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Donna Apatani |
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Un anziano Apatani |
Guddi è piccola e rotondetta e parla un buon inglese, d'altra parte è andata al college. Fare la guida la pone su un altro piano rispetto agli abitanti della valle, anche se in fondo conosce tutti e le vecchiette dai nasi deformati che incontri tra le case, la salutano ridendo. Certo a lei ed alle sue amiche non era neanche passato per la testa di tatuarsi il viso o piantarsi i dischi nelle narici; sua madre è stata tra le prime a smettere queste pratiche, quasi quaranta anni fa e da allora non lo ha più fatto nessuna, anzi qualche anziana ha addirittura cominciato a toglierseli, quegli orrendi dischetti, solo che rimanevano gli enormi fori a fianco alle narici e mai come in questo caso "el tacòn xè pezo del buso" (anche se questa non è propriamente la lingua Apatani che ha cadenze e accenti più tibetani). Ha invece piccoli orecchini moderni, così neppure i lobi delle orecchie sono sformati, quanto ai tatuaggi, chissà, magari ha qualche tribal nascosto da qualche parte che neanche si vede, mentre traffica sullo smartphone. Però si sente che è orgogliosa delle tradizioni del suo popolo, cosa che tra l'altro è per lei fonte di reddito.
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Donna Apatani al lavoro nei campi |
Un gruppetto di anziane saluta dalla risaia, dove curve stanno sminuzzando le zolle dure e subito offrono le zappe dal manico corto a noi, casomai le volessimo aiutare, poi ridono, tanto lo sanno che di uomini al lavoro nei campi se ne vedono pochi. Hong è forse il paese più grande della valle, con le sue case affacciate con le piccole verande sulle stradine tortuose che risalgono verso il bosco. Passa un carrettino spinto a braccia da un tizio con l'aria scafata, carico di oggetti per la casa, in plastica colorata e chincaglieria varia. E' l'equivalente del venditutto che anche da noi un tempo girava per i paesi. Suona il campanello quando arriva in uno slargo, dove si innalzano i totem della festa, da qui i giovani si lasceranno andare ad ardite acrobazie per mostrare la loro virilità e chiama con voce stentorea. Di certo dirà: "Donne, donne, è arrivato Giovanni" o qualche cosa di simile. Qualcuna esce a dare un'occhiata, ma il successo è scarso, qui quasi nessuno è in casa durante le ore di luce. Anche la nonna di Guddi che ha più di 80 anni, anche se non sa di preciso la data esatta, esce di casa alle quattro del mattino e ci fa ritorno verso le sei di sera, anche se ha la schiena curva curva, ma dice che a casa non saprebbe che fare.
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Offerta di uova |
Dal carrettino intanto, salta fuori anche qualche dolcetto e caramelle per i bambini piccoli, insomma, qualche cosa si porta a casa, poi una bella spinta verso la discesa e il tizio se ne va verso la prossima fermata, dietro la grande piattaforma di legno che sta al centro di uno slargo, in ogni porzione del villaggio. E' il punto di ritrovo degli uomini, dove ci si raduna, si discute dei problemi del paese o dell'organizzazione della prossima festa o dei sacrifici che verranno fatti in settimana o semplicemente si passa il tempo almanaccando le cose da fare il giorno dopo. Un sentiero in fondo al paese porta verso le prime piante del bosco, che incombe verso la montagna. I terreni sono tutti recintati da steccati di canne a circondare orti o anche i boschetti di bambù che spuntano rigogliosi come ciuffi verdi prima che la foresta prenda il sopravvento. Risalendo la collina si arriva ad una radura tra gli alberi, completamente disboscata. Qui vedi tutta una serie di totem di canne intrecciate di ogni forma e dimensione. E' un luogo sacro dove si viene a pregare ed a chiede grazie agli spiriti della foresta e naturalmente a fare sacrifici. Le incastellature più basse, poche canne intrecciate tra loro a formare croci e triangoli, hanno a diverse altezze delle piccole mensoline cave dove vengono poste uova, è il sacrificio minimo, quello che riguarda problemi davvero minori, qualche grazia di routine, richiesta perché le cose vadano bene, intorno piume di gallina, segno che anche qualche pennuto è stato offerto alle anime del bosco.
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Campo di totem con le offerte |
Incastellature più grandi e strutturate, segnalano che lì sono state sacrificate capre o montoni. Ne vedi le corna lasciate in cima a confermare il buon esito dell'operazione. I più alti, con aste che svettano di parecchi metri sopra una sorta di altarino dove è stato legato l'animale, hanno esposte teschi di vacche o addirittura quelli più grandi con le tozze corna coniche dei mithun, una specie di bovino selvatico di grandi dimensioni che popola queste colline e vive nel folto della foresta. Il luogo dà in ogni caso una sensazione strana. Senti un'atmosfera diversa, di spessa attenzione. Sarà che comunque hai camminato in salita e qui sei attorno ai duemila metri e quindi un po' di affanno è giustificato, ma qui, ti accorgi subito di non essere in un campo qualunque, qui aleggia un senso di mistero, di compunta sottomissione a forze della natura nascoste e diverse, non per questo melevole o negative, ma in ogni caso aliene dalla vita comune, che bisogna avvicinare con discrezione, senza arrecare disturbo, camminando leggeri sulla terra soffice e coperta di foglie marce. Non si sentono rumori di animali o di fischi di uccelli, ma forse tra il fitto del fogliame circostante qualcuno guarda e sorveglia, anche se forse si tratta soltanto di qualche scimmia timorosa di essere catturata e a sua volta sacrificata nella festa grande quando arriverà lo sciamano a decidere cosa e quando fare le operazioni necessarie ad ottenere un futuro anno sereno e senza fastidi.
