domenica 9 giugno 2013

Tradizionale grigliata di primavera.






Ci sono consuetudini ormai diventate obblighi morali. Non puoi sottrarti, non è consentito, non è accettabile, bisogna farle. Una di queste è la famigerata grigliata di primavera. Ogni anno la compagnia montagnina, un gruppo di pensionati diversamente giovani, ricolmi di slanci giovanili mal riposti, sarà l'età che avanza, saranno i reumatismi, posiziona la data un po' più avanti nella stagione. E' ovvio da sempre, che la fine di marzo per le balze scoscese della Val Chisone è una data soltanto teorica, anche aprile si può lasciar scivolar via tra le brume nebbiose e gli ultimi rigurgiti nevosi invernali, quelli che facevano dire al Cardinal Pacca, il più noto prigioniero del Forte: "Se vuoi conoscer l'inferno, vieni a Fenestrelle d'inverno". Così si era ormai stabilito che fosse scelta in maggio la data da opzionare per rimanere entro limiti metereologici tali da evitare la giacca a vento pesante e le ultime spruzzate di neve. Ricordo un 1° maggio di tregenda con raffiche di vento che portavan via piatti di carta e bicchieri; così a poco a poco si è scivolati verso la fine del mese. quest'anno, complice un certo inaspettato raffreddamento del pianeta e l'assenza totale del Niño, davanti alla costa peruviana, si era deciso di posticipare al massimo. Tuttavia è parso a tutti che l'8 giugno fosse la data limite, anche perché diversamente avremmo dovuto mutare la titolazione dell'evento in grigliata d'estate. In ogni caso da alcuni giorni tra i vari componenti del gruppo correva una certa ipercinesi occitanica. Le femmine, a confezionare nervosamente ingredienti a coté della manifestazione (non si vive di sola carne), i maschi a sfogare la loro aggressività di pantere grige nel procurare tagli di proteine nobili, il più possibile succulenti e ricercati. 

Come i felini percorrono la savana alla ricerca di preda su cui affondare gli artigli bramosi di sangue di cui ingozzarsi, così i nostri eroi hanno percorso itinerari conosciuti, la pista della gazzella, per raggiungere, macellerie riservate, scaffali alti di dispensatori di tagli prelibati, fornitori poco conosciuti per ammassare materiali in quantità tali da permettere di resistere a lungo, qualora la malaugurata uscita dall'euro ci mettesse in condizioni di indigenza tale da doverci privare per sempre di queste fonti alimentari, invise moralmente e salutisticamente ad ogni buon vegano o persona di buon senso che dir si voglia. Già di primo mattino, benché il bollettino meteo, nervosamente compulsato per giorni e giorni, continuasse a promettere acqua da diluvio universale, i componenti dell'ala dura del gruppo, quelli che non hanno potuto frequentare i lupetti e le coccinelle dei Boy Scout da piccoli, cosa che ha causato loro turbe psichiche e deprivazioni di cui portano ancora evidenti segni, aveva caricato la macchine di attrezzature idonee per un campo himalaiano avanzato e si era mosso con una manovra di accerchiamento per raggiungere la balconata di Papa Giovanni in fronte al forte di Fenestrelle, avvolto ancora nelle brume mattutine. Gioiosamente i più volenterosi si erano sparsi sulle ripe a reperire legna da ardere, mentre i più organizzativi e consapevoli continuavano a scrutare il cielo da cui una leggera ma fastidiosa pioggerellina gelata cominciava a scendere con insistenza, facendo crocchiare ossa e giunture. 

