Per le vie di Calcutta |
Un mese è tanto ed è poco. Passa in un attimo, ma quando ti sposti ogni giorno ed ogni giorno incontri persone diverse, vedi cose nuove e spettacoli che cambiano continuamente, alla fine nella tua povera testa di vecchietto pretenzioso di capire, si affastella una tale quantità di informazioni che alla fine la confusione totale è il minimo che tu ti possa aspettare. Quando arrivi a casa stanco e confuso, fai fatica a mettere in ordine le cose e le emozioni, a volte le confondi con le aspettative che avevi, spesso troppo esagerate, altre inattese e ancor di più per questo memorabili. Se poi il luogo che hai lasciato è l'India, un paese dove già di per se stessa, la confusione è sovrana, le cose si complicano ancora di più, per questo, come avrete notato, continuo a rinviare l'inizio del mio raccontare. Nella speranza, vana, che i faldoni sulla scrivania si rimettano a posto da soli, che tutto riprenda l'ordine che fa scorrere racconti e ricordi con un fluire gradevole e senza scosse. Niente da fare, le cose non si sistemano da sole, bisogna prenderle in mano e con fatica cominciare a dipanare la matassa.
Così eccomi riemergere dalle nebbie padane del parcheggio Mariuccia, intabarrato per il freddo e l'umidità e uscire dopo un tempo indefinito (chissà perché chi non riesce a dormire in aereo ha sempre l'impressione di rimanere in un limbo indeterminato, prima di uscire dallo stargate che lo immette in un altro spazio tempo, un po' stordito e con gli occhi cisposi che bruciano a forza di sfregarli) da una sliding door dove, dove la zaffata di caldo umido ti attacca alla gola assieme a odori e suoni già provati, che avevi messo in una parte di cervello da tempo non utilizzata, ma che comunque riconosci subito. E' una parte di India ancora sconosciuta, forse rimasta ancora indietro nella corsa selvaggia allo sviluppo o forse travalicata da questa rivoluzione che tutto macina lasciando indietro la parte debole. Un treno in marcia che non ha lo stesso effetto trascinatore per tutti. Così, nella terra dei più poveri , dovi i ricchi sono tanti ed esageratamente ricchi, tutto diventa ancora più difficile e agganciarsi a quel treno spesso significa anche esserne travolti. Calcutta è lo specchio di questa metafora.
Voglio
chiamarla Calcutta e non Kolkata, come vorrebbe essere etichettata adesso che è ancora cresciuta e si crede importante, la terza città dell'India, perché
solo così la senti reale, come
la sua miseria dura e cattiva, con il suo odore di fogne e di sporco che
neanche il monsone più
violento riesce a spazzare via, assieme al peso insopportabile della calura
estiva. È la sua povertà marcia che ti prende alla gola, anche se sfiori soltanto le
baracche di legno e lamiera degli slam seminascosti dietro i piloni delle
sopraelevate o le montagne di immondizia dove tanti vivono e abitano, sotto
teli di plastica nera o dentro i cilindri di cemento delle fogne future che
sono lì da decenni in fila, in attesa di essere usati. È il suo sentore di India che avvolge tutto con il profumo di
curry, i fumi di incenso, la polvere della stagione secca che ti attacca alla
gola o l'umidità spessa dell'estate
che tutto bagna e corrode lasciando pareti nere, strade nere, stoffe nere.
Calcutta dove cammini facendoti largo tra i fagotti senza forma coperti di
stracci lerci che ancora non si muovono perché è
mattino presto, con qualche bambino nudo che comincia a correre in strada per
andare alla pompa pubblica ad illudersi di portare via lo sporco della giornata
sotto il fiotto violento dell'acqua. Violento come tutto quello che lo circonda, perché la povertà è violenta e non ha pena per chi cade. Calcutta dove la folla ti circonda e ti schiaccia
come un unico corpo vivente, per le strade, nei cento mercati, per entrare negli
edifici dalle piccole porte buie a cercare la propria anima perduta; Calcutta dove i
mille e mille risciò
si muovono ancora tirati da un uomo, animale dis-umano che porta altri
uomini. Calcutta dove i fagotti sul
marciapiede si agitano e scoprono corpi e membra che cercano di sopravvivere
per un altro giorno, anche se ogni tanto qualcuno, ogni mattina, non si muove
più, esausto infine di
questa vita e forse pronto a ricominciarne una nuova, magari finalmente migliore.
Calcutta, dove l'India di oggi è rimasta quella che era ieri.
SURVIVAL KIT
Parking a Malpensa. - Anche questa volta sono andato al CERIAPARK che pur se un po' più lontano dall'aeroporto (12 Km) offre tariffe molto convenienti per le soste lunghe. Infatti applica un prezzo di 25 € fissi + 1 € al giorno. Così in totale ho speso solo 51 €. Il parcheggio è annesso ad un albergo (Da Mariuccia 4* - da 45 €) che risulta molto comodo per chi partendo presto ha necessità di fermarsi una notte. Consigliatissimo.
Volo Air India - Milano -Delhi (via Roma) - Kolkata. Acquistato molti mesi fa a prezzo stracciato 450 €. Compagnia un po' stringata nel servizio, ma posti abbastanza larghi. Cambiano spesso orari anticipando o ritardando un po'. All'andata l'aereo fa scalo a Roma allungando in viagio di un paio di orette, ma al ritorno è diretto, cosa abbastanza comoda. Comunque era il miglior prezzo del momento.
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6 commenti:
Un post sui nomi ci vorrebbe; generano discussioni anche qui (Torino, non Piubes per quel che ne so): Mumbai, Chennai, Bharat finanche.
India, incredibile, indimenticabile. Bellissime foto, ti seguiamo anche da facebook :-)
@Ju - La toponomastica è una scienza di grande interesse e alla fine i nomi vogliono pur ben dire qualche cosa.
@EnCh - grazie carissimi, come sapete bene l'India è morbosamente calamitante.
Perché la povertà è violenta e non ha pena per chi cade, tu dici; e non ci son fontane per lavarla via, questa disgrazia umana coltivata da chi di violenza fa mestiere di vita e le magioni messe su in collina, lontane dalla puzza dell'umano e vasche di Coty che coprano il loro lezzo di assassini compiaciuti
Quanta verità, ma quel che cambia in questa città di morte è che manca la collina e le ville così nascoste che forse non ci sono affatto, pur la ricchezza è sprofondata nel lezzo dello sporco della folla e ci si crogiola.
Ci si crogliola...te lo copia il Matteo quello Salvini
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