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domenica 22 maggio 2022

Grigliata di primavera

 

Forte di Fenestrelle

Dopo due anni di forzata interrruione, ieri col mio gruppetto scelti di amici tra i monti è finalmente ripresa una tradizione che mi mancava parecchio, a parte le tante altre a cui la situazione ci ha costretti tutti, in questo periodo di presenza-assenza forzosa. La giornata spettacolare ci ha premiato, quasi anche gli dei volessero dirci che ce la meritavamo. Il luogo, inalterato (o quasi, i cambiamenti anche minimi, l'anziano li vede sempre in chiave negativa) che ci aspettava, con lo spettacolo di una quinta naturale che, a pensarla, sarebbe difficile da immaginare e una temperatura, anchìessa innaturale per la fine di maggio. Tutto secondo copione, luganiga e capocollo, costine , tomini e scamorza, poi il resto di tradizione come contorno, che non starò ad elencare per non annoiarvi oltre. Una scusa di certo per ritrovare i vecchi amici, ogni anno un po' più vecchi naturalmente, che tuttavia ti danno quel senso di tranquilla serenità di cui abbiamo bisogno. Diciamo che questa grigliata apre la mia stagione estiva, che, spero sarà foriera di buon augurio per tutti. Che il capocollo sia con voi, cari ii miei Obi Wan Kenobi!



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sabato 3 aprile 2021

Grigliata di Pasquetta


Oggi volevo portarmi avanti col lavoro e cominciare a farvi gli auguri pasquali, ma dato che ieri pomeriggio ho ricevuto un graditissimo invito per una gita fuori porta a Pasquetta, ve ne volevo informare nei dettagli, intanto per esternarvi il mio giubilo, ma anche per farvi sorgere dal profondo quella che si dice la cazzimma o quanto meno un leggero moto di invidia nei miei confronti. Mi sembra già di sentire il coro di: eccolallà i soliti privilegiati che se ne impippano delle regole e fanno quello che gli pare.  Lo so già che una fila di saputelli faranno subito una faccia severa e preoccupata e vorrebbero subito partire con una reprimenda del tipo, ma brutto farabutto, non sai o fai finta di non sapere che la tua regione e soprattutto proprio nei giorni di Pasqua la tua città è in strettissima zona rossa e bisogna starsene in casa e le grigliate nei prati non dovrebbero neppure essere pensate e figuriamo ci se nominate e tu giù prepari le fette di capocollo e le salcicce? Proprio tu che fai tanto il censore e che ti stupisci se quando sei uscito per un inevitabile appuntamento con la banca o per andare a fare la spesa, hai trovato la piazzetta piena di gente, molti dei quali senza mascherina, quando tu te ne metti addirittura due una sopra l'altra e giustamente pensi alle peggio cose per il menefreghismo della gente? 

E' inutile, è sempre la stessa storia, tutti sono pronti a fare le reprimende sul cattivo comportamento degli altri e poi quando si tratta di se stessi diventano improvvisamente possibilisti e disposti a trovare le mille scuse per chiamarsi fuori. La mia scusa, ve lo devo dire, è che io e la mia G.S. (gentile signora) non potevamo davvero esimerci da questo gradito ed inaspettato invito, peraltro sollecitato da noi stessi a suo tempo e se è arrivato proprio a Pasquetta, vuol dire che ne approfitteremo senza acrimonia, né sensi di colpa. D'altra parte è così che funziona per i privilegiati come diceva il Marchese del Grillo, Io so' io e voi non.... con quel che segue. Dunque, per finire di mettervi al corrente, come vi ho detto, ieri sera abbiamo ricevuto una mail e per essere più sicuri anche un SMS, direttamente dalla Regione Piemonte che ci comunicava di andare, proprio il pomeriggio di Pasquetta alla caserma Valfrè, non già per ritirare una congrua porzione di costine e salamelle grigliate, ma per farci inoculare una opportuna siringata di vaccino, alla faccia delle mie preoccupazioni che temevano di non essere riuscito a prenotarmi nella maniera corretta sul sito, data la mia ben nota dimestichezza con la tastiera e i suoi meandri digitali. Comunque auguri a parte, il sistema non è poi così inefficiente come si dice. Dunque Buona Pasqua e tranquilli, vi farò sapere.


martedì 23 maggio 2017

Grigliata di primavera?