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Interno di una long house Apatani |
Scendiamo verso Hadi un altro paesetto più piccolo, anche questo semideserto, Una casa è completamente chiusa con legni inchiodati che sbarrano l'ingresso. Gli abitanti sono chiusi dentro a meditare e purificarsi. Lì ci deve essere un problema grosso, qualche malattia grave o una grazia davvero importante da chiedere agli spiriti e bisogna rimanere isolati per qualche giorno, fino a quando verrà lo sciamano a sciogliere il nodo e a prescrivere cosa fare per risolvere la situazione. Entriamo in un'altra casa. Qui c'è soltanto una donna con un bimbo piccolo che non sembra molto amichevole verso gli intrusi che entrano nello stanzone centrale. Frigna rumorosamente guardando di traverso, infine scappa verso il fondo dello stanzone rettangolare che costituisce l'ambiente principale. In mezzo, un riquadro pieno di cenere, il focolare che funge da cucina e da caminetto, circondato da stuoie su cui si siede la famiglia, da un lato, con gli ospiti di fronte. Non si fatica a capire come siano facili gli incendi che possono essere provocati da questi grandi fuochi liberi, circondati da case completamente costruite in legno e bambù secco e stagionato che brucia come una torcia alla minima scintilla.
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Il focolare |
Sopra il fuoco un telaio sospeso pieno di legna, già tagliata a misura, che il calore che sale contribuirà a seccare per bene nel corso del tempo, mentre ancora più in alto sono disposte intere fette di spesso lardo, ad affumicare. Avverti subito dal bruciore degli occhi, quanto fumo riempirà l'ambiente privo di aerazione nelle sere d'inverno, anche osservando il colore nero carbonizzato delle assi del tetto. Da una delle stuoie che formano le camere laterali della long house, spunta una vecchietta ingobbita. Non pare particolarmente entusiasta di vederci e di esibire il suo povero naso martoriato. Si prende il bambino lacrimoso in braccio e si ritira dietro la casa, scendendo dalla scaletta posteriore verso l'orto ed il gruppetto di maialini che una grossa scrofa sta allattando. Usciamo dal paese tra le case più vecchie che ancora conservano i tetti completamente in legno, invece di quelle più recenti ricoperte di lamiera ondulata arrugginita. Ce ne andiamo così dall'altra parte della valle attraversando le risaie in secca, fino a Dutta, dove però già dall'ingresso, sul sentiero di terra che lascia la strada principale, si nota un inusuale assembramento di persone. La via che scorre lungo il paese è piena di gente, molti vestiti con il costume di festa. Si ode venire dal centro dove c'è la grande piattaforma di legno delle riunioni un salmodiare continuo. Sarà il caso di andare a vedere cosa succede. Seguiteci, Guddi fa segno di affrettarci.
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Nonna e nipote |
SURVIVAL KIT
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Anziano Apatani con acconciatura tipica |
La valle di Ziro - Situata all'inizio dell'Arunachal Pradesh, sulla strada proveniente da North Lakhinmpur a circa 70 km dal confine. Nella valle, in realtà un sorta di minuscolo altipiano tra le montagne, sono stanziati i 7 villaggi principali della tribù Apatani, di origine tibetana. Il territorio circostante è popolato da tribù Nishi, da sempre loro fiere avversarie. Accompagnati da una guida locale (obbligatoria, 10$ per tutto il giorno) si possono visitare i diversi villaggi, alcuni raggiungibili a piedi con brevi passeggiate, entrare in qualche casa e assistere se si ha la fortuna di capitarci a qualche festa con sacrifici o altro. La guida è comunque al corrente se da qualche parte nella valle si celebra qualche cosa nei giorni in cui sarete lì. Calcolate almeno un paio di notti. Nel centro principale, Hapoli (o new Ziro) c'è anche il mercato e un piccolo museo etnografico che chiude alle 16. Al centro della valle c'è anche un piccolo aeroporto, ma è sicuramente più affascinate percorrere la strada nella foresta per arrivarci e ripartire. Il motivo di attrazione del luogo, oltre all'atmosfera agreste e del tutto perduta nel tempo, sono le case tradizionali e le anziane donne tatuate con i nasi forati, che tra qualche anno sono inevitabilmente destinate a scomparire. Fotografate con discrezione.
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La valle di Ziro |
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Tatuaggio Apatani |
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2 commenti:
Quel voyage fascinant !
Jac.
Ils sont des lieux qui vont disparaître très vite!
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