venerdì 17 aprile 2015

Villaggi Mishing e Asamish


Donna Mishing al telaio 



La campagna nella zona di Kaziranga
Tutta l'area di Kaziranga è dominata da una natura difficile da contenere, un'alternarsi continuo di acque, foresta e terreni difficili da regimare. L'alternarsi delle stagioni gioca un destino immodificabile, con una parte dell'anno in cui le piogge e l'ingrossarsi a dismisura del Bramaputra, con bramosia bulimica si impadroniscono di vaste aree umide circostanti, rendendole impraticabili ed un'altra in cui tutto si ritira e la vita vegetale muore a poco a poco, mentre il suolo passa da fango a limo sempre più friabile e infine a polvere gialla impalpabile che ammorba l'aria rovente. La vita dell'uomo non è facile qui e non vedi più l'ordine squadrato della risaia o la sconfinata tavola verde impolverato delle piantagioni di thé. Qui è un'agricoltura mordi e fuggi, che approfitta dell'acqua quando c'è, pronta a perdere tutto quando questa da indispensabile diventa troppa. Il territorio è tuttavia scandito da una serie di argini, anche tra il selvatico succedersi di boschi e terreni apparentemente incolti dove pascolano gli animali. E dove la terra è solo di un poco più alta, vedi sorgere un seguito di misere capanne di stuoie coi tetti di paglia e foglia secca, raramente di legno, che dia una minima impressione di maggiore stabilità. La palafitta concede un minimo di speranza in più, quel metro che in casi estremi può rappresentare la salvezza. 

Maiali
Le popolazioni hanno qui origini bengalesi, anche se come ovvio loro si sentono affatto diversi, posto che la povera gente comune se ne faccia un problema. I Mishing sono forse i più poveri tra tutti, con capanne davvero ridotte all'essenziale, stuoie leggere che delimitano spazi su una palificazione, con una scaletta malandata per salirci. Il villaggio è popolato soprattutto di maiali, che sembrano un po' i padroni del paese, bianchi e neri di grosse proporzioni con stuoli di lattonzoli da accudire e che scorrazzano sotto le capanne e negli spazi aperti attorno ad esse. Qualche capretta tenta di brucare i germogli cresciuti tra l'erba secca. Gli uomini e le donne sono quasi tutte in giro tra i campi. C'è solo qualche vecchia in giro e bimbi piccoli seminudi che contendono lo spazio ai maiali. Tuttavia ogni tanto passa qualche gruppetto di più grandicelli, con borsa o zainetto, nel villaggio vicino c'è una scuola. E' uno spazio a terra delimitato da un cannicciato lasco ed il tetto di lamiera. Due maestri ed una cinquantina di bambini in pluriclasse. Due lavagne e una cattedra in mezzo. I bambini seduti a terra con il libro e il quaderno sopra lo zaino che fa da tavolino.  Inglese da una parte e geometria dall'altra; su una lavagna si va disegnando l'equivalenza dei rombi, dall'altra si coniuga il verbo to be. 

La scuola
I ragazzini, maschie e femmine in parti uguali, sembrano attenti e anche se in un posto così povero, tranne qualcuno, non hanno rinunciato alla divisa, camicetta bianca e dothi o pantaloncini blu. Un segno di ordine che in tutti i paesi anglofoni, ma direi in Oriente in generale, rappresenta un obbligo inderogabile. I maestri hanno un'aria truce e severissima e vanno avanti con la lezione, controllando di tanto in tanto l'attenzione dei più lontani. Fuori neanche i cani abbaiano. Lontanissimi, ma non troppo, bufali selvatici levano le lunghissime corna lunate al cielo sospirando un po' di acqua che incrementi almeno di un poco, la guazza fangosa in cui hanno le zampe piantate.Vicino al fosso un gruppo di gente sta cercando di portare acqua marrone da una grande pozza, forse l'ultima che la siccità si mangerà, ad un campetto ad un livello appena superiore, forse per mantenere in vita ancora un poco, prima che arrivi il gran secco estivo, un campetto di ortaggi. Hanno a disposizione una sorta di sacca fatta con della plastica usata tenuta con corde alle estremità, come in una specie di bilanciere che alternativamente va a pescare nella pozza e poi viene tirata al di là dell'arginello  dove la poca acqua cade tra le zolle arse. Il lavoro va evidentemente avanti da ore. Una donna mantiene alto il sacco e l'uomo tira la corda facendolo pencolare quando è pieno, dall'altra parte. 