Val Chisone

E' un appuntamento annuale, certo, ormai quasi un'abitudine, ma che abitudine. Ritrovarsi con gli amici a raccontare ricordi sempre uguali, ma ogni volta così diversi; ad aspettare quello che accadrà domani. Se le sai guardare, in fondo ci aspettano solo cose belle. Belle come lo sfrigolar di una griglia, belle come il profumo di primavera nell'aria, belle come questa valle dal verde vivo così intenso da fare male agli occhi e dal blu cobalto in un cielo che la pioggia caduta ha reso limpido come cristallo. Che meraviglia!

lunedì 9 maggio 2016

La consueta grigliata



E anche quest'anno è venuta l'ora della famosa grigliata di primavera. L'occasione ormai tradizionale per la compagnia di ritrovarsi dopo un inverno uggioso e solitario e programmare la voglia di estate, raccontarsi le mille magagne sopraggiunte, rallegrarsi vicendevolmente di aver passato l'inverno, insomma constatare di essere ancora vivi. Magari alla fine la scusa è quella, ma poi si tratta sempre di fare la solita famigerata abbuffata in compagnia, sotto le mura severe del forte che sta sempre lì, come la fortezza Bastiani a guardia del nulla, custode muto dei ricordi di una vita. Alla fine, come capita ormai da un certo periodo a questa parte complice una climatologia avversa, ma cosa vuoi che faccia ai primi di maggio, se non nebbietta leggera e pioggerellina gelida, invece di fare come gli uomini veri che affrontano il monte bardati di tutto il necessario, ci si rintana nella piccola Versailles dell'amico anfitrione che la apre alla folla numerosa e ingorda, carica di pacchetti e quanto necessario alle nostre anziane ma sempre fameliche bocche. 

Ma state tranquilli, non starò a raccontarvi della serie infinita di salumi, torte salate, frittate di ogni tipo, insalate e verdure alla griglia, né della varietà di carni, bistecche e capocolli, luganighe preziose, tomini e scamorze sapientemente affumicate, che hanno onorato la griglia dell'antico caminetto. Troppe ne ha viste quel luogo per meravigliarsi ancora. Inutile anche fare l'elenco stucchevole dei dolci che hanno aggiustato la bocca a quegli stomaci mai esausti ed alle pance mai dome. Dosi robuste di Nebbiolo, Barbaresco e di Sauternes, hanno aiutato certamente, molto ben aiutato direi. Ma forse quel calore così presente nell'aria, accresciuto dalla note illanguidite di un pianoforte prosseneta, non derivava solo dalla fiamma viva e dall'odore di resina e di bosco dei camini, ma dall'amicizia antica che impregna da tempo quei muri. Adesso non ci resta che aspettare l'estate.

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giovedì 5 maggio 2016

In preparazione

immagine dal web


Sono qui in una di quelle aree di non esistenza, una delle tante sale d'aspetto del mondo, questa particolarmente odiosa, sia per il fisico che per il morale, benché linda ed accogliente, nella sostanza dolore e portafoglio. Dal dentista insomma. In questi momenti di apnea assoluta bisogna lasciar libera la mente, anzi mettersi in uno di quegli stati di meditazione di cui vi ho parlato qualche giorno fa. Insomma pensare di essere da qualche altra parte, evadere, scomparire e traslarsi in un'altra dimensione al di là della barriera dello spazio tempo. Così posso almanaccare sul senso della vita e dedicarmi almeno per un po', come suggerirebbe Eco, alla preparazione delle liste. Di una in particolare. Operazione anche utile oltre che piacevole quindi, data l'incombenza, tra soli due giorni della famosa grigliata di primavera, quella che mette fine alle vacanze invernali e apre quelle estive della compagnia della montagna, ormai quasi pronta alle pendici del più famoso monumento d'Europa, la Muraglia Piemontese, il Forte di Fenestrelle. Le mura imponenti che hanno visto la prigionia della Maschera di Ferro, del Cardinal Pacca e si dice, ma sono le malelingue, in realtà sempre non risponda al vero, campo di reclusione per gli Ufficiali dell'Esercito Borbonico, sono lì mute e severe che ci aspettano per giudicarci. Bisogna fare il conto del numero esatto dei partecipanti per calcolare quanti tomini e quante scamorze affumicate necessitino, che nonostante la loro indiscussa cancerogenicità, nella filosofia della griglia sono sempre un obbligo morale. Accidenti, due vestali in camici bianco/verdini  (molto di moda in questo momento politico), mi richiamano all'ordine. Vado. Ci risentiamo.


