Il quartiere centrale di maputo |
Più la vivi e più la parte nobile di Maputo evidenzia i suoi tratti comuni alla sua categoria di capitale, anche, se vuoi, periferica e in bilico tra crescita turbinosa e sonnecchiamento terzomondista. Ti muovi lungo la sfilata dei palazzi del potere, recintati da muri psicologicamente invalicabili con le torrette bunker da cui occhi severi di militi armati ti invitano a stare dall'altra parte della strada e quella delle ambasciate, altri diversi fortilizi in cui si rinserra una fauna di funzionari attenti a camminare sulle uova, che vivono una vita di frontiera in un'oasi innaturale nella quale hanno trovato un loro ecosistema impermeabile ai disturbi esterni. A lato, le dimore dei ricchi o dei potenti, che in fondo si identificano e si sovrappongono, circondate da fili elettrificati ad alta tensione e guardia armata per tener fuori la realtà quotidiana della strada, con i suoi miasmi o per i suoi afflati che spirano dalle periferie delle baracche con preoccupante continuità, come nebbie da palude, cariche di promesse e minacce. Tutti i negozi, uffici ed esercizi commerciali, presentano il sovracosto di una sorveglianza esterna con tanto di fucile, un segno di insicurezza consapevole piuttosto che di efficienza ponderata. L'impressione è che ci sia sempre un di qua e un di là, con una frontiera difficile da attraversare, una realtà dura da scalfire che rimanda alla storia recente, ai contrasti civili, alla lotta politica fatta non soltanto con le parole. Un melting pot che porta poi ad una sensazione di insicurezza che avvolge la città quando cala la luce, di botto come è consuetudine qui al tropico, quando è meglio in fondo, dopo una certa ora, non muoversi a piedi per le larghe strade percorse solo da auto che corrono veloci, come ansiose di tornarsene a rinchiudersi nei loro ghetti dorati.
Forse lì fuori, nel buio non c'è nulla, forse le ombre scure della notte sono solo frutto della fantasia, però monta il borborigmo dell'uomo primitivo che calate le tenebre cerca riparo all'interno del proprio recinto, tra visi noti e simili al suo, attorno al fuoco che lo difende dalle fiere. Solo e isolato, davanti al mare, l'hotel Polana è uno di quei luoghi mito di un'epoca coloniale ormai morta ma sempre presente nei ricordi e nei discorsi, alla pari di tanti altri nel mondo, dal Raffles di Singapore, al Continental di Saigon. I maggiordomi neri che aprono le porte dei taxi che si presentano sotto il riparo della grande pensilina dell'entrata dopo aver percorso il vialetto a mezzaluna del parco, sono gli stessi dello scorso secolo. Il suo odore di lusso coloniale viene soltanto un poco avariato dagli aggiornamenti e dalle aggiunte più recenti. Nella sontuosità dei suoi larghissimi spazi paludati, i passi suonano ovattati e se ti siedi sulla grande terrazza di fronte al mare reso nero dalla notte, ti par di sentire ancora il tintinnare del ghiaccio nei bicchieri di scotch bevuto a grandi sorsi da spie sudafricane e da uomini d'affari con grandi sigari cubani. Graham Green e il suo Fattore Umano tengono ancora banco tra i muri spessi delle sale interne. Malika invece, sta seduta sola, affondata tra i morbidi cuscini di un pesante sofà dalle volute barocche, magra, slanciata, coi lineamenti forti del suo essere orgogliosamente berbera. Beve vino bianco ghiacciato e fuma sottili sigarette dal lungo filtro bianco. Di certo si sente una donna moderna, forte e in grado di costruire da sola la sua vita.
E' schiusa in fretta dal suo bozzolo, quello stretto e serrato in cui il nonno non riusciva a capire come mai, essendo femmina, la si continuasse a fare studiare, poi la Francia a respirare aria d'occidente, poi infine l'Africa, col suo richiamo ancestrale e insieme quello della terra delle grandi occasioni, per chi come lei ne conosce le sfumature e le potenzialità. Ditte sudafricane e maghrebine, materiali del mondo moderno che si affaccia qui ancor più prepotente che altrove, energia solare, trattamento acque, forniture per miniere, una trader aggressiva e globalizzata come potrebbe esserlo una sua collega americana od orientale, che probabilmente tratta con i suoi dirimpettai, col latente fastidio di essere considerata donna piuttosto che rappresentante asessuato di qualche ditta. Il Polana diventa quindi il suo ambiente naturale, col suo iphone da ricaricare, il suo bicchiere di bianco ghiacciato e il Marocco lontano, un fastidio più che un ricordo. Tira ancora qualche lunga boccata, le spirali di fumo salgono verso il soffitto alto dietro le grandi vetrate sul giardino mentre socchiude gli occhi nerissimi dal taglio allungato. Lo sguardo delicato e freddo allo stesso tempo, non lascia affiorare i suoi sogni, mentre affonda le spalle nei cuscini per ripararsi dalla brezza della notte. Uomini in vestiti scuri popolano l'atrio, entrando dalle bussole delle porte girevoli, pesanti girandole di legni africani. E' finita l'epoca delle spie, qui ormai c'è solo la riunione settimanale del Rotary.
Hotel Polana |
SURVIVAL KIT
Hotel Polana Serena Maputo - Il più famoso albergo coloniale della capitale, lusso d'antan. Camere sui 300$. Wifi a pagamento, come anche l'aria che si respira. Se vi va di respirare un'atmosfera, potrete andare a bervi una birra al bar sulla terrazza per vedere un mondo che a poco a poco si sta spegnendo soffocato dai Radisson e dai nuovi 5 stelle che i cinesi stanno costruendo in gran fretta.
2 commenti:
9Mi porti a galla di una Martinica anni settanta alla Angela Davis, una coppia di negri maestosa — non ancora un Armani ma lo stesso — di ricchi addottorati La Sorbonne Paris France che si portava aggiro d'isoletta cultura gauche caviar, i bar aria condizionata da Planteur longdrink che, se non andavi in maglione, c'era la polmonite
Poi Trinidad Port of Spain — abisso culturale alla anglosassone —, dove pensai che una nettezza urbana, presignana di raccolte differenziate, raccattassse nottetempo disgraziati sia negri che indiani al tiro di calzino da baracca che avrebbero altrimenti sciupato l'ammirare la silhouette liscia dei grattacieli puliti delle banche
Un saluto
@Pedo - certo fa specie l'uniforme da banca bianca mai stanca eppur uniformata al globo pazzo che attira mire di ricchezza sognata e involuta mai doma e pretenziosa.
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