L'umidità malevola ed arcigna cominciava ad inzuppare piles e maglioni, mentre volenterosi copricapi protettivi di cellophane ricavati da sacchetti sventrati proteggevano le teste dei più esposti. Non c'erano evidenti possibilità, ma invece di considerare una onorevole ritirata, i più incarogniti estraevano dai bagagli un grande telone di plastica evidentemente preparato all'uopo con colpevole premeditazione. Con mosse rapide i bricoleurs più abili provvedevano immediatamente ad occhiellarlo ai margini, quindi veniva steso un canapo robusto sopra la tavola prescelta tra i pini e sopra lo stesso veniva gettato con perizia il riparo improvvisato, tesi gli angoli e con improvvisati picchetti di legno di pino adatti a perforare il cuore del vampiro della leggenda, assicurati al terreno ormai infracidito dalla pioggia che, intanto cominciava a prendere maggiore corposità. Allo stesso tempo i fochisti provvedevano ad accendere la ramaglia umida di acqua, aggiungendo copiosa carbonella col solo risultato di produrre un fumo spesso ed acre che presto avvolgeva tutto l'accampamento. Le perplessità dei più timidi se continuare quella che appariva subito come il prodromo di una sconfitta insostenibile, venivano trascurate o semplicemente ignorate. I lavori continuavano a fervere, le auto avvicinate per meglio fissare i tiranti alle bagagliere, il telo sempre più teso che minacciava di strapparsi agli occhielli, pronto a formare pericolosa vela al vento che si levava sempre più teso da tramontana o al più pancia rigonfia di acqua in procinto di aprirsi sulla testa del malcapitato commensale sottostante. 

Sguazzando nell'erba fracida, qualcuno cominciava a sollevare dubbi, ma per meglio zittirlo, ecco spuntare i pacchi, mentre la griglia e la pietra ben arroventate dove l'acqua dal cielo cadeva sfrigolando, venivano subito predisposte sulla bragia per accogliere le carni. Mentre i primi pezzi cominciavano a colorarsi, il cielo decise di dare un ultimo segnale; dopo tuoni, lampi e saette, ignorati con noncuranza, la grandine cominciò a scendere picchiettando sul telo, come un pigolio di uccelli abbandonati nel nido; dopo poco, cessato il bombardamento, si aprirono le cateratte del cielo e il monsone cominciò a vomitare il suo rifiuto verso i gitanti. L'acqua ruscellava ormai da ogni parte. A questo punto con un colpo di mano, la parte meno obnubilata dalla furia neonaturistica, ha preso il sopravvento e con mosse veloci ha rimesso tutto nei sacchetti rifugiandosi nelle macchine al grido: "Tutti a casa di Geri", senza naturalmente degnarsi di interpellare il malcapitato Gerolamo, anche se i più duri e puri, continuavano ad implorare: "Aspettiamo almeno ancora una mezz'oretta che magari si asciuga ed esce il sole!". Appena trovata la pace di una casa ospitale ed accogliente, acceso il fuoco nel caminetto per asciugare schiene bagnate e ossa infracidite, dato fiato a stufe e fornelli, sono saltate fuori una decina di frittate spesse (patate, cipolle, zucchini, ortiche, fagiolini, e altre amenità vegetali per accontentare i non carnivori), vassoi a iosa con melanzane arrostite e peperoni all'olio e pout pourrì di pani fatti in casa per accompagnarli mentre saltavano i tappi di due magnum di Berlucchi per scaldare la compagnia abbacchiata. 

Tolta la più grossa è arrivato un filetto di Angus che pareva un neonato sui due chili e mezzo, affettato con perizia dal machete del padrone di casa, splendidamente attrezzato per la verità. E' stata quindi la volta di una serie di fiorentine di Chianina da 1,3 chilogrammi, per gli amanti della carne rossa, i più rissosi ed aggressivi del gruppo naturalmente. Per gli affezionati ai sapori decisi, alcuni chilogrammi di luganega valtellinese, in parte ben abbrustolita sulla pietra del camino, l'altra metà sapientemente brasata con spezie e ginepro, infine per chi non sa ormai rinunciare al dolce sapore del grasso suino, sottili fette di capocollo deliziosamente marezzate, hanno terminato il loro sfrigolamento, tra frullar di ganasce mai sazie, mescolando la loro incredibile sapidità, alla tenerezza croccante che il maiale sa donare ai suoi estimatori. Ma poiché come dice Gerolamo, "la boca no xè straca se non sà de vaca" è partita la teoria dei tomini alla piastra seguita dalla provola affumicata, debitamente tagliata a fettine sottili. E' iniziata poi la sfilata dei dolci, crostata al lampone, torta di mandorle, burroso e morbido plum cake, salame dolce al cioccolato e torroni morbidi e duri a volontà, innaffiati dalle profumate note di un Picolit. Non è stato facile, ma credo che anche per quest'anno, superata la nottata, ce la faremo. 


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