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domenica 9 giugno 2013

Tradizionale grigliata di primavera.






Ci sono consuetudini ormai diventate obblighi morali. Non puoi sottrarti, non è consentito, non è accettabile, bisogna farle. Una di queste è la famigerata grigliata di primavera. Ogni anno la compagnia montagnina, un gruppo di pensionati diversamente giovani, ricolmi di slanci giovanili mal riposti, sarà l'età che avanza, saranno i reumatismi, posiziona la data un po' più avanti nella stagione. E' ovvio da sempre, che la fine di marzo per le balze scoscese della Val Chisone è una data soltanto teorica, anche aprile si può lasciar scivolar via tra le brume nebbiose e gli ultimi rigurgiti nevosi invernali, quelli che facevano dire al Cardinal Pacca, il più noto prigioniero del Forte: "Se vuoi conoscer l'inferno, vieni a Fenestrelle d'inverno". Così si era ormai stabilito che fosse scelta in maggio la data da opzionare per rimanere entro limiti metereologici tali da evitare la giacca a vento pesante e le ultime spruzzate di neve. Ricordo un 1° maggio di tregenda con raffiche di vento che portavan via piatti di carta e bicchieri; così a poco a poco si è scivolati verso la fine del mese. quest'anno, complice un certo inaspettato raffreddamento del pianeta e l'assenza totale del Niño, davanti alla costa peruviana, si era deciso di posticipare al massimo. Tuttavia è parso a tutti che l'8 giugno fosse la data limite, anche perché diversamente avremmo dovuto mutare la titolazione dell'evento in grigliata d'estate. In ogni caso da alcuni giorni tra i vari componenti del gruppo correva una certa ipercinesi occitanica. Le femmine, a confezionare nervosamente ingredienti a coté della manifestazione (non si vive di sola carne), i maschi a sfogare la loro aggressività di pantere grige nel procurare tagli di proteine nobili, il più possibile succulenti e ricercati. 

Come i felini percorrono la savana alla ricerca di preda su cui affondare gli artigli bramosi di sangue di cui ingozzarsi, così i nostri eroi hanno percorso itinerari conosciuti, la pista della gazzella, per raggiungere, macellerie riservate, scaffali alti di dispensatori di tagli prelibati, fornitori poco conosciuti per ammassare materiali in quantità tali da permettere di resistere a lungo, qualora la malaugurata uscita dall'euro ci mettesse in condizioni di indigenza tale da doverci privare per sempre di queste fonti alimentari, invise moralmente e salutisticamente ad ogni buon vegano o persona di buon senso che dir si voglia. Già di primo mattino, benché il bollettino meteo, nervosamente compulsato per giorni e giorni, continuasse a promettere acqua da diluvio universale, i componenti dell'ala dura del gruppo, quelli che non hanno potuto frequentare i lupetti e le coccinelle dei Boy Scout da piccoli, cosa che ha causato loro turbe psichiche e deprivazioni di cui portano ancora evidenti segni, aveva caricato la macchine di attrezzature idonee per un campo himalaiano avanzato e si era mosso con una manovra di accerchiamento per raggiungere la balconata di Papa Giovanni in fronte al forte di Fenestrelle, avvolto ancora nelle brume mattutine. Gioiosamente i più volenterosi si erano sparsi sulle ripe a reperire legna da ardere, mentre i più organizzativi e consapevoli continuavano a scrutare il cielo da cui una leggera ma fastidiosa pioggerellina gelata cominciava a scendere con insistenza, facendo crocchiare ossa e giunture. 

