare i loro orizzonti ed i loro amori per la classicità da poco riconsiderata degna di nota. Il sito intanto è appena aperto e possiamo aggirarci all'intorno quasi in solitudine, scavalcare il ponte per passare all'altro lato e poi aggirarci lungo il greto, in questa stagione povero d'acqua per goderci la struttura dal basso e poi risalire la collina fino in cima per vederlo dall'altro, penetrando con una certa fatica la macchia ed il bosco. Ogni radura ti dà un colpo d'occhio diverso e meritevole della fatica di arrivarci. 

Grotte e florines

Ci sarà una ragione se lo hanno messo sulle banconote da 5 euro, scelto tra i ponti d'Europa, più meritevoli. Devo dire che faccio fatica ad allontanarmene, che ormai si è fatto quasi mezzogiorno, ma meritava davvero la deviazione per arrivarci, oltretutto neanche si paga per camminarci sopra! Ce ne andiamo pensosi, ne hanno ancora di cose da insegnare questi Romani, capito caro Obelix mangiacinghiali. Così ci paghiamo sereni i 9 euro di parcheggio, visto che l'ingresso al ponte è gratis, ma i cinghiali costano. Dai che non abbiamo tempo da perdere e mancano altri 200 km alla tappa d'arrivo e prima delle 14 non saremo lì. Per fortuna è quasi tutta autostrada, che piano piano, superata la Camargue verso le Grau du Roi e lascia la costa risalendo verso il parco regionale delle Grands Causses e le Cevenne. Ma vista l'ora, prima della meta di oggi che è la cittadina di Millau, mi sono voluto fermare un attimo a quel Rochefort sur Soulzon (attenzione a non sbagliare che di Roquefort ce ne sono un sacco in giro per la Francia), perché la cultura è importante ma anche l'agroalimentare vuole il suo perché e questo paesino, bando alle ciance, è il centro di produzione di uno dei formaggi più importanti della Francia intera, direi un po' come il Gorgonzola o il Parmigiano in Italia. Siamo ad oltre 650 metri, diciamo in mezza montagna e il paesetto, non più di 700 abitanti sta lì abbarbicato alla sagoma dello sperone di roccia del monte Combalou, che con la sua storia geologica, una gigantesca frana che milioni di anni fa ha fatto precipitare a valle quasi la metà di questa roccia carsica e porosa, creando le condizioni perché la genialità dell'uomo trovasse l modo di sfruttarne le caverne e le fenditure rimaste per una produzione diventata poi famosa in tutto il mondo. 

l'assaggio

La Societé (nome per antonomasia che raggruppa il pool dei produttori iniziali, produce così circa 2,5 milioni di forme all'anno, in pratica la metà dell'intera disponibilità mondiale, che come tutte le Dop può essere prodotta solo qui e secondo il metodo tradizionale che prevede la raccolta del latte, 100% pecorino, nel mese di novembre, la formazione dei pani cilindrici di circa tre chili e dopo l'iniezione del ceppo di Penicilium roqueforti, prodotto direttamente con inoculazione del micelio in piccole forme di pane di segale dalle varie aziende, e messo per alcune settimane nelle grotte del monte aerate dalle cosiddette florines, fenditure nella roccia che provocano correnti d'aria che mantengono la temperatura attorno ai 10°C. Dopo l'affinamento il prodotto viene portato a valle in stabilimenti di conservazione attorno agli 0°C per circa un anno prima del confezionamento finale e della messa in vendita. Il giro nelle grotte è  davvero interessante visto che si procede nelle viscere della montagna in ambienti angusti su 7 piani diversi e per oltre 700 metri tanto che dall'uscita faticherete a riconoscere il punto in cui avete lasciato l'auto. Impressionanti le correnti d'aria che senti arrivare attraverso queste florines che appaiono come fessure nelle pareti di roccia delle grotte stesse e che vengono aperte o chiuse da appositi sportelli a seconda della temperatura che si registra nelle grotte stesse e interessante ça va sens dire, la degustazione finale, dei tre tipi di Roquefort, prodotto dall'azienda. certo un becchierino di Sauternes avrebbe completato l'opera ma non si può avere tutto dalla vita. Il prezzo di vendita del formaggio stesso, poi, non è nemmeno esagerato, meno di 30 euro al chilo, per un formaggio di questa notorietà e tra i più famosi al mondo. Insomma la cultura è cultura e si paga. 

Affinamento del roquefort

SURVIVAL KIT

Pont du Gard - Patrimonio dell'Unesco a metà strada tra Avignone e Nimes, il ponte scavalca il fiume Gard o Gardon che dir si voglia. Ingresso gratuito (ma il parcheggio no, per un paio d'ore 9 €), permette l'ingresso al sito e il passaggio sul ponte aggiunto nel 700, mentre la visita guidata che parte ogni ora, permette di salire a vedere il canale di passaggio dell'acqua. Allegato museo con molto spazio multimediale. Il parco di 160 ettari è tutto visitabile, c'è un sentiero attraverso la garrigue che porta anche a ruderi del vecchio acquedotto sulla collina. Per 5 secoli acquedotto, poi nel medioevo ponte, allargato nel '700, dopo i danni seguiti al passaggio di pesanti cannoni. Chi dice che la costruzione durò 5, chi 30 anni, da oltre 1000 operai, rimane comunque la più grande e perfettamente conservata opera del suo genere, conservata grazie al fatto che fu usata sempre come ponte, anche dopo il cessato uso dopo 5 secoli, mentre il resto dell'acquedotto fu smantellato quasi completamente per riutilizzarne le pietre come materiale da costruzione, come era d'uso ai tempi. Vale anche mezza giornata, tra passeggiate nel parco, museo e monumento.

Roquefort sur Soulzon - Paese dell'omonimo formaggio, da sfruttare per la visita di un'ora circa che organizzano le case produttrici (4 su 6, alcune gratuite, tutte con filmati esplicativi sul processo produttivo). La Societé è la ditta più importante che produce circa la metà di questo formaggio, degustazione alla fine. Ingresso 7,5 €. Portarsi un bel maglione o giacca a vento perché la temperatura è bassa. Diversi ristorantini in zona, dove allignano piatti a base di salsa di Roquefort.

Lo stemma ricordo del 700 già consumato


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