Romanzo molto adatto a chi ama l'India e da questa è attratto morbosamente come me, quindi certamente poco equilibrato nel giudizio. Certamente questi lavori a tinte forti possono sembrare un po' troppo feuilletton d'altri tempi, ma le storie indiane sono spesso dure e anche utili a sfatare quel giudizio generalizzato che si dà normalmente dell'India, credendolo un paese dolce e dal cuore spiccatamente gandhiano. No, l'India è anche e soprattutto un paese che può essere molto violento specialmente quando andiamo a parare sui temi religiosi e sui rapporti che si rifanno alle tradizioni. In particolare il trend politico di questi ultimi anni ha ancora di più, se possibile, accentuato questo aspetto che ha inasprito i rapporti tra la maggioranza indù e la minoranza mal sopportata e palesemente discriminata dei musulmani. Ma al di là della storia potente di questo romanzo, interessante come tutti quelli scritti da autori indiani, anche questa vive all'estero, è il secondo aspetto, il romanzo nel romanzo della protagonista, una giornalista di origine indiana, che si trova a seguire contro voglia una vicenda di cronaca nella sua terra in cui torna casualmente, chiamata a sostituire una collega. E' a mio parere la parte migliore del lavoro, che studia, scruta ed esamina gli stati d'animo degli espatriati che ritornano a casa e si trovano in mezzo al contrasto tra i loro vecchi stati d'animo e quelli nuovi, in cui credono di essere perfettamente integrati, trovandosi poi fuori posto in entrambe le situazioni. Una situazione che credo molto consueta, ma qui trattata con belle sfumature. Gradevole insomma.
domenica 15 settembre 2024
Recensione: T. Umrigar - Il canto dei cuori ribelli
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