L'umidità malevola ed arcigna cominciava ad inzuppare piles e maglioni, mentre volenterosi copricapi protettivi di cellophane ricavati da sacchetti sventrati proteggevano le teste dei più esposti. Non c'erano evidenti possibilità, ma invece di considerare una onorevole ritirata, i più incarogniti estraevano dai bagagli un grande telone di plastica evidentemente preparato all'uopo con colpevole premeditazione. Con mosse rapide i bricoleurs più abili provvedevano immediatamente ad occhiellarlo ai margini, quindi veniva steso un canapo robusto sopra la tavola prescelta tra i pini e sopra lo stesso veniva gettato con perizia il riparo improvvisato, tesi gli angoli e con improvvisati picchetti di legno di pino adatti a perforare il cuore del vampiro della leggenda, assicurati al terreno ormai infracidito dalla pioggia che, intanto cominciava a prendere maggiore corposità. Allo stesso tempo i fochisti provvedevano ad accendere la ramaglia umida di acqua, aggiungendo copiosa carbonella col solo risultato di produrre un fumo spesso ed acre che presto avvolgeva tutto l'accampamento. Le perplessità dei più timidi se continuare quella che appariva subito come il prodromo di una sconfitta insostenibile, venivano trascurate o semplicemente ignorate. I lavori continuavano a fervere, le auto avvicinate per meglio fissare i tiranti alle bagagliere, il telo sempre più teso che minacciava di strapparsi agli occhielli, pronto a formare pericolosa vela al vento che si levava sempre più teso da tramontana o al più pancia rigonfia di acqua in procinto di aprirsi sulla testa del malcapitato commensale sottostante. 

Sguazzando nell'erba fracida, qualcuno cominciava a sollevare dubbi, ma per meglio zittirlo, ecco spuntare i pacchi, mentre la griglia e la pietra ben arroventate dove l'acqua dal cielo cadeva sfrigolando, venivano subito predisposte sulla bragia per accogliere le carni. Mentre i primi pezzi cominciavano a colorarsi, il cielo decise di dare un ultimo segnale; dopo tuoni, lampi e saette, ignorati con noncuranza, la grandine cominciò a scendere picchiettando sul telo, come un pigolio di uccelli abbandonati nel nido; dopo poco, cessato il bombardamento, si aprirono le cateratte del cielo e il monsone cominciò a vomitare il suo rifiuto verso i gitanti. L'acqua ruscellava ormai da ogni parte. A questo punto con un colpo di mano, la parte meno obnubilata dalla furia neonaturistica, ha preso il sopravvento e con mosse veloci ha rimesso tutto nei sacchetti rifugiandosi nelle macchine al grido: "Tutti a casa di Geri", senza naturalmente degnarsi di interpellare il malcapitato Gerolamo, anche se i più duri e puri, continuavano ad implorare: "Aspettiamo almeno ancora una mezz'oretta che magari si asciuga ed esce il sole!". Appena trovata la pace di una casa ospitale ed accogliente, acceso il fuoco nel caminetto per asciugare schiene bagnate e ossa infracidite, dato fiato a stufe e fornelli, sono saltate fuori una decina di frittate spesse (patate, cipolle, zucchini, ortiche, fagiolini, e altre amenità vegetali per accontentare i non carnivori), vassoi a iosa con melanzane arrostite e peperoni all'olio e pout pourrì di pani fatti in casa per accompagnarli mentre saltavano i tappi di due magnum di Berlucchi per scaldare la compagnia abbacchiata. 

Tolta la più grossa è arrivato un filetto di Angus che pareva un neonato sui due chili e mezzo, affettato con perizia dal machete del padrone di casa, splendidamente attrezzato per la verità. E' stata quindi la volta di una serie di fiorentine di Chianina da 1,3 chilogrammi, per gli amanti della carne rossa, i più rissosi ed aggressivi del gruppo naturalmente. Per gli affezionati ai sapori decisi, alcuni chilogrammi di luganega valtellinese, in parte ben abbrustolita sulla pietra del camino, l'altra metà sapientemente brasata con spezie e ginepro, infine per chi non sa ormai rinunciare al dolce sapore del grasso suino, sottili fette di capocollo deliziosamente marezzate, hanno terminato il loro sfrigolamento, tra frullar di ganasce mai sazie, mescolando la loro incredibile sapidità, alla tenerezza croccante che il maiale sa donare ai suoi estimatori. Ma poiché come dice Gerolamo, "la boca no xè straca se non sà de vaca" è partita la teoria dei tomini alla piastra seguita dalla provola affumicata, debitamente tagliata a fettine sottili. E' iniziata poi la sfilata dei dolci, crostata al lampone, torta di mandorle, burroso e morbido plum cake, salame dolce al cioccolato e torroni morbidi e duri a volontà, innaffiati dalle profumate note di un Picolit. Non è stato facile, ma credo che anche per quest'anno, superata la nottata, ce la faremo. 


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domenica 10 giugno 2012

Poesia della griglia.