Bobinatura del filo
In fondo al paese altri uomini segano lunghe assi con un segone a due mani con un va e vieni stridente e faticoso. Il legno qui è tutto, materiale da costruzione, combustibile, unico prodotto per ogni tipo di oggetti. Al di là degli argini un'altra serie di capanne. E' un villaggio Asamish. Qui l'apparenza è quella di gente che ha un minimo di disponibilità in più. Molte case sono in terra cruda e la maggior parte di tetti in lamiera. Il terreno è a quota più alta ed evidentemente non pone necessità di palafitta, forse anche per tradizione diversa. Ma come sempre una maggiore "ricchezza" pone diverse problematiche. Qui le case sono circondate da steccati, barriere al vicino. Forse appena hai qualche cosa, più forte cresce il desiderio o la necessità di difenderla dall'altro, separando, richiudendosi in un bozzolo protettivo. Qui le attività sono più varie e circola anche qualche motorino, segno di una certa disponibilità. Tuttavia la gente appare piuttosto accogliente, le donne in particolare e appena butti l'occhio dentro al cortile dove un gruppetto di ragazze stanno sbobinando rocche di filo rosso per farne matasse da filare nei telai di cui ogni capanna dispone, subito si viene invitati ad entrare. 

Donne di un villaggio Asamish
Hanno tutti grandi scialli chiari ricamati e sari bianchi che le avvolgono lasciando scoperti solo i corpetti colorati. Si ridacchia molto, specie le più giovani allegre per la novità. I lavori dei telai sono complessi con ricami geometrici eleganti. Se mostri di apprezzare il lavoro, subito tutte si sciolgono in grandi sorrisi; è difficile venire via. mentre una ti mostra come viene passata la navetta e poi infilato tra i fili dell'ordito l'altro filo colorato per formare il disegno che sta solo nella mente di chi lavora, le altre si danno subito da fare per creare spazio nella corte di terra. Compaiono subito sedie di plastica,  e arrivano thè e laddoo di burro zucchero e cocco appena preparati. Non si può dire di no, mentre l'anziana del gruppo apre un grande baule di metallo, praticamente l'unico mobile presente nelle capanne e ne tira fuori i pezzi più elaborati, che probabilmente un grossista di città verrà a ritirare di tanto in tanto in cambio di quattro soldi, che tuttavia rimangono l'unico gettito reale al fuori dell'agricoltura di sussistenza del villaggio. Te ne vai accompagnato dai saluti gioiosi di tutte, che hanno voluto assolutamente qualche foto, con la promessa che saranno spedite appena possibile. Sì perché lì sembra che la posta funzioni e se mandi una lettera, dopo un po' arriverà.

Una scolaretta Mishing
SURVIVAL KIT

Villaggio Mishing
Se siete interessati a visitare villaggi nella zona, la cosa è molto semplice, disponendo di un'auto o anche di una bicicletta, basta aggirarsi lungo la strada nazionale nell'area di Kaziranga, poi scendere in una qualunque stradina che giri verso i campi. I villaggi Mishing sono costituiti da case sparse e non protette tra i campi e sono facilmente visibili dalla strada, mentre quelli Asamish hanno case più raggruppate e protette in spazi boscosi. La gente è molto amichevole. Possibilità di acquistare a prezzi favorevoli scialli tessuti e ricamati a mano molto belli. Di sicuro darete un guadagno maggiore ai villaggi che non i grossisti che li vengono a ritirare.

Il collettivo di villaggio Asamish







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