mercoledì 29 aprile 2015

Arunachal Pradesh: da Ziro a Daporijo

Tiro di fionda a Tolon


Una casa di Tolon
Hai ancora in bocca il pizzicore delle zenzero, dopo colazione; sia il thé che le fette di pane ne avevano una dose generosa, così ti porti dietro questa sensazione fresca ma un poco aggressiva, assieme al ricordo della valle di Ziro, circondata da boschi di alte conifere, con i recinti dove crescono fitti i bambù, che ogni famiglia si coltiva e rimangono fonte di materiale da costruzione e le radure, appena fuori dei villaggi, con i totem di canne, luoghi sacri dove vengono seppelliti i morti, senza segnali apparenti, solo la terra ricoperta di erba che le capre tengono bassa bassa, brucandola, che dopo qualche tempo si avvalla un poco, segno che le spoglie umane sono ormai consumate e si sono riunite al regno degli spiriti della foresta. Oggi la strada è lunga 165 km, fino a Daporijo, quasi sette ore di macchina, attraverso un manto stradale tutto curve che scavalca catene di colline successive che dividono una serie infinita di valli deserte, profondissime e scoscese. Le buche continue costringono ad una guida lenta e tutta scossoni, con frequenti deviazioni per aggirare ostacoli imprevisti. Siamo nelle propaggini sudorientali dell'Himalaya, che dopo essersi precipitato dai picchi nevosi del confine col Bhutan e con la Cina, si trasforma in un'area di terre alte moreniche e sedimentarie, che una serie di torrenti impetuosi e dal regime variabilissimo, rigagnoli in inverno e forre violente che tutto spazzano via al culmine della stagione delle piogge, scavano profondamente come unghiate inferte a casaccio da un drago malevolo. 

Un punto di ristoro lungo la strada
Questi corsi d'acqua hanno prodotto in milioni di anni, valli a V di profondità vertiginosa e contorta, portando con sé ad ogni stagione, nuova terra strappata dai fianchi di quei monti quasi privi di roccia, ma fatti di tenere concrezioni di pietrisco instabile. E' un terreno mutevole, sottoposto a frane continue che sconvolgono il paesaggio e mutano i corsi di sentieri e passaggi rendendo le comunicazioni lente e faticose. D'altra parte questo è un paese quasi deserto e gli abitanti dei minuscoli aggregati di capanne e delle case isolate, hanno avuto per millenni poche necessità di comunicazione e meno ancora di spostamento. Genti che hanno sempre vissuto di quanto poteva dare la foresta, legno, frutti selvatici e cacciagione oltre ai proventi di un'agricoltura primordiale, che una natura comunque generosa consente nei minuscoli orti abbarbicati agli strapiombi. Ma ciò che ti strania completamente è proprio questo stravolgente rigoglio che ricopre ogni spazio, ogni luogo che ti si para davanti. Lungo la strada, attorno a te un muro continuo di verde rende praticamente impenetrabile il bosco. Alberi altissimi, a loro volta ricoperti di altre specie simbionti, che li fanno apparire come ricoperti di spessi mantelli di foglie, liane pendenti, orchidee e altri fiori colorati ed un sottobosco di erbe giganti, dalle foglie mostruose che occupano tutto lo spazio sottostante. Felci arboree alte metri e bananeti selvatici, palme sconosciute, tronchi di legni preziosi dalle radici imponenti. 