Il Forte di Fenestrelle
Le tradizioni sono stampate nella storia dei popoli. Saturnali, Baccanali, tutto era giustificato dalla scansione del tempo calendariale; ma si sa ogni festa era giustificazione allo sfogo delle pulsioni inespresse, della voglia di esagerare che giustifica gli eccessi. Certo all'anziano, molte sono le brame che turbano la mente, ma poche ahimè, quelle percorribili. Tempo, modi, forme e possibilità pratiche gli consigliano o gli impongono di ridurle al minimo. Così addio feste della primavera, calendimaggio in cui il dardeggiare delle occhiate furtive, chiama a complicità allusive e promettenti, addio a momenti di gloria in agoni Pitici o Olimpici, dove gli stanchi corpi non possono più misurarsi se non attraverso una voyeristica azione da poltrona, addio ad eccessi da ambienti fumosi e mediati da sacerdotesse invasate dalla furia di Evoè. Rimane la parca soddisfazione del banchetto imbandito, della ricchezza della tavola farcita di prelibatezze, del piacere di sentire vicina la presenza degli amici che attenuano le asprezze delle voluttà e delle passioni sfrenate, in una dolce e pastosa comunione di intenti, quella, alla fine, di sbarazzare degli ingombri,  una tavolata  ricca e ripiena di colori e profumi, Parnaso di poesia e di ricordo. 
Vino, vino, vino!

Ecco perché non si può perdere la tradizionale Gran grigliata di Benvenuto all'Estate, mentre il gran Forte di Fenestrelle, sentinella delle Alpi, fa buona guardia alle spalle, con la sua rassicurante presenza, dove il consueto gruppo di amici, imbandisce ogni anno un sardanapalico banchetto. Si direbbe ogni anno di più, quasi a voler far scordare il passato, ma certo che quando, stesa la tovaglia, cresce la fungaia delle bottiglie di vino dalle provenienze importanti, per carità solo per tener ferma la copertura, che il venticello della tarda primavera non se la porti via, capisci che questa gente ha un tarlo nascosto che reclama il ricordo di eccessi passati da non dimenticare. Allora fioriscono come per magia, coppe calabresi le cui fette di raffinato rosa antico rilasciano profumi ammalianti, mentre il festival delle frittate comincia, anche per dare tempo alla legna raccolta con fatica nel bosco di trasformarsi in brace ardente, ché un duro compito avrà da svolgere. La griglia si scalda intanto che le verdure che una sua sorella minore aveva già approntato, scorrono, facendo saltar nei piatti spesse falde di peperoni di Carmagnola, fette di sapida melanzana, strisce di zucchine profumate. Tutto per tamponare gli stomaci impazienti e per aprir la strada ai primi arrivi che si fanno strada tra fumi e sfrigolar di grassi. 

le regine della griglia.
Subito si presenta la celebre luganega valtellinese, così tenera e indifesa, prima ad arrivare come avesse fretta di presentarsi al giudizio dei commensali. Che sapore delicato ed invogliante, ma ecco incombe il capocollo, così ricco di infiltrazioni grasse da renderlo talmente morbido e sapido al tempo stesso, da far dimenticare oh insensibile ingrato, la sua sorella appena ingurgitata. Ma subito incombono le regine della bragia, costate imperiali di piemontese di nota e certificata provenienza. Un chilozzo cadauna mal contato, splendore per la vista, delizia di palati ghiotti ed insensibili alle sirene vegetariane, tenere come burro, sapide come femmine, desiderose solo di essere mangiate. E vino, vino, vino come se piovesse sui pini e sulle tamerici, mentre l'ombra fronzuta promette un'estate finalmente piena di altri ghiotti appuntamenti. Ma un pensiero assale i ventri già troppo rigonfi, una preoccupazione assale le menti ormai ingombre, presto presto, che le scamorze stillano oramai gocce di piacere promesso, van subito tolte con attenzione e portate a guarnire i piatti ormai sgombri, per poi lasciar ulteriore spazio allo spicchio di gorgonzola che ammicca e sembra sciogliesi nell'attesa. Come rinunciare ad irrorarlo con un goccetto di marsala secco, sposo perfetto per una così promettente e bianca fanciulla. 

Sembra finita, le cinghie si smollano, le epe tirano e le camicie pur larghe, paiono fare difetto e invece no, si apre la saga dei dolci in cui molte spose voglion trovare, mostrando la loro fantasia, degno contrappasso al virile maneggio del forchettone e del coltellaccio da trancia. Tarte tatin alle albicocche dall'acidulo sentore, crostata di mele in variante morbida, frolla alle ciliege, pesche e riso nero, una sperimentazione appena testata dopo i suggerimenti vercellesi e gran finale coi piemontesissimi salami dolci della tradizione di gioventù. Meloni profumati e rossa anguria per ricordare ancora i colori dell'estate e per placare le affaticate pareti esofagee. Poi il riposo rotto solo di tanto in tanto da scaglie golose di cioccolata alla nocciola da assumere con lentezza per assaporarne l'effetto medicamentoso e sprigionare quel tanto di serotonina che ancora la ghiandola non aveva pompato, ma mescolato, per renderlo ancor più soave e ricco di sapore da deliziosi kumqat che da mesi insaporivano annegati nel liquore da loro stessi creato. Critici savonaroliani, non solo cibo volgare, ma rose e fiori di campo a render la tavola orgogliosa delle sue poetiche promesse! Giornata dura ma illuminante, in cui la compagnia degli amici ha condito quella che potrebbe essere una pantagruelica strippata, rendendola un richiamo ammiccante per un'estate serena.

Fumo e poesia.

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domenica 22 maggio 2011

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lunedì 4 maggio 2009

Febbre suina

Non poteva essere diversamente; come un vento rapido e sconvolgente, il contagio si diffonde a macchia d'olio ed in modo irreparabile in tutto il mondo. E' questione di ore, di qualche giorno e ogni angolo del pianeta ne è stato colpito. Né noi potevamo rimanere immuni. La febbre del suino ci ha colpito tra i monti, dove, sciocchi, pensavamo di rifugiarci in attesa che il contagio passasse e ci lasciasse indenni. Una sorta di spazio asettico dove svolgere il nostro annuale Decameron montano, dove dipanare il nostro piacevole novellare cortese, dandoci il buon tempo della lunga amicizia. Ma il virus malefico si è insinuato per vie non prevedibili, attraverso quello che doveva essere il nostro baluardo di difesa primario ed in particolare, il tragico e definitivo passaggio è avvenuto non già dal previsto porcello, ma da chi da esso doveva primariamente difenderci, sia per le conoscenze specifiche, sia per la fiducia che in essi avevamo riposti. Così attraverso questa perfida mediazione dell'avvocato, che doveva rappresentare la nostra guida legale al virus e tramite il veterinario, che era per noi il controllo ultimo al male, è giunto a noi il materiale che ci ha travolto definitivamente sottoforma di capocollo e luganega valtellinese. Nel luogo ameno prescelto per il sabba, sono state trasportate quantità acconce dei suddetti materiali che già nella tarda mattinata facevano mostra di sè, in ranghi serrati, su una poderosa griglia, accompagnati, per non rimaner soli, da folte rappresentanze di wurstel tedeschi. Il solo sfrigolio, lento e costante sarebbe stato sufficiente a contagiare senza rimedio tutta la compagnia del morbo fatale, ma è stato il capocollo a fungere da icona epifanica attraverso il quale il virus si è definitivamente incistato dentro ognuno di noi. Solo chi ha assaporato la gustosità sapida e la inaudita morbidezza del pezzo in questione, cotto al punto giusto e strappando con le mani le tenere rotondità dei fasci muscolari marezzati di dolce grasso quasi sciolto dal calore della pietra rovente, dopo aver scartato con disdoro l'offensiva lama di un arrogante coltello, può capire le tragiche conseguenze. Chi viene colpito dal virus suino, non ha speranze di guarigione, checchè ne raccontino i media per non aumentare il panico tra la popolazione. Ormai il male oscuro del capocollo ci ha presi tutti e a poco sono valse le cure immediate, bottiglie di Aglianico del Vulture e Cannonau come se piovesse, il liquorino di erba cedrina di Franca, le verdure grigliate di Carla per rallentare il male; i tripudi di dolciumi, incluso il tradizionale salame dolce di Tiziana, per rendere meno invasivo il virus. Anzi a rafforzarlo ulteriormente contribuivano le coppe ed i salami di Beppe e le braciole di Giulio. Ci siamo lasciati andare allora, senza più combattere, arrendendoci alla malattia, lasciandoci scivolare in quel limbo privo di sogni, popolato di fantasmi di capocolli e salcicce che è il pomeriggio successivo alla grigliata del primo maggio.

Where I've been - Ancora troppi spazi bianchi!!! Siamo a 121 (a seconda dei calcoli) su 250!