La jungla di montagna
E' una jungla di montagna così ricca e impenetrabile che ti richiude alla vista il paesaggio e non appena riesci ad arrivare ad uno strapiombo che ti consente un poco di spazio attraverso la valle, per indovinare il percorso della strada che si insinua tra il verde fino a raggiungerne il fondo, per risalire poi il versante successivo in un continuo zigzagare apparentemente senza punto di arrivo, ti viene naturale una sosta, per ammirare quella strepitosa varietà di vegetali, quel mondo che respinge la presenza umana, richiudendosi come uno scrigno segreto, ripieno di misteri e forse di pericoli. Dal fitto arrivano rumori e scricchiolii, strida di uccelli e rumor di foglie secche forse schiacciate da animali che strisciano ed insetti giganti, farfalle grandi come mani dai colori ammalianti, piccole scimmie che spuntano tra i cespugli guardando gli estranei che infrangono quel mondo diverso e distante. E' un universo davvero alieno che non stanca di stupire, ad ogni curva, ad ogni oltrepassar di crinale, all'infinito di una terra che apparentemente è senza confini. Al fondo di una valle, un gruppo di baracche a contorno di un vecchio ponte che accorcia di un poco la strada. E' Tolon, un villaggio popolato solo da gruppetti di bambini laceri e sporchi che giocano nelle letamaie dietro le case, tra capre e maiali. Quasi ogni casa ha qualche tomba a fianco nel cortiletto, sormontata da una croce; cattolici o battisti sono arrivati fino a qui. Quando si sta per superare qualche collina più alta, una sorta di passo dove la vegetazione un poco si dirada, qualche capanna in legno assume la forma volenterosa di un punto di ristoro, uno stanzone, con la cucina dietro dove una signora fa riscaldare qualche pentola di dal o prepara chapatti sul fuoco vivo. 

Nella jungla
Se vuoi ci sono anche noodles precotti e qualche sacchetto di patatine, con Coca Cola o birra calda, dato che l'energia elettrica, da queste parti è un optional piuttosto raro, al contrario naturalmente della connessione telefonica, ormai bisogno primario di qualunque parte del mondo, anche la più remota. Poi ancora jungla per ore ed ore, dalla quale spuntano di tanto in tanto enormi mythun selvatici che brucano ai lati delle radure, bovidi giganti che ti guardano ruminando al passaggio, inconsci di poter diventare prima o poi, oggetto di attenzioni sacrificali certamente poco gradite. E' quasi sera quando arrivi nella zona dei villaggi Tagin. Ligu è forse il più grande. Un centinaio di grandi capanne distanziate tra loro e circondate da orti e cortili recintati, dai tetti di frasche o di lamiera ondulata. A differenza degli Apatani, qui le case sono più grandi e a pianta quadrata. I divisori di stuoie che costituiscono gli spazi privati dei vari componenti della famiglia sono disposte tutto attorno alla grande camera centrale con il fuoco, dove tutti si riuniscono e si ricevono gli ospiti. Le case, su palafitte, sono circondate da una veranda alla quale si accede tramite ripide scalette, separate tra uomini, quella frontale principale e quelle per le donne, piccole e laterali. Il villaggio è semideserto, pochi anziani e qualche bambino, il tutto dà una impressione di grande povertà e di una vita molto semplice e fatta di pochissimi bisogni. Quando i torrenti convergono in un corso d'acqua più imponente, attraversato da un ponte, le case cominciano ad infittirsi. Siamo arrivati a Daporijo.


SURVIVAL KIT

Casa di Ligu
Ziro valley - Daporijo. - Li collega una sola strada attraverso la montagna. 165 km in circa 7 ore. Lungo la strada bei paesaggi, jungla fittissima e piccoli paesi. Etnie Nishi, Galo e Tajin. Daporijo, è una cittadina mercato di circa 15.000 abitanti, dove sostare obbligatoriamente. Poco da fare oltre ad un giro sulla strada principale, tra i negozietti locali. Vicino alla città il villaggio di Ligu con etnie Galo.

Hotel Singhik Super Market, Daporijo - 1870 R , la doppia con colazione. Qualità sorprendente per il posto, davvero povero. L'edificio dell'hotel spicca immediatamente tra le case basse del centro e le baracche del mercato e non faticherete a trovarlo. Camere spaziose e pulite, con buone dotazioni. Il personale è come sempre gentilissimo e a disposizione per qualunque bisogno. AC, TV, frigo, Free Wifi nella hall, un po' debole, ma da queste parti è una vera rarità. Spesso come dappertutto manca la corrente. Il ristorante annesso poi, serve buoni piatti indiani a prezzi ottimi. Non mi sembra che in città ci sia di meglio.

La strada tra Ziro e Daporijo



La cucina


Se ti è piaciuto questo post, ti potrebbero anche interessare:





Nessun commento:

Where I've been - Ancora troppi spazi bianchi!!! Siamo a 119 (a seconda dei calcoli) su 250!